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Formazione di radicali

La formazione dei radicali liberi e la loro reattività

La formazione dei radicali liberi può avvenire in diverse modalità, tra cui la decomposizione termica di composti contenenti legami deboli, fotochimiche o reazioni di ossidoriduzione con ioni inorganici. I radicali liberi sono molecole altamente reattive caratterizzate dalla presenza di un elettrone spaiato, che conferisce loro la capacità di legarsi ad altri radicali o di sottrarre elettroni a molecole vicine, agendo come agenti ossidanti.

Decomposizione termica e formazione di radicali

La decomposizione termica di composti con legami deboli è uno dei metodi principali per ottenere radicali liberi. Ad esempio, i contenenti legami O-O e gli azocomposti sono fonti convenienti di radicali liberi a temperatura moderata. La reazione di decomposizione termica del Di-t-butil-perossido produce il radicale t-butossi a temperature comprese tra 100-130°C.

e generazione di radicali

Le reazioni fotochimiche rappresentano un’altra via per la formazione di radicali liberi. L’assorbimento di luce visibile o ultravioletta può dare origine a molecole con sufficiente energia da rompere legami chimici e generare radicali. Ad esempio, l’irradiazione di Cl2 con luce solare porta alla formazione di radicali cloro. Inoltre, la luce con lunghezza d’onda specifica può indurre la dissociazione di composti come l’acetone in radicali acetile e metile.

Reazioni di ossidoriduzione e radicali liberi

Le reazioni di ossidoriduzione con ioni inorganici rappresentano un’altra modalità per la formazione di radicali liberi. Queste reazioni coinvolgono lo scambio di elettroni tra specie chimiche, dando origine a radicali altamente reattivi. Ad esempio, la reazione del cloruro di benzoile in presenza di Na2O2 e perossido di idrogeno produce il radicale benzoilossi a temperature comprese tra 60-100°C.

In conclusione, la formazione e la reattività dei radicali liberi sono processi fondamentali in , con importanti implicazioni in numerosi contesti scientifici e tecnologiche. La capacità dei radicali liberi di partecipare a reazioni di ossidoriduzione e di formare legami con altre specie chimiche li rende degli attori cruciali in molteplici fenomeni chimici.

Generazione di Radicali tramite Reazioni Chimiche

Il processo tramite il quale si generano radicali in soluzione può avvenire attraverso diverse reazioni chimiche. Una di queste è rappresentata dallo stato eccitato dell’acetofenone, il C6H5COCH3*, che interagendo con un solvente ZH porta alla formazione del radicale α-idrossi-α-feniletere, C6H5C· OHCH3.

Reazioni di Ossidoriduzione con Ioni Inorganici

Altre reazioni che portano alla generazione di radicali coinvolgono l’ossidazione e la riduzione di ioni inorganici. Un esempio è rappresentato dalla reazione tra perossido di idrogeno (H2O2) e ione ferroso (Fe2+), che porta alla formazione del radicale ossidrile (HO·) e Fe(OH)2+.

Un’altra reazione significativa è quella del t-butilperossi con ione cobalto (Co2+), che produce il radicale t-butilperossi ((CH3)3COO·), ione cobalto e ione idrogeno.

Reattività dei Radicali in Soluzione

I radicali generati all’interno della soluzione presentano una reattività molto elevata e possono dare avvio a reazioni importanti con altri componenti presenti. In alcuni casi, un radicale prodotto in una reazione primaria può subire una frammentazione che porta alla formazione di radicali più piccoli e di molecole stabili, come illustrato dai seguenti esempi:

– (CH3)3CO· → CH3COCH3 + CH3·
– C6H5CO2· → C6H5· + CO2

Queste reazioni rappresentano solo alcuni dei meccanismi attraverso i quali vengono generati e reagiscono i radicali in ambito chimico, sottolineando la loro importanza nello svolgimento di molte reazioni chimiche.

Reazione di Diels-Alder: meccanismo, esempi

La reazione di Diels-Alder è una reazione di addizione coniugata di un diene coniugato a un alchene o alchino (dienofilo) che porta alla formazione di un cicloesene. I due chimici che hanno scoperto questa reazione hanno ricevuto il Premio Nobel per la Chimica nel 1950.

Reazioni dei Dieni Coniugati

I dieni coniugati sottostanno a diverse reazioni tipiche degli alcheni, come l’idrogenazione catalitica, le addizioni elettrofile e le addizioni radicaliche. Tuttavia, le addizioni a due stadi di solito producono miscele di prodotti. Ad esempio, l’addizione di HCl al butadiene forma due prodotti di reazione: il 3-cloro-1-butene e l’1-cloro-2-butene.

Meccanismo della Reazione di Diels-Alder

Nella reazione di Diels-Alder, si verifica un’addizione 1,2 su atomi di carbonio vicini, portando alla formazione di un carbocatione secondario. Successivamente, lo ione attacca il carbocatione, producendo il prodotto desiderato. In un secondo caso, si verifica un’addizione 1,4 che conduce alla formazione di un carbocatione primario seguito dall’attacco dell’ione per generare un altro prodotto.

Le proporzioni dei due prodotti possono variare a seconda del solvente, della temperatura e del tempo di reazione.

I dieni coniugati possono reagire con gli alcheni per formare alcheni ciclici, processo conosciuto come reazione di Diels-Alder, che coinvolge l’addizione 1,4 di un alchene a un diene coniugato. Questa reazione consente di unire due scheletri di atomi di carbonio per ottenere un composto ciclico chiamato addotto.

La reazione avviene mediante una [4+2] cicloaddizione, che combina un sistema a 4 elettroni π (il diene) con un sistema a due elettroni π (dienofilo). L’intero procedimento permette la conversione di legami π in legami σ.

