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Pesche: composizione, benefici, usi in cosmesi e in cucina

I benefici delle pesche: un frutto estivo delizioso

Le pesche sono frutti carnosi, succosi e zuccherini con una polpa profumata che matura da metà maggio a fine settembre, a seconda della zona di . Originario della Cina, il pesco (prunus persica) appartiene alla famiglia delle Rosacee e il termine “persica” fa riferimento alla sua coltivazione su larga scala in Persia, da cui è stato importato in Europa.

Le pesche sono tipiche drupe come albicocche, ciliegie, prugne e mandorle, appartenenti al genere Prunus. Esistono numerose varietà di pesche che si distinguono per colore, dimensioni e caratteristiche a seconda del paese di provenienza.

Benefici per la salute delle pesche

Le pesche sono ideali per regimi alimentari ipocalorici grazie al loro basso contenuto calorico (circa 88 kcal per 100 g) e alla presenza di vitamine, sali minerali e fibre che favoriscono il senso di sazietà. Le pesche contengono una particolare pectina che contribuisce alla regolarità intestinale.

Inoltre, grazie al loro basso indice glicemico, le pesche sono consigliate anche per i diabetici, poiché non alterano eccessivamente i livelli di zucchero nel sangue.

Composizione nutrizionale delle pesche

Ecco la composizione delle pesche per 100 g di parte edibile:

– Acqua: 87.6 g
– Grassi: 0.09 g
– Carboidrati: 11.1 g
– Fibre (contenute nei carboidrati): 2 g
– Potassio: 197 mg
– Fosforo: 12 mg
: 5 mg
– Zinco: 0.14 mg
– Selenio: 0.4 mg
: 15 mg
: 6.6 mg

Le pesche sono un frutto da includere nella dieta estiva per idratarsi, reintegrare i sali minerali persi con il caldo e godere di un gusto delizioso.

I Benefici delle Pesche per la Salute e la Bellezza

Le pesche sono un frutto che offre numerosi benefici per la salute e la bellezza, grazie alla ricchezza di sostanze nutritive che contiene.

Vitamine essenziali

Le pesche sono una fonte importante di vitamine come la

Vitamina A

, che fornisce 535 IU ovvero 0.16 mg di retinolo e 0.32 mg di carotene, la

Vitamina B6

, la

Vitamina B1

, la

Vitamina B3

e l’

Acido Folico

. Queste vitamine sono essenziali per il corretto funzionamento dell’organismo.

Benefici per la salute

Le pesche sono particolarmente note per il loro alto contenuto di

carotenoidi

e in particolare di

xantofille

, che conferiscono al frutto la tipica colorazione e agiscono come potenti . I carotenoidi hanno un’azione benefica sull’organismo, migliorando la risposta immunitaria, promuovendo la salute dell’occhio, e riducendo il rischio di malattie cardiovascolari.

Minerali essenziali

Le pesche contengono anche minerali come il

selenio

, che ha un ruolo importante nella regolazione della funzione tiroidea e nell’aumento delle difese immunitarie dell’organismo. Inoltre, il

fosforo

presente nelle pesche aiuta nell’assorbimento del calcio, favorisce la formazione ossea e contribuisce alla produzione di energia.

Usi in cosmesi e in cucina

Oltre ai benefici per la salute, le pesche sono ampiamente utilizzate anche in campo cosmetico grazie alla presenza di antiossidanti che contrastano l’invecchiamento della pelle. La vitamina A presente nelle pesche aiuta a rigenerare il tessuto epiteliale e a favorire la produzione di collagene, rendendo la pelle più elastica.

Utilizzo in cucina

Le pesche sono un ingrediente versatile in cucina e possono essere utilizzate per preparare una varietà di dolci come crostate, clafoutis e crumble. Tra le bevande, il famoso

cocktail Bellini

, a base di prosecco e polpa di pesca bianca, è diventato un’icona del mondo della mixology.

In conclusione, le pesche non sono solo deliziose, ma offrono anche una serie di benefici per la salute e sono un alleato prezioso per la bellezza della pelle. Sfruttare le proprietà di questo frutto in cucina e in cosmesi può portare vantaggi sia interni che esterni al nostro corpo.

Coloranti antrachinonici: sintesi, alizarina, blu idantrene, benzantrone, porporina, verde chinizarina

Il mondo dei coloranti antrachinonici si divide tra quelli di origine sintetica e quelli di origine naturale, che sono estratti da piante come la robbia, il caglio boreale e il caglio zolfino, ma anche da insetti come il vermiglio della quercia o la cocciniglia del carminio.

