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Quando ci sarà, cosa succederà e come usare il dispositivo

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Windows 10 si avvicina alla conclusione del suo ciclo di vita, con il supporto ufficiale che terminerà il 14 ottobre 2025. A partire da tale data, Microsoft non fornirà più aggiornamenti di sicurezza né supporto tecnico per questo sistema operativo. Gli utenti continueranno a utilizzare i propri computer, ma le necessarie protezioni e aggiornamenti, la piattaforma diventerà sempre più vulnerabile agli attacchi informatici e alle incompatibilità con nuove .

Fine del supporto di Windows 10: cosa implica

La “fine del supporto” si traduce nella cessazione degli aggiornamenti e dell’assistenza da parte di Microsoft. Dopo dieci anni di aggiornamenti regolari, Windows 10 non riceverà più patch di sicurezza o correzioni ufficiali. Questo scenario aumenta il rischio di esposizione a malware e attacchi informatici, poiché eventuali vulnerabilità scoperte dopo il termine del supporto non verranno risolte. Anche se il sistema operativo continuerà a funzionare, non è consigliabile proseguire l’uso di versioni non supportate a lungo termine.

Inoltre, le applicazioni, tra Microsoft 365 e versioni precedenti di Office, smetteranno di ricevere supporto su Windows 10, il che potrebbe limitare l’utilizzo di software aggiornati e sicuri. Gli utenti di Microsoft 365 non avranno più accesso alle funzionalità delle applicazioni su Windows 10, a causa del mancato rispetto dei requisiti di sistema richiesti.

Opzioni per gli utenti di Windows 10

Per coloro che utilizzano Windows 10, l’opzione principale è aggiornare a Windows 11, che assicurerà supporto a lungo termine. Tuttavia, è importante considerare che Windows 11 presenta requisiti hardware più rigorosi rispetto a Windows 10, inclusi un processore compatibile, almeno 4 GB di RAM e un modulo TPM 2.0. Qualora il attuale non soddisfi questi requisiti, necessario valutare l’acquisto di un nuovo PC compatibile.

Per chi non desidera o non può passare a Windows 11, ci sono alternative come ad esempio l’adozione di un sistema operativo Linux. Questa scelta può offrire supporto e sicurezza senza costi aggiuntivi, ma richiederà un periodo di adattamento e potrebbe non essere ideale per chi utilizza software specifici che operano esclusivamente su piattaforme Windows.

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Il saluto “romano”: significato e origine, non era usato nell’antica Roma

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Il recente dibattito sul ” ha avuto nuova attenzione in seguito a eventi e dichiarazioni pubbliche. Il saluto, noto anche come saluto fascista, consiste nel teso del braccio destro, formando un angolo di circa 135 gradi rispetto al corpo, con le dita della mano unite. Nonostante il nome, questa forma di saluto non usata nell’antica Roma ma è stata associata alla civiltà romana solo in epoche più recenti. Negli anni ’20 del Novecento, il gesto fu adottato dal regime fascista come saluto ufficiale, diventando simbolo di ideologie di estrema destra. Oggi, il saluto è presente nei movimenti neofascisti e, in alcuni paesi, come l’Italia, è soggetto a divieti legali in specifiche circostanze.

Origini del saluto “romano”

La dimostrazione del saluto “romano” non ha origini nell’antica Roma; non vi sono prove, né letterarie né iconografiche, che attestino la diffusione. Alcune opere artistiche del periodo romano mostrano figure con il braccio alzato, ma si trattano di gesti diversi. Il saluto acquista la sua connotazione moderna attraverso il neoclassicismo, un movimento artistico che si sviluppò tra il Settecento e l’Ottocento. Un’opera di Jacque-Louis David, realizzata nel 1784 e intitolata Il giuramento degli Orazi, presentava un gesto simile a quello del saluto “romano”, contribuendo alla sua associazione con l’antichità.

Il saluto “romano” e il fascismo

Il regime fascista, instaurato nel 1922, adottò vari simboli provenienti dall’occupazione dannunziana di Fiume, tra il saluto “romano”. Questo gesto veniva percepito dai fascisti come un tributo alla grandezza dell’antica Roma, che ambivano a rappresentare. Durante il fascismo, si cercò di promuovere l’uso di questo saluto come segno di appartenenza al partito, mentre la tradizionale stretta di mano subì una forte disapprovazione. La sua diffusione si estese anche ad altri regimi affini, tra cui il nazismo, che ne adottò una variante.

