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L’evoluzione nel tempo delle eruzioni di Santorini

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I frequenti e forti terremoti a , in Grecia, hanno raggiunto la 5.2, provocando la dichiarazione dello stato di emergenza e costringendo migliaia di persone ad abbandonare l’isola. Le scosse sono legate ai movimenti tettonici lungo il margine tra la placca africana e la microplacca dell’Egeo. Santorini, un’isola vulcanica con una lunga storia eruttiva, presenta una particolare vulnerabilità a questi eventi. Recentemente non si sono registrate evidenze di un’eruzione imminente, ma la storia dell’isola include anche una delle più catastrofiche eruzioni, l’eruzione minoica, avvenuta nel 1613 a.C. L’ultima eruzione di Santorini risale al 1950; il vulcano è attualmente considerato quiescente, sebbene vi sia incertezza riguardo a quando si verificherà un ulteriore evento eruttivo.

Le prime fasi dell’attività vulcanica di Santorini

L’attività vulcanica di Santorini, situata nel Mar Egeo, è molto antica e comprende una serie di eruzioni effusive e esplosive. Le prime eruzioni, che risalgono a circa 2 milioni di anni fa, hanno avuto luogo sul fondo marino in prossimità della penisola di Akrotiri, nel sud dell’isola. Col , i materiali emessi dall’ingresso dell’acqua hanno formato un’isola circa 700.000 anni fa. Gli studi recenti hanno identificato un’eruzione esplosiva sottomarina avvenuta circa 520.000 anni fa, dieci volte più potente rispetto a quella del 2022 di Hunga Tonga-Hunga Haʻapai. Circa 400.000 anni fa è emerso lo stratovulcano Peristeria nella parte settentrionale dell’isola. Successivamente, circa 350.000 anni fa, il vulcano a scudo Thera si è sviluppato al centro dell’attuale caldera, unendo le varie isole vulcaniche in un’unica isola.

Immagine La penisola di Akrotiri. Credit: Moonik, CC BY–SA 3.0, via Wikimedia Commons

I due cicli eruttivi principali di Santorini

Tra 300.000 e 180.000 anni fa, il vulcano Thera ha generato un ciclo di eruzioni esplosive, culminanti nella formazione di una prima caldera. Un secondo ciclo eruttivo, che si è verificato tra 180.000 anni fa e il 1600 a.C., ha incluso almeno sette eruzioni principali che hanno causato la crescita di vulcani a scudo, tra quello di Skaros e Therasia. Tali eruzioni hanno ripetutamente danneggiato il vulcano a scudo Thera. Circa 25.000 anni fa, l’esplosione del vulcano di Capo Riva ha modificato la conformazione dell’isola e ha portato alla formazione di una caldera.

Il secondo ciclo eruttivo culminò nel 1613 a.C. con l’eruzione minoica, caratterizzata da un’eruzione catastrofica di tipo pliniano che emise circa 60 km³ di materiali piroclastici. Questo evento, con un indice di esplosività vulcanica (VEI) di 7, ha comportato il sprofondamento di un quarto della superficie dell’isola e la distruzione dell’insediamento minoico di Akrotiri. La caduta dei materiali in mare ha inoltre scatenato uno tsunami con onde alte oltre 20 metri, che ha colpito le coste di Creta, situata a oltre 100 km di distanza.

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A Santorini si trovano grandi spessori di materiali rocciosi depositati durante l’eruzione minoica.

L’attività di Santorini in epoca storica

Dopo l’eruzione minoica, l’attività vulcanica ha portato alla formazione delle isole Palea Kameni e Nea Kameni, rispettivamente intorno al 197 a.C. e verso il 1707 d.C. Al di fuori della caldera è emerso anche il vulcano sottomarino Kolumbo. Le eruzioni di rilevanza storica includono quelle di Palea Kameni nel 46 a.C. e del 726, e quelle di Nea Kameni che si sono verificate tra il 1570 e il 1950. L’ultima eruzione, avvenuta nel 1950, ha avuto un’intensità relativamente modesta e ha generato una piccola cupola di lava piatta. Nel tempo, tali attività eruttive hanno accresciuto notevolmente le dimensioni di Nea Kameni. Attualmente, Santorini è una complessa formazione vulcanica a forma di mezzaluna intorno a una grande caldera, comprendente le isole di Thira, Thirasia e Aspronisi.

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Immagine satellitare di Santorini.

