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Le differenze tra i carati dell’oro e quelli dei diamanti: cosa cambia

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Quando si parla di oro e , il termine “” è frequentemente utilizzato, ma il suo significato varia a seconda del contesto. Nel caso dell’oro, si fa riferimento ai karati, con la “k”, che indicano la purezza del metallo. Per i diamanti, invece, i carati si riferiscono al peso.

I carati dell’oro

La massima caratura dell’oro è di 24 carati, corrispondente a oro puro al 100%. Al di sotto di questo valore si trovano altre carature che indicano leghe con una quantità crescente di metalli non preziosi. Ad esempio, l’oro a 18 carati è composto per il 75% da oro e per il 25% da altri metalli. È importante notare che l’oro a 24 carati non è sempre migliore per la gioielleria, poiché l’oro puro è eccessivamente duttile e difficile da lavorare. Per questo motivo, si preferisce l’oro a 18 carati, che contiene una percentuale di leghe, come rame o argento, per aumentarne la robustezza. In Italia, il valore minimo per classificare una lega come “oro” è di 9 carati, mentre negli Stati Uniti è di 10.

I carati dei diamanti

Nel contesto dei diamanti, i carati (scritto con “c”) sono un’unità di misura del peso: un carato equivale a 200 milligrammi. Pertanto, una gemma da 30 carati ha una massa di 6 grammi. A differenza dell’oro, i diamanti non hanno un massimo di caratura, in quanto il loro peso può variare senza limiti. È fondamentale anche considerare che il valore di un diamante dipende da ulteriori parametri oltre al peso, come il taglio, la brillantezza e la limpidezza.

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Dalle origini a oggi

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Il blues, come il jazz, ha origine nei canti degli schiavi afroamericani deportati in America. Sviluppatosi negli ultimi decenni del 1800, il blues si affermò maggiormente dopo la Prima guerra mondiale, dando vita a vari sottogeneri. In particolare, il tradizionale country blues si trasformò progressivamente nell’urban blues. Tra le due guerre, il genere si diffuse anche oltre i confini statunitensi, sebbene in Italia la sua crescita fu ostacolata dal regime fascista. Dopo la Seconda guerra mondiale, il blues, talvolta etichettato come “musica del diavolo”, subì una nuova evoluzione, influenzando la nascita di altri generi musicali, come il rock. La struttura del blues si basa sull’uso della scala blues, privilegiando il canto e, occasionalmente, l’impiego di antifone e una struttura a dodici battute.

Cos’è il blues

L’etimologia del termine blues è probabilmente riconducibile all’espressione “to have the blues” (o “to have the blue devils”), che significa provare tristezza o malinconia. Nell’America del ‘700, la parola “blue” era usata come sinonimo di ubriaco, per poi evolvere verso una connotazione di sofferenza e malinconia, non più associata all’alcol. Il blues, emerso nella seconda metà dell’800, ha avuto un impatto significativo sulla musica del XX secolo, contribuendo alla nascita di generi come jazz e rock, e venendo talvolta definito il “padre” della musica moderna. Il canto ha un ruolo predominante, e la musica si fonda su un ritmo peculiare, caratterizzato scala blues. La struttura dei brani si basa spesso su dodici battute, con testi che possono includere antifone, rappresentando un dialogo tra il cantante e un coro o il stesso solista. Nonostante la varietà del genere, queste caratteristiche rimangono costanti.

Il bluesman Fred McDowell Il bluesman Fred McDowell.

Com’è nato il blues

Le radici del blues si trovano nei canti degli schiavi afroamericani negli Stati Uniti, che avevano sviluppato una tradizione musicale comprendente i work song, eseguiti durante le attività lavorative, e gli spiritual, cantati nei momenti di preghiera. Questi canti esprimevano la malinconia per le dure condizioni di vita, ma anche la speranza per un futuro migliore. Dopo l’abolizione della schiavitù nel 1865, alcuni afroamericani continuarono a promuovere questa tradizione musicale per intrattenimento, viaggiando di città in città per esibirsi in cerimonie private e feste pubbliche. Da questo contesto nacque il blues, affrontando temi ricorrenti come le difficoltà post-emancipazione, il mito del treno e la vita nomade. Le canzoni erano inizialmente solo vocali o accompagnate da strumenti rudimentali come la cigar box guitar, assemblata con una scatola di sigari. Con il , il blues si evolse come genere musicale, con i primi brani pubblicati tra il 1908 e il 1912. Il “titolo di prima canzone blues pubblicata” è conteso tra I Got the Blues di Anthony Maggio e Dallas Blues di Hart Wand. Il primo brano registrato fu Crazy Blues da parte di Mamie Smith nel 1920.

