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3 gravissimi incidenti sull’Etna, 2 vittime. Geopop effettua riprese per il documentario sui vulcani

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Aggiornamento delle ore 20:13

Due delle persone coinvolte negli incidenti sul versante sud dell’Etna hanno perso la vita. La prima vittima, uno sci-alpinista di circa sessant’anni, avrebbe scivolato, battendo la testa e perdendo conoscenza. Non sono ancora chiare le circostanze che hanno coinvolto un ragazzo di 17 anni, recuperato nelle vicinanze della Valle del Bove.

Incidenti sul vulcano innevato

Il 26 gennaio 2025, alle ore 17:48, la troupe di Geopop era nelle vicinanze per le di un documentario italiani, in particolare sull’Etna. Giunta al rifugio Citelli, la squadra ha assistito a una complessa operazione di soccorso che ha visto l’impiego di mezzi terrestri e aerei. Diversi incidenti sono avvenuti nelle stesse ore lungo le pendici dell’Etna, coinvolgendo tre persone, tra un diciassettenne ritrovato nella Valle del Bove.

Operazioni di soccorso in corso

Le operazioni di soccorso sono state avviate con la partenza di un elicottero del 118 dal piazzale del rifugio, mentre la troupe stava per completare una sessione di moto-ride. Attualmente, le condizioni sanitarie delle persone coinvolte non sono ancora chiare, ma alcune di esse risultano in gravi condizioni.

Il numero di incidenti accaduti lungo le pendici dell’Etna mette in evidenza l’importanza di adottare misure di sicurezza adeguate quando si attività sulla montagna. Gli aggiornamenti dal luogo dell’accaduto saranno forniti nel corso della giornata.

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Qual è il significato di questo?

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Il Giorno della memoria è una ricorrenza che commemora l’Olocausto, il massacro di sei milioni di ebrei e di altri milioni di persone, perpetrato Germania nazista e dai suoi alleati durante la Seconda guerra mondiale. L’Olocausto può essere inteso come sterminio del popolo ebraico, noto anche come Shoah, oppure come il totalitarismo del regime nazista che colpì anche altre minoranze. Importante è riconoscere che milioni di ebrei e altre categorie furono deportati nei campi di sterminio, dove furono uccisi o costretti a lavorare fino alla morte in condizioni disumane.

Il Giorno della memoria

Il Giorno della memoria è stato istituito in vari Paesi europei, in Nord America e in Israele per onorare le dell’Olocausto. La data del 27 gennaio è la più diffusa in quanto segna la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz nel 1945 da parte dell’Unione Sovietica. In Italia, la giornata è stata introdotta nel 2000, commemorando non solo la Shoah, ma anche le vittime italiane del nazismo e gli ebrei perseguitati dal regime fascista. Le celebrazioni si svolgono in scuole, televisione e istituzioni attraverso iniziative culturali.

L’origine della Shoah: l’antisemitismo

L’antisemitismo, radicato nel mondo occidentale fin dai antichi, ha visto gli ebrei discriminati e perseguitati, subendo deportazioni e massacri. Sebbene inizialmente basato su motivi religiosi, nel XIX e XX secolo si è evoluto collegandosi al razzismo. Con l’ascesa del Partito nazista in Germania, l’antisemitismo divenne uno dei principi fondamentali della loro ideologia, portando all’introduzione di leggi discriminatorie e a violenze di massa contro gli ebrei e altre categorie considerate inferiori.

L’inizio dell’Olocausto e i campi di sterminio

Dopo l’occupazione della Polonia e di parte dell’Unione Sovietica, reparti speciali delle SS, noti come Einsatzgruppen, iniziarono ad eliminare gli ebrei e altre categorie. Nel 1942, i nazisti decisero di attuare la “soluzione finale” per lo sterminio del popolo ebraico. Durante periodo, l’organizzazione del massacro assunse dimensioni sistematiche, con deportazioni nei campi di sterminio, fra Auschwitz, dove si utilizzavano metodi di uccisione sia in camere a gas che attraverso lavori forzati in condizioni di vita disumane.

Non solo gli ebrei furono vittime dell’Olocausto: omosessuali, avversari politici, e altre categorie furono anch’essi deportati e sterminati. Gli storici stimano che il numero totale delle vittime del nazismo sia compreso tra 12,5 e 17,5 milioni, di cui circa 5,9 milioni erano ebrei.

In Italia, la collaborazione con i nazisti da parte della Repubblica di Salò portò alla ricerca e alla deportazione degli ebrei nei campi di transito. Le reazioni dei cittadini italiani furono diverse: alcuni si opposero attivamente all’antisemitismo, mentre altri contribuirono all’identificazione delle persone da deportare.