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Le terre rare in Ucraina e il motivo per cui Trump le vuole in cambio di aiuti

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Un possibile accordo tra il governo ucraino e gli Stati Uniti prevede aiuti militari e finanziari in delle materie prime critiche dell’Ucraina, tra le rare. L’Ucraina è attualmente tra i primi dieci fornitori globali di risorse minerarie strategiche, posizionandosi al primo posto in Europa. Queste risorse rivestono un’importanza economica fondamentale, soprattutto per l’industria tecnologica e la transizione energetica, nonostante l’approvvigionamento sia limitato. Il Paese detiene circa 20.000 giacimenti che, complessivamente, forniscono 116 tipi di minerali. Le terre rare, il titanio, il litio e altri metalli come berillio, manganese, nichel, rame, gallio e grafite si trovano tra le materie prime critiche più rilevanti. Le zone orientali, in particolare il Donbass, sono le più ricche di queste risorse e attirano l’attenzione internazionale.

La ricchezza mineraria dell’Ucraina

La geologia unica dell’Ucraina contribuisce alla sua abbondanza mineraria. La parte centrale del Paese è caratterizzata dallo scudo ucraino, una vasta area piatta che si estende per circa 250.000 km² dal Mar d’Azov al confine con la Bielorussia. Questa regione è il risultato di antiche catene montuose risalenti al Precambriano, ormai erose nel di miliardi di anni. Lo scudo è composto da rocce metamorfiche e magmatiche, coperte da strati sedimentari spessi diversi metri. Questa varietà geologica consente la presenza di molteplici minerali, tra cui quelli elencati dalla Commissione Europea tra le materie prime critiche per il 2023. Inoltre, si trovano anche giacimenti di risorse minerarie significative, come uranio, ferro, zirconio, apatite e .

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La distribuzione dei giacimenti dell’Ucraina. Credit: Zbigniew Dylewski, CC BY–SA 3.0, via Wikimedia Commons

I giacimenti di materie prime critiche in Ucraina

I principali giacimenti di materie prime critiche presenti in Ucraina includono:

  • Le terre rare, che comprendono 17 elementi chimici, tra cui europio, lutezio e cerio, utilizzati nella produzione di dispositivi elettronici e veicoli elettrici. Si stima che il giacimento di Azov contenga riserve superiori a quelle dei più importanti giacimenti nordamericani, anche se attualmente non vengono sfruttate;
  • Il litio, presente nella regione di Donetsk e a Kirovograd, con una stima di 500.000 tonnellate, fondamentale per le batterie ricaricabili e l’immagazzinamento di energia rinnovabile;
  • Il titanio, impiegato nell’industria aeronautica e nella produzione di cementi, con le più grandi riserve in Europa, rappresentando il 7% delle riserve mondiali;
  • La grafite, di cui l’Ucraina detiene circa il 20% delle riserve mondiali, utilizzata in molti ambiti, inclusi gli impianti nucleari;
  • Il gallio, quinto produttore mondiale, essenziale per semiconduttori e LED;
  • Il berillio, presente nei depositi di Perha, utilizzato nei settori medico, nucleare ed elettronico.

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Il minerale spodumene, da cui si estrae il litio.

Per approfondire l’argomento, abbiamo realizzato un video dedicato:

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Preparazione di un tampone a base di ammoniaca.

Un ammoniacale è composto da , una base debole, e dal suo acido coniugato, lo ione ammonio NH4+. Questo sistema consente di mantenere costante il in presenza di piccole quantità di acidi o basi forti. Per la preparazione di soluzioni tampone in laboratorio, è essenziale che i componenti siano di alta purezza e stabili nel , evitando reazioni come l’ossidazione.

Condizioni di preparazione del tampone ammoniacale

Una soluzione tampone agisce efficacemente quando le concentrazioni dei suoi componenti sono praticamente uguali. Nel caso di un tampone ammoniacale, è necessario che la concentrazione di NH3 sia simile a quella di NH4+. Inoltre, il pOH della soluzione non deve discostarsi di più di un’unità dal pKb dell’ammoniaca.

Preparazione di un tampone ammoniacale a pH 10

La necessità di un tampone ammoniacale a pH 10 è comune in titolazioni complessometriche, dove si utilizzano complessi determinati con l’EDTA. La disponibilità di forme ioniche dell’EDTA varia a seconda del pH: la forma H4Y è predominante a pH inferiori a 3, mentre a pH 10 e superiori prevale Y4–.

Per la preparazione del tampone ammoniacale a pH 10, si applica l’equazione di Henderson-Hasselbalch. Il pKb dell’ammoniaca è calcolato come segue:

pKb = -log Kb = -log(.77 · 10^-5) = 4.75.

Per un pH di 10, il valore di pOH è 4, portando a:

4 = 4.75 + log [NH4+]/[NH3].

Dallo sviluppo di questa equazione si ricava il rapporto tra NH4+ e NH3.

