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Risonanza magnetica nucleare

La Risonanza Magnetica Nucleare: Principi e

La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) si fonda sulla modificazione dei livelli energetici dei nuclei sotto l’influenza di un campo magnetico. Tale tecnica rivoluzionaria ha avuto particolare successo nei settori della , della fisica e della medicina.

Poiché si basa su misurazioni di energie di perturbazione, spesso di dimensioni ridotte, la RMN fa uso di radiofrequenze come onde di perturbazione. Questo metodo è particolarmente efficace nello studio dei nuclei con numero di massa o numero atomico dispari, i quali presentano uno spin nucleare.

Ad esempio, come ^1H, ^13C, ^7N e ^17O possiedono appunto uno spin nucleare. La tecnica NMR consente lo studio di qualsiasi nucleo con spin, anche se prevalentemente viene impiegata per l’idrogeno (protio) o il in campo chimico.

Un nucleo con spin può essere equiparato a una minuscola “bussola magnetica” in grado di generare un campo magnetico proprio. Quando un campo magnetico esterno viene applicato, il nucleo tende ad allineare il proprio momento magnetico in direzione del campo.

Il modulo del vettore corrispondente al momento nucleare di spin, indicato con I, è dato da √I(I+1) h/2π, dove I rappresenta il numero quantico di spin nucleare. Le direzioni che può assumere nello spazio sono quantizzate e le proiezioni rispetto a un asse di riferimento sono determinate dalla relazione MI h/2π.

Ad esempio, un protone ha un numero quantico di spin pari a 1/2, quindi presenta 2 possibili orientamenti rispetto al campo magnetico esterno: parallelo (↑) e antiparallelo (↓). In presenza di un campo magnetico, la differenza di energia tra queste due posizioni è inversamente proporzionale alla forza del campo magnetico esterno.

Per una data forza del campo magnetico, il protone può passare da un livello all’altro assorbendo o emettendo una quantità discreta di energia. La NMR richiede principalmente un campo magnetico esterno di intensità, costanza e omogeneità elevate. Durante l’esperimento, il campione è immerso nel campo di un elettromagnete e un campo di radiofrequenze viene applicato, generando una corrente elettrica attraverso una bobina avvolta intorno al campione.

Successivamente, il campo magnetico viene gradualmente aumentato e il salto del nucleo da un’orientazione all’altra è individuato tramite il voltaggio indotto, risultante dall’assorbimento di energia nel campo di radiofrequenza. Lo spettro NMR è quindi ottenuto registrando il voltaggio indotto in funzione della variazione del campo magnetico.

In pratica, un campo di 14000 gauss richiede una frequenza di 60 MHz, che corrisponde alla regione di radiofrequenza dello . L’area sotto il picco nello spettro dipende dal numero totale dei nuclei che hanno compiuto il salto.

Queste procedure e principi costituiscono le basi della Risonanza Magnetica Nucleare, un metodo di fondamentale importanza nel contesto della ricerca scientifica e medicina diagnostica.

Calore specifico dei gas perfetti

Il calore specifico dei gas perfetti: calcoli e applicazioni

Il calore specifico rappresenta la quantità di calore necessaria per far aumentare di un grado la temperatura di un chilogrammo di sostanza.

Quando si riscalda n moli di un gas a volume costante con un incremento infinitesimo di temperatura dT, il calore necessario è espresso da: dQv = nCvdT.

Applicando questo processo al Primo Principio della Termodinamica, otteniamo: dQ = dU + dL. Nella situazione in cui il volume rimane costante e non sono possibili altre forme di lavoro oltre a quello meccanico, deduciamo che: dL = pe dV o in altre parole: dQv = dU. Questo implica che il calore assorbito dal sistema a volume costante corrisponde all’incremento della sua energia interna.

Per un gas perfetto, in cui l’energia interna è unicamente funzione della temperatura, e per un mole, la relazione diventa: Cv = dU/dT.