Country Blues e Urban Blues

Il blues originario, sviluppatosi nelle aree rurali del Sud degli Stati Uniti, è conosciuto come country blues. Questo genere si affermò negli anni ’20 come una delle forme di musica popolare più ascoltate, apprezzato anche dal pubblico bianco. Alcuni dei principali interpreti includevano Blind Lemon Jefferson e Robert Johnson, considerato uno dei pionieri del genere. Durante il periodo tra le due guerre, si sviluppò anche l’urban blues, grazie alle migrazioni degli afroamericani verso le città settentrionali. Qui, i musicisti si confrontarono con un pubblico eterogeneo e più esigente, portando a uno stile più strutturato, caratterizzato dall’uso di strumenti elettrici e amplificazione. Si originò da questo un nuovo stile, il boogie-woogie, che divenne popolare negli anni ’30 e ’40.

Il blues in Italia

Il blues si diffuse in Europa e raggiunse l’Italia, ma il suo sviluppo fu ostacolato dal regime fascista, che accettava solo versioni “italianizzate” dei brani. Ad esempio, il famoso brano Saint Louis Blues, pubblicato nel 1914, fu inciso in Italia negli anni ’30 con il titolo Le Tristezze di San Luigi. Tuttavia, la sua popolarità crebbe durante e dopo la Seconda guerra mondiale, in parte grazie alla presenza dei soldati americani.

Spartito di Saint Louis Blues Spartito di Saint Louis Blues.

Il blues negli ultimi anni

Nel secondo dopoguerra, l’urban blues divenne predominante e subì una serie di trasformazioni, inclusa l’ di nuovi strumenti. Negli anni ’40, artisti come Muddy Waters e Howlin’ Wolf guadagnarono una notevole popolarità. Sebbene il blues si sia diffuso in vari Paesi, ha dovuto affrontare nuove sfide all’evoluzione stilistica e all’emergere di generi come il rock, che in parte ha tratto origine dal blues. , il genere continua a svilupparsi, mantenendo sia le forme tradizionali che stili moderni, diversificandosi ulteriormente.

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La fisica dei chicchi di mais viene analizzata

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Il processo di formazione dei pop-corn, uno degli snack più popolari a livello globale, ha origine dai semi di . Questi semi sono composti principalmente da amido e acqua. A temperature superiori ai 100°C, l’acqua all’interno del seme si trasforma in vapore. Le molecole d’acqua, agitate dal calore, colpiscono le pareti interne del guscio, provocando una crescente tensione che culmina nella rottura del seme quando la pressione raggiunge circa 9,8 atmosfere. In questa fase, l’amido fuoriuscito si solidifica, creando la caratteristica nube bianca del pop-corn. Il tipico “pop” emesso durante lo scoppio non è dovuto alla rottura del seme stesso, ma piuttosto a una rapida riduzione della pressione interna, che funge da cassa di risonanza. Per ottenere un pop-corn ottimale, le varietà di mais, come la Everta, sono particolarmente indicate per scoppiare efficacemente.

Struttura del chicco di mais

Un chicco di mais è composto da tre elementi fondamentali:

  • Pericarpo: il guscio duro esterno;
  • Germe: l’embrione del seme;
  • Endosperma: contiene acqua e amido, nutrienti essenziali per la piantina iniziale.

Sezione chicco mais
Credit: Sarah Greenwood, via Wikimedia Commons.

Quando la temperatura del chicco raggiunge i 100°C, l’acqua al suo interno comincia a vaporizzare. Aumentando ulteriormente la temperatura, le molecole d’acqua si muovono con maggiore energia, causando urti sempre più frequenti contro le pareti del guscio. La pressione aumenta fino a superare la resistenza del pericarpo, che esplode intorno ai 180°C, rilasciando vapore e amido gelificato. Questo, a sua volta, si espande e solidifica, dando vita alla nuvola bianca che caratterizza il pop-corn.

Dinamica del salto del pop-corn

Nel 2015, due ingegneri francesi hanno analizzato il salto del pop-corn, registrando la dinamica attraverso un video ad alta velocità. Durante l’analisi, è emerso che il chicco di pop-corn forma una leva sulla superficie di appoggio, che compressa all’atto del salto. Questo meccanismo permette al pop-corn di utilizzare l’energia termica ed elastica accumulata durante il riscaldamento, rilasciandola come energia cinetica al momento giusto, risultando in una traiettoria simile a quella di una capriola.

capriola salto

Origine del suono “POP”

Durante le ricerche, è stato anche investigato il suono caratteristico del “POP”. Questo effetto sonoro non è il risultato della rottura del chicco di mais. In effetti, la registrazione del suono ha rivelato che il “POP” si verifica dopo la frattura, precedendo il salto del chicco. Questo fenomeno è legato alla risonanza: quando il guscio si rompe, il vapore esce rapidamente, causando una caduta di pressione che attiva le cavità interne del guscio come un risuonatore acustico, simile all’effetto prodotto dall’apertura di una bottiglia di spumante.