Preparazione della soluzione di ammoniaca

Per una soluzione di ammoniaca al 30% m/m, con una densità di 0.892 g/mL, si calcola che 30 g di NH3 corrispondono a 1.76 mol. Utilizzando la densità, il volume corrispondente a 100 g di soluzione ammoniacale è 112 mL. Con questa informazione, la molarità della soluzione è determinata e si procede a calcolare il volume necessario per ottenere 0.5 moli di ammoniaca.

Infine, per la preparazione del tampone ammoniacale, è necessario sciogliere 4.76 g di cloruro di ammonio in acqua distillata, aggiungere 31.8 mL della soluzione concentrata di ammoniaca e portare il tutto a volume in un matraccio da 500 mL.

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Quanto vale un’opera d’arte? Chi decide

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Il valore di un’opera d’arte è una questione complessa, che si articola su diversi livelli, tra quello estetico, emotivo, simbolico ed economico. Quest’ultimo è spesso il più rilevante, poiché consente di quantificare il valore di un’opera attraverso una cifra numerica.

Il mercato dell’arte e il suo funzionamento

stabilisce che il Salvator Mundi abbia un valore superiore rispetto a un’opera di Pollock, o che quest’ultima sia più preziosa di un di Renoir o van Gogh? Il valore di un’opera è determinato principalmente dalla legge della domanda e dell’offerta, con il mercato dell’arte che gioca un ruolo centrale. Sono i critici, i giornalisti, le gallerie, i musei e i collezionisti a influenzare questo valore. I critici e i giornalisti possono dare visibilità a determinati artisti, mentre le gallerie offrono spazi espositivi che attirano l’attenzione dei compratori. I collezionisti e i musei, infine, contribuiscono a stabilire il valore attraverso la loro disponibilità a pagare per un’opera specifica.

Valutazioni più oggettive

Accanto a questi fattori soggettivi, esistono valutazioni più oggettive che influenzano le stime del valore di un’opera. Tali valutazioni includono l’autenticità dell’opera, le sue condizioni, la rarità, il soggetto rappresentato, oltre allo stile e all’origine dell’opera stessa.

La Goldschmidt Sale del 1958, gestita da Sotheby’s, ha rappresentato un momento cruciale nell’evoluzione delle aste d’arte, stabilendo per la prima volta criteri commerciali in un evento dedicato agli impressionisti. Questa vendita, che si concluse in appena venti minuti, è stata la prima “evening sale”, un’asta-evento serale che ha combinato opportunità di acquisto e spettacolo.

Evoluzione dei criteri di valutazione

Prima del secolo XIX, il valore delle opere d’arte determinato principalmente dal mecenatismo, con il potere politico che influenzava le correnti artistiche. Imperatori, re, papi e governatori erano le figure che promuovevano e sostenevano le arti. Oggi, i criteri di valutazione stanno evolvendo continuamente, influenzati dalle dinamiche di acquisto e vendita delle opere d’arte. L’espansione del mercato e il flusso di capitali a livello globale stanno contribuendo a modificare il valore assegnato a specifiche opere. È interessante notare che la spesa per l’arte è in costante aumento, una situazione che può complicare l’espansione delle collezioni museali.

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La nuova truffa promette un set Tupperware da Esselunga o Conad: come difendersi

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Una di phishing sta circolando via e-mail sfruttando il nome e il marchio di aziende della GDO (Grande Distribuzione Organizzata), come Esselunga o , per ingannare gli utenti. Il messaggio comunica la vincita di un presunto premio, consistente in un set da 36 pezzi. Per riscattarlo, è sufficiente aprire un link e rispondere a un sondaggio o, in base alla “variante” della truffa, si richiede un pagamento per le spese di spedizione. In realtà, non esiste alcun premio: i truffatori cercano di ottenere i dati personali e bancari delle proprie vittime, utilizzando tecniche di ingegneria sociale che sfruttano la fiducia e la disattenzione delle vittime per convincerle a compiere azioni rischiose.

Come funziona la truffa del set Tupperware

Analizzando più da vicino una e-mail inviata dai fautori della truffa del set Tupperware si comprende meglio il modus operandi. In questo caso, gli schemi usati dai truffatori richiamano altre truffe analoghe, sfruttando marchi di aziende famose per costruire una “storia” credibile. Ad esempio, in precedenti attacchi, si sono utilizzate false e-mail provenienti da Telepass, riguardanti la vincita di un kit da viaggio. Nel caso della e-mail da Conad, il messaggio appare credibile anche perché il noto marchio della GDO organizza regolarmente concorsi a premi attraverso raccolte punti. Così, la vincita di un set Tupperware da 36 pezzi si presenta come un’opportunità realistica, dato che è sufficiente rispondere a un sondaggio.

