back to top
Home Blog Pagina 296

Densità dei gas. Esercizi svolti

Densità dei gas: esercizi svolti

La densità dei gas è calcolata con la formula d = pM/RT, derivata dalla definizione di densità e applicabile in vari esercizi. Questa relazione può essere utilizzata per risolvere problemi riguardanti la densità dei gas.

La densità dei gas può essere espressa come d = pM/RT, derivata dall’ dei gas pV = nRT. Questa relazione è fondamentale per risolvere esercizi in chimica riguardanti la densità dei gas.

Esercizi

) Calcolare la densità dell’ gassoso a 298 K e alla pressione di 0.987 atm.

Sostituendo i dati nell’espressione della densità e considerando il peso molecolare M di O2 (32.0 g/mol), si ottiene: d = 0.987 atm * 32.0 g/mol / 0.08206 L atm mol^-1 K^-1 * 298 K = 1.29 g/L.

2) Calcolare il peso molecolare di un gas avente densità di 0.00249 g/mL alla temperatura di 20.0 °C e alla pressione di 744 mm Hg.

Convertendo la temperatura in Kelvin (T = 20.0 + 273.15 = 293.15 K) e la pressione atmosferica (p = 744/760 = 0.979 atm), si possono sostituire i dati nell’espressione M = d * RT/p per ottenere il peso molecolare, che risulta essere 61.2 g/mol.

3) La densità del fosforo sotto forma di vapore alla temperatura di 100 °C e alla pressione di 120 Torr è pari a 0.6388 g/L. Calcolare la formula molecolare.

Effettuando le opportune conversioni e sostituendo i valori nell’espressione M = d * RT/p, si ottiene un peso molecolare di 123.8 g/mol. Poiché il peso atomico del fosforo è 30.9738 g/mol, si deduce che la formula molecolare è P4.

4) Ad alte temperature il cloruro di allumino sublima; calcolare la densità del vapore avente volume 1.00 L alla temperatura di 225 °C e alla pressione di 0.939 atm.

Convertendo la temperatura in Kelvin (T = 225 + 273.15 = 498.15 K) e utilizzando l’equazione di stato dei gas pV = nRT per isolare il numero di , si calcola la densità che risulta essere 3.07 g/L.

5) Un campione di aria contenente solo azoto e ossigeno ha una densità pari a 1.3393 g/L a STP. Trovare il peso molecolare medio e la percentuale di azoto e ossigeno presenti nel campione.

Calcolando il peso molecolare medio con l’equazione M = d * RT/p (M = 1.3393 * 0.08206 * 273.15 / 1 = 30.0 g/mol) e le percentuali di azoto e ossigeno, si ottiene che la percentuale di azoto è 46.7% e quella di ossigeno è 53.3%.

6) Si supponga che un campione di aria contenga il 21% di O2 e il 79% di N2. Calcolare la densità dell’aria a 30.0 °C e alla pressione di 1.00 atm.

Determinando il peso molecolare medio dell’aria e applicando la formula della densità, si ottiene che la densità dell’aria è pari a 1.17 g/L.

Questi esempi illustrano l’applicazione della formula della densità dei gas e dimostrano come sia possibile risolvere una varietà di esercizi legati a questo concetto in chimica.

Reazione delle ammine alifatiche con acido nitroso

Reazione delle alifatiche con acido nitroso

La reazione delle ammine con acido nitroso è un metodo utilizzato per distinguere le ammine primarie, secondarie e terziarie. Quando viene introdotta un’ammide primaria nell’acido nitroso, la soluzione che ne deriva si presenta trasparente, con sviluppo di azoto gassoso. Al contrario, l’ammide secondaria forma una soluzione oleosa contenente -nitrosammina, mentre l’ammide terziaria produce una soluzione limpida contenente un sale di ammonio.

L’acido nitroso HNO2 è una sostanza instabile generata in situ dalla reazione di una soluzione contenente nitrito di sodio o potassio in presenza di un acido minerale.

Reazioni delle ammine primarie con acido nitroso

Le ammine primarie reagiscono con acido nitroso producendo un sale di diazonio altamente instabile, che a sua volta forma reattivi. Questi carbocationi possono reagire con i presenti in soluzione, dando luogo a una miscela di alcoli, alogenuri alchilici e alcheni.

