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Gli esseri umani si cibavano di defunti 18 mila anni fa, i nostri antenati erano cannibali, lo studio

Gli esseri umani di 18 mila anni fa mangiavano cadaveri di : un gruppo di ricerca guidato dall’Università di Göttingen (Germania) ha trovato prove di cannibalismo tra i resti umani ritrovati nella grotta di Maszycka in Polonia.

©Scientific Reports

Il cannibalismo era una pratica comune 18 mila anni fa: secondo una ricerca guidata dall’Università di Göttingen (Germania), gli esseri umani del Magdaleniano, ultima società del Paleolitico superiore europeo, consumavano i loro simili defunti. Le prove sono state raccolte tra i resti umani ritrovati nella grotta di Maszycka in Polonia.

Lo è stato condotto in particolare sui rituali di sepoltura delle società della tarda era glaciale nell’Europa centrale e ha trovato segni di resti umani manipolati nella grotta polacca, importante sito di scavi per il tardo Paleolitico superiore, che indicano una dissezione sistematica del defunto e cannibalismo.

cannibalismo umani nella preistoriacannibalismo umani nella preistoria

©Scientific Reports

Nella medesima grotta, più di 100 anni fa, i ricercatori scoperto ossa umane tra utensili in pietra e osso insieme ai resti di animali cacciati l’era glaciale. Queste scoperte erano state associate a una società della tarda era glaciale in Francia, nota come Magdaleniana, che esisteva tra 20.000 e 14.500 anni fa.

Successivamente, gli scavi degli anni ‘60 hanno portato al ritrovamento di un numero maggiore di resti umani, portando a un totale di 63 ossa di dieci individui risalenti a 18.000 anni disponibili per le analisi, una delle più importanti collezioni di resti umani del tardo Paleolitico superiore.

Tramite sofisticate tecniche moderne, il team ha identificato 36 frammenti ossei con segni di sezionamento subito dopo la morte, in particolare segni di taglio sui frammenti del cranio, che indicano come gli attacchi muscolari e il cuoio capelluto fossero stati rimossi prima di frantumare le ossa lunghe per raggiungere il midollo osseo.

cannibalismo umani nella preistoriacannibalismo umani nella preistoria

©Scientific Reports

La posizione e la frequenza dei segni di taglio, così come la frantumazione mirata delle ossa, non lasciano dubbi sul fatto che la loro intenzione fosse quella di estrarre componenti nutritive dai morti.

modalità e sui motivi dietro la pratica del cannibalismo in questa era preistorica vi sono diverse ipotesi. L’ampia gamma di prove artistiche indica condizioni di vita favorevoli durante questo periodo. Sembra quindi improbabile che il cannibalismo fosse praticato per necessità, suggerendo che potrebbe esserci stata una componente di violenza. Dalla fine dell’ultima era glaciale si registrò una crescita della popolazione, il che potrebbe aver portato a conflitti per risorse e territori. Prove di episodi isolati di cannibalismo in relazione a conflitti violenti sono state documentate.

Inoltre, sono stati trovati resti umani mescolati a detriti di insediamenti nella grotta di Maszycka, il che indica che i morti non venivano trattati con rispetto.

Questi risultati rappresentano un passo avanti importante nella comprensione dello sviluppo culturale e delle dinamiche di gruppo nella società della tarda era glaciale. Il lavoro è stato pubblicato su Scientific Reports.

Fonti: Università di Göttingen / Scientific Reports

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L’eclisse di Luna del Verme, primo grande spettacolo celeste dell’anno, è attesa da tutti

Con l’arrivo di marzo, si avvicina il primo grande dell’anno: l’eclisse totale di Luna del Verme. Questo fenomeno, che potrà essere osservato parzialmente in Italia, è previsto per l’alba del 14 marzo. Per coloro che desiderano seguire l’intero evento, sarà disponibile uno streaming.

L’eclisse di Luna: un fenomeno affascinante

L’eclisse di Luna si verifica quando l’ombra della Terra oscura in tutto o in parte il nostro satellite, mentre quest’ultimo è in fase di “piena”. Questo allineamento coinvolge Sole, Terra e Luna, con il Sole che illumina la Terra, la quale proietta la ombra sulla Luna. In caso di eclisse totale, la Luna apparirà di un colore rossastro, a causa del fenomeno chiamato scattering di Rayleigh.

Tempistiche dell’eclisse

L’eclisse totale avrà inizio con la fase penombrale, durante la quale la Luna transita nella penombra della Terra. Durante questa fase, il disco lunare sarà visibile ma offuscato. La fase parziale dell’eclisse avrà inizio alle 6:09 ora italiana, ma il massimo sarà raggiunto alle 7:58, momento in cui la Luna sarà sotto l’orizzonte per la maggior parte del Paese. Il termine dell’eclisse è previsto per le 11:00.

La Luna del Verme

Il 14 marzo si allinea con la Luna del Verme, un nome attribuito indigeni americani in riferimento ai lombrichi che emergono dal terreno con l’arrivo della primavera. Questo evento segnala anche l’inizio del riscaldamento della terra, invitando a un rinnovato ciclo vitale.

Per desidera seguire l’evento, è possibile collegarsi allo streaming fornito da Timeanddate.