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Suggerimenti per risolvere i crash delle applicazioni su Android e iPhone

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È frequente imbattersi in un delle applicazioni sui dispositivi mobile, sia su smartphone Android che . Questa anomalia si presenta quando un’applicazione si chiude inaspettatamente, lasciando l’utente sulla schermata iniziale. Le cause di tali problemi possono variare: spesso sono imputabili a incompatibilità con il operativo o a bug nel codice dell’app stessa. Per affrontare questa problematica, si può in genere risolvere mediante il riavvio dell’applicazione o del dispositivo, oppure disinstallando e reinstallando l’app che sta causando inconvenienti.

Aggiornare il software

L’aggiornamento delle applicazioni e del sistema operativo rappresenta una corretta prassi per risolvere eventuali problematiche. Gli sviluppatori frequentemente rilasciano aggiornamenti per correggere bug noti e migliorare la compatibilità con i dispositivi. Pertanto, se un’app presenta malfunzionamenti, è consigliabile accedere al Play Store di Android o all’App Store di iPhone per verificare la presenza di aggiornamenti disponibili e installarli. Anche il sistema operativo deve essere mantenuto aggiornato: su Android è possibile farlo navigando in Impostazioni > Sistema > Aggiornamento software, mentre su iOS si deve procedere attraverso Impostazioni > Generali > Aggiornamento software. Assicurarsi di avere sempre le versioni più recenti delle applicazioni e del sistema operativo non solo migliora le prestazioni, ma contribuisce anche a una maggiore protezione contro attacchi informatici.

Cancellare la cache o reinstallare l’app

Se un’app a bloccarsi nonostante gli aggiornamenti, il problema potrebbe derivare cache. La cache è uno spazio in cui vengono temporaneamente memorizzate informazioni relative alle app per migliorarne le prestazioni, ma dati danneggiati possono portare a crash. Per affrontare questo problema su Android, si può procedere a cancellare la cache andando in Impostazioni > App e notifiche > Tutte le app > [nome app] > Spazio di archiviazione > Svuota cache. Su iPhone, invece, si consiglia di disinstallare l’app accedendo a Impostazioni > Generali > Spazio > [nome app] > Elimina app, per poi reinstallarla dall’App Store.

Riavviare le app o il dispositivo

Chiudere le app aperte non è sempre la strategia migliore per risparmiare batteria; tuttavia, può risultare utile quando un’app non risponde più. Se un’app si congela, può essere efficace chiuderla e riaprirla successivamente. Se il problema persiste, il riavvio del dispositivo potrebbe risolvere molte problematiche riscontrate.

Liberare spazio

Un dispositivo saturo di file inutili, come fotografie o video obsoleti e app poco utilizzate, può influire negativamente sul funzionamento delle applicazioni. Pertanto, è opportuno effettuare una pulizia regolare per liberare spazio. Se la memoria di sistema è insufficiente, le app potrebbero chiudersi in modo anomalo a causa della mancanza di risorse.

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Dalla “birra” di Lavet alla porta di Duchamp

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Nella storia dell’arte del Novecento si sono verificati diversi episodi in cui opere d’arte sono state scambiate per oggetti comuni, portate a casa o addirittura buttate, ritenute spazzatura. Questi eventi hanno interessato anche importanti musei e manifestazioni artistiche.

Incidenti alla Biennale di Venezia e in Germania

Durante la Biennale di Venezia del 1968, era esposta una celebre “” di Marcel Duchamp, che si apriva e chiudeva contemporaneamente. Un imbianchino, scorgendo la superficie scrostata, decise di verniciare l’opera, alterandone il significato. Un caso simile accadde negli anni ’80 al Museo di Leverkusen, in Germania, dove il personale di pulizia pulì accidentalmente una vasca da bagno “sporca” del noto artista Joseph Beuys.

Installazioni scambiate per immondizia

Nel 2001, un’installazione di Damien Hirst, esposta alla Eyestorm Gallery di Londra, venne scartata perché scambiata per immondizia; essa era composta da bottiglie di , tazzine da caffè e posaceneri pieni. Nel 2004, una parte dell’opera di Gustav Metzger, esposta alla Tate Britain, finì nel cestino a causa del suo aspetto, essendo un sacco nero collocato vicino al resto dell’opera. Anche in Italia si sono verificati episodi simili: nel 2014, un’addetta delle pulizie buttò due opere durante una rassegna di arte contemporanea a Bari, confondendole con cartacce di giornale.

