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Composti aromatici dell’industria petrolchimica

Composti Aromatici: Utilizzi e dell’Industria del Petrolio

I composti aromatici prodotti dall’industria petrolchimica sono noti con l’acronimo *BTX*, che indica , e . Questi composti sono utilizzati come intermedi per ottenere una vasta gamma di prodotti e polimeri utili in diversi ambiti industriali.

Nel processo di raffinazione, l’industria petrolchimica si occupa della trasformazione del petrolio e del gas naturale in prodotti chimici noti come *fine chemicals*. Tuttavia, vale la pena notare che i composti aromatici a basso peso molecolare sono presenti in percentuali ridotte nel petrolio grezzo e nelle sue frazioni leggere.

Utilizzi e Applicazioni

I composti aromatici sono essenziali per la produzione di vari prodotti, come il stirene, il fenolo, l’acido tereftalico e l’. Essi sono anche la materia prima per la sintesi di diversi polimeri tra cui il polistirene, il poliestere, il polietilentereftalato, il policarbonato e i poliuretani.

Lo *benzene* è un composto versatile che permette di ottenere molti derivati, come lo stirene, utilizzato nell’industria chimica. Attraverso la reazione tra il benzene e l’etene si ottiene l’etilbenzene, che successivamente può essere sottoposto a deidrogenazione catalitica per produrre stirene.

Il *toluene* è impiegato come materia prima e solvente, utilizzato anche per ottenere il diisocianato di toluene, un elemento fondamentale nella produzione di poliuretani.

Il *xilene*, che si presenta in tre forme (o-xilene, m-xilene e p-xilene), trova applicazioni nella produzione di anidride ftalica e poliestere.

Inoltre, questi composti aromatici vengono impiegati come additivi per aumentare l’ottanico della benzina, rendendoli cruciali per diversi processi industriali.

In sintesi, i composti aromatici dell’industria petrolchimica hanno un’ampia varietà di utilizzi e applicazioni che li rendono essenziali per diversi settori industriali.

Idrossido di calcio: determinazione del Kps

Determinazione del Kps dell’idrossido di calcio attraverso titolazione

L’idrossido di calcio è un composto ionico poco solubile in acqua e il suo (Kps) può essere determinato mediante titolazione. Il composto si solubilizza secondo l’equilibrio chimico Ca(OH)2(s) ⇄ Ca2+(aq) + 2 OH-(aq). La Kps, costante di tale equilibrio eterogeneo, è espressa come Kps = [Ca2+][OH-]2 e consente di calcolare la solubilità del composto in soluzione.

Metodologia per la titolazione degli ioni idrossido

La determinazione degli ioni idrossido provenienti dalla dissoluzione dell’elettrolita avviene mediante titolazione con un acido. In particolare, una soluzione di HCl diluita viene titolata con una soluzione satura di idrossido di calcio, utilizzando la come indicatore. Tale scelta è dovuta alla maggiore evidenza del cambiamento di colore della fenolftaleina in ambiente basico rispetto all’uso di HCl come .

Si consiglia di preparare la soluzione satura di idrossido di calcio di fresco per evitare la reazione con , che darebbe luogo alla formazione di carbonato di calcio. La soluzione di idrossido di calcio utilizzata come titolante deve essere filtrata prima di essere versata nella buretta. Durante la titolazione, la reazione che avviene è la seguente: Ca(OH)2 + 2 HCl → CaCl2(aq) + 2 H2O(l).

e calcoli

Durante il processo di titolazione, 22.50 mL di una soluzione 0.0250 M di HCl vengono titolati con 25.00 mL di soluzione di idrossido di calcio. Dai calcoli si ottiene che le moli di Ca2+ sono 0.000281 e la concentrazione dello ione Ca2+ è 0.0112. Inoltre, le moli di OH- sono 0.000563 e la concentrazione dello ione OH- è di 0.0225 M.

Sostituendo tali valori nell’espressione della Kps si ottiene: Kps = [Ca2+][OH-]2 = (0.0112)(0.0225)2 = 5.68 ∙ 10-6.

Concludendo, la titolazione con HCl consente di determinare in modo accurato la concentrazione degli ioni idrossido e di ottenere il valore del prodotto di solubilità Kps per l’idrossido di calcio.

