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Radicali: stabilità e metodi di ottenimento

Radicali: caratteristiche e metodologie di produzione

I radicali sono particolarmente reattivi e poco stabili, composti da atomi o molecole che presentano un elettrone spaiato.

Classificazione dei tipi di radicali

I radicali possono essere suddivisi in diverse classi principali, tra cui alchilici, allilici, arilici, vinilici e acilici. L’ordine di stabilità dei radicali formato a seguito di un attacco va da quello terziario a primario, seguito dal radicale metilico.

Gli sono soggetti a due tipi di radicaliche: l’addizione di radicali al doppio legame o la sostituzione omolitica, che avviene preferenzialmente in posizione allilica. Inoltre, i radicali in alchilbenzeni sono particolarmente stabili a causa dell’effetto di risonanza.

Metodi di produzione

I radicali possono essere prodotti attraverso varie metodologie, tra cui la di sostanze con legami labili, reazioni fotochimiche e processi di ossidazione e riduzione di ioni metallici.

Questa classificazione fornisce un’impostazione organizzata e chiara del contenuto, rendendolo più accessibile e comprensibile per il lettore.

Polimerizzazione radicalica

Polimerizzazione radicalica: meccanismo e iniziatore

La polimerizzazione radicalica è un processo che, come le polimerizzazioni a catena, porta alla formazione di polimeri convertendo i doppi legami presenti nell’unità monomerica in legami saturi. Di solito, la polimerizzazione avviene trattando la sostanza in presenza di un iniziatore chimico.

Iniziatore di polimerizzazione

L’iniziatore, o catalizzatore di polimerizzazione, è in grado di fornire delle specie reattive in determinate condizioni, come (nel caso della polimerizzazione radicalica), cationi (polimerizzazione cationica) o anioni (polimerizzazione anionica). Queste specie reattive possono aggiungersi a una molecola di monomero, rompendo i legami e formando un’altra specie reattiva attraverso la reazione di iniziazione. La successiva addizione di unità monomeriche e la terminazione definiscono la polimerizzazione a catena radicalica, cationica o anionica.

Meccanismo della polimerizzazione

La polimerizzazione radicalica avviene attraverso una reazione a catena, in cui si ha l’addizione del radicale formatosi dall’iniziatore alla prima unità monomerica. Tale processo è seguito dall’addizione di nuove unità monomeriche al radicale formatosi, dando vita a una catena polimerica. Le che interrompono la crescita della catena possono essere di diverso tipo, come la reazione di “coupling” o il trasferimento di catena.

Costanti di velocità

Le costanti di velocità per la terminazione e i fenomeni di trasferimento sono indicate rispettivamente come k_tc e k_tr. Sulla base di questo modello a stadi, l’espressione della velocità globale di una polimerizzazione, R_p, può essere espressa come scomparsa del monomero.

Iniziatori

Nella polimerizzazione radicalica, vengono utilizzati composti capaci di fornire i radicali attraverso dissociazione termica, come , di formula generale ROOH e alcuni azocomposti. Alcune polimerizzazioni possono essere avviate anche da radicali prodotti in reazioni di ossidoriduzione, e in tal caso si parla di iniziazione di tipo redox. Gli inibitori e ritardatori, aggiunti ai monomeri, impediscono la polimerizzazione reagendo con le specie inizianti o propagantesi durante il processo.

Con questo nuovo testo, sono state fornite informazioni dettagliate sulla polimerizzazione radicalica, il suo meccanismo, le costanti di velocità e gli iniziatori, in modo chiaro e ottimizzato per il SEO.

I coloranti azoici: diazocopulazione

Coloranti azoici: Processo di diazocopulazione

I coloranti azoici presentano il gruppo cromoforo azo (N=N), che può essere ripetuto più volte all’interno della stessa molecola di colorante. Questi rappresentano la classe più importante dei coloranti sintetici a causa delle numerose e diverse a cui possono essere destinati.