Ad esempio, la reazione dell’etilammina con acido nitroso produce un sale di diazonio che si trasforma in azoto gassoso, -etanolo, 1-cloropropano e etene.

Reazioni delle ammine secondarie con acido nitroso

Le ammine secondarie reagiscono con l’acido nitroso dando origine a N-nitrosammine, sostanze notoriamente cancerogene.

Reazioni delle ammine terziarie con acido nitroso

Le ammine terziarie reagiscono con l’acido nitroso per formare alchilammonio.

Questi esempi dimostrano il ruolo dell’acido nitroso nelle reazioni con le ammine alifatiche, evidenziando le differenti risposte delle ammine primarie, secondarie e terziarie a questa sostanza chimica.

Diazometano: sintesi, reazioni

e Reazioni del Diazometano

Il diazometano è un composto con formula CH2NH2 appartenente alla categoria dei . A temperatura ambiente si presenta in forma gassosa ed è di colore giallo. È un gas tossico e può esplodere violentemente in soluzione di .

Presenta tre strutture di risonanza. È utilizzato in laboratorio come agente metilante per la preparazione di esteri metilici a partire dall’acido carbossilico; tuttavia, a causa della sua pericolosità, non è comunemente impiegato in campo industriale.

Sintesi


A causa della sua pericolosità e instabilità, il diazometano è preparato al momento del suo utilizzo utilizzando precursori che presentano il gruppo -metil,N-nitroso.

Reazioni


Sintesi di esteri metilici


L’acido carbossilico reagisce con il diazometano per formare un estere metilico. La reazione procede con la protonazione del diazometano da parte dell’acido carbossilico. Si ha così ottenuto un agente alchilante in quanto il gruppo –N2 è un ottimo gruppo uscente. L’ione carbossilato attacca il gruppo metilico con fuoriuscita di N2 e formazione di un metil estere.

Sintesi di


L’alogenuro acilico reagisce con il diazometano per formare un acido carbossilico che presenta un atomo di carbonio in più. La reazione avviene a caldo con eliminazione di N2; tale reazione che porta a un riarrangiamento è detta riarrangiamento di Wolff.

Reazione di ciclopropanazione


L’alchene reagisce con il diazometano avviene una ciclizzazione, con formazione di ciclopropano sostituito.

Rimozione del ferro dalle acque: reazione, diagramma di Pourbaix

Il processo di rimozione del ferro dalle acque: reazione e diagramma di Pourbaix

Le elevate concentrazioni di ferro nelle acque possono causare una serie di problemi, pertanto è essenziale procedere alla sua rimozione. Il ferro è il metallo più abbondante all’interno della Terra, costituendo il 34,6% della massa del nostro pianeta ed è il quarto elemento per abbondanza nell’intero universo. La concentrazione di ferro nei vari strati terrestri varia con la profondità, con massima presenza nel nucleo, costituito probabilmente da una lega di ferro e nichel, e un calo fino al 4,75% nella crosta terrestre.

Il ferro si trova nel terreno a basse concentrazioni e nelle acque sotterranee, presentandosi nella forma solubile Fe^2+ o Fe(OH)^+ e sotto forma di Fe^3+ o come idrossido di ferro (III) scarsamente solubile. La presenza del ferro nelle acque può anche avere origine industriale, in particolare dall’industria mineraria o siderurgica. Sebbene il ferro non presenti in genere un pericolo per la salute umana o per l’ambiente, livelli eccessivi possono essere dannosi, conferendo all’ una colorazione scura e un gusto metallico rendendola sgradevole per il consumo. Inoltre, può essere all’origine della degli scoli delle fogne a causa dello sviluppo di ferrobatteri.

I ferrobatteri sono un gruppo di microrganismi aerobi che ottengono carbonio dal e ricavano l’energia per il proprio organismo dall’ per via enzimatica del ferro dallo stato di ossidazione +2 allo stato di ossidazione +3. Questi batteri accelerano la reazione che avviene naturalmente tra e ioni Fe^2+ presenti nell’acqua o sulla superficie di tubazioni metalliche, catturando l’energia rilasciata dal processo di ossidazione e utilizzandola per il proprio metabolismo.