Nel caso dei gas perfetti monoatomici, come i gas nobili e i vapori di mercurio, l’energia interna è definita da U = 3/2 RT. Da qui discende che: Cv = 3/2 R ≅ 3 cal mol-1 K-1. Inoltre, conoscendo che Cp = Cv + R, otteniamo: Cp = 5/2 R ≅ 5 cal mol-1 K-1.

Per i gas perfetti biatomici come H2, O2, e N2, i calori specifici risultano superiori a quelli dei gas monoatomici. A temperature ordinarie, i calori specifici sono inferiori a quanto previsto dal teorema di equipartizione dell’energia. Tuttavia, con l’aumentare della temperatura, i calori specifici aumentano, spiegato dal fatto che almeno una parte delle molecole assorbe energia sotto forma vibrazionale.

Per i gas poliatomici, le anomalie sono più accentuate, poiché la complessità aumenta, determinando un aumento dei modi vibrazionali.

I calori specifici non sono costanti, ma funzioni della temperatura che aumentano con essa. È possibile utilizzare valori medi o espressioni, ricavate sperimentalmente, in cui si tiene conto della dipendenza della temperatura dal calore specifico, ad esempio, mediante l’equazione: Cp = a + bT + cT^2. I coefficienti a, b, c sono costanti empiriche relative a una mole di sostanza e sono validi entro intervalli di temperatura specifici.

In conclusione, il calore specifico dei gas perfetti è un concetto fondamentale che offre una comprensione approfondita del comportamento termico dei gas e delle sostanze in generale.

Per ulteriori letture sulla chimica fisica e l’energia interna, vi invitiamo a visitare il seguente link: [Energia Interna – Chimica Today](https://chimica.today/chimica-fisica/energia-interna-esercizi-svolti/)

Teorema di equipartizione dell’energia

Il Teorema di equipartizione dell’energia nei gas

Il teorema di equipartizione dell’energia afferma che l’energia cinetica media di una molecola in un gas viene equamente distribuita tra i suoi diversi gradi di libertà.
Secondo la , le molecole possono essere rappresentate come sfere rigide, senza interazioni attrattive o repulsive, e animatesi da moti disordinati in tutte le direzioni, collidono tra loro e con le pareti del contenitore in urti perfettamente elastici.

Le diverse

Le molecole, a una data temperatura, possiedono diverse forme di energia, tra cui l’energia traslazionale (ovvero l’energia cinetica della particella che si sposta nello spazio con una determinata velocità), l’energia rotazionale (per le molecole poliatomiche che possono ruotare intorno al loro baricentro), l’energia vibrazionale (dovuta all’oscillazione degli atomi intorno a una posizione di equilibrio) e l’energia elettronica (relativa ai livelli energetici occupati dagli elettroni nella molecola).

Oltre a queste forme di energia, che costituiscono l’, si deve sommare l’energia al punto zero per ottenere l’energia totale.

Il Teorema di equipartizione dell’energia

Il teorema di equipartizione dell’energia afferma che per ogni moto elementare o grado di libertà in cui si può scomporre il moto complessivo di una particella, esiste un contributo all’energia totale pari a 1/2 k T o 1/2 RT per una mole.
Per un gas monoatomico, l’energia traslazionale è l’unica forma di energia termica posseduta dal gas. Le molecole poliatomiche, oltre al moto di traslazione, possiedono anche un moto di rotazione intorno al proprio baricentro.

Le energie specifiche per le diverse molecole

Per le molecole biatomiche, la corrispondente energia di rotazione sarà pari a k T per molecola, mentre per molecole triatomiche lineari come il CO2, le molecole non lineari come l’H2O, e molecole poliatomiche con n atomi, i gradi di libertà vibrazionali e le corrispondenti energie possono variare.

Conclusioni


L’energia media di una molecola in un gas si distribuisce equamente tra le varie forme di energia e corrisponde alla temperatura del gas stessa. Questi principi sono fondamentali nella comprensione del comportamento dei gas e delle molecole al loro interno.

Permanganato di potassio e sua preparazione

Preparazione e standardizzazione del permanganato di potassio

Il permanganato di potassio è un anione poliatomico con manganese con un di +7. È un agente ossidante molto potente, ampiamente utilizzato in molte . Ha un elevato, che lo rende particolarmente adatto per ossidimetriche. Inoltre, la sua colorazione caratteristica permette di rilevare facilmente il punto equivalente in una titolazione.