Il processo di diazotazione

La preparazione dei coloranti azoici avviene principalmente mediante la diazotazione di un’ammina aromatica primaria, seguita dalla copulazione con un ossi- o ammino-derivato aromatico o con un composto alifatico enolizzabile. Per eseguire la diazotazione, si tratta un’ammina aromatica con nitrito di sodio in presenza di un acido minerale secondo il seguente schema:

Ar-NH2 + NaNO2 + 2 HX → Ar-N2+ X- + NaX + 2 H2O

Durante il processo, l’ammina libera reagisce con un acido nitroso per formare l’agente nitrosante, che attacca l’ammina primaria per formare una nitrosammina, trasformandosi rapidamente nello ione diazonio.

Il processo di copulazione

La copulazione rappresenta una elettrofila in cui il reattivo elettrofilo è il catione arildiazonio Ar-N2+. Affinché la reazione abbia luogo è necessario un substrato attivato come quello dei fenoli, enoli e .

Il pH del mezzo gioca un ruolo importante in questa reazione, influenzando sia il reattivo elettrofilo che il copulante. Ad esempio, il e gli enoli in ambiente alcalino aumentano la loro reattività per la formazione degli anioni fenolato ed enolato, che sono più reattivi degli acidi liberi alle sostituzioni elettrofile. Pertanto, la copulazione deve avvenire in un pH ottimale: 4-9 per le ammine, 7-9 per gli enoli e circa 9 per i fenoli.

Il punto di attacco del gruppo diazonio sull’anello benzenico è sempre in posizione para rispetto al gruppo attivante; solo se questa posizione è occupata il sostituente entra in orto ma mai in meta.

In conclusione, la diazocopulazione rappresenta un processo fondamentale per la dei coloranti azoici, offrendo un metodo efficace per ottenere molecole dalle interessanti proprietà cromatiche e chimiche.

Grado di dissociazione di un elettrolita. Esercizi svolti

Il grado di dissociazione di un elettrolita

Il grado di dissociazione di un elettrolita è indicato con il simbolo α ed è definito come la frazione di moli di elettrolita che ha subito la dissociazione, ovvero il rapporto fra le moli dissociate nd e quelle iniziali no. Per esempio, consideriamo una soluzione acquosa di in cui α rappresenta il suo grado di dissociazione secondo la reazione:

CH3COOH + H2O ⇄ CH3COO- + H3O+

Le moli di acido acetico all’equilibrio sono pari a no – α no = no (1-α). Se V è il volume della soluzione, la concentrazione di acido acetico all’equilibrio vale no (1-α)/V. Le concentrazioni di acetato e ione H+ all’equilibrio valgono entrambe α no/V. Sostituendo tali dati nell’espressione della , si ha:

Ka = (αC)²/ C(1-α) = α²C²/ C(1-α) = α²C/(1-α)
Se l’elettrolita è sufficientemente debole, si può trascurare α rispetto a 1 e si ha: Ka = α²C

svolti

1) Calcolare il grado di dissociazione di un acido debole HA 0.0500 M sapendo che Ka = 1.60 ∙ 10^-5
Applicando la formula si ha: α = √ Ka/C = 1.60 ∙ 10^-5/ 0.0500 = 0.0179
Il grado di dissociazione percentuale = 0.0179 ∙ 100 = 1.79%

2) Un acido debole HA ha un Ka pari a 9.2 ∙ 10^-7. Calcolare il grado di dissociazione
a) in una soluzione 0.10 M
Applicando la formula si ha: α = √Ka/C = √ 9.2 ∙ 10^-7/0.10 = 0.00303
Il grado di dissociazione percentuale = 0.00303 ∙ 100 = 0.303%
b) in una soluzione 0.010 M
Anche in presenza di una soluzione più diluita, si può applicare la formula: α = √ Ka/C = √ 9.2 ∙ 10^-7/0.010 = 0.00959
Il grado di dissociazione percentuale = 0.00959 ∙ 100 = 0.959
Dal confronto dei risultati si desume che quanto più la soluzione è diluita, tanto più il grado di dissociazione aumenta