Tipologie di mais per il pop-corn

Il mais utilizzato per produrre pop-corn è detto Everta e l’unica varietà della famiglia del mais che si presta a questo scopo. Altre varietà, come il mais Flint o dentato, possono produrre fiocchi, ma con minore efficacia rispetto all’Everta. La qualità del mais è fondamentale: i raccolti in autunno e il loro contenuto di umidità è monitorato attentamente. Per ottenere una poppabilità ottimale, il contenuto di umidità deve essere compreso tra il 14% e il 20%. Qualsiasi variazione in questo valore, come una forte riduzione dell’umidità, può compromettere la capacità dei chicchi di scoppiare correttamente.

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La tassa d’ingresso a Manhattan: introduzione e motivazioni per l’opposizione di Trump

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La d’ingresso per i veicoli a , prevista per entrare in vigore il 5 gennaio 2025, continua a destare interesse e discussione tra i cittadini di New York. L’area soggetta al pagamento copre gran parte del distretto, estendendosi 60esima strada verso sud, includendo il sud di e luoghi iconici come l’Empire State Building e Wall Street. La tariffa da versare varia in base all’orario e al tipo di veicolo. Durante le ore di punta, le automobili e i furgoni devono pagare una tassa di 9 dollari, mentre nelle ore non di punta la tariffa scende a ,25 dollari. Le tariffe sono valide dalle 5:00 alle 21:00 nei giorni feriali e dalle 9:00 alle 21:00 nei fine settimana. I piccoli camion e gli autobus non pendolari sono soggetti a un pagamento di 14,40 dollari, mentre per i camion di dimensioni maggiori e gli autobus turistici la tariffa è di 21,60 dollari.

Obiettivo della Tassa

Questa iniziativa mira a ridurre il congestionamento stradale nella città di New York, che si trova al secondo posto nel mondo per traffico, subito dopo Istanbul. I proventi derivanti dalla tassa saranno utilizzati per investimenti nel sistema di trasporto pubblico, attualmente obsoleto. Nonostante iniziali perplessità, sondaggi recenti indicano che la popolazione ha cominciato ad accettare la nuova misura.

Risultati del Sondaggio

Secondo un’indagine condotta dal Metropolitan Transportation Authority (MTA), la tassa ha portato a una diminuzione di circa 1,2 milioni di veicoli, corrispondente a una riduzione del 7,5% rispetto allo stesso mese del 2024. Questo cambiamento ha contribuito a diminuire i tempi di percorrenza fino al 30% durante le ore di punta, rendendo gli spostamenti più veloci. Sulla 34th Street, una delle arterie maggiormente trafficate, i tempi di guida si sono quasi dimezzati.

Reazioni alla Revoca dell’Accordo

Tuttavia, una lettera recente del Segretario dei trasporti degli Stati Uniti, Sean Duffy, ha annunciato che il Dipartimento dei trasporti intende revocare l’accordo, arrestando il sistema di pedaggio. Tale annuncio ha suscitato una pronta reazione da parte del governatore di New York, Kathy Hochul, che ha avviato un’azione legale per mantenere in vigore il pedaggio. Hochul aveva precedentemente proposto l’introduzione di una tassa di congestione due anni fa per mitigare il traffico a Manhattan. Anche se il piano era stato rinviato a seguito di proteste, è stato ripreso in una forma modificata.

L’iniziativa, inizialmente stimata a 15 dollari, è stata rivisitata in seguito a preoccupazioni circa le possibili ripercussioni sui residenti.

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Le lunghe battaglie legali legate all’incidente della Thyssenkrupp di Torino

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Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, un incendio devastante ha colpito l’acciaieria di Torino, provocando la morte di sette operai. Questo tragico evento è considerato uno dei più gravi disastri lavoro degli ultimi anni. L’incidente è stato attribuito principalmente all’negligenza e alla mancanza di investimenti in sicurezza, legati alla pianificazione della chiusura progressiva dello stabilimento, il quale, nonostante fosse destinato alla dismissione, era ancora operante. Dopo un complesso iter processuale, le responsabilità interne all’azienda sono state chiarite solo anni dopo, con la condanna di alcuni dei dirigenti coinvolti nel 2015 e l’arresto dell’amministratore delegato Harald Espenhahn, avvenuto nel 2023.

