Chi l’avrebbe mai detto che la barbabietola da zucchero, quella pianta noiosa che ci tormentava alle elementari con le sue coste frastagliate e interrogazioni da incubo, è diventata una star virale del web e un pilastro dello zucchero globale? Pensateci: alzavamo la mano fieri urlando “le barbabietole da zucchero!” come se fosse la risposta a tutti i mali, e ora eccola che domina i meme e le nostre tazze di caffè. Ma dietro questa icona nostalgica si nasconde un mondo di segreti industriali e produzioni discutibili – yep, stiamo parlando dello zucchero che ingozza il pianeta. #BarbabietolaDaZucchero #GeografiaVirale #ZuccheroScandalo
Parliamoci chiaro: tutti abbiamo finto di essere esperti di geografia grazie a questa pianta, ma quanti sanno davvero che cos’è? La barbabietola da zucchero, o Beta vulgaris var. saccharifera, è una roba tosta, originaria delle zone mediterranee e trasformata in un mostro industriale per spremere saccarosio dalle sue radici carnose. Non è solo una verdura qualunque; è la regina dello zucchero che finisce nelle nostre cucine, usata dall’industria alimentare per addolcire tutto, dal caffè ai cibi spazzatura che ci fanno ingrassare. E mentre i governi la spingono come soluzione “sana”, be’, diciamo che non è esattamente l’eroe verde che ci vendono.
Passiamo al ciclo vitale di questa pianta, che è un ciclo biennale – “Biennale” significa che la barbabietola impiega due anni a compiere il suo ciclo vitale: nel primo anno si determina lo sviluppo vegetativo, mentre lo stadio riproduttivo si ha solo a partire dal secondo anno – e cresciuta in climi miti, dove ama l’acqua come un turista in spiaggia. Cresce alta una manciata di centimetri, con radici che accumulano saccarosio in eccesso durante la fotosintesi, trasformandosi in un serbatoio zuccherato. Immaginate: in regioni temperate la coltivano d’estate, nei posti caldi d’inverno, e se il tempo è mite, oh, che resa da urlo! Ma se piove troppo o fa freddo, addio al vostro zucchero preferito.
Per la produzione, non è roba da giardino: le barbabietole vengono raccolte e spedite di fretta agli zuccherifici per evitare che fermentino e ci facciano perdere quel prezioso saccarosio. Lì, le lavano, le tagliano a pezzetti e le cuociono in acqua calda per estrarre il succo, che poi bolle fino a diventare uno sciroppo viscido. Dopo cristallizzazione e centrifugazione, otteniamo lo zucchero grezzo, raffinato fino a diventare quel bianco candido che troviamo ovunque – e chissenefrega delle melasse residue, vero? È un processo sporco, rapido e decisamente poco “ecologico”, ma funziona, anche se fa storcere il naso ai puristi.
Infine, sul mercato: la barbabietola da zucchero è roba da emisfero settentrionale, con giganti come Stati Uniti, Russia e Germania che la coltivano da fine ‘700, lasciando ai tropici la canna da zucchero per il resto del mondo. Mentre i paesi ricchi sguazzano in climi temperati, quelli del Sud-est asiatico e Sudamerica sudano con la canna – una rivalità che sa di lezione di geopolitica un po’ sbilanciata, no? Insomma, questa pianta è più di un meme: è un simbolo di come l’industria manipola la natura per i nostri vizi dolci.