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Celle elettrochimiche: galvanica, di elettrolisi, notazione

Le celle elettrochimiche e i loro tipi

Le celle elettrochimiche sono composte da due elettrodi, in genere costituiti da conduttori metallici in contatto con un conduttore ionico noto come elettrolita. Questi elettroliti possono essere sia soluzioni ioniche che sali allo stato fuso come NaCl o KBr.

Le celle elettrochimiche sono formate da due , ciascuna delle quali contiene un elettrodo immerso in un elettrolita. Le due semicelle sono collegate da un e possono contenere lo stesso elettrolita o elettroliti diversi.

Le celle elettrochimiche possono essere di due tipi principali: celle galvaniche e celle di elettrolisi. Le celle galvaniche coinvolgono reazioni spontanee che convertono l’energia chimica in energia elettrica, mentre le celle di elettrolisi coinvolgono reazioni non spontanee che convertono l’energia elettrica in energia chimica.

Le celle galvaniche comportano la conversione di energia chimica in energia elettrica, con reazioni di ossidoriduzione spontanee. L’anodo è l’elettrodo negativo e il catodo quello positivo, e gli elettroni sono forniti dalla specie che si ossida e si muovono dall’anodo al catodo attraverso un circuito esterno. Un esempio tipico di è la pila Daniell.

La prevede che la semicella in cui avviene la semireazione di venga scritta a sinistra, mentre la semicella in cui avviene la semireazione di riduzione viene scritta a destra. Gli elettroni si muovono attraverso il circuito esterno dal catodo all’anodo, mentre il ponte salino mantiene l’elettroneutralità tra le due semicelle.

Le celle di elettrolisi coinvolgono reazioni non spontanee, come nel caso di una cella in cui il cloruro di calcio fuso viene decomposto nei suoi elementi. Gli elettroni si muovono dalla batteria al catodo, dove gli ioni calcio si riducono a calcio metallico, mentre al anodo avviene l’ossidazione degli ioni cloruro a cloro. Questo tipo di cella può essere rappresentato con la notazione Pt│Cl-│Cl2ǁCa2+│Ca│Pt.

In conclusione, le celle elettrochimiche possono essere di diversi tipi e vengono utilizzate in numerose applicazioni, dalla produzione di energia all’industria chimica.

Prodotto di solubilità e problemi svolti

Prodotto di solubilità e problemi svolti

Un sale poco solubile è soggetto a una reazione di equilibrio eterogeneo; ad esempio per il generico sale poco solubile A_mB_n l’equilibrio di dissociazione può essere scritto come segue:
A_mB_n(s) ⇄ A^+_(aq) + B^m-_(aq)
da cui il prodotto di solubilità viene espresso come:
K_ps = [A^n+][ B^m-]
La presenza di ioni in comune, il della soluzione, la presenza di agenti complessanti, il fenomeno dell’anfoterismo influenzano la solubilità.

Esercizi

Calcolare la solubilità del fluoruro di calcio sapendo che il prodotto di solubilità è pari a 3.9 ∙ 10^-11
L’equilibrio di dissociazione è il seguente:
CaF2(s) ⇄ Ca^2+_(aq) + 2 F^-(aq)
detta x la solubilità molare dell’elettrolita all’equilibrio si ha:
[Ca^2+] = x e [F^-] = 2x
L’espressione del K_ps è la seguente:
K_ps = [Ca^2+][F^-]^2
Sostituendo i valori ricavati nell’espressione della costante di equilibrio si ha:
3.9 ∙ 10^-11= (x)(2x)^2 = 4x^3
Da cui x = 2.1 ∙ 10^-4
All’equilibrio una soluzione satura di fluoruro di calcio presenta: [Ca^2+] = x = 2.1 ∙ 10^-4 M e [F^-] = 2x = 4.2 ∙ 10^-4 M

1)Calcolare la solubilità del fluoruro di calcio (K_ps =3.9 ∙ 10^-11) in una soluzione 0.010 M di Ca(NO3)2
L’aggiunta di un elettrolita contenente lo ione Ca^2+ o lo ione F^- sposta l’equilibrio verso sinistra in accordo con il e pertanto la solubilità diminuisce.
Il nitrato di calcio è solubile in acqua e si dissocia in Ca^2+ e 2 NO3^-. La concentrazione degli ioni calcio dovuta alla dissoluzione del nitrato di calcio è 0.010 M.
All’equilibrio quindi:
[Ca^2+] = x + 0.010 e [F^-] = 2x
Sostituendo i valori ricavati nell’espressione della costante di equilibrio si ha:
3.9 ∙ 10^-11= ( x + 0.010)(2x)^2
che è un’equazione di 3°. Tuttavia, essendo il K_ps molto piccolo si può supporre che x sia trascurabile rispetto a 0.010 quindi si ha:
3.9 ∙ 10^-11= ( 0.010)(2x)^2 = 0.040 x^2
Da cui x = √3.9 ∙ 10^-11/0.040 = 3.1 ∙ 10^-5 M
Il valore della solubilità molare in presenza di ione in comune diminuisce rispetto a quello in acqua.