Situazione dello stabilimento

Attualmente, l’ex stabilimento Thyssenkrupp di Torino è in gestione ad Arvedi Ast, che ha avviato un processo di bonifica dell’area. Nonostante i lavori effettuati per migliorare la sicurezza e ridurre l’inquinamento, il sito rimane contaminato da cromo esavalente, noto per le sue proprietà cancerogene. In risposta a questa , il Consiglio Comunale ha approvato un progetto per trasformare la zona in un parco pubblico, con l’obiettivo di riqualificare l’area e migliorare l’ambiente circostante.

I dettagli dell’incidente

L’incendio si è sviluppato nell’area di ricottura e decapaggio dei nastri in acciaio, un processo cruciale nella lavorazione del materiale. La linea di era stata interrotta per manutenzione e le operazioni erano gestite manualmente. Durante la ripresa delle attività, un controllo automatico, essenziale per prevenire il contatto dei nastri con il metallo, era stato disattivato. La presenza di materiali infiammabili come olio e carta ha facilitato l’innesco di un incendio che ha portato a un’esplosione di fiamme note come “flash fire”. Gli operai, pur cercando di spegnere il fuoco, non hanno potuto evitare il disastro, che ha causato la morte, in seguito, di sei di loro.

Processo e conseguenze legali

La tragedia ha suscitato una forte reazione nell’opinione pubblica, evidenziando le problematiche alla sicurezza sul lavoro. Un’indagine ha portato a un lungo processo che ha visto variare le accuse iniziali di omicidio volontario a omicidio colposo. Solo nel 2015, dopo un lungo iter giudiziario, alcune condanne sono state emesse nei confronti di dirigenti dell’azienda. Per quanto riguarda i dirigenti stranieri, come Espenhahn, la condanna ha richiesto ulteriori passaggi a livello internazionale, culminando nel suo arresto nel 2023.

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Riconoscere l’autenticità dell’oro annusandolo: esiste un fondamento scientifico

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Negli ultimi tempi, un gioielliere ha attirato l’attenzione per la sua capacità di l’oro attraverso l’olfatto. Questa affermazione, che potrebbe sembrare straordinaria, ha una base scientifica. Infatti, il metodo si basa su principi chimici: se un oggetto presenta un odore metallico, è probabile che non sia oro. Dato che l’oro non emana tali odori, la presenza di un aroma metallico è spesso indice della presenza di metalli meno nobili. Tuttavia, questo metodo rimane qualitativo e per una verificazione definitiva sono necessari test più specifici.

La chimica dell’odore metallico

Quando si toccano oggetti metallici come monete o chiavi, è comune percepire un odore metallico. A livello chimico, non è il metallo in sé a generare l’odore, ma è il risultato della reazione tra i grassi della pelle e il metallo. Questa reazione produce molecole odorose, tra cui la 1-otten-3-one, che è responsabile del caratteristico odore metallico. Per ulteriori dettagli, si invita a consultare lo studio presente al fondo dell’articolo.

L’assenza di odore nell’oro

L’oro è un metallo nobile, caratterizzato da una stabilità che lo rende poco reattivo. A differenza di metalli come o rame, l’oro non produce odori perché non interagisce con i grassi della pelle. Di conseguenza, se un oggetto emana un odore metallico, è probabile che contenga metalli meno nobili. Al contrario, un gioiello privo di odore metallifero è più verosimilmente oro autentico.

Metodi per identificare l’oro

Annusare l’oro solo un primo passo qualitativo nella sua identificazione. Esistono diversi metodi scientifici per confermare l’autenticità dell’oro:

  • Test con acido nitrico: l’oro non si dissolve in questa sostanza, a differenza dei metalli meno nobili, che invece reagiscono.
  • Pistola a raggi X (XRF): questo dispositivo portatile misura la fluorescenza dei metalli per determinarne la composizione.
  • Metodo della calamita: l’oro non è ferromagnetico e quindi non attratto da un magnete, rendendo questo metodo utile per identificarne l’assenza.