3) Calcolare il grado di dissociazione dell’acido acetico (Ka= 1.77 · 10^-5) nelle seguenti soluzioni:
a) 0.10 M CH3COOH
In questo caso applichiamo l’equazione α = √Ka/C = α = √1.77 ∙ 10^-5/0.10 = 0.0133
Il grado di dissociazione percentuale = 0.0133 ∙ 100 = 1.33%
b) 5 mL di CH3COOH 0.10 M + 5 mL di acqua
Calcoliamo la concentrazione dell’acido dopo la diluizione: moli di acido = 0.005 L ∙ 0.10 M = 0.0005
Il volume totale della soluzione è 5 + 5 = 10 mL = 0.010 L
La concentrazione dell’acido è pertanto: 0.0005/ 0.010 L = 0.05 M
Applichiamo l’equazione α = √ Ka/C = α = √1.77 ∙ 10^-5/0.05 = 0.0188
Il grado di dissociazione percentuale = 0.0188 ∙ 100 = 1.88%
c) 1 mL di CH3COOH 0.10 M + 99 mL di acqua
Calcoliamo la concentrazione dell’acido dopo la diluizione: moli di acido = 0.001 L ∙ 0.10 M = 0.0001. Il volume totale è pari a 1 + 99 = 100 mL = 0.100 L. La concentrazione dell’acido, a seguito della diluizione, è pertanto: 0.0001/0.100 L = 0.001 M. Applichiamo l’equazione α = √Ka/C = α = √1.77 ∙ 10^-5/0.001 = 0.133. Il grado di dissociazione percentuale = 0.133 ∙ 100 = 13.3%

4) Calcolare la ionizzazione percentuale di una soluzione 0.20 M di HCN. Ka= 4.9 ∙ 10^-10
Applichiamo l’equazione α = √Ka/C = √ Ka/C = √ 4.9 ∙ 10^-10/0.20 = 4.9 ∙ 10^-5. Da cui la ionizzazione percentuale è 4.9 ∙ 10^-5 ∙ 100 = 0.0049.

Isotopi: abbondanza relativa. Esercizi svolti

Isotopi: svolti sulla formula di abbondanza relativa

Gli isotopi di un elemento chimico hanno lo stesso numero atomico ma un diverso numero di massa. Questo significa che hanno un diverso numero di neutroni nel loro nucleo. L’abbondanza isotopica relativa è la percentuale in massa con cui ogni isotopo è presente nell’elemento. È possibile calcolare il peso atomico di un elemento utilizzando l’abbondanza isotopica relativa.

Per calcolare il peso atomico, si utilizza la seguente formula:
Peso atomico = (abbondanza isotopo 1 · massa isotopo 1) + … (abbondanza isotopo N · massa isotopo N) / 100

Il ha due isotopi naturali: il bromo-79 e il bromo-81. Sapendo che il bromo-79 ha un’abbondanza naturale del 50.69%, possiamo calcolare la massa e l’abbondanza naturale percentuale del bromo-81. Dopo i calcoli, si ottiene che la massa del bromo-81 è 80.92 u.

Il ha tre isotopi naturali: 39K, 40K e 41K. Conoscendo le abbondanze naturali percentuali di 39K e 41K, è possibile determinare la massa dell’isotopo 41K. Dopo accurati calcoli, si ricava che la massa dell’isotopo 41K è 40.96 u.

Il carbonio naturale è formato da due isotopi, 12C e 13C, con masse atomiche rispettivamente di 12.0000 u e 13.0034 u. Dopo il calcolo, si ottiene che l’abbondanza dell’isotopo 12C è del 98.90%, mentre l’abbondanza dell’isotopo 13C è del 1.10%.

Infine, considerando il , con peso atomico di 10.812 u e costituito per l’80% da 11B con massa di 11.009 u, è possibile calcolare la massa dell’altro isotopo, ottenendo che la sua massa è di 10.024 u.

CPU: miglioramento delle prestazioni

Miglioramento delle Prestazioni della CPU

La CPU (unità di elaborazione centrale) è un componente essenziale di un computer in grado di sovrintendere tutte le funzionalità. La sua funzione principale è eseguire le istruzioni di un programma memorizzato nella memoria e leggere o scrivere dati. La CPU è composta dall’unità di controllo, l’unità aritmetico-logica e i registri.