Sintesi dell’antrachinone

L’antrachinone, composto organico aromatico di formula C14H8O2, è noto principalmente per la sua capacità colorante. Viene ottenuto industrialmente dall’ossidazione dell’antracene, un composto contenuto nel catrame di carbone. La sua struttura a gruppi chetonici nell’anello centrale lo rende particolarmente adatto come colorante per materiali come lana e seta, senza la necessità di agenti ausiliari.

Proprietà e utilizzo

Grazie alla sua struttura chimica, l’antrachinone e i suoi derivati hanno la capacità di legarsi ai tessuti e di conferire loro colorazioni vivaci. Il gruppo cromoforo dell’antrachinone, composto dai doppi legami negli anelli benzenici e dai gruppi carbonilici, è responsabile della sua colorazione.

Per renderlo solubile e attivo come colorante, l’antrachinone viene ridotto con idrosolfito di sodio per formare un composto solubile chiamato forma “leuco”. Questo viene impiegato per trattare i tessuti da tingere, che vengono poi ossidati per far riemergere la forma insolubile e colorata.


Tra i coloranti antrachinonici più noti c’è l’alizarina, composto C14H8O4, conosciuta per la sua colorazione rossa intensa. Originariamente estratta dalle radici della robbia, l’alizarina è stata sintetizzata per la prima volta nel 1869 dai chimici Graebe e Liebermann. La sua sintesi prevede diversi passaggi chimici che partono dall’antrachinone e che coinvolgono solfonazione e trattamenti con sostanze specifiche per ottenere il risultato desiderato.

In conclusione, i coloranti antrachinonici rappresentano una categoria importante di composti capaci di conferire colorazioni vibranti ai tessuti, sia in ambito industriale che in applicazioni più antiche e storiche.

Coloranti Antrachinonici: Utilizzo e Caratteristiche

Blu Idantrene

Il blu idantrene è un colorante antrachinonico ottenuto trattando il 2-amminoantrachinone con idrossido di potassio in presenza di un sale di potassio. Questo colorante, appartenente alla gamma dei coloranti al tino, è tossico, quindi non viene più utilizzato.

Benzantrone

Il benzantrone è un altro colorante antrachinonico noto anche come Vat Yellow 4. Viene sintetizzato a partire dall’antrachinone e 1,2,3-propantriolo in presenza di e acido solforico. Viene utilizzato nei fuochi pirotecnici per conferire una colorazione gialla.

La porporina è un altro colorante antrachinonico che fonde a 259 °C formando aghi di colore arancione. Questo colorante assume una colorazione rossa quando è disciolto in etanolo e gialla in soluzione di alcali all’ebollizione. È di origine naturale ed è estratto dalla radice della robbia, insieme all’alizarina.

Il verde chinizarina è un colorante antrachinonico che si trova nelle radici della robbia insieme all’alizarina e alla purpurina. Viene utilizzato nei cosmetici e nei farmaci.

Altri Coloranti Antrachinonici

Un esempio è il blu acido 25, solubile in acqua e utilizzato per colorare lana, seta, pelle e carta.

I coloranti antrachinonici vengono spesso utilizzati per diverse applicazioni grazie alle loro peculiarità chimiche e al loro effetto colorante. La loro presenza è nota in vari settori, dalla tintura tessile fino all’industria cosmetica e farmaceutica. Ogni colorante antrachinonico ha caratteristiche uniche e proprietà chimiche specifiche che li rendono adatti a determinati utilizzi.

Natron: scoperta dell’equilibrio chimico, reazioni reversibili

Il Natron e la sua Importanza storica

Il Natron è una sostanza che si forma in seguito all’evaporazione delle acque ricche di sodio, ed è tipicamente rinvenuto nei letti dei laghi situati in zone estremamente aride. Durante la campagna d’Egitto condotta da Napoleone Bonaparte tra il 1798 e il 1801, oltre 150 studiosi si unirono alla missione con un focus non solo sugli eventi bellici, ma anche sui lavori scientifici. Tra di loro c’era il chimico Claude Berthollet, il quale si imbatté nel Natron, un composto di sodio, durante la sua permanenza in Egitto.

Il Natron nell’Antico Egitto

Il Natron era già noto agli antichi Egizi, che lo impiegavano per scopi vari come la pulizia del corpo, l’igiene dentale, e persino come agente conservante per gli alimenti. Inoltre, era uno degli ingredienti fondamentali nel processo di mummificazione, poiché svolgeva un ruolo chiave nel rimuovere l’umidità dai tessuti prima del trattamento con le resine, prevenendo così il deterioramento e la putrefazione.