Il saluto oggi

Con la sconfitta del nazismo e del fascismo nella Seconda Guerra Mondiale, l’uso del saluto “romano” conobbe una significativa diminuzione, divenendo un simbolo di oppressione e ideologia autoritaria. Tuttavia, persiste in ambiti di estrema destra. In Italia, il saluto “romano” è vietato dalla legge Scelba e dalla legge Mancino, ma tali divieti si applicano solo in circostanze che minacciano l’ordine pubblico o promuovono il reato di ricostituzione del partito fascista. Di conseguenza, il gesto è frequentemente utilizzato in contesti non perseguibili legalmente da parte di gruppi estremisti.

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Polivinilidenfluoruro in uso in diversi settori industriali

Il (PVDF) si conferma come uno dei più promettenti, grazie alle sue eccezionali proprietà meccaniche, chimiche ed elettroattive. Questo polimero semicristallino e relativamente idrofobico trova applicazione in diversi settori, spaziando dalle batterie a ioni di litio ai dispositivi medici.

Proprietà e Stabilità

Il PVDF, oltre a essere piezoelettrico e stabile chimicamente, è spesso impiegato per rinforzare materiali compositi. Resistente alla corrosione e a vari tipi di agenti chimici, questo polimero mantiene le sue proprietà anche in ambienti sfavorevoli, risultando biocompatibile e approvato dalla Federal Drug Administration per il contatto con gli alimenti. La sua stabilità termica e meccanica lo rende particolarmente versatile: possiede un punto di fusione di 171–180 °C e una temperatura di cristallizzazione compresa tra 141 e 151 °C.

e Sintesi

Il PVDF presenta una struttura complessa, con almeno cinque fasi cristalline ben definite. Tra queste, la fase β è particolarmente interessante per le sue proprietà piezoelettriche superiori. La sintesi del PVDF avviene tramite polimerizzazione del fluoruro di vinilidene (VDF), attraverso processi che possono includere la polimerizzazione in sospensione o in emulsione a varie temperature e pressioni.

Le applicazioni del polivinilidenfluoruro sono molteplici e si estendono a campi come l’elettronica, l’industria chimica e quella farmaceutica. Grazie alle sue proprietà piezoelettriche, è utilizzato in sensori e trasduttori acustici. Inoltre, la versatilità del materiale permette la di componenti per dispositivi elettronici, nonché il suo impiego nell’industria automobilistica e nell’ingegneria nucleare. Le caratteristiche di resistenza chimica e meccanica lo rendono adatto per applicazioni in ambienti di alta temperatura e in presenza di sostanze corrosive.

Fonte

Argento utilizzato per creare un albero decorativo

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Esperimento dell'albero di argento

L’esperimento dell’albero di argento è un’opera chimica che prevede la deposizione di d’argento su una di , simulando un albero di Natale. Questo processo è governato da una reazione chimica semplice che consente di ottenere un risultato visivamente impressionante.

albero di argentoalbero di argento

Per realizzare l’albero di argento, sono necessari una soluzione di nitrato di argento e un filo di rame. La procedura prevede che il filo di rame, sagomato per somigliare a un albero, venga immerso in un recipiente trasparente contenente una soluzione di nitrato di argento.

Preparazione dell’albero di argento

La soluzione utile per l’esperimento è una soluzione di nitrato di argento con una concentrazione di 0.3 M. Per preparare 100 mL di questa soluzione, è necessario sciogliere 5.1 g di AgNO3 in acqua. Si raccomanda di guanti protettivi, poiché il nitrato di argento è tossico per ingestione e può macchiare la pelle e gli abiti. È fondamentale evitare che il filo di rame tocchi i lati del contenitore per garantire un risultato ottimale.

Chimica

Il fenomeno alla base dell’albero di argento è il diverso grado di reattività dei metalli coinvolti. Quando il rame viene esposto agli ioni di argento, il rame più reattivo perde elettroni e viene ossidato, mentre l’argento viene ridotto e si deposita sul filo di rame formando cristalli metallici. La reazione si può esprimere come segue:

Cu(s) + 2 AgNO3(aq) ⇄ Cu(NO3)2(aq) + 2 Ag(s)

Durante il processo, la soluzione assume una colorazione blu a causa della presenza di ioni rame. Questo esperimento dimostra l’applicazione dei potenziali normali di riduzione nella chimica, evidenziando le ossidoriduttive e le loro implicazioni pratiche.

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Cristallo formatosi in forma di albero

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L’albero di cristallo rappresenta un esperimento visivo e scientifico, utilizzabile come . Grazie a sostanze facilmente reperibili, offre non solo un tocco festivo, ma anche un’applicazione pratica di concetti chimici fondamentali.