Le aziende leader nel settore dei hanno sviluppato configurazioni multicore con fino a 8, 10 o 12 core. I semiconduttori comprendono microprocessori, dispositivi di memoria e circuiti di supporto alle telecomunicazioni e alle informatiche.

Alcuni ricercatori stanno lavorando per migliorare le prestazioni dei chip multicore, con prospettive di ottenere fino a 24 o 48 core. Tuttavia, l’aumento del numero di core potrebbe portare a problemi di funzionamento, e i produttori non introdurranno nuove soluzioni nel mercato senza prove inconfutabili della loro affidabilità.

Simulatore Hornet

Un gruppo di ricerca del MIT ha sviluppato un simulatore software chiamato Hornet, in grado di valutare le prestazioni di un chip multicore con maggiore precisione rispetto ad altri simulatori meno avanzati. La squadra ha ricevuto un premio per il lavoro svolto nel quinto simposio internazionale sulle reti on chip.

Questo simulatore è in grado di analizzare una multicore, individuando difetti che altri simulatori non riescono a rilevare. Il gruppo presenterà una nuova versione del simulatore che terrà conto dei fattori di consumo, della comunicazione tra i core e dei tempi di elaborazione.

Hornet è in grado di simulare un chip con 1.000 core con una precisione al livello di un singolo ciclo. Questa capacità permette di individuare problemi specifici che altri simulatori potrebbero non rilevare.

Master Clock

Il master clock sincronizza i compiti eseguiti da vari componenti di un chip durante ogni ciclo di clock. È essenziale per garantire che tutti i circuiti eseguano le operazioni correttamente, coordinando lo scambio di informazioni.

Hornet, sebbene più lento rispetto ai suoi predecessori, offre una simulazione precisa e dettagliata di un chip con un elevato numero di core. La precisione offerta dalla simulazione è fondamentale per individuare problemi specifici che potrebbero manifestarsi in alcune situazioni.

Rischi e Proposte

Hornet ha identificato il rischio di un problema noto come deadlock, non rilevato da altri simulatori. Questo tipo di problema si verifica quando due o più thread sono in attesa l’uno dell’altro, impedendo loro di fare ulteriori progressi.

I ricercatori hanno anche proposto un modo per evitare il deadlock, dimostrando l’efficacia della loro proposta tramite un’altra simulazione su Hornet. Questo dimostra la facilità con cui Hornet può essere riconfigurato per testare soluzioni progettuali alternative.

Il simulatore Hornet, nonostante la sua velocità inferiore e la ridotta accuratezza rispetto ad altri tipi di simulazioni, si rivela prezioso per individuare comportamenti anomali e problemi specifici, offrendo maggiori dettagli su determinate porzioni dell’applicazione.

In conclusione, il simulatore Hornet rappresenta uno strumento fondamentale per migliorare le prestazioni dei chip multicore e individuare potenziali problemi di funzionamento, offrendo una prospettiva più precisa e dettagliata rispetto ad altri strumenti di simulazione disponibili.

Diagramma di fase dello zolfo e dell’anidride carbonica

Diagramma di fase del zolfo e dell’anidride carbonica

Il diagramma di fase del zolfo è complesso a causa della sua presenza in diverse forme come lo stato solido, liquido e gassoso, nonché in varianti rombiche e monocliniche.

Dal punto di vista strutturale, il [zolfo](https://chimica.today/chimica-generale/zolfo) è costituito da molecole, principalmente composte da un gruppo di otto atomi disposti ad anello (cicloottazolfo S8) e presenta il fenomeno del [polimorfismo](https://chimica.today/chimica-generale/polimorfismo-e-isomorfismo).

Esistono due forme [allotropiche](https://chimica.today/chimica-generale/allotropia):
– Forma α, rombica stabile fino a 95.5 °C, con cristalli bipiramidali e aggregati granulari.
– Forma β monoclina stabile da 95.5 °C a 119°C (temperatura di fusione).