Dienufilo

# Meccanismo della Reazione di Diels-Alder

Il dienofilo può essere attivato da sostituenti elettronattrattori come –COOH, -COOR, -CHO, -COR, -NO2, -CN, mentre i dieni reattivi possono essere attivati da sostituenti elettron-donatori come nel caso dell’1,3-butadiene.

Configurazione e Conformazione dei Dienes

Perché la reazione avvenga, il diene deve presentare una conformazione s-cis, essendo necessario che l’addotto, parte di un ciclo a sei atomi, abbia il doppio legame in conformazione cis. La terminologia s-cis e s-trans si riferisce alla disposizione geometrica rispetto a un legame singolo.

Importanza della Reazione Diels-Alder

La reazione di Diels-Alder è un esempio di reazione concertata che coinvolge la formazione e rottura simultanea di legami. Grazie alla sua elevata regio e stereoselettività, questa reazione è ampiamente impiegata in sintesi organiche. La sua termodinamicità favorita è dovuta alla conversione di legami π in legami σ forti.

Esempio Pratico: Anidride Maleica e 2-metil-1,3-butadiene

Un esempio classico di reazione di Diels-Alder è la reazione tra il 2-metil-1,3-butadiene e l’anidride maleica che porta alla formazione dell’anidride 4-metil-1,2,3,6-tetraidroftalica come prodotto, con un’efficienza di circa il 97%.

La reazione di Diels-Alder è illustrata dal seguente schema:

[Visualizza l’immagine della reazione di Diels-Alder](http://chimicamo.org/wp-content/uploads/2012/11/1-s2.0-S0066410309068033-fx8.jpg)

La reversibilità della reazione di Diels-Alder comporta occasionalmente un meccanismo di frammentazione non invertibile rispetto alla reazione diretta. Questo avviene quando esiste un percorso alternativo con un’energia più favorevole.

In conclusione, la reazione di Diels-Alder è un processo cruciale in chimica organica che offre una via efficiente e selettiva per la formazione di nuovi legami carbonio-carbonio.

Carbonato di sodio: metodo Solvay

Il carbonato di sodio, essendo il sale sodico dell’acido carbonico, ha una temperatura di fusione di 815 °C e si decomprime per effetto del calore. La sua solubilità in acqua è di 215 g/L a 20 °C.

Cosa è la del carbonato di sodio

L’industria ottiene il carbonato di sodio attraverso il metodo Solvay, ideato dal chimico Ernest Solvay, basato sulla reazione complessiva:
CaCO3 + 2 NaCl → Na2CO3 + CaCl2.
Questo processo avviene attraverso una serie di passaggi ciclici.

La calcinazione

Inizialmente, avviene la calcinazione del carbonato di , mediante la combustione di coke metallurgico:
CaCO3 → CaO + CO2
C + O2 → CO2
Questo processo produce ossido di calcio (CaO) e (CO2) privo di impurità come SO2, O2 e CO. Il coke e il calcare naturale vengono mescolati e bruciati in un forno con aria insufflata per ottenere temperature tra 900-1050 °C.

Lo spegnimento

L’ossido di calcio viene spento con acqua, creando una sospensione detta latte di calce:
CaO + H2O → Ca(OH)2.
Questa operazione avviene con eccesso di acqua in apparecchi rotanti che producono una miscela densa chiamata latte di calce.

La reazione con

Il biossido di carbonio prodotto viene assorbito insieme all’ammoniaca da una soluzione satura di cloruro di sodio per ottenere l’idrogenocarbonato di sodio:
NH3 + CO2 + H2O + NaCl.

Questo processo industriale, sebbene complesso, consente di ottenere il carbonato di sodio in modo efficiente e massimizzando la resa del prodotto finale.

Il Ciclo di Produzione del Carbonato di Sodio tramite il Processo Solvay

Il cuore del ciclo di produzione del carbonato di sodio attraverso il processo Solvay è la reazione tra NaHCO3 e NH4Cl, che porta alla formazione di un sale precipitato, il quale può successivamente essere trasformato in carbonato di sodio. Questo processo avviene in due fasi: inizialmente, una soluzione saturo di cloruro di sodio, purificata per contenere solo tracce di calcio e magnesio, viene satura con ammoniaca e successivamente reagisce con ammoniaca e biossido di carbonio all’interno delle torri Solvay.

# Assorbimento dell’Ammoniaca e Carbonatazione

L’ammoniaca viene assorbita in torri di acciaio con serpentine di riscaldamento per mantenere la temperatura al di sotto dei 60°C. La soluzione, contenente ammoniaca, incontra i gas ammoniacali insieme al biossido di carbonio e al vapore, che diluisce la salamoia per evitare la precipitazione del cloruro di sodio.

Successivamente, la soluzione viene pomata nella prima torre, dove avviene la carbonatazione preliminare con formazione di idrogenocarbonato di ammonio e scioglimento di quello di sodio. Le torri successive operano in parallelo per favorire la precipitazione del bicarbonato di sodio.

# Decomposizione dell’Idrogenocarbonato

L’idrogenocarbonato di sodio viene decomposto a carbonato riscaldando a 200°C secondo la reazione: 2 NaHCO3 → Na2CO3 + H2O + CO2.

# Recupero dell’Ammoniaca

Per completare il ciclo, è necessario recuperare l’ammoniaca. Questo processo avviene in due stadi sul filtrato della reazione (1). Inizialmente, il filtrato contenente cloruro di ammonio, ammoniaca in eccesso e biossido di carbonio viene trattato per ottenere ammoniaca attraverso una serie di . Successivamente, il filtrato viene trattato con il latte di calce proveniente dalla reazione, ottenendo ammoniaca come prodotto finale.