2) Calcolare la solubilità del fluoruro di calcio in una soluzione 0.010 M di NaF.
Il fluoruro di sodio è un sale solubile in acqua che si dissocia in Na^+ e F^-. La concentrazione degli ioni calcio dovuta alla dissoluzione del fluoruro di calcio 0.010 M è 0.010 M.
All’ equilibrio quindi:
[Ca^2+] = x + 0.010 e [F^-] = 2x + 0.010
Sostituendo i valori ricavati nell’espressione della costante di equilibrio si ha:
3.9 ∙ 10^-11= ( x)(2x + 0.010)^2
che è un’equazione di 3°. Anche in questo caso si può supporre che 2x sia trascurabile rispetto a 0.010 pertanto si ha:
3.9 ∙ 10^-11= ( x)( 0.010)^2 = 0.00010 x
da cui x = 3.9 ∙ 10^-7
quindi anche in questo caso la solubilità diminuisce, ma l’effetto di uno ione in comune avente la stessa concentrazione non fa variare la solubilità nella stessa misura: l’effetto prodotto dallo ione F^- è maggiore rispetto a quello dello ione Ca^2+ in quanto, nell’espressione del K_ps la concentrazione di F^- è elevata alla seconda potenza mentre quella di Ca^2+ è elevata alla prima potenza.

Calcolo dalla solubilità Mg(OH)2 di in una soluzione a un dato pH

Calcolare la solubilità dell’idrossido di magnesio (K_ps è 1.8 ∙ 10^-11) in acqua e in una soluzione tamponata a pH = 9.0
La dissociazione dell’idrossido di magnesio è:
Mg(OH)2(s) ⇄ Mg^2+_(aq) + 2 OH^-_(aq)
In acqua pura all’equilibrio: [Mg^2+] = x e [OH^-] = 2x
sostituendo tali valori nell’espressione del K_ps si ha:
K_ps = 1.8 ∙ 10^-11= [Mg^2+][OH^-]^2 = (x)(2x)^2 = 4x^3
da cui si può ottenere la solubilità molare che è pari a ∛1.8 ∙ 10^-11/4 = 1.7 ∙ 10^-4 M
In una soluzione tamponata a pH = 9.0 il valore di pOH è pari a 14 – 9.0 = 5.0 quindi [OH^-] = 1.0 ∙ 10^-5 M.
Si ha:
K_ps = 1.8 ∙ 10^-11= [Mg^2+](1.0 ∙ 10^-5)^2
da cui [Mg^2+] = 0.18 M che rappresenta la solubilità molare; essa è molto maggiore rispetto a quella calcolata in acqua pura. Riducendo il pH ovvero aumentando la concentrazione di H^+ si verifica che [OH^-] diminuisce e la solubilità aumenta fino alla completa dissoluzione in ambiente sufficientemente acido.

Calcolo dalla solubilità di AgCl in acqua e in NH3

Calcolare la solubilità del cloruro di argento in acqua e in una soluzione di 0.180 M.