I dati sperimentali pressione-temperatura ottenuti riscaldando lo zolfo in un recipiente chiuso precedentemente svuotato dell’aria, possono essere rappresentati nel diagramma di fase.

Interpretazione

Nel diagramma, la curva AB esprime la variazione della pressione di vapore (sublimazione) dello zolfo α (rombico) con la temperatura. Quando la temperatura raggiunge i 95.6 °C (pressione di sublimazione = 10^-2 mm Hg), lo zolfo passa alla forma β monoclina. La temperatura rimane costante durante la trasformazione (passaggio di fase cristallina). La curva BC esprime la variazione della pressione di sublimazione dello zolfo monoclino con la temperatura.

La trasformazione da una forma cristallina in un’altra avviene lentamente. Riscaldando rapidamente lo zolfo α, questo fonde a 112.8 °C senza trasformarsi in zolfo monoclino.

Le linee BD e CD nel grafico esprimono rispettivamente l’andamento del punto di trasformazione dello zolfo α in zolfo β e del punto di fusione dello zolfo β monoclino con il variare della pressione esterna.

Il punto triplo F individuato dalla pressione esterna uguale a 1280 atm e dalla temperatura uguale a 151 °C, è importante in quanto indica che a pressioni superiori a 1280 atm lo zolfo α rombico fonde senza passare a zolfo β monoclino, anche se viene riscaldato lentamente.

Diagramma di fase dell’anidride carbonica

L’anidride carbonica in condizioni ambiente (15 °C, 1 atm) è un gas incolore, più denso dell’aria, e dall’odore leggermente irritante. Qui di seguito, il diagramma di fase dell’anidride carbonica e le sue caratteristiche.

Il punto triplo dell’anidride carbonica coincide con la temperatura di – 56.6 °C e con la pressione di 5.2 atm, superiore a quella standard di 1 atm.

Se riscaldiamo l’anidride carbonica solida a partire da temperature molto basse sotto la pressione esterna costante di 1 atm, la sostanza sublima alla temperatura di – 78.5 °C senza passare attraverso lo stato liquido. Questo fenomeno trova applicazione pratica nell’utilizzo dell’anidride carbonica come refrigerante per la conservazione degli alimenti.

Il noto “ghiaccio secco” è, di fatto, anidride carbonica allo stato solido. Un’ultima considerazione: mentre la pendenza della curva di transizione solido-liquido dell’acqua è negativa, quella dell’anidride carbonica è positiva, dovuta al diverso comportamento dei volumi del solido e del liquido.

Il diagramma di fase delle due sostanze evidenzia le proprietà uniche e importanti di queste due sostanze e le loro variazioni a diverse condizioni di temperatura e pressione.

Istamina e antistaminici

Istamina e Antistaminici: Struttura, Attività e Terapia

L’istamina, o β-(4-immidazolil)etilammina, è presente in quasi tutti i tessuti animali ed è il risultato della decarbossilazione dell’ ad opera dell’enzima istidincarbossilasi. Questa molecola possiede diverse attività farmacologiche, tra cui la capacità di dilatare i vasi sanguigni, aumentare la permeabilità delle pareti capillari, contrae la muscolatura liscia dei vari tessuti, stimolare la secrezione gastrica e agire sul muscolo cardiaco.

In condizioni normali, l’istamina non manifesta sintomi nocivi in quanto è presente legata nei tessuti ai mastociti e nel sangue ai polinucleati basofili. Tuttavia, in determinate situazioni come nelle allergiche e anafilattiche, la liberazione in eccesso di istamina può causare manifestazioni patologiche simili a quelle verificatesi in fenomeni allergici e anafilattici.

Diversi composti sono in grado di liberare istamina dai depositi tissutali, contribuendo alla comparsa di fenomeni allergici e anafilattici come orticaria, febbre da fieno, rinite parossistica e altri sintomi allergici e asmatici. Per contrastare gli effetti dell’istamina, vengono impiegati antistaminici, farmaci capaci di antagonizzare gli effetti farmacologici di questa molecola.