Preparazione di KMnO4 0.1 N

Per preparare una soluzione di KMnO4 0.1 N, si inizia pesando circa 3.2-3.3 g di permanganato di potassio e si diluisce in un litro di acqua distillata. Dopo aver bollito la soluzione per 15-20 minuti per eliminare le eventuali sostanze ossidabili, si filtra la soluzione attraverso lana di vetro. La soluzione ottenuta avrà un titolo approssimato di 0.1 N.

Standardizzazione

La standardizzazione della soluzione di KMnO4 0.1 N può essere effettuata mediante diverse tecniche. Una delle metodologie prevede la titolazione di KMnO4 con ossalato sodico. Dopo aver essiccato l’ossalato sodico in stufa, si scioglie in acqua e si aggiunge acido solforico diluito. Successivamente si titola gocciolando la soluzione di permanganato di potassio.

Un’altra opzione è la titolazione di KMnO4 con triossido di biarsenico. Dopo aver trattato il triossido di biarsenico con NaOH, si aggiungono HCl e una goccia di KI che catalizza la reazione di ossidazione. Infine, si titola con permanganato di potassio fino a una colorazione rosea persistente.

Un’ulteriore tecnica prevede la titolazione di KMnO4 con Na2S2O3, utilizzando salda d’amido per il viraggio da blu a incolore.

In ogni caso, è necessario calcolare con precisione le quantità e i pesi molecolari dei reagenti coinvolti, così come i fattori di correzione della normalità di KMnO4.

Questi metodi consentono di determinare con precisione il titolo della soluzione di permanganato di potassio, essenziale per le analisi chimiche e le titolazioni.

Titolazione di base debole con acido forte. Esercizi svolti

Titolazione di base debole con acido forte: determinazione del e esercizi svolti

La titolazione di una base debole con un acido forte serve a determinare la concentrazione della base debole e si può eseguire un opportuno indicatore. Quando si procede con la titolazione di una base debole con un acido forte, l’ione H+ reagisce con la base debole. Durante questo processo, possono verificarsi tre casi in cui il numero di moli di acido è diverso rispetto alla base.

Il primo caso riguarda un numero di moli di acido minore rispetto alla base, che porta alla formazione di una soluzione tampone. La determinazione del pH può essere fatta usando l’. Nel secondo caso, quando il numero di moli di acido è uguale al numero di moli della base, si ha la trasformazione totale della base nel suo acido coniugato, con conseguente equilibrio di . Infine, nel terzo caso, con un numero di moli di acido maggiore rispetto alla base, si ha un eccesso di ione H+, e il pH della soluzione può essere facilmente determinato.

Esercizi svolti:

1) Aggiungendo 25.0 mL di HCl 0.120 M a 30.0 mL di NH3 0.120 M, è possibile determinare il pH della soluzione sapendo che K(b) = 1.81 ∙ 10^-5. Calcolando le moli di ciascuna specie presente in soluzione, si ottiene un pH di 8.6.

2) Supponendo di aggiungere 25.0 mL di HCl 0.120 M a 25.0 mL di NH3 0.120 M, il pH della soluzione è 5.24.

3) Se si aggiungono 25.0 mL di HCl 0.120 M a 5.00 mL di NH3 0.120 M, il pH della soluzione è 1.10.

4) Aggiungendo 25.0 mL di HCl 0.120 M a 10.0 mL di NH3 0.120 M, il pH della soluzione è 1.35.

5) Aggiungendo 25.0 mL di HCl 0.120 M a 15.0 mL di NH3 0.120 M, si ottiene un pH di 1.52.

Questi esercizi risolti illustrano i calcoli necessari per determinare il pH di soluzioni ottenute dalla titolazione di una base debole con un acido forte. Considerando aggiunte successive di acido forte alla base debole e calcolando i valori di pH che si ottengono, si può costruire la curva di titolazione base debole-acido forte.

Titolazione di acidi diprotici. Esercizi svolti.