La reazione che avviene è la seguente:
4 Fe(OH)_2 + 2H_2O + O_2 → 4 Fe(OH)_3

In acqua aerata, avviene un’ossidazione dello ione ferro (II) a ferro (III) che precipita come idrossido di ferro (III). La formazione dell’idrossido insolubile comporta la possibilità di intasamenti delle tubazioni oltre che all’inquinamento di resine a scambio ionico usate per l’addolcimento delle acque.

La forma in cui si trova il ferro disciolto in acqua dipende dal pH e dal potenziale, come mostrato dal diagramma di Pourbaix il cui sono rappresentate le possibili condizioni stabili del sistema. Di solito, le acque sotterranee hanno un basso contenuto di ossigeno, quindi un basso potenziale redox e un pH basso (5,5-6,5). Le acque sotterranee sono naturalmente anaerobiche e il ferro rimane in soluzione, pertanto è necessaria la sua rimozione.

La rimozione dello ione Fe^2+ per via chimico-fisica si ottiene aumentando il potenziale redox dell’acqua per ossidazione grazie all’ossigeno presente nell’aria. In caso di acqua acida, il trattamento di ventilazione deve essere unito a una correzione del pH in modo che lo ione Fe^2+ sia ossidato a Fe^3+ che precipita come idrossido di ferro (III). La precipitazione per ossidazione chimica può essere ottenuta anche usando agenti ossidanti forti quali il diossido di cloro ClO_2, l’ozono O_3 o il permanganato di potassio KMnO_4.

Sono in commercio filtri deferrizzatori costituiti da un serbatoio contenente il minerale pirolusite costituito da biossido di manganese MnO_2. L’acqua da trattare è saturata di ossigeno e successivamente attraversa il letto filtrante dove subisce l’ossidazione del ferro. Esso precipita sul letto filtrante che ha la proprietà catalizzatrice nei riguardi dell’azione ossidativa. Un altro tipo di filtro deferrizzante è costituito da zeolite al manganese che catalizza l’ossidazione del ferro e provvede alla filtrazione del precipitato formato.

Superossido dismutasi: produzione di ROS

0

Ruolo e Produzione di Superossido Dismutasi

La superossido dismutasi è un enzima appartenente alla classe delle ossidoreduttasi con la capacità di catalizzare reazioni di dismutazione. Gli organismi viventi dipendono dall’ per la loro sopravvivenza, poiché è coinvolto nei processi metabolici e respiratori. Tuttavia, l’ossigeno può formare specie altamente reattive conosciute come ROS (Reactive Oxygen Species), come l’anione superossido e il , che vengono costantemente prodotte durante i processi metabolici.

Importanza della Superossido Dismutasi

In condizioni fisiologiche normali, la produzione di ROS è bilanciata dall’azione degli antiossidanti, tra cui la superossido dismutasi. Questo enzima catalizza la disproporzione dell’anione superossido in perossido di idrogeno e ossigeno molecolare. Esistono diverse forme di superossido dismutasi con diversi cofattori metallici, come rame, zinco, manganese, ferro o nichel. La Cu/Zn SOD è particolarmente efficace, dimostrando un tasso di reazione significativo con il superossido.

La superossido dismutasi è oggetto di attenzione in relazione alla sclerosi laterale amiotrofica, anche nota come morbo di Lou Gehrig. Recentemente, è stata scoperta una connessione tra questa malattia e le mutazioni nel gene SOD. Gli studi sono volti a comprendere il ruolo della SOD nella malattia, con la speranza di sviluppare nuovi trattamenti e cure.

Benefici dell’Assunzione di Superossido Dismutasi

L’assunzione di superossido dismutasi, in combinazione con la gliadina, proteina di riserva del frumento, è considerata utile per contrastare lo stress ossidativo. Quest’ultimo è una condizione patologica derivante dalla rottura dell’equilibrio fisiologico tra la produzione e l’eliminazione delle specie chimiche da parte dei sistemi di difesa antiossidanti.

Ricerche Mediche e Possibili Applicazioni

Sono in corso numerose ricerche mediche sugli effetti della superossido dismutasi. Studi sono stati condotti su pazienti che avevano avuto di recente un attacco di cuore, ma i risultati non hanno mostrato miglioramenti nella funzione cardiaca. Tuttavia, si ritiene che gli integratori a base di SOD possano essere efficaci in patologie come morbo di Alzheimer, cataratta, gotta, osteoartrite, morbo di Parkinson e artrite reumatoide, così come nel rallentare il processo di invecchiamento della pelle.