Il processo Solvay si basa sull’efficienza del recupero dell’ammoniaca impiegata. Nei migliori impianti, le perdite di ammoniaca sono minime e limitate a una frazione di percentuale rispetto alla quantità di carbonato sodico prodotto.

Acrilonitrile: sintesi, usi

L’acrilonitrile, noto anche come cianuro di vinile, è un liquido incolore facilmente volatile con un odore forte e soffocante. È considerato molto tossico e ha un punto di ebollizione di 78°C. Secondo l’EFSA, i principali rischi legati alla tossicità dell’acrilonitrile includono la neurotossicità, gli effetti negativi sulla riproduzione maschile, la tossicità dello sviluppo e la cancerogenicità.

Utilizzo industriale dell’acrilonitrile

L’acrilonitrile rappresenta un prodotto importante nell’industria organica in quanto viene utilizzato per la produzione di polimeri e copolimeri che costituiscono fibre sintetiche, materie plastiche ed elastomeri di ampia diffusione.

dell’acrilonitrile

L’acrilonitrile viene prodotto per ossidazione del propilene mediante un processo che prevede l’uso di una miscela di aria, ammoniaca e propilene inviata in reattori a letto fluido a elevate temperature e in presenza di catalizzatori a base di fosfomolibdato di ammonio. La reazione di sintesi è la seguente:

2 CH3CH=CH2 + 3 O2 + 2 NH3 → 2 CH2=CHCN + 6 H2O

L’acrilonitrile prodotto viene poi assorbito in acqua e purificato per distillazione. Oltre all’acrilonitrile puro, si ottengono anche sottoprodotti come l’acetonitrile.

Processi industriali basati sull’acrilonitrile

Alcuni processi industriali di rilievo si basano sull’utilizzo dell’acrilonitrile, tra cui la produzione di adiponitrile, esteri acrilici e .

Adiponitrile

L’adiponitrile è un intermedio importante per la sintesi del Nylon 6,6. Attraverso un processo elettrochimico che impiega sali di alchilammonio, l’acrilonitrile può essere trasformato in adiponitrile con elevate rese produttive.

Esteri acrilici

Gli esteri acrilici sono liquidi incolori che tendono facilmente a polimerizzarsi. Sono basati su processi che prevedono la sintesi di acrilati partendo dall’acrilonitrile e includono la formazione intermedia di solfato di acrilammide.

In conclusione, l’acrilonitrile gioca un ruolo chiave in diversi processi industriali che portano alla produzione di materiali ampiamente utilizzati in diversi settori.

Sintesi dell’estere acrilico e suoi impieghi

La sintesi dell’estere acrilato avviene mediante la reazione tra CH2=CHCONH2·H2SO4 e un alcol ROH, producendo CH2=CHCOOR (estere acrilico) e NH4HSO4 (solfato acido di ammonio), dove R può essere -CH3 o -CH2-CH3. Questo processo, comunemente utilizzato nello sviluppo degli acrilati, ha visto una riduzione della sua rilevanza industriale con l’avvento di impianti di produzione su larga scala di acetilene o propilene.

Acrilammide

L’acrilammide, con formula CH2=CHCONH2, è un composto noto come 2-propenammide, sintetizzato per la prima volta nel 1949. Questa molecola rappresenta un intermedio fondamentale nella sintesi degli acrilati e trova impiego nella produzione di poliacrilammide, utilizzata come flocculante per il trattamento delle acque di approvvigionamento e scarico. Oltre all’industria tessile e cartaria, l’acrilammide è impiegata come additivo impermeabilizzante per murature e come addensante per soluzioni per aumentare la viscosità.

La polimerizzazione dell’acrilammide avviene in soluzione acquosa, e il polimero risultante mostra una buona solubilità in acqua ma una scarsa solubilità in solventi organici comuni.

L’acrilammide è considerata una sostanza tossica che può formarsi durante la cottura ad alte temperature. Gli studi hanno dimostrato la presenza di acrilammide in alimenti come patatine fritte, fette biscottate e caffè. Si ritiene che la sua formazione durante la cottura sia il risultato della reazione tra asparagina e zuccheri riducenti come fruttosio e glucosio.

Questi processi chimici e industriali sottolineano l’importanza delle e delle proprietà dell’acrilammide nel contesto della chimica e dell’industria moderna.

Stagno: produzione, proprietà, usi

: caratteristiche, giacimenti e produzione

Lo stagno è un elemento chimico appartenente al Gruppo 14 e al 5° Periodo della tavola periodica, con una configurazione elettronica specifica. È presente sulla crosta terrestre in quantità molto limitate, circa lo 0.001%. Questo metallo è conosciuto da tempi antichi, utilizzato sin dall’età del , prima del 2000 a.C. Il suo minerale principale è la cassiterite (SnO2), che si trova in giacimenti granitici, rocce intrusive e depositi alluvionali.

Giacimenti di stagno

I principali giacimenti di stagno si trovano nel Sud-Est asiatico, dalla Thailandia alle isole del Borneo e della Malacca. Questi sono principalmente di origine alluvionale. Un’altra importante zona stannifera si trova in Bolivia, con giacimenti primari incassati in rocce dure e miniere sotterranee. Anche la Nigeria contribuisce alla produzione mondiale di stagno, con giacimenti simili a quelli del Sud-Est asiatico. Altre aree rilevanti si trovano nello Zaire, in Australia e in Inghilterra.

Produzione di stagno

La cassiterite estratta dalle miniere viene concentrata per levigazione grazie all’elevato peso specifico del minerale. Successivamente, il metallo viene estratto mediante arrostimento a circa 1000 °C per separarlo dallo zolfo, dall’arsenico e da altri elementi presenti nella cassiterite. Oltre a questi, il minerale può contenere anche antimonio, , wolframite e scheelite. Il wolframio viene separato magneticamente, mentre la scheelite viene trattata con carbonato di sodio per estrarre il tungsteno. Infine, il minerale di stagno viene ridotto con carbone secondo la seguente reazione:

SnO2 + C → Sn + CO2

Ecco un’affascinante panoramica sullo stagno, dalle sue caratteristiche fondamentali ai principali giacimenti e al processo di produzione.