K_ps = 1.8 ∙ 10^-10

K_f = 1.6 ∙ 10^7

In acqua l’equilibrio di dissociazione di AgCl è:
AgCl_(s) ⇄ Ag^+_(aq) + Cl^-_(aq)
All’equilibrio: [Ag^+] = [Cl^-] = x
L’espressione del prodotto di solubilità è:
K_ps = 1.8 ∙ 10^-10 = [Ag^+][Cl^-]
Da cui K_ps = 1.8 ∙ 10^-10 = (x)(x)
La solubilità molare x = √ 1.8 ∙ 10^-10 = 1.3 ∙ 10^-5 M
In presenza di ammoniaca il processo può essere visto complessivamente come la somma di due reazioni:
1) equilibrio di dissociazione di AgCl
2) interazione tra Ag^+ e NH3
AgCl_(s) ⇄ Ag^+_(aq) + Cl^-_(aq) regolato da K_ps = 1.8 ∙ 10^-10
Ag^+_(aq) + 2 NH3_(aq) ⇄ Ag(NH3)2^+_(aq) regolato da K_f = 1.6 ∙ 10^7
essendo K_f la costante di formazione.
Sommando membro a membro le due reazioni e semplificando si ha:
AgCl_(s) + 2 NH3(aq) ⇄ Ag(NH3)2^+_(aq) + Cl^-_(aq) K = K_ps ∙ K_f = 2.88 ∙ 10^-3
La presenza di ammoniaca, sposta a destra l’equilibrio di solubilità di AgCl in quanto lo ione Ag^+ viene rimosso dall’ammoniaca per formare il complesso diamminoargento.
All’equilibrio: [Ag(NH3)2^+] = [Cl^-] = x
[NH3] = 0.180 – 2x
Sostituendo tali valori nell’espressione di K si ha:
K = 2.88 ∙ 10^-3 = (x)(x)/ 0.180-2x
Risolvendo l’equazione di secondo grado si ha:
x = solubilità molare di AgCl in una soluzione 0.180 M di NH3 = 8.72 ∙ 10^-3 M molto maggiore rispetto a quella in acqua pura. All’aumentare della concentrazione di ammoniaca aumenta ancora tale solubilità.

Acidi poliprotici: esercizi, bilancio di massa

Acidi poliprotici: esercizi e

Gli acidi poliprotici, come l’ e l’acido solforoso, possono rilasciare due ioni H+ e sono detti diprotici, mentre l’ e l’acido fosforico sono esempi di acidi triprotici.

Nel caso degli acidi poliprotici, il primo valore della costante di equilibrio è sempre maggiore dei successivi, indicando che i protoni diventano meno acidi man mano che si perdono.

*Esempio

*

Consideriamo l’acido fosforico, un acido triprotico con una concentrazione di 0.10 M. Durante l’equilibrio, si verificano diverse reazioni di dissociazione.

Bilancio di massa

Dal bilancio di massa, possiamo scrivere le frazioni di ogni specie presente in soluzione come αo = [H3PO4]/ CH3PO4, α = [H2PO4–]/ CH3PO4, α2 = [HPO42–]/ CH3PO4, e α3 = [PO43–]/ CH3PO4. Questi valori dipendono dal della soluzione, dove a bassi valori di pH la specie prevalente è H3PO4 mentre ad alti valori di pH la specie prevalente è PO43–.

*Esercizio

*

Calcolando le concentrazioni delle diverse specie all’equilibrio in una soluzione di acido fosforico 0.10 M a pH = 3.0, troviamo che [H+] = 1.0 ∙ 10-3M. Utilizzando le formule ricavate, si possono ottenere i valori di αo, α1, α2, e α3, dalle quali si ricavano le concentrazioni delle altre specie.

Ad ogni valore di pH, solo una forma acida e la sua base coniugata prevalgono su tutte le altre specie, la cui concentrazione risulta trascurabile.

Infine, si riportano le specie prevalenti a vari intervalli di pH:
– Intervallo di pH: 0-4.7, Specie prevalenti: H3PO4 – H2PO4–
– Intervallo di pH: 4.7-9.7, Specie prevalenti: H2PO4– – HPO42–
– Intervallo di pH: 9.7-14, Specie prevalenti: HPO42– – PO43–

Spontaneità delle reazioni biologiche. Esercizi

La Spontaneità delle Reazioni Biologiche e la Determinazione dell’ Libera

La previsione della spontaneità delle reazioni biologiche può essere effettuata tramite la conoscenza dei valori tabulati dell’, una funzione di stato correlata alla temperatura e all’ e all’ di un sistema.

In un processo spontaneo a temperatura e pressione costante, l’energia libera diminuisce, ossia ΔG 0, il processo non è spontaneo nel verso indicato, ma lo sarebbe nel verso opposto. Quando ΔG = 0, il sistema si trova all’equilibrio e non ha alcuna tendenza a evolvere é in un senso né nel verso opposto.

Nella determinazione della spontaneità delle reazioni biologiche in condizioni standard, si possono utilizzare i valori dell’energia libera standard. La spontaneità di varie reazioni può essere stabilita in base alla differenza tra l’energia libera dei reagenti e quella dei prodotti.

Ad esempio, per la reazione ATP + glicerolo → Glicerolo 3-fosfato + ADP, i valori dell’energia libera standard di ciascuna semireazione vengono sommati per ottenere il ΔG° complessivo. Se ΔG° è inferiore a 0, la reazione avviene spontaneamente nel senso indicato; se è superiore a 0, non avviene spontaneamente in quel senso.

Inoltre, è possibile calcolare la variazione dell’energia libera standard per una reazione a partire dal ΔG° noto di una reazione associata. Questo consente di determinare la spontaneità di una reazione inversa o correlata.