Reattività delle anidridi

Reattività delle anidridi: e comportamento chimico

Le anidridi sono considerate tra le specie più reattive tra i derivati degli acidi carbossilici, secondi solo agli . Ciò è dovuto alla loro struttura molecolare dominata dalla risonanza.

Sintesi

Le anidridi possono essere ottenute tramite la disidratazione di due molecole di acido carbossilico, utilizzando comunemente il pentossido di fosforo P4O10 come disidratante. Le condizioni di reazione possono variare a seconda dell’acido utilizzato.

Reattività

Le anidridi, essendo caratterizzate dalla presenza di due gruppi carbonilici, manifestano un comportamento reattivo dovuto alla risonanza. Entrambi i gruppi possono subire un attacco nucleofilo, risultando in reazioni simili agli alogenuri acilici con la differenza che nelle anidridi fuoriesce il gruppo – OCOR anziché – X.

Le reazioni tipiche delle anidridi includono la reazione con l’acqua per formare acido carbossilico, la reazione con gli alcoli per formare esteri e acidi carbossilici, e la reazione con le ammine per formare ammidi e acidi carbossilici.

Un’applicazione pratica delle reazioni delle anidridi è la sintesi dell’, noto come aspirina, a partire dall’acido salicilico e dall’. Inoltre, l’anidride maleica, una particolare forma ciclica di anidride, è di particolare interesse nelle reazioni di Diels-Alder, in quanto funge da forte dienofilo.

In sintesi, le anidridi, grazie alla loro struttura molecolare e alla risonanza, manifestano un comportamento reattivo unico che le rende importanti nell’ambito della .

Ossidi degli elementi del 4°gruppo: comportamento acido-base

dei Elementi del Gruppo 4: Caratteristiche Acido-Base

Gli elementi del 4° gruppo presentano ossidi caratterizzati da comportamenti acido-base variabili. L’acidità diminuisce progressivamente scendendo lungo il gruppo. In particolare, gli ossidi degli elementi situati nella parte bassa del gruppo possono manifestare un comportamento anfotero, presentando sia caratteristiche acide che di base.

Caratteristiche degli Ossidi

Il comportamento degli ossidi degli elementi del 4° gruppo mostra notevoli differenze. Ad esempio, il è gassoso, mentre gli ossidi degli altri elementi sono solidi.

Il monossido di carbonio, considerato neutro, è in realtà poco acido. Può reagire con soluzioni concentrate di NaOH a caldo, generando sodio metanoato. Il biossido di carbonio, invece, reagisce con l’acqua producendo ioni H+ e ioni idrogeno carbonato. Inoltre, può reagire con soluzioni di idrossido di sodio, formando sia carbonato di sodio che carbonato acido di sodio, a seconda del rapporto stechiometrico utilizzato.

Il biossido di , a differenza del biossido di carbonio, non reagisce con l’acqua a causa della sua struttura cristallina. Tuttavia, a caldo, può reagire con soluzioni di idrossido di sodio, producendo silicati. Inoltre, reagisce con l’ossido basico di calcio per formare silicati.

Ossidi Anfoteri

Gli ossidi di , stagno e piombo mostrano comportamento anfotero. Questi ossidi reagiscono con gli acidi per formare sali. Allo stesso tempo, reagiscono anche con le basi, producendo prodotti differenti.

In particolare, i diossidi di tali elementi presentano anche comportamento anfotero. Essi reagiscono con acido cloridrico concentrato per dare tetracloruri corrispondenti, i quali, a loro volta, possono formare complessi con eccesso di ioni cloruro presenti nella soluzione.

Infine, nell’ambiente basico, essi reagiscono in modo differente, producendo ioni specifici. Ad esempio, l’ossido di piombo (IV) in presenza di NaOH fuso genera Na2PbO3, tra gli altri prodotti.

Queste evidenziano la complessità del comportamento acido-base degli ossidi dei elementi del 4° gruppo, garantendo un’ulteriore comprensione delle loro proprietà chimiche.