Produzione e Raffinazione dello Stagno

Per evitare la formazione di silicati stannosi, resistenti alla riduzione durante il processo di produzione dello stagno, si aggiunge ossido di calcio in eccesso che reagisce con la silice contenuta nella ganga per formare un silicato CaSiO3. Da questo processo si ottiene lo stagno greggio che può essere raffinato tramite elettrolisi in acido solforico diluito o per liquefazione. La liquefazione si basa sulla fusione dello stagno greggio a basse temperature per separare le leghe stagno- e ferro-arsenico, che hanno punti di fusione più elevati rispetto allo stagno.

Metodi di Recupero

Dato l’alto prezzo dello stagno, è stato sviluppato un metodo per il recupero dei rottami di banda stagnata. Questi rottami vengono trattati con cloro secco per formare cloruro di stagno (IV), che può essere distillato. Il cloruro di stagno così ottenuto era precedentemente impiegato nella produzione del sale di Pink (NH4)2SnCl6, un esaclorostannato di ammonio rosa utilizzato come mordente per la seta. Oggi viene trasformato per idrolisi in biossido di stagno per essere utilizzato come la cassiterite naturale.

Proprietà e

Lo stagno ha numero atomico 50 e peso atomico 118.70. È l’elemento con il maggior numero di isotopi stabili. A seconda della temperatura, si presenta in tre forme cristalline: α Sn (grigio) → β Sn (bianco) → γ Sn. La forma stabile è lo stagno bianco, che è malleabile, duttile e può essere lavorato in lamine sottili. Al di sotto di una certa temperatura, lo stagno bianco si trasforma in stagno grigio, che è estremamente fragile. Lo stagno γ è di natura rombica.

Lo stagno è stabile all’aria, ma viene attaccato da acido cloridrico, acido solforico e acido nitrico diluiti secondo specifiche reazioni chimiche. Questo metallo è impiegato nella fabbricazione di contenitori per cibi sotto forma di banda stagnata, grazie alla sua resistenza agli acidi organici e agli alcali diluiti.

La banda stagnata viene preparata immergendo lamierini di ferro mordenzati in un bagno di stagno fuso. Questo processo può anche essere effettuato per via elettrolitica per un maggiore risparmio di metallo. Oltre alla produzione di bronzi e metalli antifrizione, lo stagno è impiegato come anticrittogamico, ad esempio nel composto TBTO (tris-n-butil ossido di stagno) utilizzato nelle industrie della carta, del legno e delle pitture sottomarine antivegetative.

I.R.: analisi qualitativa- vibrazioni, intensità delle bande

Tecniche di analisi: lo spettro infrarosso e le vibrazioni fondamentali

Il metodo dell’Infrarosso (I.R.) è una tecnica analitica che si focalizza sull’interazione tra una radiazione elettromagnetica infrarossa e la materia. La regione più significativa dello spettro infrarosso per l’analisi qualitativa dei composti organici, dei complessi e dei composti inorganici si estende da 4000 cm-1 a 600 cm-1. Questo intervallo spettrale copre gli assorbimenti dovuti alle vibrazioni fondamentali delle molecole organiche.

Divisione delle vibrazioni fondamentali

Le vibrazioni fondamentali si suddividono in due regioni: la prima comprende i gruppi funzionali (da 4100 a 1500 cm-1), mentre la seconda le impronte digitali (da 1500 a 600 cm-1). La regione delle armoniche superiori (> 3500 cm-1) e delle basse frequenze (600-100 cm-1) è utilizzata per studi teorici e coinvolge principalmente le vibrazioni che riguardano i metalli. Gli strumenti comuni coprono lo spettro da 4000 cm-1 a 600 cm-1.

Nessuna banda I.R. rappresenta una vibrazione pura, ma l’insieme delle vibrazioni dell’intera molecola. Tuttavia, alcune vibrazioni hanno un maggiore peso in un determinato assorbimento I.R., spesso tra l’85% e il 95%, e sono le principali responsabili dell’assorbimento.

Ruolo delle vibrazioni

Le vibrazioni fondamentali determinano la posizione precisa della banda nello spettro. Ad esempio, il gruppo carbonilico ha una frequenza di gruppo tra 1850 cm-1 e 1650 cm-1 ma, nell’acetone, assorbe a 1720 cm-1 e nell’acetofenone a 1695 cm-1.

Analisi delle intensità

L’intensitàNell’analisi degli spettri infrarossi, l’ampiezza delle bande è correlata alla probabilità di transizione molecolare. Le bande intense sono dovute a transizioni permesse secondo le regole di selezione, mentre le bande meno intense si verificano per transizioni proibite. Tuttavia, spesso le bande deboli si collocano in regioni dello spettro prive di altri picchi di assorbimento, diventando quindi indicatori distintivi di specifici gruppi molecolari.

Lo spettro IR di una sostanza fornisce diversi suggerimenti sulla sua struttura molecolare attraverso l’analisi attenta dei gruppi principali e delle bande di varie intensità. Ogni gruppo funzionale mostra frequenze e intensità specifiche.

Le carte di correlazione sono un utile strumento per identificare i gruppi funzionali in base alla posizione e all’intensità delle bande di assorbimento. Le bande sono classificate in base alla frequenza e all’intensità del picco massimo, con simboli come vs (molto forte), m (medio), w (debole) e vw (molto debole). Le carte riportano frequenze di gruppo, intensità e simboli per lo stiramento ν, il piegamento δ, s simmetrico e as asimmetrico.

