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Un titanosauro da 70 milioni di anni viene alla luce grazie a una passeggiata casuale con un cane in Francia, mettendo in discussione l’efficacia dei cacciatori di fossili professionistici.

Un appassionato dino-fanatico che cammina col suo cagnolino si imbatte in un mostro preistorico da brividi! Damien Boschetto, 25 anni, ha scovato uno scheletro quasi intero di Titanosauro in Francia – un colosso erbivoro lungo 9 metri, datato 70 milioni di anni fa. Chi l’avrebbe detto che un tizio senza laurea avrebbe fatto impallidire i sapientoni dei musei? #FranciaEpica

In una mossa che fa impazzire il web, una banale camminata tra le colline del sud della Francia si è trasformata in un casino preistorico da urlo. Damien Boschetto, un 25enne autodidatta che non si è fatto fregare dai libri di testo, stava portando a spasso il suo cane vicino a Montouliers, nell’Hérault, quando una frana gli ha spalancato la porta su un mucchio di ossa giganti. Roba da far dire “oops!” ai dinosauri!

La sorpresa è stata epica: quelle ossa enormi appartenevano a un Titanosauro, uno dei lucertoloni più mastodontici mai calpestati dalla Terra, con un fossile conservato come se fosse appena uscito dal negozio. Quasi uno scheletro completo, lungo circa 9 metri, che ha lasciato tutti a bocca aperta – e non solo per la puzza di antico.

Ora, pensateci: in un mondo dove i fossili di T. rex sono rari come un politico onesto, beccare un relitto così intatto è come vincere alla lotteria. Scoperto tre anni fa ma tenuto sotto chiave fino a ora, questo bestione erbivoro del Cretaceo superiore ha richiesto gru e un sacco di sudore per essere estratto, con l’aiuto di un’associazione locale e degli esperti del museo che probabilmente si sono chiesti come mai un pivello li abbia battuti sul .

Questi Titanosauri, con i loro colli da giraffa e corpi da camion, dominavano il pianeta da 150 a 66 milioni di anni fa, sparpagliati su tutti i continenti. Prendete l’esempio del Savannasaurus elliottorum scoperto in Australia nel 2016 – un altro gigante che ha illuminato la nostra ignoranza. Ma qui, è la prova che un occhio sveglio e un po’ di fortuna bastano a dissotterrare pezzi di , rubando la scena ai accademici con i loro camici impolverati. Viva i cacciatori di fossili fai-da-te!

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Una vecchia idea senza fondamento scientifico viene perpetuata dai cannoni anti-grandine, resistendo a ogni tentativo di scomparsa

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I cannoni anti-grandine: una follia che spara al cielo e brucia soldi! Agricoltori disperati ancora sparano cariche esplosive per fermare la grandine, nonostante prove zero di efficacia. Morti, incidenti e sprechi inutili: è o pura superstizione medievale? #AntiGrandineFollie #ClimaFolli #AgricolturaArcaica

Ancora oggi, in Italia e altrove, certi agricoltori si ostinano con i cosiddetti cannoni "anti-grandine", aggeggi che sparano piccole esplosioni per creare onde d’urto e fumo verso il cielo, basati su teorie vecchie di fine ‘800 che promettono di bloccare la grandine e salvare i raccolti. Ma andiamo sul serio: non c’è una sola prova solida che funzionino, è solo una tradizione idiota che si rifiuta di morire, mentre l’agricoltura mescola con misticismi da secoli fa. Questi poveretti si aggrappano a questi balocchi per combattere il clima impazzito, ma è come lanciare sassi alle nuvole – patetico e pericoloso.

Quando sono nati i cannoni "anti-grandine": la ridicola. Risale al XIV secolo, con cannoneggiamenti folli nella speranza che il botto influenzasse le nuvole, e nel 1750 l’imperatrice d’Austria li bandì per evitare morti e casini meteo. Poi, nel 1896, quel borioso di M. Albert Stiger in Austria iniziò i suoi esperimenti, sparando cannoni che rilasciavano fumo per "assorbire" l’umidità e trasformare la grandine in pioggia – una teoria che suona come una scemenza, simile al cloud seeding moderno ma applicata da terra con risultati da barzelletta. I suoi marchingegni a di megafono creavano nubi fino a 300 metri, e nei primi anni sembrò funzionare, con zero grandine nelle zone protette mentre il resto soffriva. Così, l’Europa vinicola – Italia, Francia, Germania, Austria – si infiammò, e nel 1900 ce n’erano già 10.000 in Italia, importati dal dottor E. Ottaviri. Ma era solo l’inizio del flop.