Confusioni nei musei contemporanei

L’anno seguente, al Museion di Bolzano, una grande installazione del duo Goldschmied e Chiari intitolata Dove andiamo a ballare questa sera? venne smontata dal personale delle pulizie, scambiata per avanzi di una festa. L’opera, composta da mozziconi di sigaretta, bottiglie di champagne vuote e coriandoli, fu ricostruita successivamente. Inoltre, nel 2022, un episodio coinvolse una donna di 72 anni che, vedendo una giacca da appesa al Museo Picasso di Parigi, la portò a casa, pensando fosse stata dimenticata. In realtà, si trattava di un’opera dell’artista Oriol Vilanova esposta nella mostra Picasso à l’image.

Nel 2024, un’altra opera si unì alla lista delle vittime della confusione: l’opera di Alexandre All the good times we spent together, che consisteva in due piccole “lattine di birra” realisticamente dipinte, venne scambiata per spazzatura e scartata da un membro dello staff al museo LAM nei Paesi Bassi. Episodi di genere evidenziano una persistente confusione tra arte e rifiuto.

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I password manager: funzionamento e sicurezza dei gestori di password

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Ricorrere a un buon manager, ovvero a strumenti progettati per generare, salvare e gestire password in modo sicuro, è un metodo efficace per proteggere la sicurezza informatica. L’utilizzo di questi strumenti non solo aumenta la sicurezza dei propri account, ma semplifica anche l’accesso ai numerosi servizi online utilizzati quotidianamente. Per accedere a tutte le password memorizzate, è sufficiente ricordare la master password, una chiave che consente l’accesso alla “cassaforte virtuale”. Questo articolo esplora il funzionamento, i vantaggi e le sfide associate ai password manager.

Cos’è un password manager

Un password manager è un’applicazione progettata per memorizzare in modo sicuro tutte le credenziali di accesso ai propri account, come nomi utente e password. L’obiettivo principale è facilitare la creazione di password complesse e uniche per ogni servizio, riducendo così il rischio di attacchi informatici. Esistono diverse tipologie di password manager, tra :

  • Password manager locali: Questi memorizzano e gestiscono le credenziali sul dispositivo di utilizzo, funzionando anche offline. Le password essere contenute in file crittografati. Tuttavia, questo tipo di manager può essere meno pratico su più dispositivi e risulta vulnerabile in caso di furto o danneggiamento del dispositivo.
  • Password manager basati sul cloud: I più diffusi, consentono di accedere alle credenziali da qualsiasi dispositivo connesso a Internet. Memorizzano i dati nel cloud e utilizzano la crittografia zero-knowledge per garantire la sicurezza. L’accesso avviene tramite un’app o un’estensione per browser.
  • Password manager del browser: Integrati nelle principali applicazioni di navigazione, questi gestori compilano automaticamente i campi d’accesso. Sebbene siano convenienti, sono generalmente considerati meno sicuri rispetto alle altre opzioni.
  • Password manager basati su hardware: Utilizzati principalmente in ambito aziendale, questi strumenti richiedono un componente hardware per accedere alle credenziali.

Come funziona un password manager

Il funzionamento di un password manager varia in base alla sua tipologia. Per i gestori basati sul cloud, è raccomandabile pianificare su quali dispositivi saranno utilizzati. È importante scegliere un password manager compatibile con il operativo e il browser, e stabilire una password principale sicura ma memorabile. Una strategia raccomandata è l’uso di frasi composte da parole casuali. In aggiunta, è consigliabile abilitare l’autenticazione a due fattori (2FA) per un livello di sicurezza ulteriore.

Molti gestori di password offrono anche la possibilità di memorizzare altri dati sensibili, come le informazioni delle carte di credito, e, se supportano l’autocompletamento, possono semplificare l’esperienza durante gli acquisti online. Infine, è consigliabile utilizzare un generatore di password integrato per sostituire eventuali password semplici con opzioni più complesse.

Quanto è sicuro un password manager

L’uso di un password manager può aumentare significativamente la sicurezza delle credenziali di accesso, a patto sia impiegato uno strumento di alta qualità. È fondamentale che un password manager utilizzi crittografia avanzata, come l’AES a 256 bit, che assicura che solo gli utenti autorizzati possano accedere ai dati. Questo sistema di cifratura, adottato da numerose istituzioni e aziende, offre 2256 combinazioni possibili, rendendo difficile l’uso di attacchi brute-force per indovinare le chiavi.

La crittografia AES a 256 bit è un algoritmo simmetrico, richiedendo la stessa chiave per cifrare e decifrare i dati. Non tutti i password manager adottano crittografia; alcuni utilizzano AES a 128 bit, che è meno sicuro ma comunque efficace contro la maggior parte degli attacchi.