Infine, la conoscenza dei valori dell’energia libera standard di vari composti è essenziale per prevedere la spontaneità delle reazioni nelle applicazioni biologiche.

Risolvere esercizi come questi è fondamentale per comprendere la spontaneità delle reazioni biologiche e per applicare tali concetti in contesti biologici e chimici.

Volume parziale molare

Il concetto di volume parziale molare e la sua importanza nella chimica

Il volume parziale molare è una grandezza cruciale nella chimica, poiché fornisce informazioni dettagliate sul comportamento dei gas e delle soluzioni in diverse condizioni. Per capire appieno questo concetto, è importante prima comprendere cosa si intende per . Considerando due gas, A e B, contenuti in un recipiente di volume V alla pressione p e costituiti rispettivamente da nA e nB , possiamo applicare l’, pV = nRT.

La pressione totale p è la somma delle pressioni parziali del gas A e del gas B:
p = pA + pB
dove la pressione parziale di un gas è quella che ciascun gas avrebbe se occupasse da solo l’intero volume occupato dalla miscela alla stessa temperatura. Pertanto possiamo scrivere p = nRT/V = (nA + nB)RT/V, pA= nART/V e pB= nBRT/V.

Volume parziale

Analogamente possiamo definire il volume parziale del gas A e quello del gas B. Detto V il volume totale dei due gas si ha V = nRT/p. Ovvero VA+ VB = (nA + nB)RT/p. Inoltre VA = nART/V e VB= nBRT/p. Per i gas quindi vale l’additività dei volumi.

Volume parziale molare

Il volume parziale molare di una sostanza X in una miscela è la variazione di volume per ogni mole di X aggiunto alla miscela. I volumi parziali molari dei componenti di una miscela variano con la composizione della miscela stessa in quanto varia l’intorno delle molecole e la conseguente alterazione delle interazioni tra le molecole.

Il volume parziale molare VJ di una sostanza J presente in una miscela è dato da: VJ =(∂V/ ∂nJ)p,T,‘. In cui n’ indica che la quantità di tutte le altre sostanze è tenuta costante. Il volume parziale molare è la pendenza della curva del volume totale quando la quantità di J varia mantenendo costanti tutte le altre variabili.

Si noti che il volume parziale molare può assumere valori negativi. Ad esempio, il volume parziale molare del solfato di magnesio in è –1.4 cm^3/mol, implicando che aggiungendo una mole di solfato di magnesio ad un grande volume di acqua si verifica che il volume diminuisce di 1.4 cm^3, a causa del fatto che il sale rompe la struttura dell’acqua non appena gli ioni diventano idratati.

Il metodo più comune per misurare i volumi parziali molari consiste nel misurare la dipendenza del volume di una soluzione con la composizione. Il volume osservato può essere adattato a una funzione della composizione e la pendenza della funzione può essere determinata a qualsiasi composizione.

Teoria di Hückel: assunzioni, determinante secolare

Teoria di Hückel: Fondamenti della teoria e determinante secolare

La teoria di Hückel è una teoria utilizzata per studiare sistemi che contengono elettroni π in molecole planari coniugate, come ad esempio il benzene e l’,3-butenodiene.

Assunzioni fondamentali

La teoria di Hückel si fonda su alcune assunzioni di base. Innanzitutto, si considera che gli elettroni coinvolti occupino orbitali 2p del carbonio, abbiano un piano nodale comune con assi longitudinali paralleli e interagiscano per formare un orbitale molecolare π. Inoltre, si assume che i restanti elettroni presenti nella molecola occupino orbitali ortogonali agli orbitali 2p e, quindi, non interagiscano con essi.

Questa teoria è descritta anche come il (Linear Combination of Atomic Orbitals), assumendo che gli Ψ possano essere rappresentati dalla combinazione lineare degli orbitali atomici Φ.

dell’elettrone e il determinante secolare

Secondo l’equazione di Schrödinger, l’energia ε dell’elettrone avente funzione d’onda Ψ è determinata da un insieme di coefficienti che tengono conto dei contributi degli orbitali atomici agli orbitali molecolari.

Si applica il principio variazionale e si ottiene un insieme di equazioni lineari per il sistema considerato, costituito da due orbitali atomici. Si possono ottenere equazioni, considerando n orbitali atomici di qualsiasi specie (s, p, d, ecc.).