I cannoni spopolarono, con un congresso internazionale nel 1901 che li celebrava come eroi, ma poi? Una relazione del 1903 ammise che i danni da grandine restavano enormi nonostante i spari preventivi, e nel 1906 furono quasi abbandonati per via di incidenti mortali – solo in Lombardia, nel 1903, 5 morti e 30 feriti gravi. Stagioni di tempeste mostrarono che era tutto inutile, una buffonata costosa.

Il primo ritorno: gli anni ’50. Eh sì, tornarono di moda, stavolta con razzi in quota, specie negli USA, Italia e Francia, riciclando l’idea medievale che l’onda d’urto distrugga i chicchi di grandine. Scienziati come Pernter l’avevano già smontata nel 1900, e studi americani negli anni ’60 confermarono: quei cosi non rompevano un chicco oltre 1 metro, e serve 1 kg di TNT per far danni entro 15 metri – ridicolo, considerando i tuoni naturali ben più potenti! Comunque, li vendettero fino ai ’70 in Italia, prima che una legge li bloccasse per i rischi.

L’ennesimo ritorno: i cannoni nel terzo millennio. Non ci credete? La World Meteorological Organization segnalò nel 2001 che sti aggeggi sono ancora in ballo, e uno studio "a favore" del 2023 ha rilevato variazioni di umidità fino a 40 minuti dopo le esplosioni, ma a soli 160 metri di quota – mentre le nuvole temporalesche partono da 1500 metri e vanno su fino a 10 km. Patetico. Si vendono a prezzi folli: in India, il Tribune esalta cannoni a "15-20 lakh" rupie (17-22mila euro), e in Italia, nel 2018, impianti a 37.000 euro. Le istituzioni li tollerano, con regole su spari e distanze – una delibera di Guarene limita a 200 metri da case e 50 da strade, massimo 6 cannonate all’ora, e serve l’ok dagli aeroclub. Ma è una follia: soldi buttati per zero risultati, mentre il clima ci ride in faccia. Che commento: se l’agricoltura non si sveglia, continueremo a sparare al cielo invece di innovare sul serio!

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La folle corsa delle 24 Ore di Le Mans creata per sfidare limiti umani e meccanici, svelandone l’ascesa a icona controversa della velocità

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Auto da incubo e tragedie epiche: La 24 Ore di Le Mans torna più selvaggia che mai! Motori che urlano vendetta, piloti che sfidano la morte per un trofeo, e Cadillac che dominano la griglia. La 93ª edizione parte il 14 giugno 2025 alle 16:00, con Ferrari umiliata in settima posizione. È la gara che ha inventato l’ automobilistica, ma anche un macello su ruote – ricordate quel disastro del ’55? #LeMans #Motorsport #EnduranceHell #SpeedKills

Preparatevi a un inferno su quattro ruote: la 24 Ore di Le Mans, la più antica e spietata gara automobilistica al mondo, organizzata dall’Automobile Club de l’Ouest, sta per scatenarsi sul Circuit de la Sarthe. Questo tracciato da oltre 13 chilometri, un mix di curve da brividi, rettilinei che sfidano la fisica e tratti urbani, ha visto di tutto dal 1923. Quest’anno, le Cadillac monopolizzano la prima fila, mentre la Ferrari, sempre presuntuosa, arranca dalla settima posizione. Non è solo una corsa, è un laboratorio di follie tecniche che ha portato innovazioni come i freni a disco e le luci a LED dritte sulle vostre auto di tutti i giorni – perché chi ha detto che la sicurezza deve essere noiosa?

Nella di Le Mans, le pagine epiche si mischiano a quelle macabre: Porsche detiene i record di vittorie con un dominio arrogante, e Tom Kristensen è il re con i suoi trionfi, ma non dimentichiamo il più grave incidente nella storia del motorsport del 1955, che ha spedito all’altro mondo oltre 80 spettatori. Questa gara ha superato guerre mondiali, rivoluzioni tecnologiche e regole assurde, restando un test estremo dove vincere significa sopravvivere 24 ore di caos puro – non solo tagliare il traguardo, ma farlo senza pezzi staccati.

Torniamo agli anni ’20, quando le auto erano un lusso per i riccastri e le case automobilistiche volevano dimostrare che le loro macchine non si rompevano al primo sobbalzo. Ecco che l’Automobile Club de l’Ouest inventa la 24 Ore: una pazzia su strade pubbliche, con 33 vetture tra cui Bentley e Bugatti che sfidano l’oscurità senza luci decenti. I piloti correvano al buio, tra pioggia e nebbia, alternandosi o guidando da soli per ore in box che sembravano baracche. L’obiettivo? Non la velocità, ma l’affidabilità estrema, come un viaggio infernale quotidiano. Alla fine, André Lagache e René Léonard vinsero con una Chenard & Walcker Sport, coprendo 2.209 km a 92 km/h – una slugfesta che oggi farebbe ridere i bolidi moderni, ma all’epoca era epico.