Berthollet e le sue Scoperte

Berthollet, basandosi sul concetto di “affinità chimica” diffuso tra i chimici del XVIII secolo, osservò la formazione di Natron in natura e la correlò a una reazione chimica reversibile che aveva studiato in laboratorio. Egli comprese che le reazioni chimiche non procedevano necessariamente in una sola direzione, ma potevano essere invertite a seconda delle condizioni e delle quantità relative delle sostanze coinvolte. Questa intuizione lo portò a scoprire l’importanza delle e dell’equilibrio chimico.

Implicazioni delle Ricerche di Berthollet

Berthollet riuscì a dimostrare che le reazioni chimiche potevano essere influenzate dalla presenza di equilibri reversibili e che le quantità relative delle sostanze coinvolte giocavano un ruolo determinante negli esiti finali delle reazioni. Questa scoperta fu cruciale nello sviluppo della comprensione della chimica e dell’equilibrio chimico, portando a progressi significativi in diversi campi della chimica.

In definitiva, le ricerche condotte da Berthollet durante la sua permanenza in Egitto e la sua analisi del Natron non solo contribuirono alla sua fama nel campo della chimica, ma fornirono anche importanti fondamenta per la comprensione delle reazioni chimiche e dell’equilibrio chimico che continuano a essere cruciali nel campo della chimica moderna.

Mandorla: composizione, benefici

Le molte varietà di dolci che possono essere preparati con la mandorla, seme del Prunus dulcis, pianta appartenente alla famiglia delle Rosacee, includono amaretti, marzapane, baci di dama, gubana, pasta reale, torrone e frutta martorana. Il mandorlo, nativo dell’Asia sud-occidentale e introdotto in Sicilia dai Fenici proveniente dalla Grecia, si è diffuso in tutto il Mediterraneo. Oltre ad essere utilizzato in cucina per la di dolci, dall’olio di mandorla si otteneva un olio prezioso che, a partire dal Medioevo, veniva talvolta utilizzato al posto dell’olio di oliva.

Leggenda narra che il mandorlo abbia una radice mitologica, come descritto da Omero nell’Iliade. La storia di Acamante e Filide, trasformati in alberi di mandorlo dalla dea Atena, racconta di un amore eterno che si riflette nella bellezza dei fiori che sbocciano sull’albero.

Composizione e benefici della mandorla

La mandorla è un alimento ipercalorico, poiché fornisce 595 kcal per 100 g di parte edibile, principalmente grazie all’alto contenuto di grassi. Le mandorle sono ampiamente apprezzate per la loro versatilità in prodotti senza glutine e alternative ai latticini, oltre ad essere una fonte di nelle diete vegetariane.

Oltre a essere una ricca fonte di energia, la mandorla contiene vitamine, sali minerali, fibre, proteine vegetali, e grassi insaturi di alta qualità che portano diversi benefici per la salute. Gli acidi grassi presenti, come l’acido oleico e l’acido linoleico, aiutano a ridurre il LDL (colesterolo “cattivo”) che può causare problemi cardiovascolari, mentre aumentano il colesterolo HDL (colesterolo “buono”) che protegge le arterie.

Benefici nutrizionali delle mandorle

Le mandorle offrono numerosi vantaggi per la salute, inclusa l’azione positiva sul colesterolo e l’apporto di proteine vegetali significativo. Ricche di calcio, potassio, zinco, fosforo e magnesio, le mandorle contribuiscono a sostenere la salute ossea e muscolare.

In conclusione, l’inclusione di mandorle nella propria alimentazione può apportare numerosi benefici nutrizionali e contribuire a uno stile di vita sano e equilibrato.

I benefici delle mandorle e il loro utilizzo in vari settori

Le mandorle non sono solo un alimento gustoso, ma hanno anche diversi benefici per la salute e l’utilizzo in vari settori dell’organismo. Oltre ad essere una fonte di proteine e fibre, le mandorle sono ricche di vitamina E e vitamine del gruppo B, note per le loro proprietà . Queste proprietà le rendono utili per contrastare l’invecchiamento cutaneo e favorire il rinnovamento cellulare.

Utilizzo delle mandorle come olio e latte

Dalla spremitura a freddo delle mandorle, senza l’uso di solventi chimici, si ottiene l’olio di mandorle, noto per le sue proprietà emollienti, nutrienti ed elasticizzanti. Questo olio è ampiamente utilizzato nell’industria cosmetica e per la cura della pelle. Inoltre, il latte di mandorla, una bevanda dolce e dissetante, viene spesso consumato freddo o ghiacciato, soprattutto durante la stagione calda.

Curiosità sul mandorlo e il simbolismo dei fiori

Il mandorlo ha ispirato molti artisti nel corso della storia, tra cui Vincent van Gogh, che dipinse l’opera “Ramo di mandorlo in fiore” per celebrare la nascita del figlio del fratello Theo. I fiori di mandorlo rappresentano spesso simboli di rinascita e speranza, come dimostrato anche dalla celebrazione della “Sagra del mandorlo in fiore” ad Agrigento, in occasione dell’anticipo della primavera.