Titolazione degli acidi diprotici: esempi e calcoli

La titolazione degli acidi diprotici è un argomento importante in generale. Gli acidi diprotici come l’H2SO3 hanno due punti equivalenti significativi nel loro processo di dissociazione in acqua.

Nel primo stadio, l’acido H2X si dissocia in H+(aq) e HX(aq). Nel secondo stadio, HX(aq) si dissocia ulteriormente in H+(aq) e X2-(aq).

Le curve di titolazione degli acidi diprotici mostrano due punti equivalenti, ognuno corrispondente a un punto di flesso. Durante la titolazione con idrossido di sodio, le che avvengono sono:

1. H2X + NaOH → NaHX + H2O (dall’inizio della titolazione al primo punto equivalente)
2. NaHX + NaOH → Na2X + H2O (dal primo al secondo punto equivalente)
3. La reazione netta dall’inizio della titolazione fino al secondo punto equivalente è H2X + 2 NaOH → Na2X + 2 H2O.

Esercizi svolti

1) Calcolo del al momento dell’aggiunta di NaOH a una soluzione di H2SO3:
L’H2SO3 è un acido diprotico con Ka1 = 1.25 ∙ 10-2 e Ka2 = 5.6 ∙ 10-8. Calcoliamo il pH quando 25.0 mL di una soluzione di H2SO3 0.100 M vengono neutralizzati con 25.0 mL di NaOH 0.100 M.

2) Calcolo del pH al momento dell’aggiunta di NaOH a una soluzione di H2SO3:
Consideriamo una situazione simile alla precedente, ma con 30.0 mL di NaOH 0.100 M aggiunti a una soluzione di H2SO3 0.100 M.

3) Calcolo del pH al momento dell’aggiunta di NaOH a una soluzione di H2SO3:
Un altro esempio pratico basato sul calcolo del pH in una situazione specifica.

Questi sono esempi di esercizi su come calcolare il pH durante la titolazione di acidi diprotici come l’H2SO3. Ogni esercizio richiede l’applicazione di concetti specifici e calcoli dettagliati per determinare il pH in condizioni date.

In ogni esercizio, vengono considerati i volumi delle soluzioni, le concentrazioni di H2SO3 e NaOH e le reazioni che avvengono durante la titolazione. I calcoli vengono mostrati passo dopo passo per illustrare il processo analitico e matematico necessario per determinare il pH in ciascuna situazione specifica.Come calcolare il pH di una soluzione di H2SO3 dopo l’aggiunta di NaOH

Quando si aggiungono 50.0 mL di NaOH 0.100 M a una soluzione di 0.100 M di H2SO3, si ha una reazione di neutralizzazione. Inizialmente, si calcola che ci siano 0.0250 moli di H2SO3 e 0.00500 moli di NaOH. Dopo l’aggiunta di NaOH, la quantità di OH- è sufficiente per neutralizzare i protoni dell’, producendo 0.00250 moli di SO3^2- in una soluzione di 0.0750 L. Qui si considera l’ del solfito per determinare il pH della soluzione risultante.

C’è un’equazione chimica che rappresenta l’idrolisi del solfito:

SO3^2- + H2O ⇄ HSO3- + OH-

Successivamente si costruisce una I.C.E.chart per analizzare tale idrolisi. La costante relativa a questo equilibrio, chiamata costante di idrolisi K_i, può essere calcolata come il rapporto tra la concentrazione dei prodotti e dei reagenti. Usando specifici artifici matematici, è possibile ricavare la costante di idrolisi.

Dopo aver determinato la costante di idrolisi K_i, è possibile calcolare il pH della soluzione. Utilizzando i passaggi appropriati per risolvere l’equazione, si ottiene un pH di 9.9.

In conclusione, l’aggiunta di NaOH a una soluzione di H2SO3 ha portato alla formazione di solfito e ha influenzato il pH della soluzione risultante, rendendolo leggermente basico con un valore di 9.9.