Oggi, Le Mans è una delle tre gare più iconiche del motorsport, al pari del Gran Premio di Monaco e della 500 Miglia di Indianapolis, e funziona come una maratona di : 24 ore no-stop, dove equipaggi di tre piloti si turnano ogni -3 ore per spremere il massimo dalle Hypercar e LMGT3. Queste belve – prototipi aggressivi per Hypercar da marchi come Ferrari, Toyota e Porsche, o versioni da strada potenziate per LMGT3 – devono reggere rifornimenti, cambi gomme e riparazioni, ma guai se si bloccano: i piloti devono rimorchiare tutto da soli, o è game over. Con il BoP che livella il campo, una Ferrari e una Toyota si azzuffano alla pari, rendendo ogni sorpasso una bomba di adrenalina.

Parlando di punti, nel World Endurance Championship è come la Formula 1 ma con steroidi: 50 punti per vincere Le Mans, rispetto ai 25 normali, più un bonus per la pole. E chi ha dominato? Porsche con 19 vittorie totali, Audi con 13, e Ferrari con 10, soprattutto nei suoi anni d’ fino al 1965. Tra i piloti, “Mr. Le Mans” Tom Kristensen con 9 successi è il mito, seguito da Jacky Ickx e Derek Bell con 6. Dopo 58 anni di digiuno, Ferrari ha finalmente vinto nel 2023 con la Hypercar 499P e il team di Antonio Giovinazzi, James Calado e Alessandro Pier Guidi – un trionfo che ha fatto urlare vendetta contro i tedeschi. Chiamatela leggenda, chiamatela follia, ma Le Mans non è per i deboli di cuore.

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I bersaglieri vengono dipinti come fanti piumati con piume discutibilmente esagerate, e la loro storia italiana riesumata in modo spregiudicato.

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: Quei Soldati Italiani Piumati Che Corrono in Battaglia Come Pazzi!
Oh, preparatevi per una epica e un po’ sfrontata sui Bersaglieri, quegli eroi italiani che dal 1836 sfrecciano sul campo come fulmini con i loro ridicoli ma iconici cappelli piumati! Fondati da quel genio militare Alessandro La Marmora, questi tizi non si limitano a marciare – corrono verso il pericolo suonando la loro marcia "Flik Flok" come se la guerra fosse una festa sfrenata. Dal Risorgimento alle moderne missioni all’estero, sono i ribelli veloci dell’Esercito Italiano, pronti a fare breccia in qualunque casino. #Bersaglieri # #

I Bersaglieri, una specialità dell’Esercito Italiano, sono noti per la loro rapidità e prontezza in battaglia, riuniti in 6 reggimenti e in un’associazione nazionale che organizza raduni epici con migliaia di fanatici. Originariamente concepiti per il tiro al bersaglio, questi soldati "fanti piumati" si distinguono con il cappello, ispirato al primo indossatore Giuseppe Silvestro Vayra, e con la loro fanfara che corre al ritmo di "Flik Flok", l’inno che li fa sembrare una banda di matti scatenati.

Il Corpo fu creato nel 1836 dall’Armata Sarda su iniziativa del capitano Alessandro La Marmora, che convinse il re Carlo Alberto della necessità di una fanteria leggera per affiancare le truppe regolari. Il loro debutto? Una serie di battaglie nella Prima guerra di indipendenza, come quella del ponte di Goito, dove dimostrarono che correre verso il nemico è meglio che starsene fermi.

Dopo l’unità d’Italia, i Bersaglieri brillarono nella presa di Roma del 1870, sfondando la breccia di Porta Pia in un blitz che ancora oggi è celebrato con un monumento – un simbolo di quanto gli italiani amino esagerare con le storie eroiche. Poi, nella Prima guerra mondiale, inventarono persino un battaglione in bicicletta, perché a quanto pare, pedalare in guerra è l’ultima moda per essere rapidi.

Non tutto è stato un trionfo: durante il Biennio rosso, nel 1920, i Bersaglieri di Ancona si ribellarono al deployment in Albania, scatenando una rivolta che coinvolse l’intera città – un episodio che mostra come anche i soldati più coraggiosi possano la pazienza con ordini stupidi.

Nella Seconda Guerra Mondiale, combatterono su entrambi i fronti, con unità che si unirono agli Alleati dopo l’armistizio dell’8 settembre, mentre altre finirono nella Repubblica sociale italiana – perché, diamine, la storia italiana è sempre un casino complicato. Dal 1946, fanno parte dell’Esercito repubblicano e hanno pestato il campo in missioni estere in posti come Libano, Bosnia, Iraq e Afghanistan, dimostrando che questi piumati non si fermano mai.