Solfuro di carbonio: reazioni, usi

Solfuro di carbonio: proprietà, reattività e impieghi principali

Il solfuro di carbonio (CS2) è un liquido volatile e poco solubile in acqua. Tuttavia, la sua solubilità è maggiore in , , , e tetracloruro di carbonio. Sebbene sia soggetto all’azione dei nucleofili, ha un odore sgradevole a causa della presenza di tracce di composti organici solforati ed è altamente infiammabile e sensibile alla luce.

Reattività del solfuro di carbonio

Il solfuro di carbonio reagisce in ambiente basico per formare carbonati e tiocarbonati. In condizioni basiche, reagisce con gli alcoli per produrre xantati e può subire clorurazione con formazione del tetracloruro di carbonio e il monocloruro di zolfo. Inoltre, reagisce con l’anilina per fornire tiocarbanilide e solfuro di idrogeno.

Può anche dare luogo a ditiocarbammato di ammonio, dimetil ditiocarbammato di sodio e solfuro di carbonile. Infine, può essere ossidato con acido clorosolfonico e reagire con urea per produrre il tiocianato di ammonio.

Impieghi principali

In passato, il solfuro di carbonio veniva utilizzato come solvente per estrarre oli, grassi e cere. Attualmente, è impiegato come materia prima per la produzione di cellulosa rigenerata. Tale processo consente di ottenere la viscosa, una massa sciropposa che viene fatta maturare per produrre filamenti di rayon viscosa, una fibra tessile.

In , il solfuro di carbonio, grazie alle sue caratteristiche e reattività, trova applicazione sia nell’industria chimica, ad esempio nella produzione di xantati, sia nel settore tessile per la produzione di fibra viscosa.

Queste reazioni e applicazioni rendono il solfuro di carbonio un composto chimico versatile che continua a essere oggetto di studio e interesse per diverse industrie.

Ossidazione e riduzione di gruppi carbonilici

e riduzione di gruppi carbonilici nei composti organici

Le reazioni di ossidazione e riduzione dei gruppi carbonilici presenti nelle aldeidi sono processi importanti in chimica organica. Durante l’ossidazione di aldeidi, si verifica la formazione di acidi carbossilici. Le reazioni organiche coinvolgono spesso questi processi di ossidazione e riduzione, e la determinazione del numero di ossidazione del carbonio nei composti organici è fondamentale per comprenderli.

Per identificare quale atomo di carbonio subisce l’ossidazione o la riduzione, è importante conoscere le regole per la determinazione del numero di ossidazione del carbonio nei composti organici. Di seguito, vengono riportati alcuni esempi chiari di ossidazione e riduzione nei composti organici:

– L’ossidazione di un’ aldeide in un acido carbossilico (RCHO → RCOOH) implica l’aggiunta di o la diminuzione di atomi di idrogeno.
– La trasformazione di un alcol in un’ aldeide (R-CH2-OH → RCHO) rappresenta l’ossidazione, poiché comporta la perdita di atomi di idrogeno.
– La riduzione si verifica quando un’ aldeide si converte in un alcol (RCHO → R-CH2-OH) oppure in un alcano (RCHO → R-CH3), comportando l’aggiunta di atomi di idrogeno.

Ossidazione

Per facilitare l’ossidazione dei gruppi carbonilici, come ad esempio nella conversione da aldeide ad acido carbossilico, è necessario l’utilizzo di agenti specifici. Ad esempio, l’acido cromico (H2CrO4) è uno degli ossidanti più efficaci per questa reazione ed è preparato in situ facendo reagire un acido forte come l’ acido solforico con un cromato di sodio o potassio. Ogni reazione di ossidazione richiede uno specifico ossidante che va valutato caso per caso.

Riduzione

Nelle reazioni di riduzione dei composti organici, vengono impiegati vari agenti come il sodio boroidruro (NaBH4) e il litio alluminio idruro (LiAlH4). Durante la riduzione delle aldeidi si ottengono alcoli primari, mentre dalla riduzione dei si ottengono alcoli secondari. Queste reazioni avvengono in assenza di acido, simili all’addizione base-catalizzata di acqua, all’addizione di HCN e all’addizione di un reattivo di Grignard piuttosto che a una reazione acido catalizzata.