Nel testo dell’e-mail truffaldina si legge:

‘Basta rispondere a qualche domanda Vinci un Nuovo Marchio Set Tupperware Modular Mates da 36 pezzi Valutato 4,6 su 5 stelle (4.093 recensioni). Sei stato scelto per partecipare al nostro Programma Fedeltà GRATIS! Ti ci vorrà solo un minuto per ricevere questo fantastico premio.’

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Il messaggio presenta diversi segnali d’allerta. Il mittente appare come “Conad sbloccato”, ma l’indirizzo e-mail reale è composto da una stringa casuale seguita da un dominio sconosciuto. Inoltre, il testo contiene frasi vaghe come “un regalo per i tuoi pensieri” e accentua l’urgenza con espressioni come “ti ci vorrà solo un minuto”, invitando a cliccare senza riflettere.

Cliccando link “Scopri ora!” situato nel messaggio si possono incontrare seri rischi, poiché il link potrebbe condurre a un sito fasullo progettato per rubare credenziali o alla potenziale installazione di malware sul dispositivo.

Come difendersi dalla truffa del set Tupperware

Per proteggere i propri dati, è fondamentale adottare alcune precauzioni:

  • Controllare sempre il mittente del messaggio e diffidare di indirizzi sospetti o con nomi generici.
  • Evitate di cliccare su link contenuti in e-mail non richieste e non inserite mai i vostri dati personali o bancari su siti di dubbia provenienza.
  • Se avete dubbi, contattate direttamente l’azienda utilizzando i canali ufficiali per verificare la veridicità del messaggio.

Fonte

E-mail truffaldina recapitata all’indirizzo di posta elettronica di chi ha segnalato la truffa.

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La storia e l’esperimento di Eratostene vengono analizzati

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La Terra è definita come un geoide, ovvero un solido simile a una sfera bitorzoluta, ma in rappresentazioni come un mappamondo descritta come un ellissoide, con una circonferenza equatoriale di 40.075 km e una circonferenza polare di 39.942 km. Oggi, queste dimensioni possono essere determinate con grande precisione grazie ai satelliti, ma già nel 240 a.C., il matematico Eratostene di Cirene dimostrò la sfericità della Terra attraverso un ingegnoso esperimento, utilizzando un bastone, l’ombra di esso e un’applicazione della geometria. Le sue misurazioni presentavano un margine d’errore di sole poche centinaia di chilometri.

Questo articolo esplorerà i dettagli dell’esperimento condotto da Eratostene, una realizzazione tanto semplice brillante.

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Chi è Eratostene: l’uomo che studiò le dimensioni della Terra

Eratostene di Cirene, nato intorno al 276 a.C. nell’attuale Libia, fu un matematico, poeta, storico, filosofo, astronomo e geografo, considerato uno dei più brillanti studiosi del suo tempo. Ricoprì il ruolo di bibliotecario della Biblioteca di Alessandria d’Egitto, un’importante istituzione del sapere antico, dove poté approfondire conoscenze provenienti da diverse parti del mondo. L’esigenza di una misurazione precisa del meridiano terrestre nasceva probabilmente dalla necessità di realizzare mappe geografiche e nautiche per facilitare i commerci e la navigazione. I risultati del suo studio dettagliato sulla misurazione delle dimensioni della Terra sono raccolti nell’opera “Sulla misura della Terra”, purtroppo non giunta fino a noi, ma nota grazie a una versione semplificata riportata da Cleomede, astronomo e matematico greco.

Come avvenne la misurazione con il bastone e la sua ombra: l’esperimento di Eratostene

Secondo i testi pervenuti, Eratostene partì da tre assunzioni fondamentali per il suo esperimento:

  • Innanzitutto, al tempo si sapeva che la Terra sferica, come dimostrato da Aristotele nel IV secolo a.C.;
  • In secondo luogo, Eratostene era consapevole che a Siene, attuale Assuan in Egitto, il Sole illuminava il fondo di pozzi profondi a mezzogiorno del solstizio d’estate, momento in esso si trova allo Zenit. Pertanto, un bastone piantato verticalmente non proiettava ombra;
  • Infine, riteneva che Alessandria d’Egitto fosse situata sullo stesso meridiano di Siene, a 5000 stadi (equivalente a 157,5 km) di distanza, garantendo che il mezzogiorno nelle due città avvenisse simultaneamente.

Misurazione di Eratostene

I risultati dell’esperimento: la lunghezza della circonferenza terrestre è di circa 40.000 km

Eratostene misurò l’ombra di un bastone a mezzogiorno del solstizio d’estate ad Alessandria, scoprendo che l’angolo dei raggi solari era di 7 gradi e 12 primi. Interpretando l’angolo tra il centro della Terra e i due punti, Egli concluse che questo rappresentava /50 di un angolo giro (360°). Da ciò, calcolò che la distanza tra Siene e Alessandria corrispondeva a 1/50 della circonferenza terrestre. Moltiplicando i 5000 stadi per 50, Eratostene ottenne una circonferenza terrestre di 250.000 stadi, circa 39.375 km. Questo risultato rappresenta una delle misurazioni più significative dell’antichità.