Il vero marchio dei Bersaglieri è il cappello piumato, o "moretto" in onore di Vayra, che li fa assomigliare a un misto tra cacciatori e ballerini folli. E poi c’è "Flik Flok", l’inno composto nel 1862 per un balletto, che la loro fanfara suona correndo – una tradizione nata forse dalla breccia di Porta Pia, dove entrarono in Roma di slancio, pronti a conquistare tutto con stile e un po’ di follia.

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Conti bancari e app crypto su Android svuotati da Crocodilus: i meccanismi del malware e i rischi sottovalutati

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Allarme globale: Il malware Crocodilus sta divorando conti bancari e crypto come un coccodrillo affamato! Scoperto a marzo 2025 da ThreatFabric, questo trojan da incubo per Android si diffonde come un virus su Facebook e Instagram, rubando password e seed phrase. Non fidatevi di app fasulle o annunci allettanti – l’Italia è nel mirino! #CrocodilusInvasion #CyberAttacco #AndroidNightmare

Crocodilus, il nuovo terrore della cybersecurity, sta mietendo vittime in tutto il mondo, trasformando Android in veri e propri bancomat per criminali informatici. Non si tratta solo di utenti sprovveduti che cadono in trappole online; questo trojan diabolico ruba credenziali bancarie e quelle sequenze segrete chiamate seed phrase per i portafogli crypto, condannando le vittime a tutto in un balzo. Emerso a marzo 2025 grazie agli esperti olandesi di ThreatFabric, è partito da Spagna e Turchia per infestare Polonia, Sud America, Stati Uniti, India e Indonesia – e l’Italia? Beh, è solo questione di prima che finisca nella sua morsa.

Ora, entriamo nel cuore della bestia: Crocodilus si diffonde come un’epidemia virale tramite annunci ingannevoli su social come Facebook e Instagram, dove i truffatori promettono app innocue tipo aggiornamenti del browser, casinò o promozioni bancarie. Clicca e boom – ti scarichi un APK infetto che richiede accesso ai servizi di accessibilità, quelli pensati per chi ha disabilità ma che qui diventano armi per spiare lo schermo, simulare tocchi e piazzare overlay fasulli sulle app vere. Risultato? Tu digiti le tue credenziali su una schermata trappola, mentre i cybercriminali ridono fino in banca.

Ma non finisce qui: questo malware geniale aggiunge contatti sospetti nella tua rubrica, tipo "Assistenza bancaria" legato a numeri dei malviventi, per aggirare le difese di Android. E se sei un fan delle crypto, preparati al peggio – il suo seed phrase collector scova e memorizza quelle frasi magiche per svuotarti il wallet di Bitcoin o Ethereum in un colpo solo. Come riportato da ThreatFabric, "Le ultime campagne che coinvolgono il trojan bancario Android Crocodilus segnalano un’evoluzione preoccupante sia nella sofisticazione tecnica del malware che nella sua portata operativa. Grazie alle nuove funzionalità aggiunte, Crocodilus è ora più abile nel raccogliere informazioni sensibili ed eludere il rilevamento. In particolare, le sue campagne non sono più circoscritte a livello regionale; il malware ha esteso la sua portata a nuove aree geografiche, sottolineando la sua transizione verso una minaccia veramente globale."

Google, sempre pronto a fare la parte del salvatore, ha assicurato a TheHackerNews che «nessuna app contenente questo malware è disponibile su Google Play [Store]», e che Play Protect è lì a vegliare. Ma andiamo, se scarichi APK da siti loschi, nemmeno Superman ti salva. Intanto, per non finire sbranati da Crocodilus, scaricate app solo dal Google Play Store, negate i permessi di accessibilità a casaccio, verificate le promo online e armatevi di un antivirus decente. Aggiornate tutto e state in guardia – perché nel mondo digitale, i coccodrilli non dormono mai.

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Le cause del disastro aereo in India esposte: La ricostruzione in 3D rivela dettagli controversi e possibili negligenze overlooked da autorità distanti

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Schianto infernale in India: Boeing si schianta dopo 28 secondi, 240 morti in un incubo volante! Un disastro aereo che fa tremare il mondo: il volo AI171 di Air India, un Boeing 787-8 Dreamliner, è precipitato su un dormitorio studentesco appena 28 secondi dopo il decollo da Ahmedabad, mietendo almeno 240 vittime in quello che sembra un cocktail letale di errori umani e guasti meccanici. Solo un sopravvissuto, il quarantenne Vishwash Kumar Ramesh, ce l’ha fatta tra i 242 a bordo – 169 indiani, 53 britannici, canadese e 7 portoghesi, più 12 dell’equipaggio – mentre il conteggio dei morti a terra resta un mistero. Le indagini sono partite, ma andiamo dritti al punto: chi diavolo ha permesso che questo volante si trasformasse in una bomba?