Esercizi svolti di chimica analitica

Risolti di Analitica

Gli esercizi svolti di chimica analitica possono essere considerati impegnativi a causa delle tecniche analitiche coinvolte, ma sono un ottimo modo per approfondire la comprensione di concetti fondamentali della chimica. Di seguito vengono risolti tre esercizi che coinvolgono la determinazione del contenuto di sostanze in campioni di diversa natura.

Esercizio 1: Determinazione del Contenuto di Magnetite in una Roccia

Per determinare il contenuto di magnetite (Fe3O4) in una roccia, viene disciolto un campione di 1.5419 g in concentrato, ottenendo ioni Fe2+ e Fe3+. Dopo l’aggiunta di acido nitrico per ossidare tutto il ferro (II) a ferro (III) e la successiva precipitazione del ferro (III) come Fe(OH)3, si ottengono 0.8525 g di Fe2O3. Calcolare il percentuale massa/massa di Fe3O4 presente nel campione.

La massa di Fe2O3 è utilizzata per determinare la percentuale, considerando le chimiche coinvolte nel processo.

Esercizio 2: Calcolo della Massa Percentuale di Alluminio e in una Lega

Viene fornita una lega di massa 0.611 g contenente alluminio e magnesio, dalla quale si ottengono 7.815 g di precipitato e 1.002 g di Al2O3 e MgO. Attraverso una serie di equazioni e calcoli stechiometrici, si determina la massa percentuale di alluminio e magnesio presenti nella lega.

Esercizio 3: Determinazione della Percentuale di Na3PO3 in un Campione Impuro

Un campione impuro contenente Na3PO3 di massa 0.1392 g viene trattato con soluzioni di HgCl2, acetato di sodio e acido acetico glaciale. La reazione produce un precipitato con una massa di 0.4320 g, da cui viene calcolata la percentuale di Na3PO3 nel campione.

Questi esercizi forniscono un’occasione per applicare le conoscenze di chimica analitica e affinare le abilità di calcolo stechiometrico.

Nel complesso, risolvere esercizi di questo genere è essenziale per potenziare la comprensione delle tecniche e dei concetti chiave della chimica analitica, preparando gli studenti a eseguire analisi quantitative in laboratorio e ad affrontare problemi reali legati alla caratterizzazione delle sostanze.

Trasformazioni chimiche e trasformazioni fisiche

La differenza tra trasformazioni chimiche e trasformazioni fisiche

Le trasformazioni chimiche comportano la formazione di nuove sostanze e spesso sono irreversibili, con rottura di legami chimici e formazione di nuovi legami. Un esempio è la del , che avviene secondo la reazione CH4 + 2 O2 → CO2 + 2 H2O, con rottura dei legami presenti nel metano e formazione di nuovi legami nelle molecole prodotte.

Alcuni esempi di trasformazioni chimiche quotidiane sono la corrosione del ferro, la lievitazione del pane, la cottura di un uovo, l’acidificazione del latte e la formazione del vino dal succo d’uva. Durante queste trasformazioni, i reagenti vengono convertiti in prodotti con composizione diversa.

È possibile rilevare una trasformazione attraverso segnali come l’assorbimento o l’emissione di calore, la formazione di effervescenza o variazioni di colore e odore. È importante notare che nelle trasformazioni chimiche la materia non viene né distrutta né creata, ma solo trasformata, rispettando la legge di conservazione della massa.

Le trasformazioni fisiche, invece, non coinvolgono la rottura o la formazione di legami tra molecole e sono reversibili. Ad esempio, il passaggio dal ghiaccio all’acqua o l’evaporazione dell’acqua sono trasformazioni fisiche.

Esistono situazioni in cui un processo coinvolge sia trasformazioni chimiche che trasformazioni fisiche. Ad esempio, mettendo del caffè nell’acqua e facendolo bollire, si ha una modificazione chimica del caffè che rilascia aroma e contemporaneamente l’evaporazione dell’acqua che coinvolge un passaggio di stato.

In conclusione, le trasformazioni chimiche comportano un cambiamento nella composizione chimica delle sostanze coinvolte, mentre le trasformazioni fisiche riguardano solamente gli stati fisici della materia.

