Biomateriali metallici, ceramici, polimerici: proprietà

I biomateriali sono sostanze che, grazie a una opportuna ingegnerizzazione, sono usati per dirigere il corso di una procedura terapeutica o diagnostica mediante il controllo delle interazioni con i componenti di sistemi viventi.

Possono avere origine naturale o sintetica e, in taluni casi, sono ottenuti da cellule e tessuti viventi.
Sono generalmente raggruppati in tre classi: metalli, ceramiche e polimeri anche se, in tempi recenti, stanno emergendo materiali compositi che possono migliorare il successo nell’uso di impianti biomedici.

Sono utilizzati in campo medico per pacemaker, innesti cutanei, innesti vascolari articolazioni artificiali, impianti cocleari, lenti a contatto e suture. Essi contribuiscono a migliorare la qualità di vita dei pazienti e devono quindi essere durevoli e godere di proprietà specifiche

Proprietà dei biomateriali

lenti a contatto

La biocompatibilità è tra le caratteristiche più importanti dei biomateriali. Essi infatti devono svolgere la funzione desiderata senza che si abbiano effetti indesiderati sul paziente. Pertanto i biomateriali, oltre ad assolvere alla funzione per la quale sono utilizzati, devono essere non tossici, non cancerogeni, non immunogenici, sicuri e ben tollerati dall’organismo e dal sistema immunitario.

La biocompatibilità è correlata, nel caso dei metalli, alla corrosione in ambiente biologico pertanto i biomateriali oltre a essere durevoli devono essere chimicamente stabili e non devono rilasciare composti o ioni metallici che possono provocare infiammazioni, infezioni o allergie.

Le proprietà meccaniche devono essere rispondenti all’utilizzo del biomateriale ma, nelle linee generali esso deve essere forte, durevole e fornire il tipo corretto di movimento. Inoltre deve avere una adeguata flessibilità, elasticità e fornire un supporto strutturale sopportando l’azione di sollecitazioni esterne statiche o dinamiche.

Tipi di biomateriali

Metallici

Sono utilizzati per sostituire componenti strutturali danneggiati e ripristinare funzioni all’interno del corpo umano. Sono dotati di resistenza alla trazione, tenacità a frattura e resistenza a fatica e utilizzati in protesi ortopediche e impianti dentali.

Le principali leghe utilizzate sono costituite da acciaio austenitico per dispositivi impiantabili, mezzi di osteosintesi e protesi articolari o da acciai legati. Prima dell’introduzione dell’acciaio  nell’industria biomedica, gli impianti erano fabbricati con metalli puri, che mostravano, in genere, una minore resistenza alla corrosione e minore resistenza meccanica.

Si utilizzano, oltre agli acciai anche leghe di cobaltocromomolibdeno e leghe di titanio. Più recentemente si utilizzano leghe a base di tantalio e zirconio. Sono generalmente ricoperti da una pellicola di ossido metallico al fine di migliorare la resistenza alla corrosione e a migliorare la compatibilità con i tessuti

Ceramici

Sono caratterizzati da attività osteoconduttiva, resistenza alla corrosione e da una superficie dura ma fragile. Trovano utilizzo per riparare o sostituire i tessuti ossei danneggiati e possono interagire con il tessuto circostante supportando la crescita dei tessuti o, nel caso di ceramiche bioattive, inducendo la rigenerazione di nuovi tessuti.

L’ossido di alluminio e di zirconio sono i due ossidi ceramici più importanti per scopi biomedici.  Un’altra importante classe di bioceramiche sono l’idrossiapatite e il fosfato di calcio usati in chirurgia maxillo-facciale, otorinolaringoiatria, protesi ortopediche, neurochirurgia

vetroceramica

I vetroceramici bioattivi sono un gruppo di ceramiche sintetiche riassorbibili che reagiscono in presenza di fluidi biologici, migliorando e potenziando la capacità di guarigione del corpo umano. Sono costituiti da silice con aggiunta di ossido di sodio, ossido di calcio e fosforo (V) che ne determinano l’attività bioattiva e la bioassorbibilità.

Polimerici

I polimeri naturali come il collagene sono stati a lungo utilizzati per la loro biocompatibilità. Lo studio si è poi concentrato su polisaccaridi naturali come l’alginato, la chitina e il chitosano che, tuttavia, presentano limitazioni per la loro rapida proprietà di degradazione. I polimeri bioinerti che non si degradano sono, ad esempio, il polimetilmetacrilato e le poliammidi mentre tra quelli biodegradabili vi è il policaprolattone l’acido polilattico e i poliuretani. Grazie alla vasta varietà di composizioni possono essere ottimizzati per far fronte alle esigenze più svariate

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