Ulteriori presupposti della teoria di Hückel

Secondo la teoria di Hückel, si possono fare ulteriori assunzioni fondamentali. Prima di tutto, gli integrali diagonali H_ii, noti come integrali di Coulomb, sono correlati all’energia di legame di un elettrone 2p in un atomo di carbonio isolato e si assume che siano uguali, indipendentemente dall’ambiente circostante. Inoltre, gli integrali del tipo H_ij, detti integrali di risonanza, sono legati all’abbassamento dell’energia quando un elettrone può occupare entrambi gli orbitali e dipendono dalla distanza tra gli orbitali. Si assume che l’interazione tra atomi adiacenti sia la stessa, mentre per atomi non adiacenti si presume che non vi sia alcun guadagno energetico, e quindi tali integrali vengono impostati come zero. Infine, gli integrali di sovrapposizione di tipo S sono correlati all’interazione tra gli elettroni presenti in i e j e possono essere suddivisi in due gruppi, con valore 1 se i = j e valore 0 se i ≠ j.

Questa approssimazione, che trascura gli integrali legati alla repulsione elettronica, è conosciuta come sovrapposizione zero-differenziale.

In breve, la teoria di Hückel fornisce un quadro teorico utile nella comprensione dei sistemi molecolari contenenti elettroni π, permettendo di ottenere informazioni cruciali sulle proprietà elettroniche di tali molecole.

Determinante Secolare nella Chimica Quantistica: Un’Analisi Dettagliata

Nella chimica quantistica, il determinante secolare viene utilizzato nell’analisi di diverse situazioni legate alle funzioni d’onda e all’energia degli elettroni. Questo strumento è particolarmente utile nell’analisi delle molecole organiche come l’etilene.

Il determinante secolare, quando applicato all’etilene, assume la forma di una matrice contenente i valori α – ε e β. Questa matrice permette di calcolare le soluzioni ε1 = α + β e ε2 = α – β, che sono essenziali per comprendere variazioni di energia associate alla formazione di legami π.

Dopo aver ottenuto i valori per ε, è possibile calcolare i coefficienti c1 e c2 attraverso equazioni lineari e la condizione di normalizzazione. La normalizzazione assicura che gli elettroni siano presenti nell’universo. Risolvendo tali equazioni per l’etilene, si ottiene c1 = c2 = 0.707 e c1 = -c2 = 0.707.

Successivamente, è possibile scrivere le funzioni d’onda corrispondenti alle due energie. Ψ1 = 0.707 φ1 + 0.707 φ2 e Ψ2 = 0.707 φ1 – 0.707 φ2. La variazione di segno nella seconda espressione indica un’importante inversione del rapporto di fase tra i due orbitali atomici, producendo così un nodo dove la probabilità di trovare un elettrone è nulla.

L’analisi del determinante secolare rivela informazioni cruciali sull’energia degli elettroni e sulle relative funzioni d’onda, offrendo così preziose conoscenze per comprendere il comportamento delle molecole organiche dal punto di vista quantistico.

Tipi di dieni: cumulati, coniugati, isolati

Concetti fondamentali sui tipi di dieni: Cumulati, Coniugati e Isolati

I dieni sono composti organici caratterizzati dalla presenza di due doppi legami carbonio-carbonio. A seconda di come sono posizionati reciprocamente i doppi legami, si distinguono tre tipi di dieni.

Dieni cumulati

Tra i dieni cumulati, il composto più semplice è l’,2-propadiene CH2=C=CH2. Gli atomi di carbonio terminali sono legati a due atomi di idrogeno e all’atomo di carbonio centrale. Quest’ultimo è legato con doppi legami agli altri due atomi di carbonio e forma due utilizzando orbitali ibridi sp disposti secondo angoli di 180°.

Se l’allene presenta due gruppi diversi, come nel caso del 2,3-propadiene, esso è chirale e presenta due enantiomeri.

Dieni coniugati

I dieni coniugati sono più reattivi delle olefine isolate, ma stabili rispetto agli altri dieni. La maggiore stabilità, suffragata da calori di idrogenazione e di combustione minori, suggerisce che una sola struttura di legame di valenza non rappresenta da sola la reale distribuzione degli elettroni. Pertanto, i dieni coniugati sono stabilizzati per risonanza.

Consideriamo il legame C2-C3 presente nell’1,3-butadiene: esso è un legame di tipo σ che dovrebbe consentire una libertà di rotazione intorno ad esso. Sperimentalmente si è trovato che vi è un impedimento alla rotazione intorno al legame C2-C3 e che il legame tra questi due atomi è più corto rispetto a quello che presentano due atomi di carbonio legati tramite legame σ.

