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Volume parziale molare

Il concetto di volume parziale molare e la sua importanza nella

Il volume parziale molare è una grandezza cruciale nella chimica, poiché fornisce informazioni dettagliate sul comportamento dei gas e delle soluzioni in diverse condizioni. Per capire appieno questo concetto, è importante prima comprendere cosa si intende per pressione parziale. Considerando due gas, A e B, contenuti in un recipiente di volume V alla pressione p e costituiti rispettivamente da nA e nB , possiamo applicare l’, pV = nRT.

La pressione totale p è la somma delle pressioni parziali del gas A e del gas B:
p = pA + pB
dove la pressione parziale di un gas è quella che ciascun gas avrebbe se occupasse da solo l’intero volume occupato dalla miscela alla stessa temperatura. Pertanto possiamo scrivere p = nRT/V = (nA + nB)RT/V, pA= nART/V e pB= nBRT/V.

Volume parziale

Analogamente possiamo definire il volume parziale del gas A e quello del gas B. Detto V il volume totale dei due gas si ha V = nRT/p. Ovvero VA+ VB = (nA + nB)RT/p. Inoltre VA = nART/V e VB= nBRT/p. Per i gas quindi vale l’additività dei volumi.

Volume parziale molare

Il volume parziale molare di una sostanza X in una miscela è la variazione di volume per ogni mole di X aggiunto alla miscela. I volumi parziali molari dei componenti di una miscela variano con la composizione della miscela stessa in quanto varia l’intorno delle molecole e la conseguente alterazione delle interazioni tra le molecole.

Il volume parziale molare VJ di una sostanza J presente in una miscela è dato da: VJ =(∂V/ ∂nJ)p,T,n’. In cui n’ indica che la quantità di tutte le altre sostanze è tenuta costante. Il volume parziale molare è la pendenza della curva del volume totale quando la quantità di J varia mantenendo costanti tutte le altre variabili.

Si noti che il volume parziale molare può assumere valori negativi. Ad esempio, il volume parziale molare del solfato di magnesio in è –.4 cm^3/mol, implicando che aggiungendo una mole di solfato di magnesio ad un grande volume di acqua si verifica che il volume diminuisce di 1.4 cm^3, a causa del fatto che il sale rompe la struttura dell’acqua non appena gli ioni diventano idratati.

Il metodo più comune per misurare i volumi parziali molari consiste nel misurare la dipendenza del volume di una soluzione con la composizione. Il volume osservato può essere adattato a una funzione della composizione e la pendenza della funzione può essere determinata a qualsiasi composizione.

Teoria di Hückel: assunzioni, determinante secolare

Teoria di Hückel: Fondamenti della teoria e determinante secolare

La teoria di Hückel è una teoria utilizzata per studiare sistemi che contengono elettroni π in molecole planari coniugate, come ad esempio il e l’,3-butenodiene.

Assunzioni fondamentali

La teoria di Hückel si fonda su alcune assunzioni di base. Innanzitutto, si considera che gli elettroni coinvolti occupino orbitali 2p del carbonio, abbiano un piano nodale comune con assi longitudinali paralleli e interagiscano per formare un orbitale molecolare π. Inoltre, si assume che i restanti elettroni presenti nella molecola occupino orbitali ortogonali agli orbitali 2p e, quindi, non interagiscano con essi.

Questa teoria è descritta anche come il (Linear Combination of Atomic Orbitals), assumendo che gli Ψ possano essere rappresentati dalla combinazione lineare degli orbitali atomici Φ.

Energia dell’elettrone e il determinante secolare

Secondo l’equazione di Schrödinger, l’energia ε dell’elettrone avente funzione d’onda Ψ è determinata da un insieme di coefficienti che tengono conto dei contributi degli orbitali atomici agli orbitali molecolari.

Si applica il principio variazionale e si ottiene un insieme di equazioni lineari per il sistema considerato, costituito da due orbitali atomici. Si possono ottenere n equazioni, considerando n orbitali atomici di qualsiasi specie (s, p, d, ecc.).