Scritti successivi riportano un valore di 252.000 stadi, scelto per la sua praticità nei calcoli, essendo divisibile per i numeri da 1 a 10.

Gli errori nella misurazione: le imprecisioni di Eratostene

Sebbene il metodo fosse ingegnoso, presentava alcune imprecisioni. La Terra non è perfettamente sferica, e la stima della distanza tra Siene e Alessandria potrebbe essere stata effettuata in base a considerazioni di viaggio piuttosto che a misurazioni esatte. Inoltre, la contemporaneità del mezzogiorno nelle due città era un’ipotesi errata, e la posizione di Siene rispetto al Tropico del Cancro alterava il momento dello zenit rispetto alle aspettative.

Nonostante queste imprecisioni, il risultato si avvicina sorprendentemente a quello reale, evidenziando la capacità di Eratostene di raggiungere simili conclusioni utilizzando strumenti semplici e intuizioni brillanti.

Per approfondire l’argomento è disponibile un video dedicato.

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I poliglotti più famosi della storia, da Cleopatra a Federico II di Svevia.

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La poliglossia, ovvero la capacità di parlare più lingue oltre alla lingua madre, rappresenta una ricca espressione delle potenzialità intellettuali umane. Spesso utilizzato per descrivere chi è in grado di comunicare in più di tre lingue, il termine poliglotta deriva dal greco, unendo poly- (molti) e glṓtta (lingua). Throughout history, many individuals have distinguished themselves with their multilingual abilities, applying these skills in politica, scienza, arte e diplomazia. Questo articolo intende esplorare le vite e i contributi di alcuni tra i più noti poliglotti della storia, notando l’impatto della loro conoscenza linguistica sulla società.

Cleopatra VII (69-30 a.C.): la regina poliglotta

Cleopatra VII, l’ultima regina dell’Egitto tolemaico, era rinomata non per il suo carisma e intelligenza, ma anche per la sua competenza in lingue. Parlava almeno nove lingue, tra cui egiziano antico, greco, aramaico, ebraico e persiano. Un elemento distintivo nella sua formazione fu l’apprendimento dell’egiziano antico, che le permise di comunicare direttamente con i sudditi. Questa capacità le conferì un’immagine di sovrana illuminata e le facilitò negoziati diplomatici senza l’ausilio di interpreti, una rarità nella sua epoca. Cleopatra utilizzava le sue abilità linguistiche per tessere alleanze e trattati politici significativi, come quelli con Giulio Cesare e Marco Antonio, assicurando la gestione di un impero multietnico in un periodo di conflitti geopolitici.

Federico II di Svevia (1194-1250): l’imperatore delle lingue

Federico II di Svevia, che ricoprì il ruolo di imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia, si segnalò per la sua dimensione poliglotta e per il suo mecenatismo culturale. Era fluente in almeno sei lingue, tra cui latino, siciliano, tedesco, greco, arabo e francese. Questo repertorio linguistico rifletteva la diversità culturale dei suoi territori. Alla sua corte a , Federico promosse la traduzione di testi scientifici e filosofici dall’arabo al latino, contribuendo significativamente al progresso culturale nell’Europa medievale. La sua corte divenne un centro vitale di scambio culturale, dove studiosi di diverse nazionalità collaboravano proficuamente e diffondevano conoscenze in vari ambiti.

Federico II di Svevia

John Milton (1608-1674): il poeta poliglotta

John Milton, noto per la sua opera “Paradiso Perduto“, dominava un ampio bacino linguistico, parlando fluentemente almeno otto lingue, tra cui latino, greco, italiano, francese, spagnolo ed ebraico. Questa padronanza conferiva alla sua scrittura una profondità e una complessità notevoli, all’accesso ai testi originali. Milton impiegò le sue abilità linguistiche anche per motivi politici, servendo come segretario per gli affari esteri durante il governo di Oliver Cromwell, dove tradusse e redasse documenti diplomatici, influenzando le relazioni internazionali del XVII secolo. La sua opera non solo è ben radicata nella tradizione linguistica, ma ha anche avuto un impatto duraturo sulla cultura europea.

John Milton

Giuseppe Mezzofanti (1774-1849): il maestro delle lingue

Giuseppe Mezzofanti, cardinale e linguista italiano, è considerato uno dei più grandi poliglotti di tutti i tempi. Nato a Bologna, mostrò fin da giovane una straordinaria capacità per l’apprendimento di lingue straniere. Si ritiene che parlasse fluentemente almeno 39 lingue, disponendo di conoscenze in altre 50. Tra queste vi erano greco, latino, arabo, cinese e russo. La sua abilità nel sostenere conversazioni complesse con viaggiatori e ambasciatori, spesso dopo brevi periodi di esposizione a nuove lingue, lo rese un meccanismo chiave nel dialogo interculturale, facilitando le comunicazioni tra Roma e le delegazioni straniere.