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7 segnali da considerare

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Navigare su Internet è diventata un’azione quotidiana per un gran numero di utenti, ma distinguere un sito affidabile da uno potenzialmente pericoloso non è sempre semplice. Hacker e cybercriminali impiegano varie tecniche per ingannare gli utenti, rubare dati personali e diffondere malware. È fondamentale imparare a riconoscere segnali che possano indicare la sicurezza di un sito web. Tra i dettagli da vi sono la dell’URL, la presenza di protocolli di sicurezza come l’HTTPS, l’icona del lucchetto nella barra degli indirizzi e le informazioni di contatto. Errori grammaticali, pop-up invasivi e un design trascurato possono anch’essi segnali di un sito potenzialmente fraudolento. Esaminiamo più da vicino questi indicatori di allerta.

Mancanza del protocollo HTTPS e del certificato SSL

Un controllo da effettuare consiste nel verificare se il sito utilizza il protocollo HTTPS (HyperText Transfer Protocol Secure). Questo sistema garantisce la protezione dei dati scambiati tra il dispositivo dell’utente e il sito web, grazie a un certificato di sicurezza noto come SSL (Secure Sockets Layer). Sebbene un sito senza HTTPS non sia necessariamente pericoloso, è consigliabile evitarlo se viene richiesta l’inserzione di dati sensibili. L’URL dovrebbe iniziare con “https://” e la barra degli indirizzi dovrebbe mostrare un’icona a forma di lucchetto, cliccando sulla quale è possibile ottenere informazioni sul certificato di sicurezza del sito.

URL del sito diversa da quella originale

Un aspetto importante è l’ dell’URL del sito. I truffatori creano spesso siti fasulli con nomi simili a quelli originali, sfruttando errori di battitura comuni (noto come typosquatting). È opportuno verificare che l’indirizzo sia scritto correttamente e che il dominio corrisponda a quello ufficiale prima di inserire dati personali.

Informazioni di contatto assenti o inesatte

Un campanello d’allarme è la mancanza di informazioni di contatto verificabili. Un sito affidabile dovrebbe sempre presentare una sezione con indirizzi e-mail, numeri di telefono e, per le aziende, una sede fisica. Se le informazioni risultano assenti o vaghe, è bene procedere con cautela.

Recensioni online critiche, assenti o fasulle

Le recensioni online possono fornire indicazioni utili sull’affidabilità di un sito. È consigliabile cercare il nome del sito seguito dalla parola “recensioni” su un motore di ricerca e valutare i feedback degli utenti. Una presenza eccessiva di recensioni identiche o eccessivamente positive potrebbe indicare che si tratta di recensioni false. Al contrario, segnalazioni di frodi o problemi di pagamento potrebbero suggerire che il sito non è affidabile.

Contenuti del sito dalla dubbia qualità

I siti sospetti spesso contengono errori grammaticali, traducenti imprecisi o un design scadente. Questi elementi possono essere indicativi di un sito creato in fretta, senza attenzione ai dettagli. Un aspetto disordinato, con immagini sgranate e testi confusi, è un ulteriore segnale di allerta.

Presenza di banner invasivi

Infine, un altro segnale d’allerta è l’eccesso di pop-up e annunci pubblicitari invasivi. I siti poco sicuri spesso mostrano avvisi che possono allarmare l’utente, come messaggi di infezioni o vincite improbabili. Questi avvisi, noti come scareware, mirano a spingere gli utenti a scaricare software dannoso o a fornire informazioni personali. In presenza di tali pop-up, è consigliabile chiudere immediatamente il sito.

Inoltre, anche quando un sito sembra sicuro, è possibile verificarne l’affidabilità utilizzando strumenti specifici. Ad esempio, la Navigazione sicura di Google consente di analizzare i siti in reale e segnalare eventuali minacce. Inserendo l’URL nella barra di ricerca, si può ottenere un report sulla reputazione del sito e verificare se è stato segnalato per attività dannose. Se così fosse, è meglio evitare di interagire con il sito in questione.

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Catene di aminoacidi: Un approfondimento sui polipeptidi e le loro caratteristiche uniche.

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I polipeptidi sono formati da unità ripetute di amminoacidi collegate tramite legami peptidici. Secondo la I.U.P.A.C., per essere considerati polipeptidi, è necessaria la presenza di dieci o più residui di amminoacidi. Di conseguenza, le proteine rientrano nella categoria dei polipeptidi, ma non viceversa.

Distinzione tra polipeptidi e proteine

Nonostante tutte le proteine siano polipeptidi, non tutti i polipeptidi possono essere considerati proteine. In alcuni casi, le piccole catene di polipeptidi, che sono codificate da più geni, devono unirsi per formare una proteina con una funzionalità specifica.

I polipeptidi presentano la capacità di interagire con diversi derivati di polimeri biologici, generando così film compositi con proprietà eccellenti. Questi derivati proteici vengono principalmente estratti da risorse naturali e sono frequentemente impiegati per la produzione di film per imballaggi alimentari commestibili. È importante notare che la capacità di formare film da parte dei polipeptidi è influenzata dalla loro , peso molecolare, carica e solubilità.

Processo di sintesi proteica

I polipeptidi vengono creati attraverso la , o traduzione, un processo che avviene all’interno delle cellule. Qui, gli amminoacidi si assemblano in una catena polipeptidica, seguendo le istruzioni codificate nel DNA.

La sintesi proteica è articolata in diverse fasi:

la trascrizione, la sequenza di DNA viene trasferita in una molecola di RNA messaggero (mRNA) all’interno del nucleo cellulare. L’enzima RNA polimerasi svolge il DNA e sintetizza l’mRNA, che è complementare alla sequenza di DNA ma utilizza uracile (U) al posto della timina (T).