Ulteriori presupposti della teoria di Hückel

Secondo la teoria di Hückel, si possono fare ulteriori assunzioni fondamentali. Prima di tutto, gli integrali diagonali H_ii, noti come integrali di Coulomb, sono correlati all’energia di legame di un elettrone 2p in un atomo di carbonio isolato e si assume che siano uguali, indipendentemente dall’ambiente circostante. Inoltre, gli integrali del tipo H_ij, detti integrali di risonanza, sono legati all’abbassamento dell’energia quando un elettrone può occupare entrambi gli orbitali e dipendono dalla distanza tra gli orbitali. Si assume che l’interazione tra atomi adiacenti sia la stessa, mentre per atomi non adiacenti si presume che non vi sia alcun guadagno energetico, e quindi tali integrali vengono impostati come zero. Infine, gli integrali di sovrapposizione di tipo S sono correlati all’interazione tra gli elettroni presenti in i e j e possono essere suddivisi in due gruppi, con valore 1 se i = j e valore 0 se i ≠ j.

Questa approssimazione, che trascura gli integrali legati alla repulsione elettronica, è conosciuta come sovrapposizione zero-differenziale.

In breve, la teoria di Hückel fornisce un quadro teorico utile nella comprensione dei sistemi molecolari contenenti elettroni π, permettendo di ottenere informazioni cruciali sulle proprietà elettroniche di tali molecole.

Determinante Secolare nella Chimica Quantistica: Un’Analisi Dettagliata

Nella chimica quantistica, il determinante secolare viene utilizzato nell’analisi di diverse situazioni legate alle funzioni d’onda e all’energia degli elettroni. Questo strumento è particolarmente utile nell’analisi delle molecole organiche come l’etilene.

Il determinante secolare, quando applicato all’etilene, assume la forma di una matrice contenente i valori α – ε e β. Questa matrice permette di calcolare le soluzioni ε1 = α + β e ε2 = α – β, che sono essenziali per comprendere variazioni di energia associate alla formazione di legami π.

Dopo aver ottenuto i valori per ε, è possibile calcolare i coefficienti c1 e c2 attraverso equazioni lineari e la condizione di normalizzazione. La normalizzazione assicura che gli elettroni siano presenti nell’universo. Risolvendo tali equazioni per l’etilene, si ottiene c1 = c2 = 0.707 e c1 = -c2 = 0.707.

Successivamente, è possibile scrivere le funzioni d’onda corrispondenti alle due energie. Ψ1 = 0.707 φ1 + 0.707 φ2 e Ψ2 = 0.707 φ1 – 0.707 φ2. La variazione di segno nella seconda espressione indica un’importante inversione del rapporto di tra i due orbitali atomici, producendo così un nodo dove la probabilità di trovare un elettrone è nulla.

L’analisi del determinante secolare rivela informazioni cruciali sull’energia degli elettroni e sulle relative funzioni d’onda, offrendo così preziose conoscenze per comprendere il comportamento delle molecole organiche dal punto di vista quantistico.

Tipi di dieni: cumulati, coniugati, isolati

Concetti fondamentali sui tipi di dieni: Cumulati, Coniugati e Isolati

I dieni sono composti organici caratterizzati dalla presenza di due doppi legami carbonio-carbonio. A seconda di come sono posizionati reciprocamente i doppi legami, si distinguono tre tipi di dieni.

Dieni cumulati

Tra i dieni cumulati, il composto più semplice è l’,2-propadiene CH2=C=CH2. Gli atomi di carbonio terminali sono legati a due atomi di idrogeno e all’atomo di carbonio centrale. Quest’ultimo è legato con doppi legami agli altri due atomi di carbonio e forma due utilizzando ibridi sp disposti secondo angoli di 180°.

Se l’allene presenta due gruppi diversi, come nel caso del 2,3-propadiene, esso è chirale e presenta due enantiomeri.

Dieni coniugati

I dieni coniugati sono più reattivi delle olefine isolate, ma stabili rispetto agli altri dieni. La maggiore stabilità, suffragata da calori di idrogenazione e di minori, suggerisce che una sola di legame di valenza non rappresenta da sola la reale distribuzione degli elettroni. Pertanto, i dieni coniugati sono stabilizzati per risonanza.