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Urinare seduti: analisi sui Paesi in cui gli uomini preferiscono questa pratica e benefici per la salute.

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L’abitudine di per gli presenta un’interessante intersezione tra cultura, igiene e salute. In diversi Paesi, pratica è considerata insolita e non conforme alle norme di mascolinità, come nel caso dell’Italia, mentre in altri, come la Germania, è comunemente accettata. Tale scelta, sebbene possa apparire marginale, ha dimostrato di apportare benefici alla salute, in particolare per gli uomini anziani, riducendo il rischio di infezioni urinarie e di problematiche alla prostata.

La distribuzione geografica: Paesi dove gli uomini urinano seduti

Un’indagine realizzata da YouGov evidenzia che la Germania è il Paese europeo dove più uomini tendono a urinare seduti. Questa abitudine è talmente diffusa da aver creato un termine specifico, Sitzpinkler, usato, talvolta, in modo ironico o dispregiativo. Altri Paesi in cui questa pratica è comune includono la Svezia e i Paesi Bassi, mentre in nazioni come il Regno Unito e l’Italia, urinare seduti risulta meno accettato, associato spesso a una percezione negativa legata alla mascolinità.

yougov paesi in cui uomini urinano da seduti Credit: YouGov

Urinare seduti o in piedi: motivi culturali e sociologici

Il modo in cui si urina è in gran parte influenzato dalla cultura di un popolo, poiché le pratiche quotidiane sono fortemente associate a norme sociali e simbolismi. Mary Douglas, nel suo libro Purity and Danger (1966), analizza come le norme igieniche riflettano sistemi simbolici legati all’idea di “pulito” e “impuro”. Analogamente, Michel Foucault in Sorvegliare e punire (1975) descrive il corpo come un contesto in cui si esercitano poteri disciplinari e simbolici.

Il gesto di urinare non è pertanto un semplice atto biologico, ma rappresenta un “atto culturale” che può rispecchiare il rispetto verso normative sociali o determinati sistemi di valori, come quelli legati alla mascolinità. Secondo studi sociologici e antropologici, urinare in piedi può essere visto come un simbolo della virilità, sebbene tale percezione sia, dal punto di vista medico, controproducente.

I benefici per la salute di urinare seduti per gli uomini

Numerosi benefici per la salute sono associati all’abitudine di urinare seduti. Un’analisi pubblicata National Center for Biotechnology Information (NCBI) indica che questa posizione facilita un migliore svuotamento della vescica, minimizzando il rischio di infezioni urinarie e di disfunzioni prostatiche, specialmente negli uomini più anziani. Urinare seduti consente ai muscoli pelvici di rilassarsi completamente, promuovendo un flusso urinario regolare, aspetto cruciale per chi affronta ostruzioni prostatiche o problemi di minzione.

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Perché viene sentito dolore e come gestirlo

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Il è un meccanismo di difesa attivato dal nostro organismo per proteggere il corpo da potenziali danni. attivato da stimoli nervosi specifici, quali quelli termici, fisici o infiammatori, che vengono raccolti e trasmessi al cervello attraverso il midollo spinale. meccanismo, comune a molte specie animali e con profonde radici evolutive, è essenziale per la sopravvivenza. Esistono diverse tipologie di dolore, come quello somatico e psicosomatico, ciascuna con una funzione specifica. Tuttavia, quando il dolore si trasforma in una condizione cronica, perde il suo ruolo adattativo, presentando una sfida per la medicina moderna. La sta esplorando terapie farmacologiche e approcci innovativi, come la neurostimolazione, per alleviare il dolore cronico e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

Cosa ci fa sentire il dolore

L’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore, nel 2020, ha aggiornato la propria definizione di dolore, descrivendolo come “un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata, o somigliante a quella associata, a un danno tissutale reale o potenziale”. Questa definizione evidenzia l’importanza della componente soggettiva e della funzione di allerta preventiva del dolore. Fisiologicamente, il dolore è generato da un sofisticato sistema di allerta che coinvolge l’apparato nervoso, con la trasmissione del dolore che inizia nei nocicettori, recettori specializzati capaci di rilevare stimoli dannosi attraverso la modifica di speciali proteine in risposta a fattori come temperature estreme o infiammazioni.

Il segnale generato viaggia lungo le fibre nervose fino al midollo spinale, dove viene elaborato da interneuroni che amplificare o inibire il segnale stesso. In seguito, il segnale raggiunge il cervello tramite il talamo, che lo redistribuisce alla corteccia somatosensoriale e alle aree limbiche, coinvolte nelle emozioni e nella memoria. In questa fase avviene l’integrazione delle dimensioni sensoriali ed emotive dell’esperienza dolorosa.