Alcheni

Gli alcheni sono facilmente identificabili grazie alle bande di stiramento C-H e del doppio legame. Le sostituzioni sul doppio legame possono essere individuate dalle bande di deformazione al di fuori del piano del legame C-H. Di seguito, sono riportati alcuni valori caratteristici di composti con doppio legame C=C.

Alchini

Gli [alchini](https://chimica.today/chimica-organica/gli-alchini-proprieta-fisiche-metodi-di-sintesi-e-reattivita/) possono essere distinti in alchini terminali, con assorbimenti a 2140-2100 cm^-1 per il triplo legame e a 3300 cm^-1 per lo stiramento ≡ C-H; e alchini centrali con un solo assorbimento a 2260-2190 cm^-1, più debole nelle molecole simmetriche.

Idrocarburi aromatici

La presenza di un gruppo fenilico è rivelata da varie bande caratteristiche nell’IR. L’analisi dettagliata permette di individuare le posizioni di sostituzione sull’anello benzenico. Qui di seguito sono riportate alcune frequenze tipiche di composti con il gruppo fenilico.

| Frequenza (cm-1) | Descrizione |
|————————|——————————-|
| ν (C-H) = 3030 | |
| ν (C=C) = 1600-1580 | |
| δ (CH-in piano) = 690 | |
| δ (CH-fuori dal piano) = 990 | |

Queste informazioni forniscono una panoramica dei principali gruppi funzionali e delle loro caratteristiche nello spettro IR, aiutando nell’identificazione e nella comprensione della struttura molecolare delle sostanze analizzate.

Analisi degli Spettri Infrarossi in Chimica Organica

Nell’ambito della organica, l’analisi degli spettri infrarossi è una tecnica fondamentale per identificare le diverse funzioni presenti in una molecola. Gli spettri IR forniscono informazioni preziose sui legami chimici e sulle funzionalità presenti all’interno di una molecola organica.

Gruppi Funzionali nei Composti Aromatici

I composti aromatici presentano spettri IR caratteristici che possono essere utilizzati per identificare la posizione e la natura dei sostituenti presenti nell’anello benzenico. Ad esempio, per i benzeni monosostituiti, si osservano assorbimenti specifici a δ = 770-730 e δ = 710-690, mentre per i benzeni disostituiti si distinguono assorbimenti per i gruppi orto, meta e para. Nei benzeni pentasostituiti, l’assorbimento caratteristico si osserva a δ = 870.

Gruppi Carbonilici

Un altro gruppo funzionale di particolare rilievo è il gruppo carbonilico, che può essere rilevato grazie agli spettri IR. Ad esempio, per le si osserva un intenso assorbimento a ν (C=O) = 1715, mentre negli acidi si distinguono diversi tipi di assorbimenti legati al gruppo carbonilico e al gruppo ossidrile. Nelle ammidi, l’assorbimento caratteristico si osserva a ν = 1690, permettendo così di identificare questo gruppo funzionale con precisione.

Alcoli e Fenoli

Per gli alcoli e i fenoli, la presenza del gruppo ossidrile può essere confermata grazie agli spettri IR, che mostrano tipici assorbimenti nell’intervallo di 3640-3610 cm-1. Inoltre, la formazione di legami a idrogeno determina uno spostamento dell’assorbimento a frequenze minori, indicando interazioni intermolecolari o la formazione di strutture polimeriche. Un secondo assorbimento significativo è legato allo stiramento del legame C-O, presente tra 1200 e 1000 cm-1, che varia a seconda che si tratti di un ossidrile fenolico o di un alcol.

La spettroscopia IR rappresenta dunque uno strumento indispensabile per l’identificazione e la caratterizzazione delle diverse funzioni chimiche all’interno di composti organici, permettendo di ottenere informazioni dettagliate sulla struttura molecolare e sui legami presenti.

Idrossido di sodio: preparazione, reazioni

Il processo di preparazione dell’idrossido di sodio

L’idrossido di sodio, conosciuto anche come soda caustica, è una sostanza chimica altamente basica che reagisce con l’anidride carbonica e può trasformarsi in bicarbonato di sodio e carbonato di sodio. A temperatura ambiente, l’idrossido di sodio non danneggia la gomma o le resine sintetiche, ma è corrosivo per metalli come alluminio, stagno, e piombo. Questa sostanza è in grado di distruggere tessuti organici, animali e vegetali. La sua prima sintesi risale al 1780 ad opera del chimico francese Nicolas LeBlanc.

Preparazione dell’idrossido di sodio

Esistono due metodi principali per ottenere l’idrossido di sodio:

# 1. Reazione del carbonato di sodio con idrossido di calcio

In questo processo, noto come caustificazione del carbonato, avviene la seguente reazione di equilibrio:

Na2CO3 + Ca(OH)2 → 2 NaOH + CaCO3

La resa di questa reazione dipende dalla concentrazione del carbonato di sodio utilizzato. Soluzioni al 10% di Na2CO3 hanno una resa del 97%, mentre soluzioni al 16% hanno una resa del 91%. La soluzione viene fatta reagire in caldaie munite di agitatore e riscaldate a vapore. Il formato viene separato per decantazione e filtrazione, permettendo di ottenere una soluzione al 10%, che può essere concentrata fino al 50% attraverso evaporazione.

Per ottenere soda caustica al 98%, la soluzione concentrata viene riscaldata fino a 300°C per eliminare l’acqua e il prodotto fuso viene solidificato in stampi. Se si necessita di una soda caustica più pura, si procede a sciogliere la sostanza in alcol etilico per eliminare impurità come carbonato di sodio e ossidi di ferro, ottenendo così una soda caustica di elevata purezza.