In conclusione, le mandorle offrono non solo un piacere per il palato ma vantano anche una serie di benefici nutrizionali e cosmetici, rendendole un alimento versatile e apprezzato in molteplici contesti.

Meringa: la chimica in cucina, preparazione

La della meringa è ricca di tradizione e arte pasticcera, che affonda le sue radici fin dal 1692, anno in cui lo chef François Massialot pubblicò un libro di cucina che ne parlava. Tuttavia, fu intorno al 1700 che questo dolce ottenne grande notorietà grazie al pasticciere svizzero Gasparini, il quale creò una meringa speciale per conquistare il cuore della principessa Maria, futura moglie del re Luigi XV.

Cos’è la meringa?

La meringa è un prodotto di pasticceria leggero e friabile, composto principalmente da albumi d’uovo e zucchero, che viene utilizzato per decorare dolci come torte, gelati, semifreddi e charlotte, o anche semplicemente da gustare da solo con una spolverata di cioccolato. La meringata, una versione arricchita della meringa con l’aggiunta di frutta fresca, è un dolce spettacolare da servire freddo.

Varianti della meringa

Negli anni, i pasticceri di tutto il mondo hanno dato vita a diverse varianti della meringa, ognuna con le proprie tecniche e caratteristiche. Dalle meringhe italiane a quelle francesi e svizzere, esistono molte ricette che sfruttano al meglio le proprietà degli albumi d’uovo, utilizzati spesso nelle preparazioni dolciarie al posto dei tuorli.

La della meringa

Per preparare la meringa, si inizia montando gli albumi con lo zucchero per incorporare aria e creare una consistenza spumosa. L’azione meccanica durante la montatura denatura le presenti negli albumi, le quali si dispongono ad interfaccia aria-acqua formando le pareti delle bolle. Lo zucchero non solo rende la miscela dolce, ma aumenta anche la viscosità e stabilizza la schiuma.

Durante la montatura, la miscela diventa sempre più chiara poiché si formano bolle sempre più piccole, fino a riflettere la luce e apparire di un bianco splendente. Una delle varianti più comuni è la meringa alla francese, che si prepara montando albumi e zucchero a velo fino ad ottenere una consistenza bianca e compatta, senza necessità di termometri.

Le meringhe vengono poi cotte in forno ventilato a bassa temperatura per diverse ore, in modo da eliminare l’umidità presente negli albumi e ottenere una consistenza croccante. La meringa è un dolce versatile, amato da grandi e piccoli, che ha conquistato il palato di molti con la sua leggerezza e fragranza uniche.

Porpora di anilina: storia, mauveina

La della porpora di e l’evoluzione dei coloranti nel corso dei secoli

I coloranti sono composti chimici essenziali utilizzati in svariati settori industriali, tra cui quello tessile, la concia delle pelli, la tintura del legno, nonché nel campo farmaceutico e cosmetico. Essi si suddividono in due categorie principali: i coloranti propriamente detti, composti organici solubili che conferiscono il colore attraverso processi di inclusione o reazione chimica, e i pigmenti, meno solubili in acqua e che richiedono l’utilizzo di mezzi leganti per essere fissati al supporto.

L’uso dei coloranti risale all’alba delle prime civiltà umane, e inizialmente, essi venivano ottenuti principalmente da fonti naturali, come piante e animali. Ad esempio, la porpora di Tiro, estratta dai molluschi del genere murex presenti nel Mediterraneo, era tra i coloranti più pregiati e simbolo di potere e status sociale elevato.

La svolta nell’ambito dei coloranti si ebbe nel 1856 grazie al giovane chimico britannico William Perkin, allievo di Hofmann. Mentre il suo mentore era impegnato nella sintesi della chinina per la cura della malaria, Perkin, a soli 18 anni, accidentalmente scoprì la porpora di anilina lavando dell’attrezzatura chimica con alcol. Questo colore viola derivante dall’anilina, un derivato del catrame di carbone, si rivelò essere un eccellente colorante per i tessuti.

L’intuizione di Perkin lo portò a brevettare la porpora di anilina e a introdurla con successo nell’industria tessile. La regina Vittoria stessa contribuì a rendere popolare questo nuovo colorante, indossando un abito di seta tinto di malva alla Royal Exhibition del 1862, sostituendo così la costosa porpora di Tiro riservata tradizionalmente alla nobiltà.