In conclusione, le reazioni di ossidazione e riduzione dei gruppi carbonilici sono processi fondamentali in chimica organica, e la scelta dell’agente ossidante o riducente appropriato è determinante per il successo di tali reazioni.

Poliacrilonitrile: sintesi, proprietà

Poliacrilonitrile: Sintesi e Proprietà

Il poliacrilonitrile è un polimero utilizzato per la produzione di fibre che presentano caratteristiche simili alla seta, ma con un’efficienza termica paragonabile a quella della lana. Queste fibre vengono impiegate in diversi settori, inclusi i sistemi di filtrazione dei gas, tende da esterni, vele per imbarcazioni e fibre per armato. Tipicamente, viene utilizzato in insieme ad e metacrilato o metilmetacrilato, per la produzione di tessuti speciali.

Sintesi del Poliacrilonitrile

La sintesi del poliacrilonitrile avviene attraverso una , utilizzando perossidi o una miscela di perossidisolfato di potassio K2S2O8 insieme a un agente riducente come l’idrogenosolfito di potassio KHSO3.

Proprietà del Poliacrilonitrile

Le fibre di poliacrilonitrile presentano una densità di 1.17 g/cm3, risultando essere più leggere della lana la cui densità è pari a 1.32 g/cm3. Offrono un buon isolamento termico, con un’allungamento a rottura del 15%. Le fibee mostrano anche una buona stabilità termica e si decolorano solo a temperature superiori a 175 °C per lunghi periodi. Inoltre, si restringono di circa l’1.5% se trattate con acqua bollente per 30 minuti.

Questi materiali evidenziano anche una buona resistenza agli e alle soluzioni alcaline diluite, sebbene siano vulnerabili agli alcali forti a caldo. Tuttavia, non sono suscettibili all’attacco di muffe e tarme e mostrano notevole stabilità verso agenti sbiancanti. Ulteriormente, sono stati prodotti fiocchi di poliacrilonitrile con un’applicazione speciale per prevenire il ritiro plastico di calcestruzzi e malte.

Recentemente, nel 2013, i ricercatori dell’Università di Nebraska-Lincoln hanno annunciato la creazione di nanofibre eccezionalmente sottili e robuste mediante la tecnica di elettrofilatura, con il poliacrilonitrile come materiale di base. L’esperimento ha dimostrato che diminuendo lo spessore delle nanofibre, il materiale non solo diviene più resistente, ma anche più duro.

In sintesi, il poliacrilonitrile rappresenta un materiale polimerico versatile, che trova applicazioni in svariati settori grazie alle sue peculiari proprietà, che risultano essere di grande interesse per la ricerca e lo sviluppo di materiali innovativi.

Diagramma di fase di due liquidi parzialmente miscibili: interpretazione

Diagramma di di due liquidi parzialmente miscibili: interpretazione

Un sistema chimico può essere classificato come omogeneo se è composto da una sostanza pura o da un insieme di sostanze distribuite in un’unica fase. Al contrario, un sistema è considerato eterogeneo se le sostanze sono presenti in diverse fasi di aggregazione.

Una fase di un sistema è una porzione di materia le cui proprietà macroscopiche sono uniformi in ogni parte, senza discontinuità. Alcuni sistemi liquido-liquido, come ad esempio l’ e il , sono solo parzialmente miscibili a basse temperature, formando due fasi a determinate composizioni.

Descrizione del diagramma di fase

Il diagramma di fase di due liquidi parzialmente miscibili rappresenta la temperatura sull’asse delle ordinate e la composizione del sistema sull’asse delle ascisse, generalmente espressa in termini di frazione molare a una data pressione, tipicamente p = 1 atm.

Un esempio di diagramma di fase di due liquidi parzialmente miscibili è presentato di seguito:

[Immagine del diagramma]

Supponendo che i due liquidi siano A e B, sull’asse delle ascisse è riportata la frazione molare di uno dei due liquidi, ad esempio la frazione molare di B.