Successivamente, l’mRNA viene elaborato per rimuovere regioni non codificanti, chiamate introni, e unire le regioni codificanti, noti come esoni, creando così una molecola di mRNA pronta per la traduzione.

Infine, l’mRNA si sposta nel citoplasma e si lega a un ribosoma, il sito della traduzione, dove le molecole di RNA transfer (tRNA) riconoscono i codoni dell’mRNA e portano gli amminoacidi appropriati. Attraverso l’unione di amminoacidi adiacenti, si forma un legame peptidico, allungando la catena polipeptidica fino alla terminazione del processo di traduzione.

Sommario sulla sintesi di polipeptidi

Recentemente, c’è stato un aumento dell’interesse per lo sviluppo di metodi sintetici per produrre copolimeri polipeptidici, che acquisiscono particolari proprietà da composizioni controllate di amminoacidi. Questo è particolarmente rilevante nel campo della biotecnologia, come l’ingegneria tissutale e la somministrazione di farmaci.

I metodi per sintetizzare polipeptidi artificiali includono la sintesi chimica, biologica e biochimica, con la polimerizzazione ad apertura di anello di α-amminoacidi che risale al 1906. Negli ultimi decenni, anche altre tecniche sono state sviluppate per migliorare la controllabilità della sintesi.

Tra questi metodi, la sintesi peptidica in fase solida è quella più utilizzata, in grado di controllare con precisione le sequenze degli amminoacidi. Altri metodi, come l’accoppiamento in fase di soluzione, consentono di ottenere polimeri attraverso processi di crescita a stadi.

L’introduzione delle tecnologie di DNA ricombinante ha ulteriormente potenziato la possibilità di produrre polipeptidi con sequenze specifiche, realizzando combinazioni ottimali di monomeri e proteasi. Innovazioni in questo ambito hanno reso possibile la sintesi enzimatica di polipeptidi, utilizzando un approccio eco-friendly e selettivo, in grado di sostituire metodi chimici tradizionali.

Applicazioni dei polipeptidi

I polipeptidi naturali trovano ampio impiego nei settori della medicina, dell’alimentazione e dei cosmetici per le loro proprietà bioattive, sicurezza e disponibilità. Hanno dimostrato effetti farmacologici significativi, svolgendo un ruolo cruciale nel miglioramento della salute umana.

In medicina, i polipeptidi possono costituire la base per farmaci diretti a specifici recettori o enzimi, risultando fondamentali nel trattamento di malattie come il cancro e il diabete. Anche nel settore cosmetico, queste sostanze sono utilizzate per le loro proprietà anti-invecchiamento, contribuendo a migliorare l’elasticità della pelle e ridurre i segni del .

Nel campo della ricerca biotecnologica, i polipeptidi giocano un ruolo chiave nello sviluppo di strumenti diagnostici e biosensori. In ambito alimentare, i polipeptidi derivati da fonti naturali vengono usati come emulsionanti e stabilizzanti, oltre a migliorare il sapore dei prodotti. Le loro proprietà uniche li rendono idonei anche per applicazioni industriali, come adesivi e rivestimenti.

Infine, i polipeptidi possono essere utilizzati per lo sviluppo di sistemi di somministrazione mirata di farmaci e scaffold per l’ingegneria tissutale.

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Chi sono, dove vivono e perché è offensivo chiamarli così

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Il termine “eschimese” si riferisce a due grandi gruppi etnici che abitano un vasto territorio dalla Groenlandia fino allo stretto di Bering, coprendo una distanza di circa 15.000 chilometri: gli Inuit, presenti nelle regioni settentrionali dell’Alaska, del Canada e della Groenlandia, e gli Yupik, principalmente in Alaska e nella Siberia orientale. Questo appellativo è stato utilizzato in modo generico per riferirsi agli abitanti dell’Artico, ma oggi è considerato e dispregiativo, in quanto può essere tradotto come “mangiatori di carne cruda”. Il termine è stato coniato dai primi colonizzatori dell’Artico, e la questione su come questi popoli dovrebbero essere chiamati è importante per riconoscere la loro e cultura.

Origine del termine “eschimese”

L’origine del termine “eschimese” è oggetto di dibattito. Si pensa che sia stato coniato Algonchini, un popolo indigeno del Nord America, per riferirsi agli Inuit. Alcuni studiosi sostengono che provenga dall’espressione anishinaabeg ashkipok (“mangiatori di carne cruda”), e che sia stato adottato dai colonizzatori francesi nel XVII secolo, diffuso in seguito dagli inglesi. Questo termine generale non tiene conto delle culturali e storiche tra le varie popolazioni indigeni dell’Artico, come dimostrano le identità distinte degli Inuit e degli Yupik.

Immagine Credits: Alaska, Western Canada and United States Collection

Identità e vita quotidiana degli Inuit e Yupik

Gli Inuit si trovano principalmente nelle aree artiche del Canada, Groenlandia e Alaska, e la loro lingua, l’inuktitut, appartiene alla famiglia eschimo-aleutina. Tradizionalmente, sono cacciatori e pescatori e hanno sviluppato competenze uniche per adattarsi a condizioni climatiche estreme, come la costruzione di igloo. La caccia a foche, balene e caribù è fondamentale per la loro cultura. Gli Yupik, situati nell’Alaska sud-occidentale e nella Siberia orientale, parlano una variante della lingua eschimo-aleutina e condividono la tradizione di caccia e pesca. Entrambi i gruppi praticano rituali spirituali legati alla natura, incluso un bagno di vapore tradizionale chiamato maqi.