La porpora di anilina, chiamata anche mauveina, fu ottenuta attraverso un processo di ossidazione dell’N-allil . Questa innovazione segnò l’inizio dell’era dei coloranti sintetici, che avrebbero rivoluzionato l’industria tessile e molti altri settori. Oggi, i coloranti sintetici offrono una vasta gamma di e prestazioni, contribuendo alla creazione di tessili e cosmetici di alta qualità e alla continua evoluzione del mondo della moda e del design.La scoperta della Mauveina, un coloreante sintetico viola, avvenne nel 1856 ad opera del chimico inglese William Henry Perkin. Egli riuscì a sintetizzare la Mauveina utilizzando la toluidina in presenza di acido solforico e di un ossidante. In quel periodo, le conoscenze della chimica non erano avanzate abbastanza da permettere a Perkin di capirne la struttura chimica, ma intuì che fosse costituita da più gruppi anilinici.

La Struttura della Mauveina

Solo nel 1994, grazie all’utilizzo di tecniche spettroscopiche come l’U.V. e la risonanza magnetica nucleare, si scoprì che la Mauveina sintetizzata da Perkin era composta da 4 tautomeri denominati Mauveina A, B, C e B2. Questi studi hanno permesso di approfondire la comprensione della struttura molecolare della Mauveina.

Ulteriori Ricerche

Negli anni successivi, dal 2008 ad oggi, sono state identificate ulteriori strutture della Mauveina, portando il totale a 12 diverse forme molecolari. Questi sviluppi hanno contribuito a migliorare la conoscenza e l’applicazione di questo colorante viola sintetico.

Per saperne di più sulla chimica organica e sulla sintesi di composti coloranti come la Mauveina, puoi consultare articoli specializzati come quello sulla toluidina e sull’acido solforico su Chimica.Today.

Neve artificiale e termodinamica: cannone sparaneve

La di neve artificiale è diventata una pratica diffusa nelle località sciistiche, soprattutto a causa dell’incidenza del riscaldamento globale sulle condizioni meteorologiche. Questo metodo, però, comporta costi energetici e ambientali rilevanti, che vanno considerati attentamente.

Impianti per la Neve Artificiale: una Soluzione Costosa

Le località sciistiche dipendono fortemente dal turismo invernale per la propria economia, e la mancanza di neve naturale a causa di condizioni meteorologiche avverse può generare problemi significativi. In risposta a questa sfida, è stato sviluppato il cosiddetto “cannone sparaneve”, un macchinario progettato per produrre neve artificiale.

Il Funzionamento del Cannone Sparaneve

Il funzionamento di un cannone sparaneve si basa sulla riproduzione delle condizioni naturali che favoriscono la formazione di neve. Il dispositivo spruzza acqua liquida che, a contatto con l’aria fredda, si trasforma in piccole particelle di ghiaccio. Questo processo si basa sull’equazione fisica ΔE = q + w, che descrive il lavoro compiuto dal sistema per produrre la neve artificiale.

Processo di Raffreddamento adiabatico

Il cannone sparaneve utilizza una miscela di aria compressa e vapore acqueo sottoposti a pressioni elevate. Quando questa miscela viene spruzzata nell’ambiente esterno, si espande rapidamente senza scambio di con l’ambiente circostante. In queste condizioni adiabatiche, il lavoro svolto dal sistema provoca una diminuzione dell’energia, generando un raffreddamento che favorisce la formazione dei di ghiaccio.

Conclusioni

Nonostante i costi energetici e ambientali, la produzione di neve artificiale tramite cannoni sparaneve è diventata una pratica comune nelle località sciistiche. Questa tecnologia permette di sopperire alla mancanza di neve naturale e di garantire la continuità delle attività turistiche legate allo sci. Tuttavia, è importante valutare attentamente gli impatti di lungo termine di questa pratica sulle risorse idriche e sull’ambiente circostante.

Coleottero bombardiere: calore sviluppato dalla reazione

Il Coleottero Bombardiere: un Insetto Difensore

Il coleottero bombardiere, appartenente alla famiglia Carabidi, presenta una difesa unica: quando è disturbato, emette una nuvoletta di vapore bollente ad alta pressione, accompagnata da un boato irritante. Questo rappresenta solo uno degli stratagemmi utilizzati dagli insetti e altri piccoli animali per sopravvivere nella natura.

Tecniche Difensive degli Animali

Alcuni animali adottano strategie come il mimetismo, tipico del camaleonte che cambia colore, o la mimetizzazione con l’ambiente, come nel caso dell’insetto stecco. Altri, come la mantide religiosa, si camuffano da fiori per catturare le prede senza essere individuate.

Altri animali, invece, possiedono ghiandole velenifere per difendersi e paralizzare le prede. Serpenti, formiche, farfalle, rane e meduse sono solo alcuni esempi di specie che usano il veleno come arma difensiva.