Consideriamo il legame C2-C3 presente nell’1,3-butadiene: esso è un legame di tipo σ che dovrebbe consentire una libertà di rotazione intorno ad esso. Sperimentalmente si è trovato che vi è un impedimento alla rotazione intorno al legame C2-C3 e che il legame tra questi due atomi è più corto rispetto a quello che presentano due atomi di carbonio legati tramite legame σ.

Teoria dell’orbitale molecolare

La teoria degli orbitali molecolari giustifica tali evidenze sperimentali con il concetto di delocalizzazione dei legami π. I quattro orbitali 2p_z si combinano per dare quattro orbitali molecolari π.

L’orbitale molecolare a più bassa energia Ψ1 è di legame e così pure l’orbitale a cui compete energia Ψ2. I due orbitali molecolari a energia superiore, ovvero Ψ3* e Ψ4*, sono antileganti. Ciò porta a due diverse conformazioni cis e trans in cui la conformazione cis è meno stabile a causa dell’interazione sterica tra gli atomi di idrogeno.

Dieni isolati

I dieni isolati non mostrano una stabilità particolare in quanto i loro legami π interagiscono in modo indipendente tra loro. Spesso, questi tipi di dieni possono essere trattati semplicemente come alcheni più complessi e mostrano una reattività più alta di quelli coniugati.

Densità dei gas. Esercizi svolti

Densità dei gas: esercizi svolti

La densità dei gas è calcolata con la formula d = pM/RT, derivata dalla definizione di densità e applicabile in vari esercizi. Questa relazione può essere utilizzata per risolvere problemi riguardanti la densità dei gas.

La densità dei gas può essere espressa come d = pM/RT, derivata dall’ dei gas pV = nRT. Questa relazione è fondamentale per risolvere esercizi in riguardanti la densità dei gas.

Esercizi

) Calcolare la densità dell’ossigeno gassoso a 298 K e alla pressione di 0.987 atm.

Sostituendo i dati nell’espressione della densità e considerando il peso molecolare M di O2 (32.0 g/mol), si ottiene: d = 0.987 atm * 32.0 g/mol / 0.08206 L atm mol^-1 K^-1 * 298 K = 1.29 g/L.

2) Calcolare il peso molecolare di un gas avente densità di 0.00249 g/mL alla temperatura di 20.0 °C e alla pressione di 744 mm Hg.

Convertendo la temperatura in Kelvin (T = 20.0 + 273.15 = 293.15 K) e la pressione atmosferica (p = 744/760 = 0.979 atm), si possono sostituire i dati nell’espressione M = d * RT/p per ottenere il peso molecolare, che risulta essere 61.2 g/mol.

3) La densità del fosforo sotto forma di vapore alla temperatura di 100 °C e alla pressione di 120 Torr è pari a 0.6388 g/L. Calcolare la formula molecolare.

Effettuando le opportune conversioni e sostituendo i valori nell’espressione M = d * RT/p, si ottiene un peso molecolare di 123.8 g/mol. Poiché il peso atomico del fosforo è 30.9738 g/mol, si deduce che la formula molecolare è P4.

4) Ad alte temperature il cloruro di allumino sublima; calcolare la densità del vapore avente volume 1.00 L alla temperatura di 225 °C e alla pressione di 0.939 atm.

Convertendo la temperatura in Kelvin (T = 225 + 273.15 = 498.15 K) e utilizzando l’equazione di stato dei gas pV = nRT per isolare il numero di , si calcola la densità che risulta essere 3.07 g/L.

5) Un campione di aria contenente solo azoto e ossigeno ha una densità pari a 1.3393 g/L a STP. Trovare il peso molecolare medio e la percentuale di azoto e ossigeno presenti nel campione.

Calcolando il peso molecolare medio con l’equazione M = d * RT/p (M = 1.3393 * 0.08206 * 273.15 / 1 = 30.0 g/mol) e le percentuali di azoto e ossigeno, si ottiene che la percentuale di azoto è 46.7% e quella di ossigeno è 53.3%.