Perché esiste il dolore? Le ragioni evoluzionistiche

Sebbene il dolore sia percepito come negativo, esso gioca un ruolo cruciale nella sopravvivenza, fungendo da sistema di allerta contro pericoli imminenti e impedendo ulteriori danni al corpo. Elementi costitutivi del sistema percettivo del dolore sono ampiamente conservati tra molte specie animali, suggerendo origini antiche e indicando che il dolore è un meccanismo fondamentale per la sopravvivenza.

La validità evolutiva del dolore come tratto adattivo dipende dalle sfide ambientali, come la presenza di predatori o competizione per risorse, che rendono necessaria la capacità di rispondere velocemente a lesioni. Allo stesso modo, la durata della vita di una specie svolge un ruolo importante: negli animali con una vita più lunga, il dolore può fungere da meccanismo di apprendimento, mentre in quelli con una vita breve, i costi energetici del mantenimento di un sistema del dolore complesso possono non essere compensati dai benefici.

La gestione del dolore

In alcune circostanze, il dolore può diventare un fattore di intralcio nella guarigione. La scienza ha sviluppato diverse strategie per alleviare il dolore, dai farmaci agli interventi comportamentali. Gli analgesici bloccano i segnali dolorosi a livello periferico o riducono l’infiammazione, mentre gli oppioidi si legano ai recettori del sistema nervoso centrale, limitando la percezione del dolore. Anche metodi non farmacologici, come la neurostimolazione, sono utilizzati per modificare gli impulsi elettrici dolorifici diretti al cervello, in particolare per il trattamento del dolore cronico.

Il dolore cronico è definito come un dolore persistente o ricorrente che dura per tre mesi o più, trasformandosi in una condizione che può compromettere significativamente la qualità di vita. Questa forma di dolore è spesso segno di una disfunzione del sistema nervoso, in grado di amplificare o mantenere la sensazione dolorosa, anche in assenza di una causa chiara. Esempi di dolore cronico includono condizioni come lombalgia, fibromialgia e dolore neuropatico. La gestione di tale fenomeno rappresenta una delle sfide più complesse e attuali della medicina.

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Le macchine possono davvero provare emozioni? Il futuro dell’empatia digitale ai tempi dell’IA viene analizzato.

L’intelligenza artificiale sta prendendo piede in diversi settori, portando con sé interrogativi etici, ambientali e sulla privacy.

@Dall-e/GreenMe

Il progresso tecnologico ha portato l’intelligenza artificiale a esplorare la possibilità di riconoscere ed elaborare le umane. L’uso di tecnologie avanzate, come il riconoscimento delle espressioni facciali e l’ vocale, ha reso questa idea una realtà emergente. Tuttavia, si pone la questione se un algoritmo possa realmente comprendere gli stati d’animo o se si tratti semplicemente di simulazione.

L’IA empatica nel settore del customer service

Attualmente, gli algoritmi impiegati nel customer service riescono a diagnosticare frustrazioni e insoddisfazioni in tempo reale, adattando le risposte per gestire meglio le interazioni. Tuttavia, solleva dubbi sulla vera natura di tali interazioni: è genuina empatia o solo una reazione programmata?

Possibilità per sanità e istruzione

I settori della sanità e dell’istruzione potrebbero trarre grande beneficio da queste tecnologie. In ambito sanitario, strumenti in grado di interpretare le emozioni dei pazienti potrebbero migliorare significativamente l’assistenza. Allo stesso modo, in classe, software capaci di monitorare il coinvolgimento e le emozioni degli studenti potrebbero consentire un approccio educativo più personalizzato. Ciò solleva importanti interrogativi sulla privacy e monitoraggio delle emozioni.

Impatto ambientale e sostenibilità

Il progresso dell’IA empatica con sé anche preoccupazioni ambientali. Le tecnologie necessarie per l’implementazione di tali sistemi comportano un elevato consumo energetico, contribuendo alle emissioni di CO₂. I data center, fondamentali per l’IA, sono tra i principali responsabili di questo impatto. È cruciale che il futuro dello sviluppo tecnologico privilegi soluzioni sostenibili ed energeticamente efficienti.

Un’ulteriore considerazione riguarda le questioni etiche legate all’uso di IA capaci di interpretare emozioni. L’analisi dei sentimenti umani presenta rischi per la privacy, poiché i dati potrebbero essere utilizzati per monitoraggio o manipolazione. La possibilità che un algoritmo possa simularne l’empatia potrebbe cambiare il nostro approccio alle interazioni umane.