Inoltre, molti gioielli presentano incisioni che indicano la purezza dell’oro. Ad esempio, una scritta “750” indica che si tratta di oro 18 . Si fornisce di seguito una tabella riepilogativa delle carature comuni e le rispettive percentuali di oro:

  • 24 carati (24k): ~99,9% oro puro (999/1000)
  • 22 carati (22k): ~91,6% oro puro (916/1000)
  • 21 carati (21k): ~87,5% oro puro (875/1000)
  • 18 carati (18k): 75% oro puro (750/1000)
  • 14 carati (14k): 58,5% oro puro (585/1000)
  • 10 carati (10k): 41,7% oro puro (417/1000)
  • 9 carati (9k): 37,5% oro puro (375/1000)

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Situazione odierna sul conflitto

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Il 24 febbraio 2025 segna il terzo anniversario dell’invasione russa in Ucraina, avviando un conflitto che ha profondamente segnato i Paesi dell’est europeo e ridisegnato gli equilibri geopolitici globali. Malgrado la data ufficiale dell’invasione sia il 24 febbraio 2022, le di questo conflitto affondano le radici nel 2014, anno in cui la Russia intervenne in Crimea e nel Donbass, innescando una crisi geopolitica di vasta portata. Attualmente, a tre anni dall’inizio dell’invasione, la continua a rimanere instabile.

Le origini del conflitto: dalla Rus’ di Kiev alla crisi del 2014

Per analizzare le cause di un conflitto così complesso, è necessario riferirsi alla medievale. Il legame tra Russia e Ucraina risale alla Rus’ di Kiev, considerata la culla delle attuali nazioni russa, ucraina e bielorussa. Nel XX secolo, l’Ucraina entrò a far parte dell’URSS, ottenendo la propria indipendenza solo dopo il suo scioglimento nel 1991. Le tensioni moderne iniziarono nel 2013, quando l’Ucraina, mediante una rivolta popolare, cercò di avvicinarsi all’Unione Europea, provocando la reazione russa con l’annessione della Crimea e il supporto ai separatisti filorussi nel Donbass. In seguito, furono tentate strade di pacificazione, come gli Accordi di Minsk, che però non portarono a una risoluzione. Il conflitto si intensificò con l’invasione su larga scala, avviata dai bombardamenti su numerose città ucraine il 24 febbraio 2022, con l’obiettivo dichiarato del Presidente russo di minare il governo di Kiev e consolidare la propria influenza nella regione.

La situazione attuale: tra stallo militare e tensioni geopolitiche

Dopo tre anni di conflitti, la situazione si presenta in una fase di stallo, con le forze russe che occupano ampie zone dell’Ucraina sud-orientale. L’esercito ucraino, nonostante le difficoltà in termini di personale e risorse, continua a cercare di riconquistare il territorio perduto. Inoltre, Kiev deve affrontare la crescente incertezza riguardo al sostegno da parte delle Potenze Occidentali. Recenti dichiarazioni da parte di figure politiche statunitensi hanno sollevato preoccupazioni in merito alla possibile riduzione dell’assistenza economica all’Ucraina. Il Presidente ucraino ha risposto a tali affermazioni, accusando critiche infondate e manifestando disponibilità a un incontro in vista di un eventuale vertice con Mosca. L’Unione Europea, dal canto suo, ha intensificato il supporto a Kiev, approvando nuove sanzioni contro la Russia, mentre si è impegnata nella ricerca di strategie per gestire la situazione geopolitica attuale. La Russia, intanto, continua a condurre operazioni militari attive e mantiene una posizione aggressiva riguardo alle pretese territoriali.

Le prospettive future: quali sono i possibili scenari

Non è al momento possibile prevedere una conclusione del conflitto russo-ucraino. Tuttavia, gli equilibri internazionali sono cambiati significativamente, creando una situazione di tensione. Tra le opzioni future, si prospetta la possibilità di un accordo di pace, che comportare concessioni territoriali da parte dell’Ucraina. In alternativa, il conflitto potrebbe trasformarsi in una guerra di logoramento, mentre anche il rischio di un confronto diretto tra Russia e NATO. Attualmente, alcuni leader politici sembrano inclinati verso l’idea di un accordo di pace, ma rimangono le resistenze da parte delle autorità ucraine. A tre anni dall’inizio dell’invasione, il conflitto ha causato perdite significative in termini di vite umane e ha messo in evidenza le fragilità della regione, lasciando il futuro dell’Europa orientale in una condizione di incertezza continua.

protesta guerra ucraina

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Il problema della fibra ottica e cosa rappresenta

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Il tema del modem libero in Italia continua a generare discussioni tra utenti, operatori e regolatori. Questo principio consente ai consumatori di scegliere liberamente il dispositivo per la connessione a internet, senza l’obbligo di utilizzare il modem fornito dall’operatore. Tale tutela è sancita delibera n. 348/18/CONS dell’AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), che impedisce agli operatori, come Tim, Wind, Vodafone, Fastweb e Iliad, di imporre l’uso di un modem specifico. Le normative attuali sono state ideate per evitare che i clienti siano costretti a pagare per il noleggio di apparecchiature spesso costose, ma la realtà risulta complicata, specialmente per le connessioni in .