La Reazione del Coleottero Bombardiere

Il coleottero bombardiere è dotato di ghiandole che contengono una soluzione di idrochinone e perossido di , insieme a . Quando minacciato, fa sì che queste sostanze reagiscano, producendo una reazione esotermica che porta alla formazione di chinone e vaporizzazione dell’acqua.

Calcolo dell’Entalpia

Utilizzando le reazioni chimiche coinvolte, è possibile calcolare l’entalpia generata durante il processo. Grazie alla , è possibile determinare che la reazione complessiva sviluppa un di -204 kJ, sufficiente a far bollire la miscela.

Analogie con la V-1 tedesca

Il coleottero bombardiere mostra analogie sorprendenti con la V-1 tedesca, nota come “buzz bomb”. Entrambi sono in grado di generare impulsi tramite reazioni chimiche, utilizzando questa capacità come mezzo difensivo o offensivo.

In conclusione, la difesa chimica del coleottero bombardiere è un esempio affascinante di adattamento evolutivo e strategia di sopravvivenza nel regno animale, mostrando come la chimica possa essere un’arma potente anche nel mondo naturale.

Fenilalanina: struttura, funzioni

La fenilalanina, abbreviata come Phe o F, è un amminoacido con formula C6H5CH2CH(NH2)COOH che si differenzia dall’alanina per la presenza di un gruppo benzenico in posizione γ. Questo amminoacido è caratterizzato dalla presenza di un gruppo amminico e di un gruppo carbossilico legati allo stesso carbonio, rendendolo un α-amminoacido. La scoperta di questa molecola risale al 1879, quando Schulze e Barbieri identificarono un composto con la stessa formula nelle piantine di lupino giallo.

Struttura e forma ottica

La fenilalanina è una molecola chirale, con un carbonio asimmetrico che determina la presenza di due isomeri ottici: la forma L e la forma D, oltre alla DL-fenilalanina che è una combinazione di entrambe. La forma L è di particolare interesse dal punto di vista biologico, utilizzata come analgesico inibendo gli enzimi responsabili della degradazione dell’endorfina.

Utilizzi e proprietà

La DL-fenilalanina, miscela racemica dei due isomeri, è impiegata sia per le sue proprietà analgesiche che antidepressive. La forma D è nota per le sue proprietà analgesiche, mentre la forma L favorisce la di noradrenalina, e dopamina, ormoni appartenenti alle catecolamine che possono avere effetti antidepressivi.

Importanza biologica

Come uno degli essenziali, la fenilalanina deve essere assunta con la dieta poiché il corpo umano non è in grado di sintetizzarla autonomamente. A causa della natura idrofobica del gruppo fenilico nella catena laterale, essa è classificata come amminoacido non polare, risultando insolubile in acqua e poco solubile in metanolo ed etanolo.

Funzioni e metabolismo

Presente nella maggior parte delle proteine animali e vegetali, la fenilalanina è anche il precursore della tirosina, un altro amminoacido coinvolto nella sintesi degli ormoni tiroidei e delle molecole a funzione nervosa. La deficienza dell’enzima fenilalanina idrossilasi, necessario per la conversione di fenilalanina in tirosina, può causare la fenilchetonuria, una malattia metabolica ereditaria grave che può portare a ritardo mentale irreversibile se non trattata tempestivamente dopo la nascita.

Insieme alla tirosina e al , amminoacidi polari, la fenilalanina contribuisce alla produzione di , una sostanza in grado di proteggere la pelle dall’esposizione ai raggi ultravioletti. Tale processo è di fondamentale importanza per la salute della pelle esposta alla radiazione solare.

Osmosi inversa: dissalazione delle acque

L’osmosi inversa è un processo che consente il passaggio dell’acqua attraverso una membrana semipermeabile in senso opposto a quello naturale, producendo due soluzioni: una ad elevata concentrazione salina e l’altra molto diluita. Le membrane semipermeabili, che possono essere sintetiche o biologiche come la membrana cellulare, agiscono come barriere selettive regolando gli scambi di sostanze.

Le membrane semipermeabili sintetiche, costituite principalmente da polimeri come il cellophane, l’alcool polivinilico, i poliuretani e il politrifluorocloroetilene, consentono generalmente solo il passaggio dell’acqua. Queste membrane sono utilizzate in processi come la dissalazione dell’acqua di mare, che è diventata sempre più importante a causa della crescente domanda di acqua potabile nel mondo.