# 2. Elettrolisi di soluzioni acquose di cloruro di sodio

In questo secondo metodo, la corrente elettrica viene fatta passare attraverso una soluzione di cloruro di sodio in apposite celle di elettrolisi. Il processo porta alla decomposizione del cloruro di sodio, formando una soluzione al 10-12% di idrossido di sodio con produzione di idrogeno.

Questi due metodi permettono di ottenere idrossido di sodio in diverse concentrazioni e gradi di purezza per soddisfare le diverse esigenze industriali e chimiche.

Processo di cloruro di sodio (NaCl) nell’elettrolisi

L’ (NaCl) può essere svolta in diverse configurazioni per ottenere diversi prodotti come cloro gassoso (Cl2), idrogeno gassoso (H2), idrossido di sodio (NaOH) e ipocloriti. Una delle coinvolte è la seguente: 2 NaCl + 2 H2O → H2 + Cl2 + 2 NaOH.

Reazione all’elettrodo di ferro e grafite

Durante il processo, al catodo di ferro avviene la reazione 2 H2O → 2 OH + H2, mentre all’anodo di grafite si ha la reazione Cl2 + 2 OH → ClO + Cl + H2O.

Utilizzo di diaframmi e campane

Per evitare la miscelazione delle sostanze prodotte, come il cloro e l’idrossido di sodio, si utilizzano diaframmi di cemento poroso o campane. Queste strutture permettono la separazione tra la soluzione catodica densa (NaOH) e la soluzione anodica meno densa (NaCl).

Un’altra tecnica utilizzata è il processo Castner-Kellner, in cui si elettrolizza una soluzione di NaCl con un anodo di grafite e un catodo di mercurio. La reazione all’anodo è: 2 Cl → Cl2 + 2e, mentre la semireazione al catodo di mercurio è: 2 Na+ + 2 e → 2 Na, seguita dalla formazione di un’amalgama di sodio e mercurio: 2 Na(amalgama) → 2 Na+ + 2 e, che reagisce con l’acqua producendo idrossido di sodio e acqua.

In conclusione, l’elettrolisi del cloruro di sodio può generare una serie di prodotti utili in diversi processi industriali, con la possibilità di controllarne le reazioni attraverso specifiche configurazioni e dispositivi.

Tautomeria: protonica, cheto-enolica

# La Tautomeria: un’Analisi Approfondita

La tautomeria è un fenomeno scoperto dal fisico tedesco Johannes van Laar che porta all’esistenza di strutture isomere in equilibrio tra loro. Queste strutture differiscono per la posizione relativa dei loro atomi e derivano dalla rottura e formazione di legami σ. A differenza della risonanza, la tautomeria è una reazione in cui un frammento si separa dal resto della molecola per ricollegarsi ad essa in una diversa posizione, mentre le forme tautomeriche sono distinte dalle forme di risonanza per la loro realtà fisica.

La forma più comune di tautomeria è la tautomeria protonica, un equilibrio tra diverse forme che si distinguono per la posizione del protone legato. Questo equilibrio è particolarmente evidente nel caso della .

Tautomeria Cheto-Enolica

La tautomeria cheto-enolica si riferisce a un chetone con idrogeni in α al carbonile e segue lo stesso principio di equilibrio. La composizione di questa miscela è influenzata da vari parametri come il pH, la temperatura e il tipo di solvente. L’interconversione cheto-enolica può essere catalizzata acida o basica e avviene in due stadi distinti.

1. Nel primo stadio, un protone si lega all’ossigeno carbonilico formando l’acido coniugato del composto carbonilico.
2. Nel secondo stadio, una molecola di acqua agisce come base secondo la teoria di Bronsted-Lowry, rimuovendo un protone dal carbonio in α all’aldeide o al chetone protonato, formando l’enolo.

L’interconversione può anche avvenire per catalisi basica, con la base che estrae il protone dal carbonio in α al carbonile. Le forme cheto-enoliche sono in costante interconversione, tranne in assenza totale di acido o base.

Infine, è importante notare che l’equilibrio tra le forme tautomeriche dipende dai dettagli strutturali del composto, dalle condizioni ambientali come pH e temperatura, e dal tipo di solvente presente.

Equilibrio tra Forma Cheto ed Enolica

In chimica organica, l’equilibrio tra forma cheto ed enolica dipende da diversi fattori, tra cui la relativa delle due forme. In generale, la forma carbonilica è più stabile rispetto alla forma enolica. Tuttavia, esistono situazioni in cui la forma enolica può essere favorita, ad esempio quando il doppio legame dell’enolo si coniuga con gruppi che delocalizzano elettroni per risonanza o quando sono coinvolti legami a idrogeno.

Influenze sull’Equilibrio

In alcuni casi, la risonanza può influenzare la posizione dell’equilibrio tra forma chetonica ed enolica. Altri fattori come la formazione di legami a idrogeno possono anche giocare un ruolo importante. Ad esempio, il diacetile mostra una scarsa tendenza ad enolizzarsi a causa della sua conformazione trans, che evita repulsioni tra i dipoli molecolari. Al contrario, il cicloesan-1,2-dione può convertirsi completamente nella forma enolica a causa di limitazioni conformazionali.

Ruolo del Solvente nell’Equilibrio

Il solvente in cui avviene l’equilibrio cheto-enolico può influenzare significativamente la sua posizione. Solventi capaci di formare legami a idrogeno, come l’acqua, tendono a favorire la forma chetonica a discapito di quella enolica. Ad esempio, l’acetilacetone può esistere per il 95% nella forma enolica se il solvente è esano, mentre in presenza di acqua si trova principalmente nella forma chetonica.