Il futuro dell’IA empatica appare carico di potenziale, ma sono necessarie discussioni approfondite su come integrare tali tecnologie nella nostra vita quotidiana in modo responsabile. La vera sfida risiede nel bilanciare i vantaggi offerti dalla tecnologia con la necessità di garantire il rispetto della privacy e dei diritti individuali.

Fonte: Nature

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Ecco chi continua a usarli

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I floppy disk sono supporti di memoria magnetici che appartengono ormai a un’epoca passata. Con il progresso tecnologico che ha portato alla diffusione di supporti più capienti e veloci, come le chiavette USB e più recentemente il cloud, il dischetto di plastica da 3,5 pollici inventato da IBM nel 1967 è considerato obsoleto. Tuttavia, c’è ancora chi utilizza questo formato in ambiti specifici, sia da hobbisti che da professionisti.

Utilizzi contemporanei dei floppy disk

Un esempio interessante degli utilizzi contemporanei dei floppy disk proviene dal mondo musicale. Espen Kraft, un musicista e YouTuber norvegese, conserva una vasta collezione di floppy disk utilizzati per la sua musica elettronica. Quando cerca suoni particolari, Kraft consulta le scatole piene di floppy disk, che conservano campioni audio provenienti da sintetizzatori vintage. Per lui, utilizzare questi dischi rappresenta un momento significativo e creativo, evidenziando come il formato, sebbene obsoleto, possa stimolare la creatività.

In ambito industriale, i floppy disk continuano a essere utilizzati in settori critici, come l’aerospaziale. Alcuni Boeing 747, ad esempio, utilizzano floppy disk per caricare aggiornamenti software sui sistemi di navigazione e avionici. Nonostante la loro crescente rarità, questi dischi forniscono resistenza nei sistemi a lungo termine e compatibilità con hardware obsoleto, rendendoli insostituibili in certe circostanze. Inoltre, i floppy disk sono elementi essenziali per il di alcuni sistemi di trasporto pubblico, come la Muni Metro di San Francisco, dove vengono impiegati quotidianamente per caricare software necessario al funzionamento delle stazioni.

In un contesto di informatica, la fisicità del floppy disk offre una protezione “naturale” contro i malware, limitando le possibilità di attacco a un singolo punto di ingresso. Anche alcuni ricercatori accademici fanno uso di floppy disk per archiviare dati, poiché queste tecnologie consentono di replicare esperimenti con precisione. Infine, il retrogaming ha generato una domanda per i giochi e i dati di salvataggio su floppy disk, mantenendo vivo l’interesse per questo formato vintage tra gli appassionati.

Declino dei floppy disk

I floppy disk, introdotti negli anni ’70 e diffusisi negli anni ’80 e ’90, hanno visto il loro utilizzo diminuire drasticamente a causa della limitata capacità di archiviazione. Un floppy disk da 3,5 pollici può contenere al massimo ,44 MB di dati, un valore insignificante rispetto ai dispositivi di archiviazione moderni. Per esempio, per raggiungere la capacità di un comune hard disk da 1 TB, sarebbero necessari oltre 694.000 floppy disk.

Nonostante queste evidenti limitazioni tecniche, il fascino per i floppy disk non è completamente scomparso. In alcuni settori, questi supporti sono stati utilizzati fino a recenti. Il sistema di controllo delle armi nucleari dell’esercito statunitense, ad esempio, ha funzionato con floppy disk fino all’estate del 2019, mentre il governo giapponese ha continuato a richiedere documenti su questo supporto fino all’estate del 2024. La produzione di floppy disk ha cessato di esistere nel marzo del 2011, quando Sony ha fabbricato l’ultimo esemplare.

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La sconfitta di nazisti e fascisti da parte dei sovietici nella battaglia di Stalingrado del 1942-‘43

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La battaglia di è considerata uno degli scontri più decisivi della Seconda Guerra Mondiale. Combattuta tra l’estate del 1942 e il 2 febbraio 1943, territorio attuale della Russia, vide contrapporsi l’Armata rossa sovietica, che ne uscì vittoriosa, alle forze dell’Asse, incluse le truppe naziste. conflitto segnò un’inversione decisiva nel fronte orientale della guerra, dominato da una imponente mobilitazione di e mezzi: si contarono circa 29 milioni di soldati dell’Armata rossa e 17 milioni dell’Asse tra il 1941 e il 1945. Nonostante le prime conquiste tedesche, la resa della 6a Armata a Stalingrado il 2 febbraio 1943 rappresentò un punto di non ritorno per le forze naziste.