Gli antistaminici agiscono contrastando gli effetti dell’istamina a vari livelli, poiché questa sostanza può agire in molteplici distretti del corpo. Ciò rende cruciale l’utilizzo di farmaci in grado di agire in maniera selettiva e mirata sugli specifici recettori coinvolti nelle reazioni infiammatorie e allergiche.

La storia degli antistaminici risale al 1937, quando fu scoperto che l’etere dietilamminoetilico del timolo possedeva attività antagonista nei confronti dell’istamina. Successivamente sono stati introdotti vari farmaci antistaminici, tra cui l’Antergan, N’,N’-dimetil-N-(fenilmetil) etano-1,2 diammino, considerato l’autentico capostipite dei farmaci antistaminici, e il Neo-antergan.

La sostituzione isosterica è una metodologia ampiamente utilizzata nella modulazione molecolare e rappresenta un approccio fondamentale nello sviluppo di antistaminici. Questa strategia consente di introdurre modificazioni nella struttura della molecola al fine di mantenere intatta la sua capacità di interagire con il recettore biologico di riferimento.

Gli antistaminici anti-H1 contrastano l’azione dell’istamina sulla muscolatura bronchiale e vascolare e sul sistema nervoso centrale, mentre quelli anti-H2 inibiscono l’attività dell’istamina sulla secrezione gastrica. Tra i farmaci antistaminici di uso comune si annoverano desclorfeniramina, loratadina, cetirizina e oxatomide.

In conclusione, l’utilizzo degli antistaminici rappresenta una risorsa fondamentale nel trattamento dei sintomi allergici, fornendo un valido supporto nell’attenuazione degli effetti dell’istamina a livello dei recettori specifici coinvolti nelle reazioni infiammatorie e allergiche.

Gli alchini: proprietà fisiche, metodi di sintesi e reattività.

Alchini: proprietà fisiche, e reattività

Gli alchini sono composti organici con formula generale CnH2n-2 e presentano un triplo legame carbonio-carbonio nella loro struttura molecolare. Questo tipo di legame è composto da un legame σ derivato dalla sovrapposizione di due orbitali ibridi sp e da due legami π che si formano per sovrapposizione laterale di orbitali p perpendicolari. A causa del triplo legame, gli alchini sono particolarmente reattivi e costituiscono precursori per molti composti utilizzati a livello industriale.

Proprietà fisiche

I punti di fusione dei primi membri della serie omologa degli alchini variano in modo irregolare. Questi composti sono più altobollenti degli alcani e, per gli alchini isomeri, è stato osservato che il punto di ebollizione più alto è esibito dall’isomero che ha il triplo legame in posizione 2.

Metodi di sintesi

Ad eccezione dell’acetilene, che di solito è preparato dal o per ossidazione del metano, tutti gli altri alchini possono essere preparati attraverso due classi di : e reazioni di sostituzione. Le reazioni di eliminazione comprendono la deidroalogenazione di alogenuri vicinali, la deidrogenazione di , la dealogenazione di 1,2-dialoalcheni e la frammentazione decarbossilativa di acidi β-alo-α,β-insaturi. Le reazioni di sostituzione includono l’Alchilazione di alchini.

Reattività

1)

Riduzione ad alcheni

: L’idrogenazione catalitica degli alchini permette di ottenere cis-alcheni, mentre la riduzione a trans-alcheni avviene con catalizzatori specifici come palladio disattivato con carbonato di calcio e altri composti.

2)

Reazione di addizione

: Includono la alogenazione, idroalogenazione, idratazione, vinilazione di acido cianidrico, oligomerizzazione, vinilazione degli alcoli e ossidazioni.

In sintesi, gli alchini sono composti altamente reattivi, con proprietà fisiche e metodi di sintesi che li rendono importanti precursori per i composti utilizzati a livello industriale. La loro reattività si manifesta in diverse reazioni di riduzione, addizione e sintesi che consentono la produzione di una vasta gamma di prodotti chimici.