Interpretazione del diagramma

Quando la frazione molare di B è uguale a zero, il sistema è costituito solo dal liquido A a una certa temperatura T. Aggiungendo una piccola quantità di B, il sistema rimane in una sola fase. Se ulteriori quantità di B vengono aggiunte, si raggiunge un punto in cui il liquido B non si miscela più e il sistema è costituito da due fasi in equilibrio, con la fase A satura di B e la fase B satura di A.

Le composizioni delle due fasi a equilibrio sono date rispettivamente dai punti Φ’ e Φ”. A temperature alte, il sistema forma una fase singola omogenea dove i due liquidi sono completamente miscibili. Questi sistemi presentano una temperatura critica superiore, oltre la quale il sistema è miscibile in tutte le proporzioni.

Temperatura critica inferiore

Non tutti i sistemi mostrano una temperatura critica superiore. Alcuni sistemi hanno una temperatura critica inferiore al di sotto della quale sono miscibili in tutte le proporzioni e al di sopra della quale possono formare due fasi.

Questo comportamento è giustificato dalla formazione di un debole complesso tra i due liquidi a basse temperature, che aumenta la miscibilità. Tuttavia, ad alte temperature, tale complesso si rompe e il sistema può trovare in due fasi separate.

Lacuna di miscibilità

Alcuni sistemi, come l’ e la , presentano sia una temperatura critica superiore che una temperatura critica inferiore. A basse temperature, interagiscono per formare un debole complesso, stabilizzando la soluzione. A temperature intermedie, la soluzione si separa in due fasi distinte, creando una lacuna di miscibilità.

In conclusione, il diagramma di fase di due liquidi parzialmente miscibili fornisce importanti informazioni sull’equilibrio tra le fasi in questi sistemi complessi e sulle variazioni di composizione e temperatura che si verificano durante la miscelazione.

Addizione nucleofila ai nitrili: idrolisi, riduzione

Le reazioni dei : addizione nucleofila, idrolisi e riduzione

Quando si tratta di nitrili, le reazioni di addizione nucleofila al gruppo ciano (-C≡) sono cruciali. Questi processi sono simili a quelli che coinvolgono il gruppo carbonilico, ma con l’eccezione che le addizioni nucleofile ai nitrili tendono ad essere irreversibili.

L’addizione di forti, come i reagenti organometallici e il litio alluminio idruro, ai nitrili avviene rapidamente, producendo i prodotti con l’aggiunta di un equivalente di nucleofilo. La reazione differisce notevolmente da quella che coinvolge aldeidi e dato che il prodotto della reazione contiene ancora un legame π.

I nucleofili anionici si legano direttamente al gruppo ciano, formando un sale di imminio intermedio che viene successivamente protonato per formare un’immima. D’altro canto, i nucleofili neutri deboli possono legarsi a un nitrile solo se è attivato in ambiente acido.

Un’altra reazione di interesse è l’idrolisi dei nitrili. L’addizione di acqua a un nitrile, in condizioni sia acide che basiche, produce inizialmente un’ammina. A seconda delle condizioni di reazione, l’ammina ottenuta può essere isolata o può ulteriormente reagire, formando un acido carbossilico e ione in condizioni acide, o un anione carbossilato e ammoniaca in condizioni basiche.

I nitrili reagiscono anche con nucleofili organometallici, producendo chetoni in modo simile ai composti contenenti il gruppo carbonilico. Il prodotto iniziale è un sale di imminio che viene successivamente idrolizzato.

Infine, i nitrili possono essere ridotti tramite idrogenazione catalitica in ambiente acido, producendo un’ammina primaria.

In sintesi, le reazioni dei nitrili offrono un campo di studio complesso e ricco di possibili applicazioni in diversi settori.

Percentuale di carattere ionico. Esercizi svolti

Carattere ionico nei legami covalenti: spiegazione e esempi

Il concetto di carattere ionico nelle molecole legate da legame covalente è stato introdotto da Pauling. Questa caratteristica si verifica in quasi tutte le molecole con legami covalenti. Si tratta di una percentuale di carattere ionico che si presenta come proposta da Pauling. Possiamo identificare due tipi di legami chimici: il legame ionico e il legame covalente. Il legame covalente implica la condivisione di elettroni tra due atomi, mentre il legame ionico è causato dall’attrazione elettrostatica tra particelle cariche di segno opposto.

