L’elettrolisi alcalina rappresenta una metodologia innovativa per generare idrogeno, sfruttando una corrente elettrica per separare acqua in idrogeno e ossigeno, il tutto all’interno di una soluzione alcalina. Questo processo, nato nel XIX secolo subito dopo la creazione della pila da parte del noto scienziato italiano Alessandro Volta, ha visto i pionieristici esperimenti di due chimici britannici, William Nicholson e Anthony Carlisle, che furono i primi a dimostrarne la fattibilità.
Il funzionamento dell’elettrolisi alcalina
Inizialmente, i ricercatori collegarono un estremo della pila a dei fili conduttori di rame, immergendo poi l’estremità opposta in acqua salata, dove il sale fungeva da conduttore. Questo esperimento portava all’accumulo di idrogeno gassoso presso un filo, mentre l’altro filo subiva ossidazione.
Ciò rende l’elettrolisi alcalina unica nel panorama delle tecnologie disponibili, essendo una delle più antiche ed ampiamente utilizzate commercialmente. Nella prima metà del XX secolo, precisamente fra gli anni ’20 e ’80, questa tecnologia ha avuto un ruolo significativo nella produzione di idrogeno per la sintesi dell’ammoniaca. Al giorno d’oggi, i suoi costi competitivi e l’uso efficiente di catalizzatori e separatori la rendono una scelta vantaggiosa.
Meccanismi e reazioni
Il funzionamento degli elettrolizzatori impiegati nell’elettrolisi alcalina avviene a una bassa densità di corrente e si basa su due reazioni fondamentali: la reazione di evoluzione dell’idrogeno (HER) al catodo e la reazione di evoluzione dell’ossigeno (OER) all’anodo. Durante il processo, al catodo, due moli di soluzione alcalina vengono ridotte per generare una mole di idrogeno (H2) e due moli di ioni idrossido (OH–).
Gli ioni idrossido si spostano verso l’anodo, dove, interagendo, producono ossigeno e acqua. La reazione complessiva dell’idrolisi alcalina può essere espressa come segue:
H2O → H2 + ½ O2
Le semireazioni agli elettrodi sono:
anodo: 2 OH– → H2O + ½ O2 + 2e–
catodo: 2 H2O + 2e– → H2 + 2 OH–
Strutture industriali e catalizzatori
Gli elettrolizzatori alcalini consistono essenzialmente di elettrodi, un separatore microporoso e un elettrolita acquoso. Nella pratica, il nichel è comunemente utilizzato come materiale catodico, spesso ricoperto da un catalizzatore come il platino, mentre per l’anodo si impiegano nichel o rame rivestiti con ossidi metallici. Operano generalmente a temperature comprese tra 60 e 80 °C, sia a pressione atmosferica che a pressioni più elevate.
L’adozione di fonti rinnovabili come l’energia solare ed eolica per alimentare l’elettrolisi alcalina favorisce la creazione di idrogeno verde, con un impatto ambientale minimo, contribuendo così a ridurre le emissioni di gas serra.
Il crescente interesse verso sostanze energetiche alternative ha catalizzato lo sviluppo di elettrocatalizzatori efficaci. Le ricerche hanno indirizzato l’attenzione verso nuovi materiali, come gli ossidi metallici, utilizzati per migliorare l’attività catalitica e la stabilità a lungo termine dei sistemi di elettrolisi. L’elettrodeposizione è una tecnica promettente per creare catalizzatori di qualità, con un processo che può essere regolato con precisione per ottenere le migliori prestazioni.