Il fronte orientale della guerra

L’inizio del fronte orientale coincide con l’Operazione Barbarossa, l’invasione dell’Unione Sovietica da della Germania, avvenuta il 22 giugno 1941. Adolf Hitler, nonostante un patto di non aggressione con l’URSS, puntava a sconfiggere i sovietici per estendere il dominio tedesco in Europa. Gli invasori, incarnando la dottrina della superiorità ariana, ritennero necessaria la sottomissione dei russi e l’eliminazione della dirigenza politica locale. Nel 1941, l’URSS subì l’invasione di 3.500.000 soldati provenienti dall’Asse, che avanzarono rapidamente occupando vaste aree del territorio sovietico.

L’offensiva tedesca e la risposta sovietica

Nel 1942, l’avanzata verso Stalingrado fu rapida e decisiva. La città, strategicamente posizionata lungo il fiume Volga, divenne il fulcro della resistenza sovietica, con un ordine fermo da parte di Stalin di non cedere. La battaglia si trasformò in un intenso combattimento urbano, caratterizzato da uno scenario devastato. Nonostante i progressi iniziali dei nazisti, l’Armata rossa organizzò una controffensiva che culminò nell’Operazione Urano, lanciata il 19 novembre 1942.

La conclusione del conflitto

Dopo un tentativo di sfondare l’accerchiamento con l’Operazione Tempesta invernale, che fallì, le forze sovietiche intensificarono la pressione. Le difficili condizioni invernali e la mancanza di rifornimenti contribuirono al crollo delle truppe tedesche. La resa della 6a Armata il 2 febbraio 1943 sancì una vittoria decisiva per l’Armata rossa. Circa 1.500.000 soldati dell’Asse e 1.800.000 dell’Armata rossa furono coinvolti nel conflitto, con perdite stimate in un milione per le truppe dell’Asse e 500.000 per i sovietici.

La battaglia di Stalingrado non solo segnò la prima grande sconfitta della Germania nazista ma anche l’inizio di una serie di offensive che avrebbero condotto alla caduta di Berlino nel 1945 e alla definitiva sconfitta del nazifascismo.

La memoria della battaglia di Stalingrado

Oggi, la battaglia di Stalingrado rimane un elemento cruciale nella memoria storica russa e internazionale. Seppur la città abbia cambiato nome in Volgograd nel 1961, il suo significato storico è rimasto intatto. Un monumento significativo, La madre patria chiama!, fu eretto nel 1967, simboleggiando il ricordo della vittoria sovietica. Numerosi film e canzoni commemorano l’evento, contribuendo a mantenere viva la memoria di questa battaglia epocale.

La Madre Patria chiama. Monumento a Volgograd

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Esistenza del “Pianeta Nove”: scoperte e teorie sul nono pianeta che rivoluzionerebbe il Sistema solare.

Un pianeta invisibile potrebbe spiegare i misteriosi moti di alcuni oggetti oltre Nettuno, aprendo nuovi scenari sull’evoluzione del Solare

©NASA

Da anni gli scienziati si interrogano sull’esistenza di un possibile pianeta nascosto nel nostro Sistema Solare. Soprannominato “Pianeta ”, questo corpo celeste ha attirato l’attenzione della comunità scientifica per la sua capacità di spiegare i moti anomali di alcuni oggetti situati nelle remote regioni oltre Nettuno. Se confermata, la presenza di Pianeta Nove rappresenterebbe una vera rivoluzione nella comprensione dell’evoluzione del Sistema Solare.

Un pianeta invisibile che potrebbe spiegare l’evoluzione del Sistema Solare

L’ipotesi di Pianeta Nove si basa principalmente sul comportamento gravitazionale anomalo degli Oggetti Trans-Nettuniani Estremi (ETNOs). Questi corpi celesti, situati a grandi distanze dal Sole, mostrano traiettorie altamente eccentriche, che sembrano essere influenzate dalla presenza di un pianeta massiccio e ancora non rilevato.

I ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti dal telescopio Pan-STARRS per escludere circa l’80% delle posizioni precedentemente ipotizzate per il Pianeta Nove, restringendo così significativamente l’area di ricerca.

Secondo uno degli autori di uno studio in merito, “le prove a favore dell’esistenza del Pianeta Nove sono troppe per essere ignorate”. Le simulazioni suggeriscono che, se esiste, potrebbe essere il quinto oggetto più grande del Sistema Solare, con una massa compresa tra quella della Terra e quella di Urano.

Un meteorite potrebbe svelare la posizione del Pianeta Nove

Un elemento di ricerca particolarmente interessante riguarda l’analisi del meteorite CNEOS14, caduto nell’Oceano Pacifico nel 2014. Inizialmente classificato come un oggetto interstellare, successive analisi hanno individuato anomalie statistiche nella sua traiettoria.