Immagine Credits: John N. Cobb Photographs

Entrambi i gruppi affrontano sfide legate ai cambiamenti climatici, come lo scioglimento dei ghiacci e l’erosione costiera, oltre a minacce legate all’industrializzazione. Nonostante ciò, continuano a impegnarsi nella conservazione dei loro territori, cultura e diritti.

Riconoscimento politico e culturale

Negli ultimi anni, Inuit e Yupik hanno ottenuto un crescente riconoscimento politico e culturale. In Canada, gli Inuit hanno stabilito un accordo significativo con il governo federale, creando nel 1999 il Nunavut, un territorio autonomo. Comuni inuit e yupik in Alaska e Groenlandia lavorano per riaffermare la propria autodeterminazione e proteggere i diritti territoriali. L’approccio contemporaneo alla loro identità non può più essere visto attraverso il termine “eschimese”, ma piuttosto attraverso i nomi che questi popoli stessi scelgono, come Inuit e Yupik, che riflettono la loro storia e la lotta per il riconoscimento.

Fonti

Minaldi S. (2011) “Culture dell’Artico”

Maggiari M. (2009) “Al canto delle balene: Storie di esploratori e sciamani inuit”

Maisuradze N. (2018) “Le lingue eschimesi”

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Kowloon, la città murata più popolata al mondo si encuentra all’interno di Hong Kong

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La di Kowloon, negli anni ’90, è stata probabilmente il luogo più densamente popolato del pianeta, con una popolazione che raggiungeva fino a 50.000 abitanti in un’area di appena 0,02 km². Questo quartiere di Kong, situato a nord dell’isola, ha acquisito una cattiva reputazione a causa delle difficili condizioni di vita e dell’oscurità quasi costante, causata dall’eccessiva urbanizzazione che impediva ai raggi del Sole di raggiungere le aree inferiori. Kowloon è stato demolito nel 1994, ma concetti simili persistono ancora oggi in alcune zone del Paese, come le famigerate case-bara. Per comprendere meglio la storia di questo luogo, faremo riferimento a uno studio pubblicato nel 2024 dall’Università di Hong Kong.

La costruzione della città murata

La formazione della città fortificata di Kowloon ha origini che risalgono alle due guerre dell’Oppio tra Regno Unito e Cina. A seguito della prima guerra, il Trattato di Nanchino cedette l’isola di Hong Kong alla Corona Inglese. Con la vittoria nella seconda guerra, la Cina cedette parte della penisola di Kowloon, mantenendo però il controllo su una città fortificata presente al suo interno. Questa città, costruita tra le due guerre, è riuscita a resistere per 99 anni come enclave cinese in un territorio sotto il dominio britannico.

Immagine Modello della città di Kowloon.

Una svolta significativa avvenne nel 1941, quando le forze giapponesi invasero Hong Kong e distrussero le fortificazioni della città per ricavarne materiali da costruzione. La mancanza di un muro di contenimento portò a una situazione di “limbo”, in cui il territorio non era più totalmente cinese, mentre i residenti, supportati da Pechino, si opponevano ai piani del governo britannico di demolire l’intera area. Questo, unito al disinteresse del governo britannico, favorì lo sviluppo di una baraccopoli verticale su una superficie di appena 0,026 km².

Lo sviluppo della città oscura

Kowloon iniziò a svilupparsi in modo incontrollato, senza norme costruttive, fatta eccezione per un limite di altezza di 14 piani a causa della vicinanza all’aeroporto di Kai Tak. La mancanza di luce naturale in molti appartamenti contribuì a dare il soprannome di città oscura, mentre la gestione dei rifiuti era quasi inesistente e l’elettricità era fornita principalmente tramite allacciamenti illegali. Sebbene i residenti vivessero relativamente in tranquillità, la zona era caratterizzata da un alto traffico di .

Immagine Credito: M+ Research Center

La rapida crescita dell’insediamento fu in gran parte determinata dall’afflusso di rifugiati cinesi, soprattutto negli anni ’60. Prima della demolizione, la popolazione era stimata tra i 35.000 e i 50.000 abitanti, con una densità abitativa che oscillava tra ,3 milioni e 2,5 milioni di persone per km², valori che superano di gran lunga quelli di altre aree fortemente popolate, come ad esempio il principato di Monaco, che conta circa 25.000 abitanti per km².

Immagine Credito: M+ Research Center

La demolizione del quartiere avvenne nel 1994 e da allora, Kowloon è diventato soggetto di ispirazione per film, serie televisive e videogiochi. Oggi, al posto dell’antica città, sorge un parco pubblico.

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Quando arriverà il 6G e quali saranno le differenze rispetto al 5G?

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Le reti 6G, ossia la sesta generazione di tecnologie di telefonia mobile, sono in fase di sviluppo e rappresentano una promessa di connettività avanzata. Questo nuovo standard mira a offrire prestazioni superiori alla tecnologia attuale, con frequenze di trasmissione più elevate e una latenza prevista di microsecondo. Tuttavia, il lancio commerciale del 6G è previsto per il 2030.