Acidi hard e basi hard secondo Pearson

e : la teoria di Pearson – tutto quello che c’è da sapere

La teoria HSAB, acronimo di hard soft acids bases, proposta da R.G. Pearson nel 1968, è un’importante estensione della teoria di Lewis che approfondisce la stabilità dei complessi metallici e i meccanismi delle loro . Secondo questa teoria, gli acidi hard preferiscono legarsi a basi hard per dare ioni complessi, mentre gli acidi soft preferiscono legarsi a basi soft per formare complessi covalenti.

Acidi hard e acidi soft

Gli acidi hard sono caratterizzati da un alto valore carica/raggio, alta solvatazione, gusci di valenza elettronici completi ed alta elettronegatività come ad esempio lo ione Ln^3+. Al contrario, gli acidi soft sono caratterizzati da un raggio ionico elevato, gusci elettronici incompleti e bassa elettronegatività come ad esempio lo ione Ag^+.

Basi hard e basi soft

Le basi hard si contraddistinguono per un alto valore carica/raggio, alta solvatazione, gusci di valenza elettronici completi, alta elettronegatività e bassa polarizzabilità come ad esempio lo ione F^-. Mentre le basi soft presentano un piccolo raggio ionico, elettronegatività intermedia e alta polarizzabilità come ad esempio lo ione H^-.

Le specie chimiche che esibiscono proprietà intermedie sono invece classificate come acidi e basi border line. Non è necessario che una specie abbia tutte le caratteristiche per essere classificata come hard, soft o border line. Grandi differenze di elettronegatività tra acidi hard e basi hard danno luogo a forti interazioni ioniche, mentre per acidi soft e basi soft le similitudini delle elettronegatività portano a un legame covalente.

Tabella delle specie caratteristiche

La tabella mostra alcune specie caratteristiche appartenenti alle categorie descritte:
| Acidi | Basi |
|—————-|——————|
| Hard | Soft |
| Idronio H^+ | Mercurio Hg^2+, Hg_2^2+ |
| Metalli alcalini Na^+, K^+ | Platino Pt^2+ |
| Titanio Ti^4+ | Palladio Pd^2+ |
| Cromo Cr^3+, Cr^6+ | Argento Ag^+ |

Considerazioni


Dalla tabella si possono fare alcune generalizzazioni:
1. Il carbonio è soft, con la “sofficità” decrescente con il cambiare dell’: sp^3 > sp^2 > sp, infatti gli alchini formano sali stabili ed isolabili con i metalli alcalini, mentre alcheni ed alcani no.
2. L’ossigeno nucleofilico RO^- è invariabilmente hard.
3. Il grado di “durezza” aumenta al progredire nel periodo (C O, P > N, I^- > Br^- ~ Cl^- >> F^-).
5. La transizione hard/soft può avvenire per un medesimo elemento al cambiare del grado di ossidazione o per la presenza di gruppi elettronattrattori.

La teoria HSAB può essere utilizzata per prevedere la possibilità di determinate reazioni, come nel caso della reazione MgS + BaO → MgO + BaS, che è possibile poiché lo ione Mg^2+ è un acido più hard rispetto a Ba^2+, e lo ione O^2- è una base più hard rispetto a S^2-.

In conclusione, la teoria di Pearson offre uno strumento efficace per comprendere le interazioni acido-base in , consentendo di predire comportamenti e reattività di diverse specie chimiche in modo accurato.

Diagramma di fase di sistemi ad un componente

Diagrammi di fase di sistemi ad un componente: concetti e applicazioni

Il diagramma di fase di sistemi ad un componente fornisce informazioni cruciali relative alle varie fasi e ai rispettivi equilibri tra di esse. Tracciano le relazioni tra pressione e temperatura e tengono conto delle seguenti transizioni:

: transizione solido-vapore (ad esempio CO2 solida-CO2 gassosa)
– Evaporazione: equilibrio liquido-vapore (ad esempio acqua-vapore)
– Fusione: equilibrio solido-liquido (ad esempio ghiaccio-acqua)
: equilibrio tra fasi cristalline differenti (ad esempio zolfo rombico-zolfo monoclino)

Questo diagramma è noto anche come diagramma di stato della sostanza, caratterizzato da linee che separano diverse regioni, definite come confini di fase. I punti su tali linee indicano le condizioni termodinamiche in cui due stati fisici esistono in equilibrio dinamico.