Circa il 96% dell’acqua sulla Terra si trova negli oceani, e l’utilizzo di questa risorsa potrebbe contribuire a risolvere il problema della scarsità d’acqua potabile che affligge milioni di persone nel mondo. Gli studi condotti dagli scienziati sull’osmosi inversa e sulla rimozione della frazione salina dall’acqua di mare hanno portato allo sviluppo di metodi più efficienti per la dissalazione dell’acqua, tra cui l’osmosi inversa che rappresenta una soluzione economica e a basso consumo energetico rispetto ad altri metodi come la e il congelamento.

Inoltre, l’acqua di mare contiene circa il 3.5% m/m di sostanze disciolte, principalmente ioni come cloruro, sodio, solfato, , , potassio e acido. Questi ioni possono essere separati dall’acqua mediante processi come l’osmosi inversa per ottenere acqua potabile.

In conclusione, l’osmosi inversa è un processo fondamentale per la produzione di acqua potabile da fonti salmastre come l’acqua di mare, contribuendo a garantire un approvvigionamento idrico sicuro e sostenibile per le popolazioni del pianeta.

Osmosi Inversa per la Dissalazione dell’Acqua

Per comprendere il concetto di osmosi inversa, è importante avere familiarità con l’osmosi. Questo processo naturale avviene quando due soluzioni con diverse concentrazioni si trovano separate da una membrana semipermeabile. In questo caso, l’acqua tende a spostarsi dalla soluzione meno concentrata a quella più concentrata, diluendola fino a raggiungere un equilibrio di concentrazione.

Il fenomeno dell’osmosi è stato studiato fin dai tempi antichi, e nel 1784 l’abate Nollet ne mise in luce gli aspetti scientifici. La pressione richiesta per contrastare l’osmosi è definita come .

Mentre l’osmosi avviene naturalmente senza richiedere energia, per invertire il processo e far migrare l’acqua dalla soluzione più concentrata a quella meno concentrata è necessario applicare una pressione maggiore rispetto alla pressione osmotica. Questo avviene attraverso l’utilizzo di una membrana semipermeabile che permette solo il passaggio dell’acqua e non dei sali disciolti.

Il Concetto di Osmosi Inversa

Nella dissalazione dell’acqua, l’osmosi inversa viene impiegata per rimuovere il sale dall’acqua di mare. Poiché la pressione osmotica dell’acqua di mare è di circa 30 atm, per invertire il processo osmotico è necessario applicare una pressione superiore a questo valore. In questo modo, solo l’acqua passerà attraverso la membrana, lasciando i sali sulla parte opposta.

La principale sfida nella tecnologia dell’osmosi inversa è trovare membrane semipermeabili selettive che possano essere utilizzate su larga scala e per lunghi periodi. Questo è un passo cruciale per poter sfruttare appieno il potenziale della dissalazione delle acque attraverso l’osmosi inversa.

Polimeri: classificazione, elastomeri e fibre

I polimeri, composti ad alto peso molecolare formati da numerosi monomeri legati tra loro attraverso legami chimici, possono essere classificati in diversi modi.

Classificazione dei polimeri

I polimeri possono essere classificati in base a diversi criteri, tra cui:
– Origine: naturale, semisintetica, sintetica
– Struttura: lineare, ramificata, reticolata
– Meccanismo di polimerizzazione: poliaddizione, policondensazione, radicalica
– Tipologia delle forze molecolari presenti

Le proprietà meccaniche dei polimeri, come la resistenza alla trazione, l’elasticità e la tenacità, sono influenzate dalle forze intermolecolari come i legami di van der Waals e i legami a . In base a tali forze, i polimeri possono essere categorizzati come , fibre, e polimeri termoindurenti.

Elastomeri

Gli elastomeri sono polimeri che possono subire grandi deformazioni elastiche e tornare alla loro forma originale quando la forza applicata cessa. Questi materiali, simili alla gomma naturale, sono composti da catene polimeriche amorfe legate da deboli forze intermolecolari e caratterizzate da elevata flessibilità molecolare. Tuttavia, a basse temperature, un elastomero può diventare rigido e fragile.

La transizione da comportamento elastomerico a comportamento rigido è legata alla capacità delle molecole di scorrere e muoversi su lunghe distanze. La temperatura di transizione vetrosa rappresenta il limite inferiore per l’utilizzo degli elastomeri come tali. Nei casi di gomme reticolate, la presenza di ponti di zolfo tra le catene riduce la mobilità, rendendo il materiale più rigido e meno deformabile.

Fibre

Le fibre sono caratterizzate

Caratteristiche delle Fibre Tessili

Le fibre tessili presentano proprietà come alta resistenza e alto modulo di elasticità, attribuite a forti forze intermolecolari come il legame a idrogeno che contribuiscono alla loro struttura cristallina. Le proprietà delle fibre tessili dipendono dalla struttura chimica, dal grado di polimerizzazione, dall’orientamento delle molecole, dalla cristallinità, dalla densità e dal collegamento trasversale tra le molecole.

