Le proteine fibrose sono composte da catene polipeptidiche che creano strutture filamentose resistenti alla solubilizzazione in acqua e dotate di una robustezza meccanica notevole. A differenza delle proteine globulari, le proteine fibrose hanno caratteristiche peculiari che le rendono utili in svariate applicazioni.
Queste proteine sono state ampiamente impiegate nel corso dei secoli per svariati usi, ad esempio la seta e la lana nell’industria tessile, il collagene intestinale per suturare ferite e i capelli come sensori di umidità negli igrometri.
La struttura primaria delle proteine fibrose coinvolge catene ripetitive di amminoacidi, mentre la struttura terziaria e quaternaria è caratterizzata da legami a idrogeno, ponti disolfuro e legami ionici che creano catene connesse in modo parallelo.
Uno dei pionieri nello studio delle proteine fibrose fu il fisico inglese William Astbury negli anni ’30 e ’40, il cui lavoro con i raggi X permise di analizzare la struttura molecolare di queste proteine. Successivamente, negli anni ’50, furono identificate le strutture base come l’α-elica, il β-foglietto e la tripla elica del collagene.
Le proteine fibrose svolgono principalmente funzioni strutturali nel corpo, contribuendo alla formazione di tessuti come tendini, legamenti, muscoli e tessuto connettivo. Inoltre, esse partecipano ai movimenti articolari, alla crescita di unghie e capelli, oltre che alla protezione e al sostegno di varie parti anatomiche.
Due esempi significativi di proteine fibrose sono la cheratina, che costituisce capelli, unghie, artigli e altri tessuti animali, e il collagene, presente nei tessiuti connettivi come tendini, legamenti e pelle, fornendo supporto strutturale.
Altri esempi rilevanti includono l’elastina, che garantisce elasticità e resistenza a diversi tessuti dei vertebrati, e la fibrina, fondamentale per la coagulazione del sangue. Queste proteine fibrose svolgono un ruolo essenziale nella struttura e nella protezione del corpo degli organismi viventi.