6) Si supponga che un campione di aria contenga il 21% di O2 e il 79% di N2. Calcolare la densità dell’aria a 30.0 °C e alla pressione di 1.00 atm.

Determinando il peso molecolare medio dell’aria e applicando la formula della densità, si ottiene che la densità dell’aria è pari a 1.17 g/L.

Questi esempi illustrano l’applicazione della formula della densità dei gas e dimostrano come sia possibile risolvere una varietà di esercizi legati a questo concetto in chimica.

Reazione delle ammine alifatiche con acido nitroso

Reazione delle alifatiche con

La reazione delle ammine con acido nitroso è un metodo utilizzato per distinguere le ammine primarie, secondarie e terziarie. Quando viene introdotta un’ammide primaria nell’acido nitroso, la soluzione che ne deriva si presenta trasparente, con sviluppo di azoto gassoso. Al contrario, l’ammide secondaria forma una soluzione oleosa contenente N-nitrosammina, mentre l’ammide terziaria produce una soluzione limpida contenente un sale di ammonio.

L’acido nitroso HNO2 è una sostanza instabile generata in situ dalla reazione di una soluzione contenente nitrito di sodio o potassio in presenza di un acido minerale.

Reazioni delle ammine primarie con acido nitroso

Le ammine primarie reagiscono con acido nitroso producendo un sale di diazonio altamente instabile, che a sua volta forma carbocationi reattivi. Questi carbocationi possono reagire con i presenti in soluzione, dando luogo a una miscela di alcoli, alogenuri alchilici e alcheni.

Ad esempio, la reazione dell’etilammina con acido nitroso produce un sale di diazonio che si trasforma in azoto gassoso, 1-, 1-cloropropano e etene.

Reazioni delle ammine secondarie con acido nitroso

Le ammine secondarie reagiscono con l’acido nitroso dando origine a N-nitrosammine, sostanze notoriamente cancerogene.

Reazioni delle ammine terziarie con acido nitroso

Le ammine terziarie reagiscono con l’acido nitroso per formare alchilammonio.

Questi esempi dimostrano il ruolo dell’acido nitroso nelle reazioni con le ammine alifatiche, evidenziando le differenti risposte delle ammine primarie, secondarie e terziarie a questa sostanza .

Diazometano: sintesi, reazioni

Sintesi e Reazioni del Diazometano

Il diazometano è un composto con formula CH2NH2 appartenente alla categoria dei . A temperatura ambiente si presenta in forma gassosa ed è di colore giallo. È un gas tossico e può esplodere violentemente in soluzione di .

Presenta tre strutture di risonanza. È utilizzato in laboratorio come agente metilante per la preparazione di esteri metilici a partire dall’acido carbossilico; tuttavia, a causa della sua pericolosità, non è comunemente impiegato in campo industriale.

Sintesi


A causa della sua pericolosità e instabilità, il diazometano è preparato al momento del suo utilizzo utilizzando precursori che presentano il gruppo N-metil,N-nitroso.

Reazioni


Sintesi di esteri metilici


L’acido carbossilico reagisce con il diazometano per formare un estere metilico. La reazione procede con la protonazione del diazometano da parte dell’acido carbossilico. Si ha così ottenuto un agente alchilante in quanto il gruppo –N2 è un ottimo gruppo uscente. L’ione carbossilato attacca il gruppo metilico con fuoriuscita di N2 e formazione di un metil estere.

Sintesi di


L’alogenuro acilico reagisce con il diazometano per formare un acido carbossilico che presenta un atomo di carbonio in più. La reazione avviene a caldo con eliminazione di N2; tale reazione che porta a un riarrangiamento è detta riarrangiamento di Wolff.

Reazione di ciclopropanazione


L’alchene reagisce con il diazometano avviene una ciclizzazione, con formazione di ciclopropano sostituito.

