L’ovotransferrina, conosciuta anche come conalbumina, è una glicoproteina capace di legare il ferro, che si trova nell’albume d’uovo e costituisce circa il 12% delle proteine totali presenti in questa parte dell’uovo. Essa si colloca al secondo posto per abbondanza nell’albume d’uovo di gallina, dopo l’ovoalbumina. Le sue caratteristiche fisico-chimiche hanno un impatto diretto sul comportamento dell’albume durante la lavorazione alimentare.
Le forme dell’ovotransferrina
L’ovotransferrina esiste in due forme predominanti: la forma apo, priva di metalli, e la forma olo, legata a metalli. Queste due forme presentano proprietà fisico-chimiche differenti; in particolare, la forma apo è incolore e si denatura facilmente con trattamenti fisici e chimici, mentre la forma olo, caratterizzata da un colore rosa salmone, risulta più resistente alla denaturazione termica e all’idrolisi proteolitica. Oltre a trasportare il ferro, l’ovotransferrina svolge diverse funzioni fisiologiche similmente alla lattoferrina, un’altra proteina ben nota. Una delle sue funzioni principali è l’attività antibatterica, che si attua attraverso il sequestro dello ione Fe3+, essenziale per la crescita dei microorganismi. Con l’aumento della popolazione mondiale, si è notato che la piccola quantità di lattoferrina nel latte non basta a soddisfare la crescente domanda di proteine che ricoprono molteplici funzioni vitali, tra cui la potenziamento dell’assorbimento del ferro e le proprietà antiossidanti. Di conseguenza, l’ovotransferrina ha suscitato un rinnovato interesse, grazie alla sua concentrazione nell’albume, circa 140 volte superiore rispetto a quella di lattoferrina.
Struttura e funzioni
L’ovotransferrina è una glicoproteina monomerica formata da 686 amminoacidi e presenta 15 legami disolfuro, con una massa molecolare che varia tra 78 e 80 kDa e un punto isoelettrico di 6.0. La sua struttura è costituita da due lobi globulari, denominati lobo N-terminale e lobo C-terminale, connessi da un’α-elica che contiene tra 333 e 341 residui amminoacidici. Le interazioni tra i lobi avvengono tramite legami non covalenti e idrofobici. All’interno di ciascun lobo, nove dei quindici ponti disolfuro sono concentrati nel lobo C-terminale, mentre i restanti sei si trovano nel lobo N-terminale. Ogni lobo è ulteriormente diviso in due sottodomini, noti come N1, N2 e C1, C2, ciascuno contenente 160 residui. Questi sottodomini sono collegati da due β-foglietti antiparalleli. I lobi N- e C-terminali possiedono sequenze amminoacidiche omologhe, con circa il 40% di residui identici, ed entrambi hanno la capacità di legare reversibilmente uno ione Fe3+ insieme a un anione bicarbonato, sebbene con capacità di legame diverse.
Miglioramento della purificazione
L’isolamento e la purificazione delle proteine presenti nell’albume sono oggetto di intensa ricerca, date le loro molteplici proprietà funzionali. Per ottimizzare purezza e resa dei prodotti, sono stati applicati metodi cromatografici, cercando di ridurre le alterazioni strutturali durante il processo di purificazione. Un metodo comune per separare l’ovotransferrina è la cromatografia su carbossimetilcellulosa, utilizzando una soluzione di acetato di ammonio 0.1 M e solfato di ammonio 0.3 M a pH 8.5. L’integrazione della cromatografia di affinità con metallo immobilizzato ha significativamente migliorato la purezza dell’ovotransferrina, raggiungendo livelli compresi tra il 94% e il 98%. Sebbene la cromatografia a scambio ionico rappresenti uno dei metodi più utilizzati, essa è caratterizzata da costi elevati e limitazioni nella velocità di separazione e resa. Recentemente, è stata proposta una produzione su larga scala che impiega etanolo al 43% per precipitare tutte le proteine dell’albume, eccetto l’ovotransferrina, seguito da etanolo al 59% per isolare l’ovotransferrina dalla frazione di surnatante. Data la sua alta suscettibilità a condizioni estreme di pH e temperatura, la forma apo viene convertita nella forma olo prima del trattamento con etanolo. Una volta separata la forma olo, il ferro viene rilasciato dall’ovotransferrina mediante un’attenta regolazione del pH, e il ferro liberato viene poi rimosso con l’ausilio di una resina a scambio anionico.
Attività biologiche
Grazie alla sua capacità di sequestrare il ferro (III), di cui i microbi necessitano per vivere, l’ovotransferrina bilancia un’ampia varietà di attività antimicrobiche, risultando efficace contro batteri, funghi, lieviti e parassiti. Inoltre, essa possiede anche la capacità di rimuovere i radicali liberi, contribuendo a ritardare il processo di ossidazione lipidica. Oltre alle sue proprietà antimicrobiche, l’ovotransferrina manifesta attività antivirale, immunomodulatrice, anticancerogena e antiossidante, mostrando un’indole citotossica. La sua capacità di attraversare la membrana esterna di Escherichia coli facilita l’ingresso selettivo di ioni, causando una diminuzione del potenziale elettrico della cellula, che a sua volta blocca la riproduzione batterica. Infine, non solo l’ovotransferrina stessa, ma anche i peptidi derivati mostrano eccellenti attività biologiche, rendendola un candidato promettente come proteina funzionale nell’industria alimentare e farmaceutica. Fonte Verificata