Giuseppe Mezzofanti

Emil Krebs (1867-1930): il diplomatico delle 65 lingue

Emil Krebs, diplomatico tedesco, è conosciuto per parlare fluentemente 65 lingue e per aver studiato molte altre. La sua competenza linguistica si rivelò fondamentale nel suo per il servizio diplomatico tedesco, ove contribuì a stabilire relazioni internazionali senza malintesi culturali. La sua abilità straordinaria attirò anche l’attenzione scientifica: postume del suo cervello evidenziarono caratteristiche distintive nell’area di Broca, collegata all’elaborazione del linguaggio. Krebs giocò un ruolo significativo nella diplomazia tedesca, dove la sua poliedricità linguistica facilitò il dialogo in contesti internazionali complessi.

Emil Krebs

Kató Lomb (1909-2003): la traduttrice ungherese

Kató Lomb, traduttrice e linguista ungherese, aveva la padronanza di oltre 16 lingue ed era nota per i suoi metodi innovativi di apprendimento. Lomb incoraggiava l’approccio pratico e l’esperienza diretta, ritenendo che la passione fosse la vera guida per l’apprendimento linguistico. Scrisse numerosi testi per illustrare le sue tecniche, che hanno contribuito a rendere accessibili opere straniere al pubblico ungherese. Le sue idee hanno lasciato un segno significativo nell’insegnamento delle lingue moderne, promuovendo l’autonomia degli studenti nel processo di apprendimento.

Kató Lomb

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Ricerche in corso per l’aereo disperso in Alaska con 10 persone a bordo, cosa sappiamo sul volo

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Un aereo commerciale Cessna 208B Grand Caravan EX risulta da ieri sera, 7 febbraio 2025, durante un volo da Unalakleet a Nome, in . A bordo del velivolo si trovano dieci persone, tra cui nove passeggeri e un pilota. L’Alaska Department of Public Safety ha ricevuto comunicazione della scomparsa del volo, gestito dalla Bering Air, alle 16:00 ora locale (le 2 del mattino in Italia). È stato emesso un dispaccio ufficiale per informare della situazione.

Operazioni di ricerca in

Attualmente sono in atto operazioni di ricerca da parte dei Vigili del Fuoco, della Guardia Costiera e dell’Air Force. Le condizioni meteorologiche avverse e la scarsa visibilità stanno complicando le operazioni di recupero. Non sono state avanzate ipotesi motivo della scomparsa dell’aereo. Questo incidente segna il terzo episodio aereo negli Stati Uniti in pochi giorni, dopo il disastro di Washington del 29 gennaio, che ha causato 67 vittime, e l’incidente aereo di Philadelphia del ° febbraio, che ha portato a sette decessi.

Dettagli sul volo

L’ultimo contatto con il Cessna è stato registrato alle 15:16 ora locale (1:16 in Italia), a circa 12 miglia (20 km) al largo della costa di Norton Sound, nel Mare di Bering. Al momento, la posizione del velivolo è sconosciuta, e la compagnia Bering Air sta collaborando con gli organi competenti per fornire informazioni utili al ritrovamento.

Secondo i dati del portale FlightRadar24, il velivolo stava volando da circa 40 minuti, in un volo programmato di 68 minuti, a una quota di circa 1.600 metri e a una velocità di 218 km/h. Negli ultimi momenti di volo, l’aereo aveva iniziato a perdere altitudine e aveva ridotto la velocità, dopo aver raggiunto precedentemente una quota di circa 2.300 metri a una velocità di 270 km/h.

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Contrordine, il vegetariano era l’australopiteco. La scoperta rivoluziona le teorie sull’evoluzione umana.

Un nuovo studio dei fossili di Australopiteco dimostra che la loro dieta era prevalentemente a base vegetale, mettendo in discussione il ruolo centrale della carne nello sviluppo del cervello e nell’evoluzione .

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science ha rivelato che l’Australopiteco, uno dei primi antenati umani, non aveva un’alimentazione basata sulla carne, come precedentemente ipotizzato. a un’ chimica dell’email dentale di sette individui vissuti tra 3,7 e 3,3 milioni di anni fa in Sudafrica, i ricercatori hanno scoperto che la loro dieta era prevalentemente vegetale, simile a quella degli erbivori moderni.