Teoria dell’orbitale molecolare

La teoria degli giustifica tali evidenze sperimentali con il concetto di delocalizzazione dei legami π. I quattro orbitali 2p_z si combinano per dare quattro orbitali molecolari π.

L’orbitale molecolare a più bassa Ψ1 è di legame e così pure l’orbitale a cui compete energia Ψ2. I due orbitali molecolari a energia superiore, ovvero Ψ3* e Ψ4*, sono antileganti. Ciò porta a due diverse conformazioni cis e trans in cui la conformazione cis è meno stabile a causa dell’interazione sterica tra gli atomi di idrogeno.

Dieni isolati

I dieni isolati non mostrano una stabilità particolare in quanto i loro legami π interagiscono in modo indipendente tra loro. Spesso, questi tipi di dieni possono essere trattati semplicemente come alcheni più complessi e mostrano una reattività più alta di quelli coniugati.

Densità dei gas. Esercizi svolti

Densità dei gas: esercizi svolti

La densità dei gas è calcolata con la formula d = pM/RT, derivata dalla definizione di densità e applicabile in vari esercizi. Questa relazione può essere utilizzata per risolvere problemi riguardanti la densità dei gas.

La densità dei gas può essere espressa come d = pM/RT, derivata dall’ dei gas pV = nRT. Questa relazione è fondamentale per risolvere esercizi in chimica riguardanti la densità dei gas.

Esercizi

) Calcolare la densità dell’ gassoso a 298 K e alla pressione di 0.987 atm.

Sostituendo i dati nell’espressione della densità e considerando il peso molecolare M di O2 (32.0 g/mol), si ottiene: d = 0.987 atm * 32.0 g/mol / 0.08206 L atm mol^-1 K^-1 * 298 K = 1.29 g/L.

2) Calcolare il peso molecolare di un gas avente densità di 0.00249 g/mL alla temperatura di 20.0 °C e alla pressione di 744 mm Hg.

Convertendo la temperatura in Kelvin (T = 20.0 + 273.15 = 293.15 K) e la pressione atmosferica (p = 744/760 = 0.979 atm), si possono sostituire i dati nell’espressione M = d * RT/p per ottenere il peso molecolare, che risulta essere 61.2 g/mol.

3) La densità del fosforo sotto forma di vapore alla temperatura di 100 °C e alla pressione di 120 Torr è pari a 0.6388 g/L. Calcolare la formula molecolare.

Effettuando le opportune conversioni e sostituendo i valori nell’espressione M = d * RT/p, si ottiene un peso molecolare di 123.8 g/mol. Poiché il peso atomico del fosforo è 30.9738 g/mol, si deduce che la formula molecolare è P4.

4) Ad alte temperature il cloruro di allumino sublima; calcolare la densità del vapore avente volume 1.00 L alla temperatura di 225 °C e alla pressione di 0.939 atm.

Convertendo la temperatura in Kelvin (T = 225 + 273.15 = 498.15 K) e utilizzando l’equazione di stato dei gas pV = nRT per isolare il numero di , si calcola la densità che risulta essere 3.07 g/L.

5) Un campione di aria contenente solo azoto e ossigeno ha una densità pari a 1.3393 g/L a STP. Trovare il peso molecolare medio e la percentuale di azoto e ossigeno presenti nel campione.

Calcolando il peso molecolare medio con l’equazione M = d * RT/p (M = 1.3393 * 0.08206 * 273.15 / 1 = 30.0 g/mol) e le percentuali di azoto e ossigeno, si ottiene che la percentuale di azoto è 46.7% e quella di ossigeno è 53.3%.

6) Si supponga che un campione di aria contenga il 21% di O2 e il 79% di N2. Calcolare la densità dell’aria a 30.0 °C e alla pressione di 1.00 atm.

Determinando il peso molecolare medio dell’aria e applicando la formula della densità, si ottiene che la densità dell’aria è pari a 1.17 g/L.

Questi esempi illustrano l’applicazione della formula della densità dei gas e dimostrano come sia possibile risolvere una varietà di esercizi legati a questo concetto in chimica.

Reazione delle ammine alifatiche con acido nitroso

Reazione delle ammine alifatiche con

La reazione delle ammine con acido nitroso è un metodo utilizzato per distinguere le ammine primarie, secondarie e terziarie. Quando viene introdotta un’ammide primaria nell’acido nitroso, la soluzione che ne deriva si presenta trasparente, con sviluppo di azoto gassoso. Al contrario, l’ammide secondaria forma una soluzione oleosa contenente -nitrosammina, mentre l’ammide terziaria produce una soluzione limpida contenente un sale di .