Forme Cicliche Intramolecolari

Molte molecole dicarboniliche possono formare strutture cicliche intramolecolari con legami idrogeno, noti come anelli chelati. Queste forme chelate possono essere stabili e in alcuni casi possono interagire con ioni metallici per formare complessi chelati. Ad esempio, il , con i suoi orbitali vuoti a basso livello, può coordinarsi con enoli di composti dicarbonilici per formare sali chelati di particolare stabilità.

Questi fattori influenzano l’equilibrio tra forma cheto ed enolica in composti dicarbonilici, evidenziando la complessità di questo fenomeno in ambito chimico. Adattare le condizioni sperimentali può portare a variazioni significative nella distribuzione relativa delle due forme, fornendo preziose informazioni sul comportamento molecolare.

Saggi alla perla

Analisi Chimica Qualitativa con Saggi alla Perla

I saggi alla perla, insieme ai saggi alla fiamma, al coccio e ai tubicini, rappresentano un metodo di analisi chimica qualitativa preliminare per via secca.

Storia

Uno dei precursori nell’introduzione di un sistema qualitativo di analisi in chimica fu lo scienziato svedese Torbern Olof Bergman (1735-1784).

Tecnica dei Saggi alla Perla

I saggi alla perla sfruttano la proprietà di sali come il borace Na2B4O7 ∙ 10 H2O e il “sale di fosforo” o fosfato sodico-ammonico NaNH4HPO4 di trasformarsi in masse vetrose limpide e incolori chiamate perle, mediante fusione.

Il borace, fuso nella zona di fusione, si trasforma in perla formata da anidride borica al momento della fusione e dell’eliminazione dell’acqua di cristallizzazione.

Metaborati

Rifondendo la perla in presenza di determinati ossidi metallici, si formano metaborati vetrosi di diversi colori a seconda del metallo presente, come ad esempio il Cu(BO2)2 verde azzurro.

Il fosfato sodico-ammonico NaNH4HPO4, portato alla zona di fusione della fiamma, si trasforma in metafosfato sodico perdendo acqua e ammoniaca.

Procedura

Per eseguire i saggi alla perla con il borace, il campione in esame viene polverizzato finemente, e una piccola quantità viene trasferita su un vetrino da orologio insieme a una quantità di borace.

Il filo di platino viene curvato per formare un occhiello, immerso nel borace e riscaldato sulla fiamma fino a ottenere una perla limpida e incolore.

Si preleva quindi una minima quantità della sostanza in esame con la perla ancora calda per evitare l’intorbidamento.

Questa tecnica permette di identificare la presenza di determinate sostanze attraverso la formazione di perle caratteristiche.

Fonti

:
– [Chimica Analitica – Saggi alla Fiamma](https://chimica.today/chimica-analitica/saggi-alla-fiamma)
– [Chimica Analitica – Saggi al Coccio](https://chimica.today/chimica-analitica/saggi-al-coccio)
– [Chimica Analitica – Saggi ai Tubicini](https://chimica.today/chimica-analitica/saggi-ai-tubicini)

Significato dei Colori nei Saggi alla Perla

I saggi alla perla sono un metodo utilizzato in chimica analitica per identificare la presenza di alcuni metalli inorganici in una sostanza. Il test prevede l’uso di un filo di platino su cui si deposita una piccola quantità di perla di borace e la sostanza da analizzare. Successivamente, si riscalda la perla in due diverse zone della fiamma: una ossidante e una riducente, per valutare il colore assunto dalla perla durante il processo.

Colori Rilevanti

Ecco alcuni dei colori che una perla di borace può assumere durante i saggi:

Cobalto:

si presenta di colore azzurro sia nella fiamma ossidante che in quella riducente.

Cromo:

assume una tonalità verde-giallastro o verde-smeraldo a seconda della fiamma.

Manganese:

si colora di rosso-violetto nella fiamma ossidante e rimane incolore in quella riducente.

Nichel:

diventa viola nella fiamma ossidante e grigio-opaco in quella riducente.

Ferro:

si mostra giallo nella fiamma ossidante e giallo-verdastro in quella riducente.

Rame:

appare verde o azzurro-verde nella fiamma ossidante, mentre si presenta verdastro o incolore in quella riducente.

Procedura corretta

Prima di iniziare i test, è importante assicurarsi che il filo di platino sia pulito accuratamente per evitare contaminazioni. Si consiglia di rimuovere eventuali residui dalla prova precedente scuotendo via la perla dall’estremità del filo. Successivamente, si deve creare una nuova perla e ripetere il processo fino a ottenere una perla limpida e incolore pronta per il nuovo test.

I saggi alla perla sono una tecnica utile e affidabile per identificare la presenza di specifici metalli inorganici in una sostanza. Seguendo correttamente le istruzioni e interpretando i colori in modo accurato, è possibile ottenere informazioni preziose sulla composizione chimica dei campioni analizzati.

Per ulteriori approfondimenti sulle caratteristiche e le applicazioni dei diversi metalli nei saggi alla perla, ti invitiamo a guardare il seguente video: [Saggi alla perla – Video Tutorial](https://www.youtube.com/watch?v=P8bFjfrbLPM).

Saggi alla fiamma

Identificazione dei tramite saggi alla fiamma: una guida dettagliata

I saggi alla fiamma sono una tecnica preliminare essenziale nell’analisi qualitativa per rilevare la presenza di specifici cationi all’interno di un campione. Questa metodologia si basa sul concetto che quando un atomo o un ione assorbe energia, gli elettroni si spostano tra diversi stati energetici, emettendo poi radiazione con una frequenza e una lunghezza d’onda specifica, visibile come colorazione.