Quando ci sarà il 6G

Attualmente, il 6G non dispone di standard definitivi, né è inserito programmi del 3GPP (3rd Generation Partnership Project) o di altre organizzazioni di standardizzazione. Tuttavia, importanti aziende come Samsung, Nokia, LG e Apple stanno già conducendo sperimentazioni. Negli Stati Uniti, la “Next G Alliance”, avviata nel 2020 dalla ATIS (Alliance for Telecommunications Industry Solutions), include aziende come AT&T, Verizon, T-Mobile, Qualcomm, Google, Microsoft e Apple, per definire strategie riguardanti il 6G. In Europa, il progetto Hexa-X, parte del programma Horizon 2020, coinvolge Nokia, Ericsson, Telefónica e Orange nello sviluppo di questo nuovo standard.

Come sarà il 6G e qual è la differenza con il 5G

Il 6G prevede l’uso di frequenze superiori al 5G, aumentando la capacità di trasmissione dati e riducendo la latenza. L’obiettivo è ottenere una latenza inferiore a 1 millisecondo e velocità teoriche che potrebbero raggiungere i 1000 Gbit/s, facilitando comunicazioni quasi istantanee e nuove applicazioni avanzate, tra cui il controllo remoto in reale e una connettività migliorata per i dispositivi IoT (Internet of Things).

Inoltre, il 6G integrerà l’intelligenza artificiale per ottimizzare l’infrastruttura di rete e includerà il mobile edge computing direttamente nella rete stessa. Studi in corso presso l’Università della California di Santa Barbara sono focalizzati su tecnologie come amplificatori di potenza basati su transistor in nitruro di gallio (GaN), operanti a frequenze fino a 230 GHz. Le reti 6G utilizzeranno onde a lunghezza d’onda inferiore a un millimetro, promettendo velocità di trasferimento dati senza precedenti, con potenziali picchi di 1 terabyte al secondo nelle trasmissioni a breve raggio.

I settori più toccati dal 6G

L’implementazione del 6G avrà conseguenze significative in vari ambiti, tra cui:

  • Sicurezza pubblica: sistemi avanzati di riconoscimento facciale e monitoraggio ambientale.
  • Sanità: innovazioni nella telemedicina e nei dispositivi medici interconnessi.
  • Industria e smart cities: avanzamenti nell’automazione e nel monitoraggio intelligente del traffico.
  • Mobilità e veicoli autonomi: comunicazioni affidabili per auto a guida autonoma.
  • Intrattenimento e realtà virtuale/aumentata: esperienze immersive grazie a un miglioramento della latenza e della larghezza di banda.

Questi sviluppi potrebbero trasformare radicalmente la connettività e le applicazioni tecnologiche nella vita quotidiana.

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Effettuare una pulizia efficace dell’acciaio e la sua lucidatura

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L’ è una lega composta principalmente da ferro e carbonio, presente in quantità inferiore al 2%. Grazie alla resistenza e durezza, è uno dei materiali più utilizzati in ambito industriale e domestico. Una delle varianti più comuni è l’acciaio inossidabile, noto anche come inox. Questo tipo di acciaio presenta uno strato sottile di ossido di cromo sulla superficie, che protegge il metallo dall’ossidazione e previene la formazione di ruggine. In molte abitazioni, specialmente quelle moderne, l’acciaio inox si trova in cucina, negli elettrodomestici, nelle maniglie e in alcuni mobili. La domanda si pone: come si pulisce correttamente l’acciaio inox? Esistono prodotti domestici in grado di rimuovere macchie e sporco in modo efficace, ma è fondamentale scegliere quelli adatti per evitare danni alla superficie.

Metodi efficaci per la pulizia dell’acciaio inox

Nonostante l’acciaio possa vantare un aspetto pulito e brillante, nel le superfici possono diventare opache e sporche per vari motivi. In cucina, ad esempio, possono apparire macchie dovute a residui di cibo o bevande, mentre in altre aree della casa il principale problema sono le impronte digitali.

Ogni tipologia di sporco richiede un trattamento specifico, e non esiste un “pulitore universale”. È più efficace affrontare i vari tipi di macchie separatamente. Le impronte digitali, prodotte dalle secrezioni della pelle, possono essere rimosse facilmente con una spugna imbevuta di acqua calda e sapone. In alternativa, un panno in microfibra leggermente umido può essere sufficiente. Per residui più ostinati, si può utilizzare un panno morbido imbevuto di detergente per vetri o un detergente in crema, asciugando bene alla fine.

Per rimuovere cibo bruciato incrostato, basta riempire la pentola con acqua calda e detersivo per piatti, lasciando agire prima di strofinare con una spugna non abrasiva. Se il metodo non funziona, l’aggiunta di carbonato di sodio (soda da bucato) risulterà efficace grazie alle sue proprietà alcaline. In alternativa, si può usare bicarbonato di sodio con acqua bollente per un effetto simile. Questo trattamento è valido anche per eliminare macchie di tè e caffè da teiere e caffettiere in acciaio.

Gestire residui e macchie di calcare

I residui di adesivo che restano dopo la rimozione di etichette possono essere trattati scaldandoli con un fon e poi rimuovendoli con un panno imbevuto di acetone o alcol etilico. Per quanto riguarda i depositi di calcare, aceto o succo di limone possono sciogliere il carbonato di calcio, facilitando la rimozione delle macchie bianche senza danneggiare l’acciaio inox.

Per conferire luminosità all’acciaio dopo la , è possibile applicare una piccola quantità di olio per con un panno morbido, ma questo trattamento è consigliato solo per superfici non destinate al contatto con alimenti.

Precauzioni per la manutenzione dell’acciaio inox

Per mantenere l’acciaio inox in perfette condizioni, è fondamentale sapere cosa evitare. Prodotti aggressivi come candeggina e acidi concentrati possono danneggiare la superficie. Anche il sale e detergenti contenenti cloruri possono risultare pericolosi se lasciati a lungo sulla superficie.