Esercizi svolti di Retrotitolazione

La retrotitolazione è una tecnica analitica che prevede l’aggiunta di in eccesso, il quale a sua volta è titolato con un secondo titolante a concentrazione nota. Questo metodo è particolarmente utile in casi in cui il punto finale della titolazione diretta è difficile da individuare. Può essere impiegato nelle acido-base, soprattutto quando l’acido o la base sono insolubili, la reazione avviene lentamente o il punto finale della titolazione diretta sarebbe difficile da distinguere.

Ad esempio, la retrotitolazione è tipicamente utilizzata quando l’acido o la base è un sale insolubile o quando il punto finale della titolazione diretta sarebbe difficilmente distinguibile e la reazione avviene molto lentamente.

È inoltre necessario che l’ possa reagire quantitativamente con un reagente in eccesso, come nel caso ad esempio dell’alcalinità totale delle ceneri che si determina per retrotitolazione aggiungendo un eccesso di acido solforico che è tetrotitolato con NaOH.

Esercizio 1 – Determinazione della percentuale di carbonato di sodio

Un campione impuro di carbonato di sodio di massa 0.3240 g è sciolto in 50.00 mL di una soluzione 0.1280 M di HCl. L’eccesso di acido richiede 30.10 mL di NaOH 0.1220 M per la completa neutralizzazione. Calcolare la percentuale di carbonato di sodio contenuta nel campione.

Il primo passaggio consiste nel calcolo dell’ in eccesso. Calcolando le moli di NaOH utilizzate: moli di NaOH = 0.03010 L ∙ 0.1220 mol/L = 0.003672.

Le moli di HCl totali sono pari a: moli di HCl totali = 0.05000 L ∙ 0.1280 mol/L =0.006400. Le moli di HCl che hanno reagito con il carbonato di sodio sono pari a: moli di HCl che hanno reagito con il carbonato di sodio = 0.006400 – 0.003672 = 0.002728.

La massa percentuale di carbonato di sodio è quindi pari a 0.1446 ∙ 100 / 0.3240 = 44.62 %

Esercizio 2 – Calcolo della percentuale di MnO2 nel campione

Il biossido di manganese può essere determinato trattandolo con un eccesso di solfato di ferro (II). 400.00 mg di un campione contenente MnO2 è trattato con 100.00 mL di una soluzione 0.1000 M di FeSO4. Il ferro (II) in eccesso è titolato da 32.00 mL di bicromato di potassio 0.02300 M. Calcolare la percentuale di MnO2 nel campione.

Calcolando le moli di FeSO4 che hanno reagito con MnO2 si ottiene il valore di 0.005584. In base a questo calcolo, la massa percentuale di MnO2 nel campione risulta pari a 242.7 ∙ 100 / 400.0 = 60.68%.

Esercizio 3 – Determinazione della percentuale di ossalato di ammonio nel campione

Un campione impuro contenente ossalato di ammonio e materiale inerte avente massa di 0.4755 g è disciolto con un eccesso di KOH. L’ammoniaca liberata è trattata con 50.00 mL di acido solforico 0.05035 M. L’eccesso di acido solforico è titolato con 11.13 mL di idrossido di sodio 0.1214 M. Calcolare la percentuale di ossalato di ammonio contenuta nel campione.

Le moli di ossalato di ammonio sono calcolate come 0.2618∙100 / 0.4755, risultando in una percentuale del 55.05% nel campione.

Esercizio 4 – Calcolo della percentuale di carbonato di piombo nel campione

Un campione impuro contenente carbonato di (II) di massa 3.145 g è trattato con 25.00 mL di acido nitrico 0.6293 M. Quando la reazione giunge a completezza e non è più emessa anidride carbonica, l’eccesso di acido nitrico è titolato da 23.41 mL di NaOH 0.1423 M. Calcolare la massa percentuale di carbonato di piombo nel campione.

Calcolando le moli di carbonato di piombo presente nel campione si ottiene una percentuale di 52.68%.

Test facoltà ad accesso programmato

Test di ammissione alle facoltà ad accesso programmato

I test di per accedere alle facoltà ad accesso programmato comprendono spesso quesiti relativi alle chimiche. Ecco alcuni esempi di domande e relative soluzioni che possono essere affrontate durante questi test.

1. Quante moli di sono necessarie per la reazione completa di 0.40 moli di ?

La soluzione corretta è B) 0.80: poiché il rapporto stechiometrico tra Zn e HCl è 1:2, occorrono 0.40 moli di zinco per reagire con 0.80 moli di HCl.