Questa scoperta smentisce l’ipotesi che la carne abbia avuto un ruolo centrale nelle prime fasi dell’evoluzione umana e solleva nuove domande sul momento esatto in cui il nostro lignaggio ha iniziato a consumare proteine animali in modo significativo.

Una dieta erbivora che sfida le teorie sullo sviluppo del cervello

Secondo gli esperti, la carne è tradizionalmente considerata un fattore chiave nell’evoluzione del cervello umano, grazie alla sua ricchezza di proteine, ferro e vitamine essenziali. Tuttavia, questa ricerca dimostra che i primi ominini non dipendevano dalla carne, suggerendo che il cervello umano si sia sviluppato inizialmente senza un grande apporto di carne nella dieta.

Gli ritengono che i primi Australopitechi si nutrissero principalmente di frutti, foglie, cortecce, radici e semi, con un’alimentazione più simile a quella di alcuni primati odierni. Solo con l’arrivo di specie successive la carne avrebbe assunto un ruolo più significativo, forse grazie all’invenzione di strumenti per la caccia e alla capacità di cucinare il cibo.

L’analisi isotopica conferma un’alimentazione simile a quella degli erbivori

Per verificare questa teoria, il team di ricerca ha analizzato gli isotopi di azoto e carbonio presenti nello smalto dentale degli Australopitechi. Gli isotopi si accumulano nei denti e nelle ossa in base alla dieta dell’individuo.

Confrontando i risultati con quelli di animali carnivori, erbivori e onnivori vissuti nello stesso ecosistema, i ricercatori hanno scoperto che i valori degli isotopi negli Australopitechi erano molto più simili a quelli degli erbivori. Questo conferma che non erano cacciatori né onnivori, ma si nutrivano prevalentemente di piante.

Implicazioni per l’evoluzione umana

Questa scoperta cambia la nostra visione sulle origini della dieta umana e suggerisce che il passaggio al consumo di carne sia avvenuto più tardi nell’evoluzione, probabilmente a causa di cambiamenti ambientali e della competizione per le risorse.

Il cambiamento climatico potrebbe aver spinto gli ominini verso una dieta più varia, includendo carne, insetti e tuberi ricchi di amido. Questo potrebbe aver favorito lo sviluppo del cervello e l’espansione delle capacità cognitive, ma in una fase successiva rispetto agli Australopitechi.

Lo studio mette in discussione una delle teorie più diffuse sull’evoluzione umana: quella che lega direttamente il consumo di carne all’aumento delle dimensioni del cervello. Gli Australopitechi dimostrano che i nostri antenati potevano sopravvivere e svilupparsi con un’alimentazione prevalentemente vegetale.

Questa scoperta apre nuove domande sulla datazione e le motivazioni dietro l’introduzione della carne nella dieta degli antenati. I prossimi studi potrebbero fornire risposte più dettagliate su questo capitolo della storia evolutiva.

Fonte: CaseTina Lüdecke

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Che cosa viene definita regola del 37%

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La vita quotidiana è costellata di decisioni che spaziano da quelle banali a quelle cruciali per il nostro benessere futuro. È fondamentale comprendere quando sia opportuno fermarsi nella ricerca di un’opzione e procedere a una scelta definitiva. La “ del 37%” rappresenta una strategia utile per orientarsi in questo contesto. Questa regola consiglia di rifiutare le prime opzioni disponibili fino a raggiungere il 37% delle possibilità, per poi selezionare la prima alternativa successiva che risulti migliore di tutte quelle precedentemente considerate. In questo modo, è possibile massimizzare le probabilità di fare una scelta soddisfacente.

Il problema della scelta ottimale

Prendiamo in considerazione un esempio pratico: la ricerca di un impiego. Dobbiamo prendere decisioni rapide dopo ogni colloquio. Rifiutare un’offerta significa perdere l’opportunità, poiché il posto sarà eventualmente assegnato a un altro candidato. I criteri di scelta non sono sempre misurabili in modo oggettivo, il che rende difficile fornire un punteggio ai vari lavori. È quindi essenziale stabilire un metodo per valutare se accettare un’opzione quando non abbiamo la visibilità su quelle future.

Equilibrio tra informazioni e scelte

Quando ci sono diverse possibilità, l’approccio strategico può fare la differenza. Con un solo colloquio, sarà necessario accettare. Con due colloqui, abbiamo il 50% di probabilità di scegliere il migliore. Con tre opportunità, possiamo migliorare questa probabilità aumentando il numero di opzioni attraverso una selezione più ponderata. In particolare, il secondo colloquio offre la possibilità di confronto con il primo e consente di prendere una decisione più informata, mantenendo aperta la possibilità di una terza opzione.