Cheteni: precursori di molte reazioni

I cheteni: reattività e metodi di preparazione

I cheteni, con la formula generale R2C=C=O e il composto CH2=C=O conosciuto come allen-1-one, rappresentano una classe di composti altamente reattivi e di difficile isolamento. La loro elevata reattività li rende difficili da studiare e caratterizzare, ma sono essenziali come intermedi chiave nella sintesi organica.

Caratterizzati da una struttura eteroallenica, i cheteni mostrano una reattività atipica dovuta alla distribuzione asimmetrica di carica e agli orbitali molecolari. Queste particolari caratteristiche li rendono preziosi precursori di molte chimiche, tra cui la formazione di centri chirali attraverso l’addizione al doppio legame carbonio-carbonio.

I cheteni sono generalmente sintetizzati in laboratorio facendo passare vapori di acetone attraverso un tubo scaldato a 750°C o commercialmente tramite la disidratazione dell’ ad alte temperature su un catalizzatore. Altri metodi di ottenimento includono la reazione di una ammina terziaria con un cloruro di acido avente almeno un idrogeno in α e l’eliminazione di HCl da cloruri acilici.

Per quanto riguarda la reattività, i cheteni reagiscono con e per formare acetati enolici o β-lattoni e possono anche combinarsi tra loro in assenza di substrati reattivi. Inoltre, partecipano a reazioni di cicloaddizione con composti insaturi formando anelli a quattro o più atomi di carbonio.

Nonostante le sfide legate alla loro instabilità e alla complessità delle metodologie di sintesi, i cheteni rivestono un ruolo chiave nella e continuano ad attirare l’interesse dei chimici per le loro proprietà uniche e la loro importanza nella sintesi di composti organici.

Gli esteri: composti derivanti da acidi carbossilici

Composizione e proprietà degli esteri, , metodi di e reazioni

Gli esteri derivano da una reazione di condensazione tra un acido carbossilico e un alcol, nota come esterificazione di Fischer. Questi composti sono generalmente poco solubili in acqua e hanno punti di ebollizione debolmente più alti rispetto agli idrocarburi di peso molecolare simile. Inoltre, sono più volatili dei corrispondenti acidi a causa dell’assenza di legami a idrogeno. Gli esteri volatili hanno un caratteristico odore di frutta, e insieme ai , sono responsabili della fragranza di molti frutti e fiori solitamente usati come sapori artificiali.

La nomenclatura degli esteri segue la stessa logica dei sali degli acidi carbossilici, sostituendo il suffisso -ico con -ato e aggiungendo il nome del gruppo alchilico o arilico. Ad esempio, CH3COOCH2CH3 viene denominato acetato di etile, mentre CH3CH2COOCH3 viene denominato propionato di metile.

Per quanto riguarda i metodi di sintesi, gli esteri possono essere preparati mediante la reazione di alcoli e acidi carbossilici in presenza di un acido minerale come catalizzatore, secondo la esterificazione di Fischer. La reazione avviene secondo il seguente equilibrio: RCOOH + R’OH ⇌ RCOOR’ + H2O. Per spostare l’equilibrio verso destra, è necessario utilizzare un eccesso di alcol o rimuovere l’acqua per distillazione in miscela azeotropica con un solvente adatto.

Il meccanismo della reazione di Fischer coinvolge diversi stadi, comprendendo il processo di protonazione, l’attacco nucleofilo, lo scambio di protoni e la formazione dell’estere.

Infine, gli esteri, come derivati degli acidi carbossilici, possono partecipare a diverse reazioni di , tra cui l’idrolisi, la transesterificazione, la formazione di ammidi e la riduzione. Inoltre, possono essere coinvolti nella condensazione di Claisen e Dieckmann, che porta alla formazione di β-chetoesteri.

In sintesi, gli esteri sono composti di interesse in , con diverse proprietà e reattività che li rendono utili in molti contesti industriali e chimici.