L’acido nitroso HNO2 è una sostanza instabile generata in situ dalla reazione di una soluzione contenente o potassio in presenza di un acido minerale.

Reazioni delle ammine primarie con acido nitroso

Le ammine primarie reagiscono con acido nitroso producendo un sale di diazonio altamente instabile, che a sua volta forma carbocationi reattivi. Questi carbocationi possono reagire con i presenti in soluzione, dando luogo a una miscela di alcoli, alogenuri alchilici e alcheni.

Ad esempio, la reazione dell’etilammina con acido nitroso produce un sale di diazonio che si trasforma in azoto gassoso, 1-etanolo, 1-cloropropano e etene.

Reazioni delle ammine secondarie con acido nitroso

Le ammine secondarie reagiscono con l’acido nitroso dando origine a N-nitrosammine, sostanze notoriamente cancerogene.

Reazioni delle ammine terziarie con acido nitroso

Le ammine terziarie reagiscono con l’acido nitroso per formare alchilammonio.

Questi esempi dimostrano il ruolo dell’acido nitroso nelle reazioni con le ammine alifatiche, evidenziando le differenti risposte delle ammine primarie, secondarie e terziarie a questa sostanza chimica.

Diazometano: sintesi, reazioni

e Reazioni del Diazometano

Il diazometano è un composto con formula CH2NH2 appartenente alla categoria dei . A temperatura ambiente si presenta in forma gassosa ed è di colore giallo. È un gas tossico e può esplodere violentemente in soluzione di etere etilico.

Presenta tre strutture di risonanza. È utilizzato in laboratorio come agente metilante per la preparazione di esteri metilici a partire dall’acido carbossilico; tuttavia, a causa della sua pericolosità, non è comunemente impiegato in campo industriale.

Sintesi


A causa della sua pericolosità e instabilità, il diazometano è preparato al momento del suo utilizzo utilizzando precursori che presentano il gruppo -metil,N-nitroso.

Reazioni


Sintesi di esteri metilici


L’acido carbossilico reagisce con il diazometano per formare un estere metilico. La reazione procede con la protonazione del diazometano da parte dell’acido carbossilico. Si ha così ottenuto un agente alchilante in quanto il gruppo –N2 è un ottimo gruppo uscente. L’ione carbossilato attacca il gruppo metilico con fuoriuscita di N2 e formazione di un metil estere.

Sintesi di


L’alogenuro acilico reagisce con il diazometano per formare un acido carbossilico che presenta un atomo di carbonio in più. La reazione avviene a caldo con eliminazione di N2; tale reazione che porta a un riarrangiamento è detta riarrangiamento di Wolff.

Reazione di ciclopropanazione


L’alchene reagisce con il diazometano avviene una ciclizzazione, con formazione di ciclopropano sostituito.

Rimozione del ferro dalle acque: reazione, diagramma di Pourbaix

Il processo di rimozione del ferro dalle acque: reazione e

Le elevate concentrazioni di ferro nelle acque possono causare una serie di problemi, pertanto è essenziale procedere alla sua rimozione. Il ferro è il metallo più abbondante all’interno della Terra, costituendo il 34,6% della massa del nostro pianeta ed è il quarto elemento per abbondanza nell’intero universo. La concentrazione di ferro nei vari strati terrestri varia con la profondità, con massima presenza nel nucleo, costituito probabilmente da una lega di ferro e nichel, e un calo fino al 4,75% nella crosta terrestre.

Il ferro si trova nel terreno a basse concentrazioni e nelle acque sotterranee, presentandosi nella forma solubile Fe^2+ o Fe(OH)^+ e sotto forma di Fe^3+ o come idrossido di ferro (III) scarsamente solubile. La presenza del ferro nelle acque può anche avere origine industriale, in particolare dall’industria mineraria o siderurgica. Sebbene il ferro non presenti in genere un pericolo per la salute umana o per l’ambiente, livelli eccessivi possono essere dannosi, conferendo all’acqua una colorazione scura e un gusto metallico rendendola sgradevole per il consumo. Inoltre, può essere all’origine della corrosione degli scoli delle fogne a causa dello sviluppo di ferrobatteri.

I ferrobatteri sono un gruppo di microrganismi aerobi che ottengono carbonio dal biossido di carbonio e ricavano l’ per il proprio organismo dall’ per via enzimatica del ferro dallo stato di ossidazione +2 allo stato di ossidazione +3. Questi batteri accelerano la reazione che avviene naturalmente tra e ioni Fe^2+ presenti nell’acqua o sulla superficie di tubazioni metalliche, catturando l’energia rilasciata dal processo di ossidazione e utilizzandola per il proprio metabolismo.