Modem libero e normativa italiana

Il principio del modem libero, ovvero il diritto di navigare su internet utilizzando un modem a scelta, è stato introdotto dal Regolamento europeo 2015/2120 e in Italia recepito dall’AGCOM tramite la delibera n. 348/18/CONS. Questa normativa stabilisce il diritto degli utenti di utilizzare modem alternativi a quello fornito, senza incorrere in penalizzazioni contrattuali o limitazioni del servizio. Tuttavia, la si complica nel passaggio alle connessioni FTTH (Fiber to the Home).

Le problematiche del modem libero nella fibra ottica

Sebbene la normativa sia chiara, le connessioni FTTH comportano diverse difficoltà per la libertà di scelta del modem. Molti operatori si basano su architetture di rete che richiedono un ONT (Optical Network Terminal) proprietario o un modem/router con credenziali specifiche fornite dagli ISP (Internet service provider). Questo implica che, anche volendo utilizzare un dispositivo differente, l’utente potrebbe non avere accesso alle configurazioni necessarie per una corretta funzionalità.

Alcuni operatori, come TIM e Vodafone, insistono nell’imporre l’uso del loro modem per gestire servizi come la fonia VoIP, riducendo ulteriormente la possibilità di adottare dispositivi alternativi. Anche nelle rare occasioni in cui le credenziali di connessione vengono fornite, la configurazione può risultare complessa e non garantire le stesse prestazioni del modem fornito dall’operatore. Inoltre, l’assistenza tecnica è spesso limitata per gli utenti che optano per un modem alternativo, lasciandoli senza supporto in caso di problematiche con la connessione.

Iniziativa AGCOM per un modem libero nelle connessioni FTTH

In risposta a queste difficoltà, AGCOM ha avviato una consultazione pubblica per estendere il principio del modem libero alle connessioni FTTH. L’obiettivo è garantire che gli utenti possano scegliere liberamente il proprio dispositivo, senza vincoli tecnici imposti dagli operatori. L’intento è di separare l’ONT dal modem/router, permettendo così agli utenti di collegare dispositivi di loro scelta senza necessità di hardware proprietario. AGCOM intende anche regolamentare la trasparenza nella fornitura delle credenziali di accesso, cercando di eliminare le limitazioni imposte da alcuni ISP.

Questa consultazione un importante passo verso il miglioramento della situazione attuale, raccogliendo le opinioni di consumatori, operatori e associazioni di categoria. Se questa iniziativa dovesse concretizzarsi, potrebbe segnare un significativo progresso per il diritto degli utenti, garantendo una vera libertà di scelta del modem anche per le connessioni in fibra ottica.

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Perché il volo è partito da New York

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Il AA292z dell’American Airlines, un Boeing 787 con a bordo 199 persone, è stato dirottato a Fiumicino mentre si dirigeva da New a Delhi a causa di un possibile allarme bomba. Le verifiche successive, effettuate al termine dell’atterraggio, hanno confermato l’assenza di ordigni esplosivi a bordo del velivolo.

L’allerta era scattata dopo che l’aeroporto di Delhi aveva ricevuto una comunicazione anonima riguardante una presunta bomba a bordo. L’aereo, già in prossimità del Mar Caspio, ha così dovuto ritornare verso Fiumicino, dove due Eurofighter dell’Aeronautica militare lo hanno scortato fino all’atterraggio avvenuto intorno alle 17:30. Dopo l’atterraggio, il velivolo è stato ispezionato dai Vigili del Fuoco, da unità cinofile e da artificieri, che hanno poi verificato la falsità della segnalazione. Alcuni passeggeri sono stati sistemati in hotel, se in possesso di un visto Schengen, mentre altri sono rimasti all’interno dell’aeroporto. Il volo è stato riprogrammato per il giorno successivo, generando notevoli disagi per i passeggeri e il personale.

La scelta di far rientrare l’aereo a Fiumicino, anziché atterrare in aeroporti come Dubai o Istanbul, suggerisce che la segnalazione di allerta non sia stata considerata così urgente. Fiumicino è stato scelto per la sua elevata specializzazione nella gestione di emergenze, grazie alla presenza di esperti tra artificieri, gruppi cinofili e vigili del fuoco.

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La banca è vittima di una finta videochiamata WhatsApp: come difendersi dalla truffa di spoofing

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Una nuova sta colpendo gli utenti di WhatsApp, in particolare coloro che ricevono comunicazioni fasulle dai propri istituti bancari. Il raggiro inizia con un SMS che sembra autentico, in cui si segnalano anomalie sospette sul conto corrente. A questo punto, proposta una , durante la quale i truffatori si spacciano per operatori di banca, con l’intento di ottenere credenziali bancarie e informazioni personali attraverso la condivisione dello schermo. Questa strategia consente ai malintenzionati di eludere i tradizionali strumenti di sicurezza informatica, rendendo il raggiro altamente insidioso.