È importante evitare l’uso di pagliette d’acciaio o spugne abrasive, che possono graffiare l’acciaio, alterandone la finitura. Per una pulizia adeguata, è consigliabile usare panni morbidi e prodotti delicati, per preservare la brillantezza e la resistenza del materiale nel tempo.

Acciaio inox graffi

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La prova che i bambini di 29.000 anni fa avevano piercing sulle guance scoperta nei denti

Un’analisi recente sui resti fossili dei Pavloviani ha indicato segni di usura dentale compatibili con l’uso di piercing facciali. Questa condizione si manifesta in particolare , con un aumento evidente con l’età, suggerendo un’usanza sociale che potrebbe essere associata a status, maturità o riti di passaggio.

Cultura avanza e segni sui

I Pavloviani, una popolazione di cacciatori-raccoglitori che visse in Europa centrale tra 29.000 e 25.000 anni fa, sono stati oggetto di studi archeologici approfonditi. Grazie all’uso di tecnologie avanzate in pietra, cacciavano mammut e creavano arte attraverso sculture in avorio e ceramica. Le loro abitazioni, costruite con ossa di mammut, testimoniano le loro capacità ingegneristiche.

Una sorprendente ha riguardato l’usura dental dei Pavloviani, osservata da John C. Willman, ricercatore presso il Laboratory of Prehistory (CIAS) dell’Università di Coimbra. L’usura sui molari, premolari e canini, è stata evidenziata come un chiaro indicatore legato all’uso di labret, piercing facciali che avrebbero potuto lasciare segni distintivi.

Possibili spiegazioni per l’usura

L’analisi microscopica ha rivelato superfici dentali appuntite e lisce, compatibili con un oggetto sottoposto a sfregamento prolungato contro la guancia. Altri studiosi avanzato teorie alternative, suggerendo comportamenti come il succhiare piccole pietre o attività ripetitive, ma Willman sostiene che l’uso di piercing è l’ipotesi più verosimile.

I dati mostrano che i segni di usura dentale sono presenti già in bambini tra i 6 e i 10 anni, aumentando negli adulti che mostrano anche usura bilaterale. Questo potrebbe indicare che i giovani iniziano con un solo piercing, con l’aggiunta di un secondo in età più avanzata, potenzialmente legato a pratiche rituali o indicatori di status sociale.

Un’usanza comune nel Paleolitico

Nonostante l’evidenza della pratica, rimane da risolvere la mancanza di reperti tangibili, come labret o oggetti simili, nelle sepolture. Si ipotizza che questi ornamenti potessero essere fatti di materiali degradabili, come legno o cuoio.

Indipendentemente dalla causa precisa dell’usura dentale, il fatto che sia diffusa tra adulti, adolescenti e alcuni bambini indica una consuetudine condivisa all’interno della cultura pavloviana. Lo studio intitolato “Probable Use of Labrets Among the Mid-Upper Paleolithic Pavlovian Peoples of Central Europe” è stato pubblicato nel Journal of Paleolithic Archaeology.

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Il segreto dell’uovo sodo perfetto viene svelato dagli scienziati

È possibile ottenere un uovo sodo con una consistenza perfetta grazie al metodo della cottura periodica, che alterna diverse temperature per garantire che tuorlo ed albume siano dalla stessa consistenza.

Preparare un uovo sodo può sembrare semplice, ma il rischio di ottenere un tuorlo secco o un albume gommoso è concreto. Per prevenire tali risultati indesiderati, è stata sviluppata una metodologia scientifica che permette di ottenere un uovo sodo con tuorlo e albume dalla stessa consistenza. Questo è possibile grazie alla cottura periodica, un metodo studiato da un team di ricerca dell’Università Federico II di Napoli e riportato sulla rivista Communications Engineering.

La scienza dei materiali

La dei materiali è una disciplina che indaga come la interna di un materiale influenzi le sue proprietà e applicazioni. Si caratterizza per il suo approccio interdisciplinare che unisce conoscenze di fisica, chimica, ingegneria e biologia, puntando alla creazione di materiali sempre più performanti.

Questa scienza ha avuto un impatto significativo in vari settori, dalla costruzione di aerei leggeri e resistenti attraverso l’uso di materiali compositi, alla rivoluzione informatica grazie ai semiconduttori. Tra le sue applicazioni, la scienza dei materiali è in grado di sviluppare anche materiali intelligenti, capaci di rispondere a stimoli esterni, e biomateriali per la medicina.

Il metodo della cottura periodica

La preparazione dell’uovo sodo utilizzando il metodo della cottura periodica è relativamente semplice ma richiede precisione. Il processo prevede di immergere l’uovo in acqua a 35 gradi per due minuti, poi spostarlo in acqua a 95 gradi per altri due minuti, ripetendo questa alternanza per otto volte. Il risultato finale è un uovo con tuorlo e albume equilibrati nella consistenza.

Il principio alla base del metodo

Il problema della cottura tradizionale è che tuorlo e albume non coagulano alla stessa temperatura. L’albume si solidifica a circa 85 gradi, mentre il tuorlo a 65 gradi, quindi la cottura diretta a 100 gradi tende a seccare il tuorlo e indurire l’albume. La cottura periodica alterna temperature inferiori e superiori, consentendo ai due componenti di raggiungere gradualmente la consistenza ottimale. Questo approccio garantisce una cottura uniforme preservando le caratteristiche organolettiche dell’uovo.