Analisi conformazionale degli alcani

Analisi conformazionale degli alcani: tutto ciò che devi sapere

L’analisi conformazionale dei sistemi non ciclici fornisce le basi per una trattazione più estesa, in quanto tali sistemi sono liberi da vincoli alla rotazione. L’etano è una delle molecole più semplici in cui la libera rotazione intorno al legame carbonio-carbonio produce diverse conformazioni. Nel 1936, Kempt e Pitzer ipotizzarono che la rotazione intorno a tale legame fosse libera e, con calcoli teorici dimostrarono che doveva esserci una barriera torsionale di 2.8-3.1 kcal mol^-1. Delle infinite conformazioni possibili, ne esistono tre nelle quali gli atomi di idrogeno legati a un atomo di carbonio sono in posizione eclissata e tre nelle quali sono in posizione sfalsata. Nelle configurazioni eclissate esiste una forza repulsiva a causa dell’interazione dei raggi di van der Waals degli idrogeni, che non si verifica nelle configurazioni alternate.

Le diverse conformazioni dell’etano, e analogamente di sistemi più complessi, possono essere rappresentate mediante formule di proiezione dette formule di proiezione di Newman. Il propano presenta conclusioni analoghe all’etano, con l’unica differenza che mostrerà un aumento della molteplicità conformazionale e del variare delle barriere di energia potenziale. La situazione conformazionale del è diversa con particolare riferimento al legame C2 – C3 della molecola. In questo caso esistono due valori diversi dei massimi di energia: il primo corrispondente a due interazioni H-H e a una interazione CH3-CH3; il secondo corrispondente a una interazione H-H e a due interazioni CH3-H.

Le conformazioni corrispondenti ai minimi relativi di energia potenziale vengono dette conformeri o . Esistono due valori dei minimi di energia, corrispondenti a due diversi tipi di conformeri. Per gli intermedi è stata proposta da Klyne e Prelog la seguente in funzione degli angoli di torsione. L’analisi conformazionale dell’etano e, ancora di più quello del butano, forniscono utili argomentazioni per strutture analoghe anche più complesse. La repulsione sterica è solo il primo, anche se spesso il più importante, dei fattori che influenzano la stabilità conformazionale.

Diagramma di Ellingham: dagli ossidi ai metalli

Diagramma di Ellingham: processo di riduzione degli metallici

Il diagramma di Ellingham trova applicazione nell’analisi della riduzione degli ossidi e dei metallici con lo scopo di ottenere il metallo puro. I metalli, escluse le varietà nobili, si trovano comunemente sulla crosta terrestre sotto forma di ossidi, solfuri, e .

Il procedimento per ottenere il metallo puro dalla sua forma minerale avviene attraverso una semireazione di riduzione, impiegando riducenti chimici a elevate temperature, in soluzioni acquose o tramite elettrolisi. Nell’ambito della metallurgia, l’energia libera di Gibbs trova applicazione nello studio degli equilibri relativi alla produzione dei metalli attraverso la riduzione degli ossidi tramite il carbonio.

Il concetto può essere esaminato utilizzando grafici che mostrano l’energia libera di formazione degli ossidi metallici in funzione della temperatura, grafici noti come diagrammi di Ellingham. I dati riportati nei diagrammi evidenziano che le energie libere di formazione degli ossidi metallici crescono all’aumentare della temperatura. Le rette rappresentative nel diagramma possono intersecarsi a determinate temperature, consentendo la riduzione degli ossidi mediante l’utilizzo di carbonio.

Dall’analisi del diagramma emerge che la CO2 è più stabile a basse temperature e tende a reagire con il carbonio ad alte temperature, producendo CO. Questo processo di riduzione può verificarsi anche con altri ossidi metallici.

In , il diagramma di Ellingham fornisce preziose informazioni sulle interazioni tra ossidi metallici, carbonio e altre sostanze, indicando le condizioni favorevoli per la riduzione degli ossidi metallici per ottenere i metalli puri.

I capelli: indicazioni per la loro cura.

Indicazioni per la cura dei capelli: consigli utili per ogni tipo di capello

I capelli sono un simbolo di seduzione, di femminilità nelle donne e di virilità negli uomini. Possono essere di vari tipi, tra cui capelli normali, grassi, secchi, sfibrati e con forfora. È importante prendersi cura dei capelli in modo corretto per mantenerli sani e belli.