Rimozione del ferro dalle acque: reazione, diagramma di Pourbaix

Il processo di rimozione del ferro dalle acque: reazione e

Le elevate concentrazioni di ferro nelle acque possono causare una serie di problemi, pertanto è essenziale procedere alla sua rimozione. Il ferro è il metallo più abbondante all’interno della Terra, costituendo il 34,6% della massa del nostro pianeta ed è il quarto elemento per abbondanza nell’intero universo. La concentrazione di ferro nei vari strati terrestri varia con la profondità, con massima presenza nel nucleo, costituito probabilmente da una lega di ferro e nichel, e un calo fino al 4,75% nella crosta terrestre.

Il ferro si trova nel terreno a basse concentrazioni e nelle acque sotterranee, presentandosi nella forma solubile Fe^2+ o Fe(OH)^+ e sotto forma di Fe^3+ o come scarsamente solubile. La presenza del ferro nelle acque può anche avere origine industriale, in particolare dall’industria mineraria o siderurgica. Sebbene il ferro non presenti in genere un pericolo per la salute umana o per l’ambiente, livelli eccessivi possono essere dannosi, conferendo all’acqua una colorazione scura e un gusto metallico rendendola sgradevole per il consumo. Inoltre, può essere all’origine della corrosione degli scoli delle fogne a causa dello sviluppo di ferrobatteri.

I ferrobatteri sono un gruppo di microrganismi aerobi che ottengono carbonio dal e ricavano l’energia per il proprio organismo dall’ossidazione per via enzimatica del ferro dallo stato di ossidazione +2 allo stato di ossidazione +3. Questi batteri accelerano la reazione che avviene naturalmente tra ossigeno e ioni Fe^2+ presenti nell’acqua o sulla superficie di tubazioni metalliche, catturando l’energia rilasciata dal processo di ossidazione e utilizzandola per il proprio metabolismo.

La reazione che avviene è la seguente:
4 Fe(OH)_2 + 2H_2O + O_2 → 4 Fe(OH)_3

In acqua aerata, avviene un’ossidazione dello ione ferro (II) a ferro (III) che precipita come idrossido di ferro (III). La formazione dell’idrossido insolubile comporta la possibilità di intasamenti delle tubazioni oltre che all’inquinamento di resine a scambio ionico usate per l’addolcimento delle acque.

La forma in cui si trova il ferro disciolto in acqua dipende dal pH e dal potenziale, come mostrato dal diagramma di Pourbaix il cui sono rappresentate le possibili condizioni stabili del sistema. Di solito, le acque sotterranee hanno un basso contenuto di ossigeno, quindi un basso potenziale redox e un pH basso (5,5-6,5). Le acque sotterranee sono naturalmente anaerobiche e il ferro rimane in soluzione, pertanto è necessaria la sua rimozione.

La rimozione dello ione Fe^2+ per via chimico-fisica si ottiene aumentando il potenziale redox dell’acqua per ossidazione grazie all’ossigeno presente nell’aria. In caso di acqua acida, il trattamento di ventilazione deve essere unito a una correzione del pH in modo che lo ione Fe^2+ sia ossidato a Fe^3+ che precipita come idrossido di ferro (III). La precipitazione per ossidazione può essere ottenuta anche usando agenti forti quali il diossido di cloro ClO_2, l’ozono O_3 o il permanganato di potassio KMnO_4.

Sono in commercio filtri deferrizzatori costituiti da un serbatoio contenente il minerale pirolusite costituito da biossido di manganese MnO_2. L’acqua da trattare è saturata di ossigeno e successivamente attraversa il letto filtrante dove subisce l’ossidazione del ferro. Esso precipita sul letto filtrante che ha la proprietà catalizzatrice nei riguardi dell’azione ossidativa. Un altro tipo di filtro deferrizzante è costituito da zeolite al manganese che catalizza l’ossidazione del ferro e provvede alla filtrazione del precipitato formato.

Superossido dismutasi: produzione di ROS

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Ruolo e Produzione di Superossido Dismutasi

La superossido dismutasi è un enzima appartenente alla classe delle ossidoreduttasi con la capacità di catalizzare reazioni di dismutazione. Gli organismi viventi dipendono dall’ossigeno per la loro sopravvivenza, poiché è coinvolto nei processi metabolici e respiratori. Tuttavia, l’ossigeno può formare specie altamente reattive conosciute come ROS (Reactive Oxygen Species), come l’anione superossido e il , che vengono costantemente prodotte durante i processi metabolici.