La tecnica di cottura periodica è stata sviluppata utilizzando modelli matematici legati allo dei materiali, impiegando un software di fluidodinamica computazionale per simulare il comportamento termico dell’uovo e definire il corretto ritmo di alternanza delle temperature. Sebbene questa tecnica sia specifica per la cucina, le sue applicazioni potrebbero estendersi a settori come la polimerizzazione e la cristallizzazione.

In conclusione, se si è in cerca di un risultato culinario di alta precisione, la cottura periodica rappresenta una sfida stimolante, capace di garantire un uovo sodo , con una consistenza omogenea. La ricetta richiede più attenzione alla classica bollitura, ma permette di ottenere un risultato altamente soddisfacente.

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Come vengono realizzati i carri e chi vota il vincitore

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Il Carnevale di Viareggio, località della provincia di Lucca, in Toscana, è uno degli eventi più emblematici d’Italia, in compagnia delle celebri manifestazioni di Venezia e Ivrea. Per il 2025, le celebrazioni si terranno da domenica 9 febbraio a martedì 4 marzo. Fondato nel 1873, il Carnevale è una fusione di arte, cultura e , caratterizzato dalla sfilata di imponenti carri allegorici di cartapesta e dalla tradizionale assegnazione del carro . Durante il mese di festeggiamenti, la città di Viareggio accoglie visitatori da ogni parte del con sfilate, balli e eventi di intrattenimento. La manifestazione rappresenta un’antica tradizione che anticipa l’inizio della Quaresima, un periodo di digiuno e riflessione nel calendario cristiano.

La storia del Carnevale di Viareggio dal 1873 ad oggi

Il Carnevale di Viareggio affonda le sue radici nel 25 febbraio 1873, quando si svolse la prima sfilata di carri addobbati e carrozze lungo la via Regia nel cuore della città. Nel corso degli anni, la manifestazione ha subito diverse trasformazioni. Nel 1905, la sfilata si sposta sul lungomare. Dopo una pausa di sei anni durante la Prima Guerra Mondiale, nel 1921 composta la prima canzone per il Carnevale grazie all’opera del musicista Icilio Sadun e del paroliere Lelio Maffei. Da quel momento, ogni edizione ha la sua canzone ufficiale, ora raccolta nell’Albo d’Oro. Lo stesso anno vede la nascita della Rivista che documenta la storia del Carnevale.

Con il passare degli anni, i carri e le maschere hanno acquisito una complessità sempre maggiore. Nel 1923, un carro dedicato a Pierrot presenta movimenti meccanici, stupendo i presenti. Un’importante innovazione arriva nel 1925, quando Antonio D’Arliano introduce l’uso della cartapesta, che consente di realizzare personaggi più grandi e leggeri. La manifestazione subisce nuovamente un’interruzione a causa della Seconda Guerra Mondiale, riprendendo nel 1946, periodo durante il quale si cercano nuove modalità di espressione artistica.

Negli anni successivi, il Carnevale diventa un evento mediatico, con la sua prima trasmissione televisiva nel 1954 e successivamente in Eurovisione nel 1958. Nel 1973 viene celebrato il centenario con un’edizione memorabile, mentre nel 1984 si introduce la Lotteria Nazionale di Viareggio. Un significativo sviluppo avviene nel 2001, con la costruzione della Cittadella del Carnevale, un parco tematico dedicato alle maschere progettato dall’architetto Francesco Tomassi.

I carri di cartapesta: quanto sono grandi e come vengono

I carri del Carnevale di Viareggio sono imponenti strutture in cartapesta, alti circa 20 metri e larghi circa 12. Queste opere d’arte trasmettono messaggi allegorici legati a storie, tradizioni e critiche sociali e politiche. Il processo di costruzione è artigianale e coinvolge i Maestri costruttori viareggini, specializzati nell’interpretazione artistica e nel riutilizzo dei materiali. Ogni anno, per realizzare i carri, vengono utilizzate circa 5 tonnellate di pagine di giornale combinati con acqua, colla e farina.

Tra le maschere di spicco del Carnevale, troviamo Burlamacco, che ha debuttato nel 1931, e Ondina, simbolo del mare. Burlamacco, con il suo costume a scacchi rossi e bianchi, è diventato emblematico della manifestazione.

Come funziona la gara dei carri e come viene votato il vincitore

La conclusione del Carnevale prevede la proclamazione dei carri vincitori. Sfilano annualmente 9 carri di prima categoria, 5 di seconda, insieme a 9 mascherate in gruppo e 9 maschere isolate. La Giuria del Carnevale, composta da esperti esterni nominati dalla Fondazione organizatrice, è responsabile della valutazione dei partecipanti. Essa include artisti, registi, professionisti del mondo dello spettacolo e della cultura, nonché studenti e operatori culturali. I giurati esprimono le loro preferenze tramite schede di voto, che vengono poi sommate per determinare i vincitori.

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Cosa viene analizzato nel cervello durante la depressione? La depressione esaminata dal punto di vista biochimico

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La è un disturbo psichico contraddistinto da una deviazione dell’umore che si manifesta tramite stati di tristezza intensa, insoddisfazione, mancanza di piacere e pensieri negativi su sé stessi e sulla propria vita. Si differenzia dalla semplice tristezza, che è una reazione adattiva a situazioni di stress. La depressione, invece, rappresenta una condizione patologica in cui le risposte emotive negative diventano gravi, persistenti e invalidanti.