Ora, tuffiamoci nei dettagli di questo caos alare che sta facendo impazzire i social. Il volo AI171 doveva essere una routine da Ahmedabad a Londra Gatwick, ma pochi istanti dopo il decollo, a soli 130 metri d’altezza, i segnali dell’aereo sono scomparsi come per magia, e dalle video virali si vede il bestione planare a 320 km/h verso il suolo, con una velocità verticale di 140 metri al minuto. Risultato? Un schianto su un ostello per studenti, un’esplosione da film d’azione e un fumo nero che ha oscurato il cielo per chilometri. Non è solo un incidente – è un warning gigante per l’aviazione globale, dove piloti e macchine giocano alla roulette russa.

Le cause? Ancora un enigma, ma andiamo con le ipotesi più piccanti, tratte da fonti non ufficiali che stanno già alimentando le teorie del complotto. Pare che i piloti abbiano urlato un mayday alla torre di controllo per una perdita di potenza su entrambi i motori – un disastro che ha fatto portanza all’aereo, quella spinta magica sulle ali che lo tiene in aria. Abbiamo parlato con un pilota anonimo (perché nessuno vuole beccarsi guai), e lui ci ha detto chiaro e tondo: "Se i motori vanno a farsi benedire, è come guidare una Ferrari senza benzina". Intanto, aspettiamo il preliminary report per verità ufficiali, ma queste chiacchiere già puzzano di negligenza.

Parlando della rincorsa sulla pista, c’era chi blaterava che l’aereo non avesse spinto abbastanza, ma FlightRadar24 ha smentito: ha coperto tutti i 3,5 km della pista 23, alzando un polverone epico al decollo. Traduzione? I motori potrebbero aver perso potenza all’ultimo secondo, lasciando l’aereo a sgambettare come un ubriaco. E il carrello? Era ancora abbassato, aumentando l’attrito e rendendo impossibile guadagnare quota – i piloti dovevano aver capito che il gioco era perso e avevano priorità più urgenti che non il solito balletto aereo.

Poi ci sono i flap, quelle parti mobili sulle ali che dovrebbero essere estesi per decollo. Dal video (pessima qualità, per carità), sembrano retratti, e se è vero, beh, è come volare con le ali legate. Potrebbe essere un errore umano o un guasto tecnico che ha fatto perdere portanza all’improvviso, mandando tutto a rotoli. Ma non contiamo i polli: senza conferme, resta speculazione pura.

E cosa potrebbe aver causato quella perdita di potenza sui motori? Parliamo di bird strike – immaginate uccelli kamikaze che si infilano nei motori, come nel celebre caso del Volo US Airways 1549 atterrato nell’Hudson nel 2009 – o fuel contamination, dove il carburante è contaminato da schifezze che riducono le prestazioni. I motori sono indipendenti, quindi una doppio guasto è raro, ma qui in India, con questo macello, niente è impossibile. Ripetiamo: non è confermato, ma se è così, qualcuno dovrebbe rispondere per queste lacune da terzo mondo. Aspettatevi aggiornamenti quando avremo il report ufficiale – intanto, tenetevi forte, perché l’aria è piena di domande!

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Air India viene etichettata come protagonista del peggior incidente aereo degli ultimi anni, mentre le statistiche IATA continuano a promuovere l’immagine di un settore sicuro nonostante le controversie emergenti

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Aerei: il mezzo più sicuro al mondo, nonostante l’inferno caduto dal cielo! Chi l’avrebbe detto? Con il volo AI171 di Air India che si schianta dopo solo un minuto dal decollo su una residenza universitaria, mietendo over 300 vittime (tra cui solo UN sopravvissuto su 242 passeggeri a bordo di un Boeing 787-8 Dreamliner), potresti pensare che i cieli siano una trappola mortale. Ma no, amici, i numeri freddi e spietati dell’IATA ci ricordano che volare è come vincere alla lotteria… in senso buono! #AereiSicuri #DisastroAereo #SicurezzaVolante

Ebbene, questo macello del 12 giugno è stato l’incidente aereo più letale dell’ultimo decennio, ma non fatevi spaventare: secondo l’ultimo report dell’IATA (International Air Transport Association), la sicurezza aerea è migliorata da capogiro. Tra il 2020 e il 2024, gli incidenti sono scesi a ogni 810.000 voli, rispetto a 1 su 456.000 nel periodo 2011-2015. Roba da non crederci, con solo 7 incidenti mortali su 40,6 milioni di voli l’anno scorso – insomma, più facile beccarsi un raffreddore che un crash!