La reazione che avviene è la seguente:
4 Fe(OH)_2 + 2H_2O + O_2 → 4 Fe(OH)_3

In acqua aerata, avviene un’ossidazione dello ione ferro (II) a ferro (III) che precipita come idrossido di ferro (III). La formazione dell’idrossido insolubile comporta la possibilità di intasamenti delle tubazioni oltre che all’inquinamento di resine a scambio ionico usate per l’addolcimento delle acque.

La forma in cui si trova il ferro disciolto in acqua dipende dal e dal potenziale, come mostrato dal diagramma di Pourbaix il cui sono rappresentate le possibili condizioni stabili del sistema. Di solito, le acque sotterranee hanno un basso contenuto di ossigeno, quindi un basso potenziale redox e un pH basso (5,5-6,5). Le acque sotterranee sono naturalmente anaerobiche e il ferro rimane in soluzione, pertanto è necessaria la sua rimozione.

La rimozione dello ione Fe^2+ per via chimico-fisica si ottiene aumentando il potenziale redox dell’acqua per ossidazione grazie all’ossigeno presente nell’aria. In caso di acqua acida, il trattamento di ventilazione deve essere unito a una correzione del pH in modo che lo ione Fe^2+ sia ossidato a Fe^3+ che precipita come idrossido di ferro (III). La precipitazione per ossidazione chimica può essere ottenuta anche usando agenti ossidanti forti quali il diossido di cloro ClO_2, l’ozono O_3 o il permanganato di potassio KMnO_4.

Sono in commercio filtri deferrizzatori costituiti da un serbatoio contenente il minerale pirolusite costituito da biossido di manganese MnO_2. L’acqua da trattare è saturata di ossigeno e successivamente attraversa il letto filtrante dove subisce l’ossidazione del ferro. Esso precipita sul letto filtrante che ha la proprietà catalizzatrice nei riguardi dell’azione ossidativa. Un altro tipo di filtro deferrizzante è costituito da zeolite al manganese che catalizza l’ossidazione del ferro e provvede alla filtrazione del precipitato formato.

Superossido dismutasi: produzione di ROS

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Ruolo e Produzione di Superossido Dismutasi

La superossido dismutasi è un enzima appartenente alla classe delle ossidoreduttasi con la capacità di catalizzare reazioni di dismutazione. Gli organismi viventi dipendono dall’ per la loro sopravvivenza, poiché è coinvolto nei processi metabolici e respiratori. Tuttavia, l’ossigeno può formare specie altamente reattive conosciute come ROS (Reactive Oxygen Species), come l’anione superossido e il , che vengono costantemente prodotte durante i processi metabolici.

Importanza della Superossido Dismutasi

In condizioni fisiologiche normali, la produzione di ROS è bilanciata dall’azione degli antiossidanti, tra cui la superossido dismutasi. Questo enzima catalizza la disproporzione dell’anione superossido in perossido di idrogeno e ossigeno molecolare. Esistono diverse forme di superossido dismutasi con diversi cofattori metallici, come rame, zinco, manganese, ferro o nichel. La Cu/Zn SOD è particolarmente efficace, dimostrando un tasso di reazione significativo con il superossido.

La superossido dismutasi è oggetto di attenzione in relazione alla sclerosi laterale amiotrofica, anche nota come morbo di Lou Gehrig. Recentemente, è stata scoperta una connessione tra questa malattia e le mutazioni nel gene SOD. Gli studi sono volti a comprendere il ruolo della SOD nella malattia, con la speranza di sviluppare nuovi trattamenti e cure.

Benefici dell’Assunzione di Superossido Dismutasi

L’assunzione di superossido dismutasi, in combinazione con la gliadina, proteina di riserva del frumento, è considerata utile per contrastare lo stress ossidativo. Quest’ultimo è una condizione patologica derivante dalla rottura dell’equilibrio fisiologico tra la produzione e l’eliminazione delle specie chimiche ossidanti da parte dei sistemi di difesa antiossidanti.

Ricerche Mediche e Possibili Applicazioni

Sono in corso numerose ricerche mediche sugli effetti della superossido dismutasi. Studi sono stati condotti su pazienti che avevano avuto di recente un attacco di cuore, ma i risultati non hanno mostrato miglioramenti nella funzione cardiaca. Tuttavia, si ritiene che gli integratori a base di SOD possano essere efficaci in patologie come morbo di Alzheimer, cataratta, gotta, osteoartrite, morbo di Parkinson e artrite reumatoide, così come nel rallentare il processo di invecchiamento della pelle.

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