È importante notare che il prodotto ottenuto dalla polimerizzazione non presenta le caratteristiche di una fibra fino a quando non subisce operazioni di filatura e stiro. Alcuni esempi di fibre includono quelle acriliche, poliammidiche, poliviniliche, poliuretaniche, polipropileniche e poliestere.

Polimeri Termoplastici

I polimeri termoplastici si distinguono per avere forze intermolecolari intermediate tra gli elastomeri e le fibre. Sono composti da lunghe catene lineari unite da forze di Van der Waals. Il riscaldamento dei polimeri termoplastici provoca il loro rammollimento, poiché l’energia termica assorbita avvicina la forza delle Van der Waals che tengono unite le catene polimeriche. La fusione avviene con un ulteriore riscaldamento, mentre il raffreddamento riporta il polimero allo stato iniziale, consentendo il ripetersi del processo.

La presenza di ramificazioni rende il più rigido, mentre un solvente adeguato è in grado di separare le catene polimeriche unite da legami deboli. Esempi di polimeri termoplastici includono il polietilene, il polivinilcloruro e il polistirene.

Polimeri Termoindurenti

I polimeri termoindurenti si contraddistinguono per avere lunghe catene polimeriche unite da legami chimici trasversali. Essendo caratterizzati da un elevato numero di tali legami, sono stabili al e non fondono. Inoltre, non subiscono influenze significative dalle basse temperature a causa dell’impedimento della cristallizzazione data dalla fitta rete di legami trasversali.

Le proprietà meccaniche dei polimeri termoindurenti dipendono dal numero di legami trasversali, che determinano la flessibilità del materiale. Esempi di polimeri termoindurenti sono la bachelite, le resine epossidiche e le resine urea-formaldeide.

Il lago killer: morte 1746 persone nella valle del lago di Nyos

Il Disastro del Lago di Nyos: Cause e Conseguenze

Il 21 agosto 1986, nel nord-ovest del Camerun, la valle del Lago di Nyos fu teatro di una tragedia in cui persero la vita 1746 persone. Il lago, di origine vulcanica, si trova nel cratere di un vulcano inattivo. Dopo il disastro, numerosi sopravvissuti furono trasportati all’ospedale di Yaoundé, la capitale del Camerun.

La Catastrofe del Lago di Nyos e i Sintomi dell’Asfissia

I medici inizialmente attribuirono i sintomi manifestati dalla popolazione all’inalazione di gas sulfurei, considerando l’area coinvolta da attività vulcaniche. I sintomi tipici dell’asfissia riportati includevano dolori agli occhi, bruciore al naso, tosse e sensazione di strangolamento. Le acque del lago, solitamente limpide, erano diventate marroni a causa di un evento improvviso e le onde alte causate da una sorta di mini-tsunami.

Cause del Disastro e la Formazione dello Strato di CO2

La tragedia fu attribuita a cause chimiche, in particolare alla stratificazione del Lago di Nyos, in cui le acque superficiali non si mescolano con quelle più profonde. Questa stratificazione ha portato all’accumulo di biossido di carbonio (CO2), causando una condizione chiamata “meromissi”. Le fonti di CO2 includevano sorgenti sotterranee di acque con ioni , emissioni di gas vulcanici dal fondo del lago e la decomposizione di sostanze organiche depositate sul fondo.

Il Rilascio Incontrollato del Biossido di Carbonio

A causa dell’alta pressione sul fondo del lago e delle minori temperature rispetto alla superficie, la concentrazione di CO2 aumentava gradualmente, creando strati sovrapposti con condizioni diverse. Qualsiasi evento come un terremoto, uno smottamento o un forte vento che disturbasse questo equilibrio avrebbe potuto causare il rilascio incontrollato del CO2, con effetti devastanti simili a una “eruzione limnica”.

Conseguenze e Azioni Preventive

L’eruzione limnica del Lago di Nyos ha sprigionato 1.2 chilometri cubici di gas in circa 20 secondi, soffocando un intero villaggio situato a 15 miglia di distanza. Dopo l’incidente, gli scienziati hanno proposto di rimescolare l’acqua del lago per liberare il CO2 disciolto e prevenire un’altra tragedia. Tuttavia, questa soluzione rimane controversa poiché potrebbe innescare un rilascio incontrollato del gas.

In conclusione, il disastro del Lago di Nyos del 1986 ha rappresentato una tragica dimostrazione degli effetti devastanti di un’eruzione limnica. Gli sforzi per prevenire un’altra catastrofe sono in corso, ma resta sempre presente il timore di un’altra esplosione incontrollata di CO2.

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