Numerose ricerche hanno dimostrato che la depressione è associata a rilevanti alterazioni cerebrali e nella regolazione di neurotrasmettitori come serotonina, dopamina e noradrenalina. Inoltre, fattori quali stress e infiammazione cronica possono contribuire a questa condizione, che si definisce patologica quando l’umore disforico e i pensieri negativi si protraggono per settimane o anni, accompagnati da disturbi comportamentali, del sonno, dell’appetito, dell’energia e della libido.

DISCLAIMER: Le informazioni contenute in questo articolo sono puramente a scopo divulgativo e non costituiscono diagnosi né prescrizioni. È fondamentale rivolgersi sempre al proprio medico curante per problemi di salute.

Cosa succede nel cervello quando compare la depressione

Studi di imaging neurologico hanno rivelato tra individui con depressione e soggetti sani. Nei pazienti depressi, si osserva spesso una riduzione del volume di aree cerebrali significative, come l’ippocampo e parti del lobo frontale. La diminuzione della massa ippocampale è correlata a deficit nella memoria e nella regolazione emotiva, evidenziando una vita emotiva caratterizzata da un umore depresso e da scarsa motivazione.

Le regioni prefrontali, coinvolte nella pianificazione e nel controllo cognitivo, presentano una ridotta attivazione compiti esecutivi, suggerendo una compromissione dei meccanismi che regolano le emozioni. Questo porta a una minore capacità di affrontare situazioni che, normalmente, potrebbero sembrare insormontabili.

Disfunzioni sono state osservate anche nella corteccia cingolata e nell’amigdala, entrambi essenziali nella gestione delle emozioni. La ricerca indica un’iperattività dell’amigdala, che risponde eccessivamente a stimoli negativi, contribuendo a una visione pessimistica della realtà. Inoltre, l’iperattività del nucleo subgenuale della corteccia cingolata è stata correlata con la gravità dei sintomi depressivi, portando all’uso di tecniche di neuromodulazione come la stimolazione cerebrale profonda per ripristinare l’equilibrio delle reti neurali disfunzionali.

Le disfunzioni nei circuiti neurali caratteristiche della depressione

Ricerche recenti hanno messo in evidenza che la depressione non è solo il risultato di alterazioni isolate in singole aree cerebrali, ma anche di disfunzioni nelle connessioni tra queste aree. Maggiore attivazione di un network cerebrale implica più connessioni e una facilitazione dell’attivazione futura, simile alla crescita delle radici di una pianta. In pazienti depressi, l’iperattivazione del Default Mode Network, che si occupa di processi di auto-riflessione, contribuisce a una tendenza al rimuginio e alla concentrazione su pensieri negativi.

Allo stesso , la comunicazione tra il Default Mode Network e le reti di controllo cognitivo, come il fronto-parietale, risulta compromessa, con impatti negativi sulla regolazione delle emozioni.

Pensieri negativi depressione

Neurotrasmettitori e plasticità sinaptica

Da decenni, la “teoria delle monoammine” offre una spiegazione del ruolo di serotonina, noradrenalina e dopamina nella depressione. Anche se non si può attribuire a un semplice squilibrio di tali neurotrasmettitori la complessità del disturbo, studi recenti evidenziano che le terapie antidepressivi possono influire non solo sui neurotrasmettitori ma anche sulla plasticità sinaptica e sulla neurogenesi, ovvero la formazione di nuovi neuroni. La promozione della neurogenesi nell’ippocampo potrebbe rappresentare un meccanismo attraverso il quale gli antidepressivi attenuano i sintomi.

La serotonina è particolarmente considerata nella lotta contro la depressione. Una scarsa trasmissione serotoninergica è correlata a una ridotta regolazione delle emozioni e a una maggiore propensione ad emozioni negative. Gli antidepressivi della classe degli inibitori della ricaptazione della serotonina mirano ad aumentare la disponibilità di serotonina tra i neuroni, facilitando così la trasmissione nervosa e migliorando il tono dell’umore.

La noradrenalina, importante per l’attenzione e la risposta allo stress, se attivata cronicamente, può generare irritabilità, ansia e difficoltà di concentrazione, sintomi spesso osservati nei soggetti depressi.

Infine, la dopamina, associata al piacere e alla motivazione, risulta ridotta nella depressione, correlata a sintomi di anedonia e mancanza di motivazione. Questi tre sistemi lavorano in interazione complessa: l’attività della serotonina influenza la dopamina, mentre la noradrenalina modula entrambe.

Stress, infiammazione e risposta immunitaria

Un ulteriore elemento significativo riguarda la risposta allo stress. L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene è responsabile della produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, che se attivato in modo cronico può avere effetti nocivi sul . Un’eccessiva produzione di cortisolo è associata a danni neuronali e a una diminuzione della plasticità sinaptica, in particolare nell’ippocampo.

Recenti studi hanno evidenziato anche una componente infiammatoria in alcuni pazienti depressi. La presenza di citochine proinfiammatorie suggerisce che l’attivazione del sistema immunitario possa interferire con il normale funzionamento cerebrale, contribuendo alla patogenesi della depressione.

Fonti:

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Duman, R. S. & Aghajanian, G. K. (2012). Synaptic dysfunction in depression: Potential therapeutic targets.
McEwen, B. S. (2004). Protection and damage from acute and chronic stress: Allostasis and allostatic overload and relevance to the pathophysiology of psychiatric disorders.
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