Meccanismo della truffa

La truffa inizia con un SMS, reso credibile da una tecnica di , che finge di provenire dalla banca della vittima. Il messaggio comunica un presunto accesso non autorizzato o un urgente sul conto, invitando a una videochiamata con un finto operatore. Durante la chiamata, il truffatore utilizza un linguaggio professionale per rassicurare la vittima, facendole credere di interagire con un vero addetto al servizio clienti.

Il momento cruciale della truffa è la richiesta di condivisione dello schermo. Attraverso questa operazione, i criminali possono vedere le azioni della vittima, come l’inserimento di codici di accesso, e in alcuni casi guidano l’utente verso operazioni finanziarie indesiderate. Non utilizzando malware, il raggiro risulta più difficile da riconoscere per chi non è esperto di cybersecurity.

Strategie di difesa

Per proteggersi efficacemente da questa truffa, è fondamentale seguire alcune semplici raccomandazioni:

  • Ignorare comunicazioni sospette poiché le banche non richiedono informazioni sensibili tramite WhatsApp. In caso di SMS sospetti, evitare link o chiamate e contattare direttamente l’istituto bancario attraverso i canali ufficiali.
  • Non condividere mai lo schermo con sconosciuti e limitare la comunicazione di dati personali attraverso applicazioni di messaggistica.
  • Tenere i dispositivi aggiornati con software di sicurezza affidabili per ridurre il rischio di attacchi informatici.
  • In caso di SMS sospetti o se ci si sente già vittima di una truffa, contattare direttamente la propria banca e segnalare l’accaduto alla Polizia Postale.

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Scoperta di un’anomalia radioattiva nell’Oceano Pacifico che potrebbe riscrivere la storia della Terra

Un accumulo anomalo di berillio-10 nei fondali del Pacifico sorprende gli scienziati: essere la traccia di un’antica esplosione di supernova o di un altro evento cosmico che ha influenzato il nostro pianeta milioni di anni fa.

©Nature Communication

Nel cuore dell’Oceano Pacifico, tra i sedimenti che custodiscono la memoria del nostro pianeta, gli scienziati hanno rilevato un’anomalia senza precedenti. Campioni prelevati dalle profondità dei bacini centrale e settentrionale hanno rivelato una concentrazione insolitamente elevata di berillio-10, un isotopo radioattivo che solitamente si forma nell’atmosfera terrestre per effetto dell’interazione tra i raggi cosmici e gli elementi presenti nell’aria, come ossigeno e azoto.

Ciò che ha sorpreso la comunità scientifica è la quantità rilevata nei fondali oceanici: quasi il doppio rispetto ai livelli attesi. Un simile accumulo, mai osservato prima, potrebbe rappresentare la firma di un evento cosmico di grande portata avvenuto milioni di anni fa. Lo studio, pubblicato su Nature Communications, è stato guidato dal dottor Dominik Koll dell’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf, in Germania:

Questa è stata del tutto inaspettata. Il berillio-10 è comunemente usato per datare i sedimenti geologici, ma nei nostri campioni abbiamo individuato un picco anomalo che risale al tardo Miocene, tra 10 e 12 milioni di anni fa. Ora dobbiamo capire quale sia stata la causa di questa anomalia.

Gli scienziati stanno valutando diverse ipotesi. Un possibile scenario coinvolge variazioni nelle correnti oceaniche, che potrebbero aver concentrato il berillio-10 in specifiche aree del Pacifico. Tuttavia, alcuni esperti ritengono che la spiegazione potrebbe essere ancora più affascinante: il segnale di un evento cosmico che ha influenzato il nostro pianeta.

Una supernova o un’interferenza cosmica?

Tra le teorie più suggestive, gli studiosi ipotizzano che l’anomalia possa essere legata all’esplosione di una supernova avvenuta in prossimità del Sistema Solare. Un evento di questo tipo avrebbe potuto alterare il flusso dei raggi cosmici, intensificando la di berillio-10 e favorendone l’accumulo nei sedimenti marini.

Un’altra possibilità è che la Terra, durante la sua orbita nella galassia, abbia attraversato una densa nube interstellare, un fenomeno che potrebbe aver influenzato la quantità di radiazione cosmica ricevuta dal nostro pianeta. Se questa ipotesi fosse confermata, il berillio-10 nei fondali oceanici potrebbe rappresentare un tracciante naturale di eventi astrofisici che hanno avuto un impatto diretto sulla Terra.