Diagramma di stato dell’acqua

Il diagramma di fase dell’acqua rappresenta le relazioni sperimentali tra pressione e temperatura nei tre stati di aggregazione. Viene evidenziato che la temperatura di fusione del ghiaccio diminuisce all’aumentare della pressione esterna, comportamento insolito rispetto alla maggior parte delle altre sostanze liquide. Questo fatto è regolato dall’equazione di Clapeyron.

Punti cruciali come il punto triplo (in cui coesistono solido, liquido e gassoso) e il punto critico (dove l’equilibrio liquido-vapore cessa di esistere) sono analizzati nel contesto del diagramma di fase dell’acqua.

L’andamento delle curve nel diagramma è disciplinato dall’equazione di Clausius-Clapeyron. La pendenza e il comportamento delle curve possono essere spiegati considerando le pressioni di vapore della sostanza solida e liquida.

Applicazioni pratiche e

Una volta costruito il diagramma di fase di una sostanza, è possibile prevedere le condizioni sperimentali favorevoli per l’esistenza di una o più fasi di aggregazione della sostanza. La regola delle fasi, che considera i componenti indipendenti e i fattori che regolano l’equilibrio dei sistemi, offre ulteriori spunti di analisi.

Il diagramma di fase è un potente strumento per comprendere il comportamento delle sostanze pure in diverse condizioni termodinamiche, fornendo informazioni fondamentali per numerosi campi della e dell’ingegneria.

Si tratta di una risorsa fondamentale, utilizzata per predire comportamenti e fenomeni legati alle transizioni di fase delle sostanze pure in condizioni controllate.

Utilizzando il diagramma di stato dell’acqua come esempio, è possibile desumere informazioni cruciali che si applicano anche ad altre sostanze pure.

Turbidimetria e nefelometria

Metodi di Analisi Ottici: Turbidimetria e Nefelometria

La turbidimetria e la nefelometria sono due metodi di analisi ottici impiegati per misurare la quantità di una sostanza in sospensione in un liquido. Questi metodi trovano applicazione nell’analisi , in particolare nella valutazione della luce diffusa da una soluzione colloidale o una sospensione.

Turbidimetria

Nella turbidimetria, si valuta l’entità dell’assorbimento prodotto dalla fase dispersa. Si misura l’intensità della luce trasmessa da una sospensione utilizzando strumenti come i foto colorimetrici o spettrofotometri UV-VIS. La tecnica non richiede apparecchiature particolari e può essere condotta utilizzando un semplice turbidimetro, costituito da una sorgente continua, un monocromatore, una cella porta campione e un rivelatore (fototubo).

Nefelometria

Nella nefelometria, si valuta la luce diffusa dalla sospensione a 90° rispetto a quella della radiazione incidente. L’apparecchiatura specifica per la nefelometria è simile a un turbidimetro, ma con il sistema di rivelazione posizionato a 90° rispetto al raggio entrante nella cella porta campione.

e Considerazioni

Entrambi i metodi sono simili e trovano applicazione nell’analisi di sostanze sospese in liquido. La turbidimetria è utilizzata per la determinazione di tracce di solfati, cloruri e fosfati, mentre la nefelometria è particolarmente idonea per la valutazione di fasi disperse estremamente fini che danno luogo all’ apprezzabile.

Entrambi i metodi richiedono che le sospensioni siano stabili nel tempo e non formino precipitati, utilizzando stabilizzanti come colloidi protettori. La precisione analitica della turbidimetria è tra il 5% e il 10%, e trova applicazioni in soluzioni molto diluite. Allo stesso modo, le misure nefelometriche sono molto sensibili e la precisione è influenzata da vari fattori come il del mezzo e la presenza di sostanze interferenti.

In breve, turbidimetria e nefelometria sono metodi analitici ottici che, sebbene simili, trovano applicazioni specifiche nell’analisi delle sospensioni in soluzioni liquide.

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