Nel report IATA, si conferma che gli aerei commerciali sono i re indiscussi della sicurezza: nel 2024, 5 miliardi di passeggeri sono stati trasportati con appena 7 incidenti mortali e 244 vittime, traducendo in meno di 5 morti ogni 100 milioni di passeggeri. Confrontate questo con il 2005, quando c’erano 3,72 incidenti per milione di voli – oggi siamo a 1,13, grazie a un sacco di e "cultura della sicurezza" che fa tremare i piloti meno attenti. Peccato che il 2024 sia stato un pelo peggiore del 2023, l’anno d’ con soli 30 incidenti totali e uno mortale in Nepal che ha spazzato via 72 anime.

Non illudetevi, però: il rischio di morte in volo è ridicolo (0,06%), contro lo 0,10% della media degli ultimi cinque anni. Per un confronto spietato, in Italia nel 2024 gli incidenti stradali avevano un tasso di mortalità del 51,5% – guidare è la vera roulette russa! E quest’anno, con quasi 41 milioni di voli, non ci sono stati neppure incidenti CFIT (controlled-flight-into-terrain), quei disastri dove un aereo si schianta contro terra per un errore del pilota. Ma attenzione, i guai più comuni restano i tail strikes (colpi di coda) e le escursioni di pista, ovvero quando l’aereo esce dalla pista durante decollo o atterraggio – critiche dove una sbadataggine può rovinare la vacanza a tutti. Davvero, chi ha bisogno di terraferma quando il cielo è così "sicuro"?!

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La Siria viene contesa dalle superpotenze dopo la caduta di Assad, con USA, Russia, Turchia, Israele e Iran in lotta per il controllo

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Chi si sta contendendo la Siria dopo la caduta di Assad? Chaos totale! Mentre i jihadisti di Abu Mohammed al Jolani festeggiano la loro "vittoria" a Damasco, 5 potenze – USA, Russia, Turchia, Iran e Israele – si scatenano in una lotta selvaggia per il controllo. Iran e Russia sono i grandi umiliati, con miliardi buttati nel vuoto; Trump ci sta mollando come al solito. Turchia? La vera capa, che ha schiacciato i curdi e ride dell’Occidente debole.

Ora, mentre il Medio Oriente sprofonda nel caos, ecco chi sta cercando di afferrare pezzi di Siria in questa nuova era jihadista. L’Iran, il grande sconfitto dopo anni di sprechi miliardari, ha perso il suo alleato chiave. Durante la Guerra Iran-Iraq e la Guerra Civile Siriana, Teheran ha pompato oltre 50 miliardi di dollari – e forse fino a 200 con le cavolate ideologiche – per sostenere Bashar al-Assad e l’«Asse della ». Ma con i sunniti al potere, la Siria è diventata un nemico puro, e gli iraniani possono solo sperare in qualche mossa sporca con le minoranze locali. Buona fortuna, eh.

Passiamo alla Russia, in un precario che puzza di sconfitta. Mosca è stata il salvatore di Assad dal 2016, mandando truppe per ribaltare la guerra. Ma poi, oh, l’invasione dell’Ucraina ha distratto Putin, e quando i jihadisti hanno colpito nel 2024, la Russia ha guardato dall’altra parte. Ora, i russi sono ristretti alla base di Khmeimim, con Tartus in bilico – e chissà quanto durerà prima che vengano cacciati a calci.

Gli USA? Tra disimpegno e , Washington ha sempre odiato gli Assad, intervenendo contro l’ISIS per creare quella pagliacciata chiamata «Rojava». Ma con la Turchia che sabota tutto a cannonate, e Trump che blabla sul ritirarsi, gli americani stanno per sparire del tutto. Addio influenza, ciao caos.

Israele, invece, gioca sporco con le sue mire espansionistiche. Bombardando la Siria per anni contro l’Iran e l’«Asse della Resistenza», ora Tel Aviv ha colto l’occasione per occupare parti del Golan e del Monte Hermon. Peccato che, mentre combattono a Gaza e in Libano, queste mosse li isolino ancora di più – bravi, state solo peggiorando la vostra sicurezza.

Infine, il trionfo momentaneo della Turchia, la furba della situazione. Ankara ha flirtato con i jihadisti (persino l’ISIS, che vergogna) per schiacciare i curdi e i loro amici occidentali, puntando a diventare il boss del Levante. Con al-Jolani al comando, Erdogan vede l’opportunità di espandersi come un impero – e mentre tutti gli altri sono distratti, la Turchia potrebbe davvero vincere questa round. Chapeau, ma non durerà per sempre.

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La mente di un uomo affetto da SLA viene hackerata dall’IA per tradurre i suoi pensieri in parole, secondo il nuovo studio.