Il utilizzo del bruciatore Bunsen per i saggi alla fiamma

Per condurre i saggi alla fiamma, viene impiegato un bruciatore a gas come il Bunsen, che permette di ottenere varie zone di temperatura all’interno della fiamma. Questo strumento è particolarmente utile per identificare le colorazioni provocate da cationi volatili, grazie alla temperatura moderata che favorisce la comparsa graduale dei colori.

Passaggi per condurre i saggi alla fiamma con successo

Durante il procedimento, è importante utilizzare un filo di platino pulito immerso in acido cloridrico concentrato e posto nella parte inferiore della fiamma. Si consiglia di manipolare il filo evitando il contatto con le dita per prevenire contaminazioni. Inoltre, è opportuno triturare finemente il campione e osservarlo attentamente per individuare eventuali cristalli colorati, trasferendoli sul filo umettato per osservarne la colorazione senza interferenze.

Alcuni cationi possono mascherare le colorazioni degli altri. Ad esempio, l’ione sodio conferisce alla fiamma una tonalità giallastra. In tali casi, è possibile utilizzare un vetro al cobalto per eliminare l’effetto di copertura del sodio.

Principali colorazioni rilevabili nei saggi alla fiamma

Durante i saggi alla fiamma, è possibile osservare varie colorazioni indicative della presenza di specifici cationi, tra cui:
– Rosso carminio:
– Rosso scarlatto:
– Arancio intermittente: Calcio
– Giallo: Sodio
– Verde giallastro: Bario
– Verde brillante:
– Azzurro pallido: Antimonio
– Azzurro (verde ai margini): rameico
– Azzurro (verde intenso esternamente): Ioduro rameico
– Viola tenue: Potassio

L’osservazione attenta delle colorazioni durante i saggi alla fiamma fornisce informazioni cruciali per l’identificazione dei cationi presenti nel campione, contribuendo in modo significativo all’analisi qualitativa dei composti in esame.

Progettare una sintesi organica. Esercizi svolti

Come progettare una organica efficace

La progettazione di una sintesi organica richiede la selezione attenta dei reagenti e delle condizioni ottimali per ottenere composti complessi. Ogni molecola organica può essere sintetizzata in modi diversi, attraverso una serie di per trasformare i reagenti nei composti desiderati. È consigliabile utilizzare vie sintetiche con reagenti facilmente reperibili e a basso costo, che garantiscono il prodotto finale con il minor numero di passaggi e rendimenti elevati.

Il ruolo dell’ nella progettazione delle sintesi

Un metodo cruciale nella pianificazione di sintesi organiche è l’analisi retrosintetica, che consente di ricostruire a ritroso i passaggi di “costruzione molecolare” necessari alla sintesi del prodotto organico finale, indipendentemente dalla sua complessità molecolare.

Progettare una sintesi organica specifica

Ad esempio, per progettare la sintesi del 1,1-difeniletano partendo dal benzene, si può considerare la disidratazione dell’alcol terziario corrispondente al composto desiderato, seguita dall’ dell’alchene.

Per quanto riguarda la sintesi del 3-metil-2-buten-1-olo partendo dall’acetone, si potrebbe optare per una condensazione con un’altra molecola in presenza di una base blanda, seguita dalla disidratazione per ottenere un chetone insaturo e poi trasformarlo nell’alcol desiderato.

Conclusioni

In sintesi, la progettazione di sintesi organiche richiede una pianificazione accurata delle reazioni e una corretta selezione dei reagenti per ottenere i composti desiderati. E’ importante considerare attentamente i passaggi e i di partenza disponibili sul mercato per garantire il successo della sintesi organica.

Teoria delle collisioni: urti, velocità

La Teoria delle Collisioni e l’Influenza della Temperatura sulle Velocità delle Chimiche

La spiegazione della velocità delle reazioni chimiche è data dalla teoria delle collisioni, che analizza le variazioni di velocità e le cause delle differenze nelle reazioni. Questa teoria permette di esaminare le reazioni sia dal punto di vista cinetico che termodinamico. Sebbene la variazione dell’energia libera di Gibbs (ΔG) indichi se la reazione procede spontaneamente dal punto di vista termodinamico, non fornisce informazioni sul tempo necessario per la reazione.

Il Ruolo delle Collisioni

Le reazioni chimiche avvengono grazie all’urto e alla tra le molecole A e B. Tuttavia, la maggior parte delle collisioni non porta alla formazione dei prodotti di reazione.

L’Effetto della Temperatura sulla Velocità delle Reazioni

L’analisi dell’effetto della temperatura sulla velocità della reazione evidenzia che la reazione avviene quando le molecole A e B collidono con un’energia superiore alla media. Questo surplus energetico richiesto per la reazione è noto come energia di attivazione. Non tutte le collisioni portano a una reazione efficace, poiché dipende dall’orientamento delle molecole coinvolte e dalla probabilità che la collisione sia efficace.

Il Ruolo degli Urti nella Teoria delle Collisioni

La teoria delle collisioni suggerisce che la rottura di legami e la formazione di nuovi legami avvenga a seguito dell’urto tra due o più molecole con un’energia superiore a un valore minimo e con un’opportuna orientazione.

Considerazioni sulla Velocità della Reazione

I dati sperimentali indicano che le reazioni in fase gassosa procedono a una velocità di circa 10-4 M/s, evidenziando che solo una frazione degli urti tra le molecole è efficace. La velocità di reazione è proporzionale al numero di collisioni, alla percentuale di molecole con energia sufficiente e al fattore di probabilità. L’aumento della temperatura aumenta i movimenti molecolari e la frequenza di collisioni.

Conclusioni

La teoria delle collisioni è essenziale per comprendere il meccanismo delle reazioni chimiche e la variazione delle velocità in relazione a diversi fattori. Questa teoria permette un’analisi dettagliata della cinetica delle reazioni e dei fattori che influenzano le velocità.

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