Importanza della Superossido Dismutasi

In condizioni fisiologiche normali, la produzione di ROS è bilanciata dall’azione degli antiossidanti, tra cui la superossido dismutasi. Questo enzima catalizza la disproporzione dell’anione superossido in perossido di idrogeno e ossigeno molecolare. Esistono diverse forme di superossido dismutasi con diversi cofattori metallici, come rame, zinco, manganese, ferro o nichel. La Cu/Zn SOD è particolarmente efficace, dimostrando un tasso di reazione significativo con il superossido.

La superossido dismutasi è oggetto di attenzione in relazione alla sclerosi laterale amiotrofica, anche nota come morbo di Lou Gehrig. Recentemente, è stata scoperta una connessione tra questa malattia e le mutazioni nel gene SOD. Gli studi sono volti a comprendere il ruolo della SOD nella malattia, con la speranza di sviluppare nuovi trattamenti e cure.

Benefici dell’Assunzione di Superossido Dismutasi

L’assunzione di superossido dismutasi, in combinazione con la gliadina, proteina di riserva del frumento, è considerata utile per contrastare lo stress ossidativo. Quest’ultimo è una condizione patologica derivante dalla rottura dell’equilibrio fisiologico tra la produzione e l’eliminazione delle specie chimiche da parte dei sistemi di difesa antiossidanti.

Ricerche Mediche e Possibili Applicazioni

Sono in corso numerose ricerche mediche sugli effetti della superossido dismutasi. Studi sono stati condotti su pazienti che avevano avuto di recente un attacco di cuore, ma i risultati non hanno mostrato miglioramenti nella funzione cardiaca. Tuttavia, si ritiene che gli integratori a base di SOD possano essere efficaci in patologie come morbo di Alzheimer, cataratta, gotta, osteoartrite, morbo di Parkinson e artrite reumatoide, così come nel rallentare il processo di invecchiamento della pelle.

Solfuro di carbonio: reazioni, usi

Solfuro di carbonio: proprietà, reattività e impieghi principali

Il solfuro di carbonio (CS2) è un liquido volatile e poco solubile in acqua. Tuttavia, la sua solubilità è maggiore in , , , cloroformio e tetracloruro di carbonio. Sebbene sia soggetto all’azione dei , ha un odore sgradevole a causa della presenza di tracce di composti organici solforati ed è altamente infiammabile e sensibile alla luce.

Reattività del solfuro di carbonio

Il solfuro di carbonio reagisce in ambiente basico per formare carbonati e tiocarbonati. In condizioni basiche, reagisce con gli alcoli per produrre xantati e può subire clorurazione con formazione del tetracloruro di carbonio e il monocloruro di zolfo. Inoltre, reagisce con l’anilina per fornire tiocarbanilide e solfuro di idrogeno.

Può anche dare luogo a ditiocarbammato di ammonio, dimetil ditiocarbammato di sodio e solfuro di carbonile. Infine, può essere ossidato con acido clorosolfonico e reagire con urea per produrre il tiocianato di ammonio.

Impieghi principali

In passato, il solfuro di carbonio veniva utilizzato come solvente per estrarre oli, grassi e cere. Attualmente, è impiegato come materia prima per la produzione di cellulosa rigenerata. Tale processo consente di ottenere la viscosa, una massa sciropposa che viene fatta maturare per produrre filamenti di rayon viscosa, una fibra tessile.

In sintesi, il solfuro di carbonio, grazie alle sue caratteristiche e reattività, trova applicazione sia nell’industria , ad esempio nella produzione di xantati, sia nel settore tessile per la produzione di fibra viscosa.

Queste reazioni e applicazioni rendono il solfuro di carbonio un composto chimico versatile che continua a essere oggetto di studio e interesse per diverse industrie.