I capelli possono essere danneggiati dall’uso di prodotti inadatti, come quelli con un elevato. Questo può causare la rottura della struttura del capello e renderli secchi. Anche l’azione del calore e della luce può danneggiare i capelli, quindi è importante prestare attenzione ai trattamenti termici e all’esposizione ai raggi solari.

Curare i capelli normali

I capelli normali appaiono sani e brillanti anche dopo il lavaggio e mantengono l’aspetto pulito per diversi giorni. È consigliabile lavarli una-due volte alla settimana con uno shampoo specifico per capelli normali e utilizzare un balsamo dopo lo shampoo per evitare l’elettricità statica e mantenere un aspetto brillante.

Gestire i capelli grassi

I capelli grassi diventano untuosi e appiccicosi anche dopo un solo giorno dal lavaggio a causa della produzione eccessiva di sebo dal cuoio capelluto. È consigliabile lavarli con uno shampoo delicato e utilizzare anche shampoo a secco per assorbire l’eccesso di sebo.

Cura dei capelli secchi e sfibrati

I capelli secchi e sfibrati richiedono attenzioni particolari. È consigliabile utilizzare shampoo e balsami specifici per questo tipo di capelli, contenenti ingredienti idratanti come la e la . Inoltre, è importante evitare trattamenti chimici e meccanici aggressivi per proteggere la struttura del capello.

Trattamento per i capelli con forfora

La forfora può essere un problema fastidioso, ma gestibile. È consigliabile utilizzare prodotti antiforfora e fare attenzione alle della pelle. In caso di persistenza della forfora, è consigliabile consultare un medico specialista per ulteriori trattamenti.

Prendersi cura dei capelli è un’attività importante per mantenerli sani e belli. Utilizzare i prodotti giusti e seguire una routine regolare può fare la differenza nella salute e nell’aspetto dei capelli.

Alogenuri alchilici: metodi di sintesi e reattività

: Reattività e Metodi di Sintesi

Gli alogenuri alchilici sono estremamente reattivi nei confronti di agenti nucleofili e danno luogo a reazioni di o di eliminazione. Per quanto riguarda la , si ricorre a due tipi di denominazione: i nomi sostitutivi (n.s.) e i nomi funzionali (n.f.). Inoltre, esistono anche i nomi comuni, utilizzati esclusivamente per i trialogeno derivati del metano.

Dal punto di vista delle proprietà fisiche, gli alogenuri alchilici sono liquidi incolori, salvo alcuni termini gassosi e i termini ad alto peso molecolare solidi. I punti di ebollizione degli alogenuri alchilici sono molto più elevati di quelli dei corrispondenti alcani.

Per quanto concerne i metodi di sintesi, gli alogenuri alchilici sono ottenuti attraverso diverse vie sintetiche. Ad esempio, possono derivare dagli idrocarburi tramite alogenazione radicalica di alcani oppure per addizioni di alogeni e di acidi alogenidrici ad alcheni, e dieni. Inoltre, possono essere ottenuti anche dall’azione degli alogenuri di fosforo, dal cloruro di tionile, dai sali di argento degli acidi carbossilici e dall’azione degli alcoli.

Per quanto riguarda la reattività, questa è strettamente legata alla tendenza dell’alogeno a rompere il legame covalente polare Cδ+ – Xδ- ospitando su di sé il doppietto di legame e formando lo ione X-, base debole, sotto l’azione di agenti nucleofili. In presenza di reagenti basici si ha competizione tra reazioni di sostituzione nucleofila e eliminazione.

Le reazioni di sostituzione nucleofila rappresentano una delle classi di reazioni più usate e più importanti per trasformare gli alogenuri in numerose classi di composti. Alcune reazioni di sostituzione nucleofila includono la formazione di alcoli, eteri, esteri, tioli, tioeteri, tiocianati, ammine primarie, seconde, terziarie, sali di ammonio quaternari, alchiazidi, nitroalcani, nitrili e sali di fosfonio.

Infine, le permettono di trasformare gli alogenuri alchilici in alcheni con un meccanismo specifico, mentre la formazione dei reattivi di Grignard è un altro processo di interesse nel contesto della sintesi di composti organici.

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