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Un miracolo high-tech che fa impallidire i film di fantascienza: un tizio di 45 anni con SLA ha riconquistato la voce grazie a un impianto cerebrale da 256 , reso "umano" da un’IA super-smart! Stavisky e il team su Nature ci dicono che è come se il cervello parlasse direttamente, con emozioni e tutto – addio voci robotiche da robot impazzito. #ScienzaRibelle #IACheParla #SLA #RivoluzioneTecnologica

Preparatevi, perché questo non è solo un passo avanti, è un balzo da urlo nella follia della : un uomo colpito dalla maledetta SLA, che gli toglie il controllo del corpo, è tornato a chiacchierare come un grazie all’interfaccia cervello-computer BrainGate2. Immaginate 256 elettrodi ficcati nel cervello per spiare i segnali della bocca – roba che fa venire i brividi, ma funziona! L’IA, nutrita con vecchie registrazioni vocali del tipo, ricrea il suo tono, ritmo e persino quelle esitazioni che ci fanno sembrare tutti un po’ umani e goffi. Non più quel suono metallico da film horror, ma comunicazioni vere, cariche di emozioni – un schiaffo in faccia alla malattia che pensa di zittirci.

Ora, tuffiamoci nei dettagli succosi: per far ballare questa IA, hanno piazzato quegli elettrodi nel giro ventrale precentrale, proprio accanto all’area di Broca, il quartierino VIP del cervello per i movimenti della bocca. Risultato? Un flusso di suoni naturali, decodificando fonemi, toni e tutte quelle vibrazioni paralinguistiche che rendono una chiacchierata viva e non un messaggio robotico. I ricercatori dell’Università della California, guidati da Wairagkar, hanno addestrato algoritmi di deep learning su questi segnali neurali, trasformando pensieri in parole come per magia – o meglio, come una hackata epica al nostro hardware biologico.

E che rispetto ai vecchi tentativi! Negli anni passati, su Nature, ci raccontavano di 35 persone con impianti simili per chattare via schermo o protesi, ma era Robocop-style: piatti e impersonali. Stavolta, l’IA ha alzato l’asticella alla grande, ripescando le esatte frequenze vocali del paziente prima che la SLA lo colpisse. Niente più voce da androide annoiato – stiamo parlando di sfumature, incertezze, enfasi e sospensioni che rendono una voce "umana". È come ridare il microfono a chi la vita ha silenziato, un traguardo che potrebbe far incavolarsi chi pensa che la stia invadendo troppo, ma hey, se aiuta a connettersi, chi se ne frega!

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L’Italia viene colpita dalla scabbia: casi moltiplicati, cosa è, sintomi, trasmissione, cura e come riconoscere il prurito

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Esplosione di scabbia in Italia: +750% di casi, anziani e bimbi nel caos! Chi ha detto che l’era post-Covid è sicura? Tra lockdown affollati e turisti invadenti, questa piaga parassitaria sta graffiando forte. Colpa della ai farmaci? Svegliatevi, la salute pubblica è in pericolo! #ScabbiaItalia #EmergenzaSalute #COVIDAftermath

Attenzione, lettori! In Italia, la scabbia sta dilagando come un’epidemia dimenticata, con focolai che sono schizzati del 750% tra il 2020 e il 2023, soprattutto in Lazio ed Emilia Romagna, secondo la Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST). Questa infestazione causata dall’acaro Sarcoptes scabiei porta un prurito infernale e lesioni cutanee chiamate papule, colpendo duro anziani over 80 e bambini in situazioni di convivenza stretta e igiene precaria. Papule da scabbia.

Il problema non è solo locale: come una di quelle "malattie tropicali neglette", la scabbia sta diventando un incubo globale, grazie a cambiamenti climatici, turismo selvaggio e globalizzazione. Un report del Servizio Malattie Infettive della Regione Piemonte segnala 2.023 casi nel 2023, quasi il doppio dell’anno prima, con gli over 80 che vedono i contagi quadruplicati dal 2019. E i ragazzini tra i 5 e i 18 anni? Una bella fetta di contagi, proprio dove non vorresti.

Trasmettendosi per contatto diretto o via oggetti infetti, questo acaro maledetto scava tunnel sottopelle, con che si schiudono in 3-4 giorni. Altamente contagiosa, ama il sovraffollamento di scuole, RSA e persino colonie estive – perché chi ha per l’igiene quando si è tutti ammassati? Il periodo di incubazione può essere di 3 settimane la prima volta, ma reinfezioni arrivano in soli -4 giorni.

I sintomi? Prurito persistente e ossessivo, specialmente di notte, con papule squamose sui polsi, dita, palmi e pieghe della pelle. Se li vedi in famiglia o nel tuo gruppo, è allarme rosso – e spariranno solo dopo 3 settimane di trattamento.