Applicazione della Regola del 37%

Considerando le diverse possibilità di carriera, possiamo indicare i colloqui come A, B e C, dove A rappresenta la miglior opportunità, B una e C la peggiore. La strategia di accettare il primo che sia migliore del primo colloquio permette di arrivare alla scelta ottimale in circa il 50% dei casi. Tuttavia, con l’aumento delle opzioni disponibili, questa percentuale tende a scendere. In effetti, si stabilizza attorno al 37%, valore fondamentale della regola, alla convergenza della probabilità di successo.

Questo approccio si applica anche al dedicato alla ricerca, suggerendo di scartare le offerte fino a una certa data e quindi scegliere l’alternativa migliore successivamente. La regola fornisce un modello attraverso il quale orientarsi nella complessità delle decisioni quotidiane, rimanendo consapevoli dei rischi e delle opportunità che ogni scelta comporta.

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L’asfalto che si ripara da solo viene creato da scienziati inglesi grazie all’IA

Un asfalto autorigenerante, sviluppato con intelligenza artificiale e biomassa, potrebbe eliminare le buche nel Regno Unito e migliorare la sostenibilità stradale.

Una recente innovazione potrebbe affrontare il problema delle buche sulle strade del Regno Unito, con potenziali applicazioni anche in altre nazioni. Un gruppo di ricercatori ha un asfalto capace di auto-ripararsi, riducendo la necessità di interventi di manutenzione. Questa tecnologia, progettata con intelligenza artificiale e strumenti di sostenibilità, potrebbe rappresentare un significativo passo avanti nella manutenzione delle infrastrutture stradali.

Funzionamento e caratteristiche dell’asfalto autorigenerante

L’asfalto, noto per le sue proprietà vischiose, è comunemente utilizzato per la costruzione di strade. Tuttavia, il processo di ossidazione nel porta a una maggiore fragilità e alla formazione di crepe. I ricercatori hanno quindi sviluppato un metodo innovativo che consente all’asfalto di ripararsi autonomamente, prolungando la vita delle strade e diminuendo la necessità di costosi interventi di riparazione. Questo approccio potrebbe anche contribuire a costruire strade a basse emissioni, data la connessione tra produzione di bitume e inquinamento stradale.

Materiali sostenibili e innovazione

Il progetto non si limita alla sola riparazione delle strade ma si propone anche di rendere l’asfalto più ecologico. I ricercatori mirano a imitare le proprietà autoguarenti presenti in natura, con l’obiettivo di creare un materiale che utilizzi scarti di biomassa, riducendo così la dipendenza da risorse naturali. Questa innovazione potrebbe avere un impatto globale nel settore delle infrastrutture, contribuendo a un’economia più sostenibile.

Molti cittadini di diverse città, in particolare quelli colpiti da problemi di dissesto stradale, potrebbero trarre beneficio dall’implementazione di tale tecnologia, che finalmente affronta in modo innovativo una delle questioni più discusse nel contesto urbano.

Fonte: Swansea University

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Scossa di magnitudo 4.8 avvertita a Messina, Palermo e Reggio Calabria, terremoto alle Eolie

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Oggi, venerdì 7 febbraio 2025, alle ore 16:19, una di terremoto di magnitudo 4.8 è stata registrata al largo delle coste siciliane, nell’arcipelago delle Isole Eolie. L’epicentro del sisma si trova tra le isole di Alicudi e Filicudi, a una profondità di circa 16 km. La scossa è stata non solo nelle Isole Eolie, ma anche nelle città di Messina, Reggio Calabria, Catania e Palermo. Anche le località di Cefalù e Capo d’Orlando, sulla costa settentrionale della Sicilia, hanno segnalato una percezione marcata del fenomeno. Finora, non sono stati riportati danni significativi, ma il sisma è seguito da altre tre scosse di magnitudo superiore a 2.

Cause del terremoto

Per approfondire le cause di questa scossa, è utile consultare l’immagine del database DISS (Database of Individual Seismogenic Sources). Il punto evidenziato in giallo rappresenta l’epicentro del terremoto, posizionato in prossimità di due aree di colore arancione, che indicano sistemi di faglie del Tirreno meridionale. La profondità di queste faglie varia tra i 2 e i 18 km, in linea con la profondità di 16 km registrata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

Contesto storico

L’area delle Isole Eolie non è a eventi sismici. Analizzando i dati storici, si nota che nel dei secoli sono stati registrati vari terremoti in questa porzione del Tirreno, anche se non comparabili ai gravi eventi accaduti nel messinese. Un esempio significativo è il terremoto del 1908, che raggiunse una magnitudo di 7. e scatenò un maremoto, devastando gran parte delle città di Messina e Reggio Calabria e mietendo circa 80.000 vittime.

Ulteriori informazioni e aggiornamenti sulla situazione sonto disponibili tramite fonti ufficiali e riviste specializzate nel monitoraggio sismico.

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