Per verificare queste teorie, saranno necessarie ulteriori analisi. Se anomalie simili venissero riscontrate in altre aree geografiche, potrebbe trattarsi di un fenomeno su scala globale, legato a un evento cosmico. Se invece l’accumulo anomalo di berillio-10 fosse limitato al Pacifico, sarebbe più probabile un’origine legata a variazioni nelle correnti oceaniche o ad altri processi geologici locali.

Qualunque sia la spiegazione, questa scoperta potrebbe costituire un nuovo marcatore geologico, utile per ricostruire con maggiore precisione la della Terra e i fattori cosmici che l’hanno influenzata. Gli scienziati continueranno a indagare, aggiungendo un nuovo tassello al grande mosaico dell’evoluzione planetaria.

Fonte: Nature Communication

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I simboli della matematica dal “+” alla “√” vengono dalla storia?

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I matematici fondamentali, come le quattro operazioni “+, –, ×, ÷” e il simbolo dell’uguaglianza “=”, sono tra i primi a essere appresi fin scuola elementare. La loro origine è variegata e risale a epoche diverse, con simboli che hanno visto la luce in modi differenti. Ad esempio, il simbolo della divisione “÷” è stato introdotto dallo svizzero Johann Heinrich Rahn nel 1659, mentre il simbolo della moltiplicazione “×” è attribuito all’inglese William Oughtred, attivo tra il XVI e il XVII secolo.

I simboli della matematica arrivano dalle parole

In passato, la era espressa in forma verbale, utilizzando parole al posto dei simboli. Per scrivere “2 + 3 = 5”, si formulava una frase come “Sommando il numero tre al numero due si ottiene il numero cinque”. Analogamente, la formula per calcolare l’area di un triangolo veniva descritta con un linguaggio esteso, risultando piuttosto macchinoso. Tra il XV ed il XVII secolo, i matematici, sotto l’influenza di altre scienze, iniziarono a sviluppare simboli che abbattessero queste formulazioni, rendendo la scrittura matematica più concisa.

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I simboli matematici sono un mix di culture

Oggi, la matematica è considerata una materia rigorosa con un linguaggio standardizzato. Tuttavia, la sua evoluzione non è avvenuta in modo lineare. I simboli attuali hanno intrapreso un percorso complesso, in cui diversi matematici hanno proposto segni distintivi per rappresentare concetti simili. Solo alcuni di questi simboli sono sopravvissuti, contribuendo a formare il mosaico attuale usato in tutto il mondo. Come sottolineato dallo storico della matematica Florian Cajori, “i nostri simboli sono oggi un mosaico di singoli segni appartenenti a sistemi respinti”.

Le origini dei simboli delle operazioni “÷”, “×”, “√”

La maggior parte dei simboli matematici fu proposta da studiosi che non sempre ne chiarirono l’origine. Il simbolo “÷” per la divisione fu creato da Johann Heinrich Rahn, mentre “×”, simbolo della moltiplicazione, è attribuito a William Oughtred e ha superato le critiche di Leibniz, che temeva confusione con il segno delle incognite. La rappresentazione della radice quadrata “√” trova le sue origini in un manoscritto tedesco del XV secolo, con un’evoluzione che ha portato alla sua forma moderna nel XX secolo.

Simbolo della radice quadrata

Il simbolo “√” è passato attraverso vari stadi, tra cui la proposta di Cardano, che utilizzava la lettera “R” per la radice quadrata, ma alla fine prevalse l’ di Rudolff, supportata anche da Cartesio.

I simboli del più “+” e del meno “-” vengono dal peso delle scatole

I segni “+” e “-” indicano rispettivamente addizione e sottrazione e derivano da annotazioni empiriche sui pesi delle merci. Nel XV secolo iniziarono a comparire abbreviazioni come “p” e “m” per “più” e “meno”, mentre i simboli “+” e “-” apparvero in manoscritti tedeschi a partire dal 1481. I segni tracciati su casse di merce per indicare eccessi o mancanze di peso sono l’origine storica di questi simboli, dove “-” indicava una mancanza e “+” un’eccedenza.

Chi ha inventato il simbolo uguale “=”

Il simbolo “=” per l’uguaglianza ha una sua storia interessante. Prima della sua adozione, molti simboli furono proposti, come la tilde di Vieta e il simbolo “∝” di Cartesio. L’equivalente moderno è stato introdotto nel 1557 da Robert Recorde, il quale scelse le due rette parallele come il modo più rappresentativo per denotare l’uguaglianza.

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