2. Quante moli di idrogeno sono prodotte dalla reazione di 0.40 moli di zinco con HCl in eccesso?

La soluzione corretta è A) 0.40: il rapporto stechiometrico tra lo zinco e l’idrogeno è di 1:1, quindi 0.40 moli di zinco producono 0.40 moli di H2.

3. Quante moli di idrogeno sono prodotte dalla reazione di 0.40 moli di HCl con un eccesso di zinco?

La soluzione corretta è C) 0.20: il rapporto stechiometrico tra HCl e H2 è di 2:1, quindi le moli di H2 prodotte sono la metà rispetto alle moli di HCl.

Queste domande possono variare nei test di ammissione, ma richiedono una conoscenza approfondita della stechiometria e delle reazioni chimiche. Se hai la disciplina e la pratica, risolvere questi quesiti risulterà più agevole.

Separazione quantitativa

Separazione Quantitativa: Tecniche e Metodi

La separazione quantitativa è un processo attraverso il quale i componenti di un campione vengono distinti l’uno dall’altro. Tale processo può essere schematizzato come segue: A,B (sistema omogeneo) → A + B (sistema eterogeneo) → A/B (due fasi separate).

Stadi della Separazione Quantitativa

Il primo stadio della separazione, che comporta la formazione di un sistema eterogeneo a partire da un sistema omogeneo, è principalmente un processo fisico. Questo stadio dà luogo alla creazione di una nuova fase e può avvenire tramite diverse tecniche, come ad esempio la precipitazione di un costituente per mezzo di un solvente o la . Il secondo stadio consiste nel separare le due fasi del sistema eterogeneo ottenuto dal primo stadio. Questo processo avviene principalmente attraverso metodi meccanici, ma può anche essere di natura chimica o chimico-fisica.

Metodi di Separazione Quantitativa

I metodi di separazione quantitativa sono classificati in base alle diverse tecniche utilizzate:
– Metodi basati sulla precipitazione
– Metodi cromatografici, compreso lo scambio ionico
– Estrazione liquido-liquido
– Metodi di volatilizzazione

Importanza della Separazione Quantitativa in Analisi Chimica

Nei processi di separazione analitica, due fattori rivestono particolare importanza: la completezza del recupero del costituente desiderato e il del costituente cercato dagli altri costituenti del campione. La completezza del recupero è espressa dalla resa o (R_A), mentre il grado di separazione è espresso dal . Il grado di separazione dipende dal rapporto iniziale tra B e A e dal valore ammissibile Q_B/Q_A, determinato dall’entità dell’interferenza di B nella determinazione di A.

In , la separazione quantitativa è un processo cruciale che consente di distinguere e isolare i componenti di un campione in ambito analitico, contribuendo così all’accuratezza e alla precisione delle analisi chimiche.

Abito cristallino e soprassaturazione

Abito cristallino e soprassaturazione: come influenzano la formazione dei

L’abito cristallino e le dimensioni delle particelle di un precipitato dipendono da diverse variabili, tra cui le caratteristiche della sostanza, le condizioni di precipitazione e il trattamento successivo. In particolare, l’abito cristallino rappresenta la forma esterna ben visibile e regolare di un minerale, mentre i precipitati si formano sempre da soluzioni soprassature.

Quando si tratta di precipitati con forma cristallina ionica, la formazione dei nuclei avviene in soluzioni soprassature, in cui gli ioni si combinano per formare associazioni ioniche o grappoli. Questi grappoli, o nuclei, hanno dimensioni così piccole da non essere osservabili al microscopio e si ingrossano gradualmente per deposizione di altri ioni provenienti dalla soluzione soprassatura.

Il rappresenta il tempo che deve trascorrere affinché i precipitati siano visibili, e dipende dal grado di soprassaturazione. Le dimensioni delle particelle dei precipitati sono influenzate dal rapporto tra la velocità di formazione dei nuclei e la loro velocità di ingrossamento.

La è un concetto introdotto per esprimere la relazione tra la concentrazione totale della sostanza che deve precipitare e la solubilità dei di dimensioni microscopiche. Questo parametro regola i meccanismi di precipitazione, influenzando la e l’accrescimento dei cristalli nel precipitato.