Ossidazione e riduzione di gruppi carbonilici

Ossidazione e riduzione di gruppi carbonilici nei composti organici

Le reazioni di ossidazione e riduzione dei gruppi carbonilici presenti nelle aldeidi sono processi importanti in chimica organica. Durante l’ossidazione di aldeidi, si verifica la formazione di . Le reazioni organiche coinvolgono spesso questi processi di ossidazione e riduzione, e la determinazione del numero di ossidazione del carbonio nei composti organici è fondamentale per comprenderli.

Per identificare quale atomo di carbonio subisce l’ossidazione o la riduzione, è importante conoscere le regole per la determinazione del numero di ossidazione del carbonio nei composti organici. Di seguito, vengono riportati alcuni esempi chiari di ossidazione e riduzione nei composti organici:

– L’ossidazione di un’ aldeide in un acido carbossilico (RCHO → RCOOH) implica l’aggiunta di ossigeno o la diminuzione di atomi di idrogeno.
– La trasformazione di un alcol in un’ aldeide (R-CH2-OH → RCHO) rappresenta l’ossidazione, poiché comporta la perdita di atomi di idrogeno.
– La riduzione si verifica quando un’ aldeide si converte in un alcol (RCHO → R-CH2-OH) oppure in un alcano (RCHO → R-CH3), comportando l’aggiunta di atomi di idrogeno.

Ossidazione

Per facilitare l’ossidazione dei gruppi carbonilici, come ad esempio nella conversione da aldeide ad acido carbossilico, è necessario l’utilizzo di agenti specifici. Ad esempio, l’acido cromico (H2CrO4) è uno degli ossidanti più efficaci per questa reazione ed è preparato in situ facendo reagire un acido forte come l’ acido solforico con un cromato di sodio o potassio. Ogni reazione di ossidazione richiede uno specifico ossidante che va valutato caso per caso.

Riduzione

Nelle reazioni di riduzione dei composti organici, vengono impiegati vari agenti come il sodio boroidruro (NaBH4) e il litio alluminio idruro (LiAlH4). Durante la riduzione delle aldeidi si ottengono alcoli primari, mentre dalla riduzione dei si ottengono alcoli secondari. Queste reazioni avvengono in assenza di acido, simili all’addizione base-catalizzata di acqua, all’addizione di HCN e all’addizione di un reattivo di Grignard piuttosto che a una reazione acido catalizzata.

In conclusione, le reazioni di ossidazione e riduzione dei gruppi carbonilici sono processi fondamentali in chimica organica, e la scelta dell’agente ossidante o riducente appropriato è determinante per il di tali reazioni.

Poliacrilonitrile: sintesi, proprietà

Poliacrilonitrile: Sintesi e Proprietà

Il poliacrilonitrile è un polimero utilizzato per la produzione di fibre che presentano caratteristiche simili alla seta, ma con un’efficienza termica paragonabile a quella della lana. Queste fibre vengono impiegate in diversi settori, inclusi i sistemi di filtrazione dei gas, tende da esterni, vele per imbarcazioni e fibre per armato. Tipicamente, viene utilizzato in copolimeri insieme ad acrilonitrile e metacrilato o metilmetacrilato, per la produzione di tessuti speciali.

Sintesi del Poliacrilonitrile

La sintesi del poliacrilonitrile avviene attraverso una , utilizzando perossidi o una miscela di perossidisolfato di potassio K2S2O8 insieme a un agente riducente come l’idrogenosolfito di potassio KHSO3.

Proprietà del Poliacrilonitrile

Le fibre di poliacrilonitrile presentano una densità di .17 g/cm3, risultando essere più leggere della lana la cui densità è pari a 1.32 g/cm3. Offrono un buon isolamento termico, con un’allungamento a rottura del 15%. Le fibee mostrano anche una buona stabilità termica e si decolorano solo a temperature superiori a 175 °C per lunghi periodi. Inoltre, si restringono di circa l’1.5% se trattate con bollente per 30 minuti.