Il legame ionico si forma quando almeno due atomi di elementi diversi si legano mediante il trasferimento di elettroni. In questo processo, l’atomo che cede elettroni diventa un ione positivo, mentre quello che li acquisisce diventa un ione negativo, assumendo entrambi la configurazione esterna di un gas nobile.

Legame covalente

Nel legame covalente, gli atomi si legano condividendo reciprocamente gli elettroni di valenza anziché trasferirli. Questo tipo di legame chimico può portare alla formazione di singole molecole indipendenti nello stato gassoso, come ad esempio H2, O2, H2O, NH3, oppure alla formazione di solidi cristallini come il e la .

Per esempio, nella molecola di H2, i due atomi di idrogeno sono legati tramite la condivisione dell’elettrone presente nell’orbitale atomico 1s. Nel caso della molecola di HCl, si verifica una condivisione di elettroni; tuttavia, a causa della maggiore elettronegatività del cloro rispetto all’idrogeno, si forma un legame noto come legame covalente polare, con una distribuzione asimmetrica della carica elettrica, generando un permanente.

Pauling ha determinato la componente covalente delle molecole, come ad esempio HCl, attraverso le energie di legame associate alle specie molecolari H2 e Cl2. Dalle energie di legame di queste molecole è stato possibile determinare l’energia di legame di HCl.

Percentuale di carattere ionico

Pauling ha elaborato una scala delle elettronegatività relative per gli elementi e ha proposto un’equazione che relaziona la percentuale di carattere ionico alla differenza di elettronegatività tra due elementi. L’equazione per calcolare la percentuale di carattere ionico è: % di carattere ionico = ( – e^-0.25(xA – xB)^2)∙ 100, dove xA e xB sono le elettronegatività rispettive degli elementi A e B.

Esempi

Per calcolare la percentuale di carattere ionico in TiO2, dalle elettronegatività dei due elementi, xTi = 1.5 e xO = 3.5 si applica l’equazione (1) ottenendo un risultato del 63.2%. Un altro esempio riguarda il calcolo della percentuale di carattere ionico in ZnTe, dove si ottiene un risultato del 6.1%.

In conclusione, la presenza di carattere ionico nei legami covalenti può essere determinante nella comprensione delle proprietà e dei comportamenti delle molecole. Questo concetto è fondamentale per la chimica e la comprensione dei legami molecolari.

Idrato di cloralio: sintesi, effetti

Sintesi e Effetti dell’Idrato di Cloralio

L’idrato di cloralio, conosciuto anche come tricloroacetaldeide monoidrato, è un composto organico con formula C2H3Cl3O2, noto per le sue proprietà sedative e ipnotiche. Originariamente scoperto nel 1832, questo composto ha avuto un utilizzo diffuso nel XIX secolo, ma è stato successivamente associato a gravi effetti collaterali, tra cui dipendenza, cancro e danni genetici.

Effetti dell’Idrato di Cloralio

L’idrato di cloralio è noto per il suo e ipnotico, simile a quello dei , e fu inizialmente utilizzato come sonnifero e ansiolitico. Tuttavia, se usato per periodi prolungati, può causare danni significativi all’organismo, tra cui assuefazione, eruzioni cutanee, disturbi gastrici e gravi problemi cardiaci e renali. Un’elevata dose di idrato di cloralio può portare a nausea, vomito, convulsioni e persino coma.

Altre Considerazioni sull’Idrato di Cloralio

Combinato con l’alcol, l’idrato di cloralio può causare incoscienza e intossicazione, ed è noto con il nome gergale di “Mickey Finn”. Trattandosi di cristalli instabili, l’idrato di cloralio si decompone facilmente con il , producendo fumi tossici e corrosivi.

Sintesi dell’Idrato di Cloralio

La sintesi dell’idrato di cloralio avviene mediante la reazione tra e l’aldeide corrispondente, ovvero il 2,2,2-tricloroetanale. La costante di equilibrio di questa reazione è influenzata dai sostituenti in α al carbonile, con i sostituenti che favoriscono la formazione del diolo.

In conclusione, sebbene in passato l’idrato di cloralio abbia avuto un utilizzo diffuso come sonnifero e ansiolitico, oggi è noto per i suoi gravi effetti collaterali e i danni che può causare all’organismo umano. Pertanto, è fondamentale prestare attenzione e evitare l’uso non autorizzato di questo composto.

è in caricamento