Il diagramma della solubilità mostra tre zone in relazione alla concentrazione della soluzione. La soluzione può essere insatura, soprassatura o metastabile, a seconda della sua posizione rispetto alla curva di solubilità. In condizioni soprassature, avviene spontaneamente la cristallizzazione, mentre la regione metastabile indica la presenza di soluto disciolto leggermente superiore a quanto previsto dalle condizioni di equilibrio, facilitando la cristallizzazione.

In conclusione, la soprassaturazione gioca un ruolo chiave nei processi di nucleazione e accrescimento dei cristalli, influenzando la formazione dei precipitati in soluzione.

Analisi gravimetrica: aspetti teorici

Analisi gravimetrica: tutto quello che c’è da sapere

L’analisi gravimetrica è un classico metodo di analisi quantitativa. Si basa sulla separazione di un componente da determinare, trasformandolo in un composto di composizione nota e poco solubile rispetto agli altri costituenti del campione.

Proprietà dei

Per essere idoneo all’analisi gravimetrica, un precipitato deve soddisfare a specifici requisiti:

– Deve avere una bassa solubilità, in modo da permettere la precipitazione quantitativa del componente da analizzare.
– Le dimensioni delle particelle del precipitato devono permetterne la filtrazione e i successivi lavaggi.
– Deve avere una composizione stechiometrica o essere trasformabile in un composto con composizione definita.
– Deve possedere elevata purezza e non essere contaminato da altre sostanze.

Purezza del precipitato

Conseguire la purezza del precipitato costituisce il requisito più complesso. Spesso, il composto precipitato non corrisponde a quello utilizzato per la pesatura. Ad esempio, il ferro (III) è precipitato come ossido idrato Fe2O3∙x H2O, ma dopo l’essiccazione, il precipitato contiene ancora una quantità variabile di acqua. Pertanto, è necessario procedere alla calcinazione per ottenere la forma anidra.

Calcoli e formule

I calcoli relativi all’analisi gravimetrica sono in genere semplici. È possibile determinare la percentuale in massa di un determinato costituente nel campione utilizzando la formula: % del campione = massa del costituente ∙ 100/ massa del campione. Spesso il costituente è pesato sotto forma di un composto che lo contiene, quindi la massa del costituente deve essere ricavata da un fattore analitico che esprime il rapporto tra 1 equivalente del costituente cercato e 1 equivalente del composto pesato.

In conclusione, l’analisi gravimetrica offre uno strumento affidabile e accurato per determinare la composizione dei campioni. La corretta preparazione del precipitato e i calcoli appropriati consentono di ottenere risultati precisi e affidabili.

Liquidi immiscibili e distillazione

Liquidi immiscibili e : fenomeni e processi di separazione

La miscibilità dei liquidi è un aspetto determinante, in , per la comprensione dei processi di separazione. Quando due liquidi sono immiscibili, essi si separano formando due strati distinti, uno galleggiante sullo strato superiore. Tale fenomeno è spesso legato alle caratteristiche molecolari e alla polarità dei composti coinvolti. Ad esempio, liquidi altamente polari come l’acqua o il metanolo sono immiscibili con liquidi apolari come gli idrocarburi.

La rappresenta un altro aspetto fondamentale in relazione ai liquidi immiscibili. In un recipiente chiuso, la tensione di vapore dipende dalla complessiva quantità dei due liquidi, contribuendo entrambi alla pressione. Ciò può influenzare la temperatura di ebollizione della miscela, portandola a una temperatura inferiore rispetto ai liquidi singoli.

La distillazione in corrente di vapore è una tecnica ampiamente utilizzata per la separazione di componenti ad alto punto di ebollizione da una miscela liquida. In particolare, questa tecnica è spesso adottata per l’estrazione degli oli essenziali dalle piante. Attraverso l’utilizzo dell’alambicco, l’ viene estratto mediante il vapore in condensazione, separandosi facilmente dall’acqua.

In conclusione, la comprensione dei fenomeni di immiscibilità e la corretta applicazione della distillazione in corrente di vapore sono aspetti cruciali per numerosi processi di separazione chimica.

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