Questi materiali evidenziano anche una buona resistenza agli e alle soluzioni alcaline diluite, sebbene siano vulnerabili agli alcali forti a caldo. Tuttavia, non sono suscettibili all’attacco di muffe e tarme e mostrano notevole stabilità verso agenti sbiancanti. Ulteriormente, sono stati prodotti fiocchi di poliacrilonitrile con un’applicazione speciale per prevenire il ritiro plastico di calcestruzzi e malte.

Recentemente, nel 2013, i ricercatori dell’Università di Nebraska-Lincoln hanno annunciato la creazione di nanofibre eccezionalmente sottili e robuste mediante la tecnica di elettrofilatura, con il poliacrilonitrile come materiale di base. L’esperimento ha dimostrato che diminuendo lo spessore delle nanofibre, il materiale non solo diviene più resistente, ma anche più duro.

In sintesi, il poliacrilonitrile rappresenta un materiale polimerico versatile, che trova applicazioni in svariati settori grazie alle sue peculiari proprietà, che risultano essere di grande interesse per la ricerca e lo sviluppo di materiali innovativi.

Diagramma di fase di due liquidi parzialmente miscibili: interpretazione

Diagramma di di due liquidi parzialmente miscibili: interpretazione

Un sistema chimico può essere classificato come omogeneo se è composto da una sostanza pura o da un insieme di sostanze distribuite in un’unica fase. Al contrario, un sistema è considerato eterogeneo se le sostanze sono presenti in diverse fasi di aggregazione.

Una fase di un sistema è una porzione di materia le cui proprietà macroscopiche sono uniformi in ogni parte, senza discontinuità. Alcuni sistemi liquido-liquido, come ad esempio l’ e il , sono solo parzialmente miscibili a basse temperature, formando due fasi a determinate composizioni.

Descrizione del diagramma di fase

Il diagramma di fase di due liquidi parzialmente miscibili rappresenta la temperatura sull’asse delle ordinate e la composizione del sistema sull’asse delle ascisse, generalmente espressa in termini di frazione molare a una data pressione, tipicamente p = atm.

Un esempio di diagramma di fase di due liquidi parzialmente miscibili è presentato di seguito:

[Immagine del diagramma]

Supponendo che i due liquidi siano A e B, sull’asse delle ascisse è riportata la frazione molare di uno dei due liquidi, ad esempio la frazione molare di B.

Interpretazione del diagramma

Quando la frazione molare di B è uguale a zero, il sistema è costituito solo dal liquido A a una certa temperatura T. Aggiungendo una piccola quantità di B, il sistema rimane in una sola fase. Se ulteriori quantità di B vengono aggiunte, si raggiunge un punto in cui il liquido B non si miscela più e il sistema è costituito da due fasi in equilibrio, con la fase A satura di B e la fase B satura di A.

Le composizioni delle due fasi a equilibrio sono date rispettivamente dai punti Φ’ e Φ”. A temperature alte, il sistema forma una fase singola omogenea dove i due liquidi sono completamente miscibili. Questi sistemi presentano una temperatura critica superiore, oltre la quale il sistema è miscibile in tutte le proporzioni.

Temperatura critica inferiore

Non tutti i sistemi mostrano una temperatura critica superiore. Alcuni sistemi hanno una temperatura critica inferiore al di sotto della quale sono miscibili in tutte le proporzioni e al di sopra della quale possono formare due fasi.

Questo comportamento è giustificato dalla formazione di un debole complesso tra i due liquidi a basse temperature, che aumenta la miscibilità. Tuttavia, ad alte temperature, tale complesso si rompe e il sistema può trovare in due fasi separate.

Lacuna di miscibilità

Alcuni sistemi, come l’ e la nicotina, presentano sia una temperatura critica superiore che una temperatura critica inferiore. A basse temperature, interagiscono per formare un debole complesso, stabilizzando la soluzione. A temperature intermedie, la soluzione si separa in due fasi distinte, creando una lacuna di miscibilità.

In conclusione, il diagramma di fase di due liquidi parzialmente miscibili fornisce importanti informazioni sull’equilibrio tra le fasi in questi sistemi complessi e sulle variazioni di composizione e temperatura che si verificano durante la miscelazione.

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