Gli studiosi hanno rilevato una correlazione significativa tra la fonte del meteorite e la posizione prevista per il Pianeta Nove. Questi risultati supportano l’ipotesi del “messaggero”, secondo l’effetto gravitazionale del Pianeta Nove avrebbe deviato il meteorite verso la Terra.

Le simulazioni indicano che Pianeta Nove potrebbe trovarsi a oltre 500 unità astronomiche (AU) dal Sole, una distanza che lo renderebbe estremamente debole e difficile da osservare con i telescopi attualmente disponibili. Secondo le , potrebbe trattarsi di una “Super-Terra” (un pianeta roccioso più grande della Terra) o di un “Sub-Nettuno” (un gigante gassoso più piccolo di Nettuno). Entrambe le ipotesi lo renderebbero unico nel contesto dei pianeti conosciuti.

Sfide e controversie sulla ricerca del Pianeta Nove

Nonostante i progressi tecnologici, l’identificazione del Pianeta Nove resta un’impresa complessa. La sua luminosità intrinsecamente bassa e l’immensità dello spazio ne rendono l’individuazione particolarmente difficile. Progetti di osservazione come quello del Vera Rubin Observatory sono attualmente in corso per tentare di rilevare questo sfuggente pianeta.

La comunità scientifica, tuttavia, non è unanime sull’esistenza del Pianeta Nove. Alcuni ritengono che le orbite peculiari degli ETNO possano essere spiegate da bias osservativi piuttosto che dall’influenza gravitazionale di un pianeta nascosto. Altri ipotizzano teorie alternative per spiegare i fenomeni osservati.

La traiettoria di CNEOS14 potrebbe offrire nuove opportunità di ricerca: studiando il suo percorso a ritroso, i ricercatori sperano di individuare con maggiore precisione la posizione del Pianeta Nove, ipotizzando che possa trovarsi nelle vicinanze delle costellazioni di Ariete, Toro e Cetus.

Osservatori come il Javalambre Observatory stanno attualmente analizzando queste aree per individuare tracce di questo misterioso corpo celeste. La ricerca del Pianeta Nove non è solo un’indagine astronomica, ma anche un viaggio di conoscenza, che riflette l’inesauribile curiosità umana verso l’universo.

Fonte: NASA

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“Migrant Child” verrà tolto dal muro

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L’opera Migrant di Banksy a Venezia.

Nei prossimi giorni, il murale *Migrant Child* (“bambino migrante”), realizzato dal noto street artist Banksy, sarà rimosso per essere sottoposto a restauro. Situato nel 2019 su un di Palazzo Pantalon nel quartiere Dorsoduro di Venezia, il murale rappresenta un bambino con espressione addolorata che lancia un razzo fucsia nella speranza di essere visto e salvato, mentre le acque del canale lo minacciano. A causa dell’umidità, della salsedine e del traffico del Rio Novo, il murale ha subito un rapido degrado. Nel marzo 2024, Banca Ifis ha acquistato Palazzo Pantalon con l’intento di restaurare l’opera.

Il dibattito sul restauro

Il progetto di restauro ha suscitato un acceso dibattito tra il pubblico e gli esperti del settore: se alcuni sostengono che rimuovere un’opera di street art dal suo contesto originale sia un’azione inappropriata, altri ritengono che l’opera debba essere considerata un bene culturale da preservare nel .

Il restauro di un murale comporta l’utilizzo di tecniche sofisticate di conservazione, già praticate da secoli da artigiani esperti. Questo solleva interrogativi sulla reale intenzione di Banksy riguardo alla permanenza del suo e sulla sua possibile decadenza, che potrebbe rappresentare un messaggio intrinseco all’opera stessa.

Il restauro e le tecniche utilizzate

Il restauro dell’opera, frutto di una gara d’appalto vinta dallo studio di architettura di Zaha Hadid in collaborazione con vari enti, è previsto per i prossimi giorni. La procedura di rimozione prevede l’uso della “tecnica dello strappo”, che consiste nel coprire il murale con una tela di stoffa, seguita dall’utilizzo di uno scalpello per staccare delicatamente la parte dell’opera attaccata al muro.

Dopo il restauro, l’opera potrà essere riattaccata al suo muro originale oppure collocata in uno spazio espositivo. Nel caso di *Migrant Child*, si considerano varie opzioni, tra cui la possibilità di una nuova collocazione a Venezia, accompagnata da una riproduzione.

Il dibattito sul valore della decontestualizzazione e la volontà dell’artista , mentre la discussione su come gestire l’arte pubblica in contesti vulnerabili rimane aperta.

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