Per combattere questa roba, è obbligatoria la notifica alle autorità, e i dermatologi SIDeMaST dicono: consulta un medico subito, tratta tutti i contatti stretti (anche se fingono di stare bene) e lava tutto a 60°C. Oggetti che non si lavano? Sigillali per due settimane. La permetrina resta il trattamento top, anche se sta diventando una barzelletta per resistenza, ma è ancora la prima linea per terapia e profilassi. E chissà, forse è ora di smettere di ignorare questi segnali – la scabbia non è mica una vacanza al mare! 😏

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Le incrostazioni del forno vengono eliminate con metodi scientifici che sfidano i trucchi tradizionali

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Svelato l’incubo del forno: quelle incrostazioni infernali che trasformano la tua cucina in un campo di battaglia! Dimentica i trucchi fai-da-te innocui: la soda caustica è la vera arma letale per sbaragliare grassi e ribelli, mentre aceto e limone sono solo una bufala profumata. Pronti a combattere lo sporco come veri ribelli casalinghi? #PulireForno #ConsigliSporchi #CasaVirale

Le incrostazioni nel forno non sono solo un fastidio: sono il risultato di alte temperature che fanno impazzire grassi, zuccheri e proteine, trasformandoli in mostri giallastri duri come cemento. I grassi subiscono di polimerizzazione, dove piccole molecole si uniscono in macro-molecole resistenti, mentre gli zuccheri caramellizzano e le proteine si denaturano, aggrappandosi alle pareti come se non volessero più andarsene.

Purtroppo, non esiste una pozione magica universale per rendere il forno splendente: tutto dipende dal tipo di sporco, con grassi ostinati che sfidano persino l’acqua semplice. Mentre alcuni metodi funzionano alla grande, come la soda caustica per saponificare i grassi, la combo aceto e limone è una falsa promessa – quegli acidi deboli non sgrassano un bel niente!

Soda caustica è il campione indiscusso contro le incrostazioni: questa sostanza basica e corrosiva trasforma i grassi in sapone con la reazione di saponificazione, ma usala con guanti e occhiali, altrimenti potresti pentirtene! È tra i detergenti più aggressivi in commercio, perfetta per forni che sembrano usciti da una guerra.

Bicarbonato di sodio è l’eroe abrasivo che gratta via lo sporco con un’azione meccanica, ideale per superfici resistenti come il forno o le teglie. Attenzione, però: su delicati, potrebbe graffiare come un gatto arrabbiato, quindi scegli con cura.

I prodotti detergenti specifici, come schiume o spray, sono formulati con acidi o basi per aderire alle pareti e combattere lo sporco, con creme abrasive che giocano sulla granulometria per un potere pulente variabile. Niente di fancy, ma funzionano se non vuoi sporcarti le mani troppo.

E sul “trucco della nonna” con aceto e limone? Inutile illudersi: questi acidi deboli non rimuovono i grassi, lasciando solo una macchia più "profumata". Funziona per il calcare, ma per le incrostazioni del forno è una perdita di .

Infine, il è un alleato sleale: pulire il forno quando è ancora tiepido aiuta a sciogliere i residui e potenzia i detergenti, ma non esagerare con temperature alte, o rischi di peggiorare tutto e magari scottarti come un pollo al forno!

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L’Iran e i suoi siti nucleari sono colpiti da Israele: le ragioni e gli eventi chiave dietro l’escalation

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Israele scatena il caos: Operazione Rising Lion contro l’Iran! Tel Aviv non ci sta più e bombarda il programma nucleare iraniano per decapitare i generali di Teheran, ignorando del tutto gli amichetti USA che volevano chiacchierare di pace. Con i prezzi del che volano alle stelle per questa follia geopolitica, chi pagherà il conto? (145 caratteri)

Tel Aviv non perde e lancia l’Operazione Rising Lion, un colpo diretto al cuore del programma nucleare iraniano e ai suoi boss militari, mandando in fumo ogni speranza di calma. Ma attenzione, gli Stati Uniti sono furiosi: avevano fissato colloqui con l’Iran per il 15 giugno, pronti a fare i diplomatici, e ora si ritrovano con un bel casino tra le mani. Questa mossa audace di Israele sta agitando le acque globali, con accuse di arroganza che volano da ogni parte.

L’ geopolitica non è solo un grattacapo per i politici, ma sta colpendo duro le tasche di tutti. I prezzi del petrolio sono schizzati in alto come un razzo, grazie a questa escalation che fa tremare i mercati. Mentre i leader mondialii balbettano, la realtà è che un’altra testata nucleare in meno potrebbe essere una vittoria, o solo l’inizio di un inferno maggiore – chi lo sa?

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