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Di recente si è discusso di una possibile concentrazione eccessiva di clorato presente in alcune bevande. Questa sostanza è normalmente riscontrabile anche in altri alimenti e nell’acqua potabile; tuttavia, esposizioni prolungate a livelli molto elevati possono causare emolisi e danni ai reni, oltre a ridurre l’assorbimento di iodio e compromettere il funzionamento della tiroide, in particolare nei bambini e nei soggetti fragili. Secondo l’EFSA, i livelli di clorato a cui la popolazione è generalmente esposta non comportano rischi per la salute.
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Cos’è il clorato e da dove proviene
Chimicamente, il clorato (o più precisamente i clorati, ClO3–) è rappresentato dai sali di sodio e calcio dello ione clorato, in particolare dal clorato di sodio (NaClO3). In passato, il clorato di sodio veniva utilizzato come diserbante, ma dal 2008, in seguito alla decisione 2008/865/CE, il suo utilizzo in questo contesto è stato vietato e le autorizzazioni di vendita per tutti i produttori sono state ritirate.
I clorati presenti negli alimenti e nell’acqua sono prodotti di reazioni generate da processi industriali e non, che utilizzano sostanze clorate per la disinfezione, come il biossido di cloro, il cloro e l’ipoclorito. Attualmente, gli alimenti e l’acqua potabile rappresentano la principale fonte di clorati, contribuendo al 60% dell’esposizione cronica ai clorati per via dell’uso di sostanze clorate nel trattamento delle acque, nella disinfezione dei macchinari alimentari e nei processi industriali.
Possibili effetti del clorato
Gli effetti tossici del clorato sono principalmente associati al suo potere ossidante, che agisce sul ferro presente nel gruppo EME dell’emoglobina. Questo provoca l’ossidazione del ferro da Fe2+ a Fe3+, portando alla formazione di metaemoglobina. Tale reazione dà origine a malfunzionamenti cellulari che provocano la rottura delle membrane dei globuli rossi, causando emolisi.
Ulteriori ricerche suggeriscono che la formazione di metaemoglobina potrebbe essere legata anche alla tossicità renale del clorato, con effetti diretti sul nefrone, l’unità strutturale del rene. In aggiunta, il clorato inibisce il passaggio dello iodio dal sangue alle cellule della tiroide, compromettendo il funzionamento di questa ghiandola.
Rischi per la salute e limiti di sicurezza
L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha stabilito una dose massima tollerabile giornaliera (TDI) per l’esposizione cronica ai clorati, fissata a 3 microgrammi per chilo di peso corporeo per adulti e adolescenti. Secondo l’EFSA, l’esposizione della popolazione ai clorati su lunghi periodi non supera questa dose, non rappresentando quindi un rischio per la salute. Tuttavia, è necessario prestare attenzione ai bambini al di sotto dei 10 anni, che sono maggiormente suscettibili alla riduzione dell’assorbimento di iodio e ai conseguenti problemi tiroidei.
In caso di ingestione di elevate quantità di clorato in una sola volta, la dose acuta di riferimento è pari a 36 μg/kg di peso corporeo, limite che non dovrebbe essere superato per evitare gravi problemi. In generale, le dosi massime riscontrate nel consumo giornaliero sono sempre state inferiori a questo limite.
Quando sono state revocate le autorizzazioni nel 2008, non era stato definito un limite massimo residuo (LMR) per il clorato negli alimenti, venendo pertanto fissato un limite di default a 0,01 mg/kg. Grazie agli sforzi congiunti degli Stati Membri dell’Unione Europea, il Reg. UE 2020/749 ha introdotto nuovi LMR provvisori per il clorato negli alimenti, da rivedere a Giugno del 2025, tenendo conto che tali residui non derivano dall’uso diretto ma dalla trasformazione di altri prodotti a base di cloro. Gli LMR sono stati stabiliti secondo il principio ALARA: As Low As Reasonable Achievable, che prevede l’adozione di misure di prevenzione lungo tutta la filiera alimentare per ridurre al minimo la concentrazione di clorati, pur garantendo la sicurezza microbiologica degli alimenti.