Crescita dei

Il procedimento include la crescita di cristalli, che possono essere bianchi o colorati a seconda dell’uso di coloranti alimentari. Si può progettare un albero di cartone o spugna, la base viene immersa in una soluzione preparata. Con il passare del , piccoli cristalli inizieranno a formarsi sulle estremità dei rami, dando vita a un aspetto decorativo e affascinante.

Materiali necessari

Per realizzare l’albero di cristallo, sono richiesti i seguenti materiali:
– 90 mL di acqua
– 6 cucchiai di sale da cucina non iodato o, in alternativa, cloruro di calcio, borace o solfato di magnesio
– 90 mL di azzurrante ottico per bucato
– 15 mL di per uso domestico
– Coloranti alimentari

Le sostanze devono essere mescolate per ottenere una soluzione. La scelta dei materiali influenzerà l’aspetto finale dell’albero.

Processo di realizzazione

Per preparare l’albero di cristallo, una sagoma di spugna deve essere intrisa in acqua e poi strizzata per eliminare l’acqua in eccesso. Se si utilizza una sagoma di carta, questa deve essere priva di rivestimenti cerati o lucidi. Una volta disposta in un recipiente basso, la soluzione preparata viene versata e risale per capillarità, permettendo la formazione dei cristalli sulla superficie. Le condizioni ambientali, come la presenza di correnti d’aria e la luce solare, possono influenzare la velocità di crescita dei cristalli stessi.

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Elettricità generata dal calore: analisi della piroelettricità e delle sue applicazioni in diversi settori.

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La piroelettricità è un fenomeno che riguarda alcuni materiali dielettrici polari, i quali subiscono una variazione della loro polarizzazione in risposta ai cambiamenti di temperatura. Questo comportamento si manifesta anche con il rilascio di cariche superficiali nel momento in cui la temperatura del materiale fluttua, e quando la derivata della temperatura nel tempo (d T/d t) è diversa da zero.

Origine della piroelettricità

Nei cristalli, il fenomeno piroelettrico deriva da un momento di dipolo elettrico permanente che caratterizza la cella unitaria della cristallina. Questa polarizzazione intrinseca è influenzata da riscaldamenti e raffreddamenti, il che porta alla generazione di cariche elettriche su superfici specifiche del cristallo. A differenza della piezoelettricità, che si attiva mediante forze meccaniche, nella piroelettricità la variazione è causata da alterazioni termiche che portano gli atomi a oscillare rispetto alle loro posizioni neutre.

Le pratiche dei materiali piroelettrici sono molteplici e comprendono dispositivi come rilevatori di movimento, convertitori piroelettrici per energia solare, rilevatori di incendi, e strumenti per la salvaguardia della fauna, oltre alla diagnostica laser.

La storia della piroelettricità

La piroelettricità è stata menzionata per la prima volta dagli antichi Greci, intorno al 600 a.C. In particolare, il filosofo Teofrasto osservò una pietra nota come lyncurium in grado di attrarre oggetti, includendo vari metalli. Questa proprietà era probabilmente legata agli effetti di cariche elettrostatiche generate da cambiamenti di temperatura, come nel caso del minerale tormalina.

Nel 1717, il medico e chimico Louis Lemery pubblicò la prima descrizione scientifica di questo fenomeno. Successivamente, il naturalista svedese Carl von Linné associò la proprietà piroelettrica della tormalina all’elettricità, definendo il minerale “lapis electricus” (pietra elettrica).

Il termine piroelettricità è stato coniato nel 1824 dal fisico scozzese David Brewster, durante i suoi studi sul tartrato di soda e potassa. Questo materiale è stato il soggetto dell’importante scoperta della ferroelettricità da parte di Joseph Valasek circa un secolo più tardi.

I materiali piroelettrici

I materiali che presentano piroelettricità costituiscono un sottoinsieme di quelli piezoelettrici e possono essere classificati in quattro categorie principali: ceramiche, monocristalli, film sottili inorganici, e polimeri organici. Le ceramiche piroelettriche, in particolare, sono tra i più diffusi in applicazioni energetiche, grazie alle loro eccellenti proprietà.

Un esempio di ceramica piroelettrica di struttura perovskitica è il titanato di bario (BaTiO3), un cristallo ferroelettrico con un’alta costante dielettrica. Diverse ceramiche piroelettriche derivano anche dalla cosiddetta struttura bronzo al tungsteno, ognuna con specifiche formule chimiche come (A1)2 (A2)4 (C)4 (B1)2 (B2)8 O30.

Materiali monocristallini mostrano stabilità e controllabilità superiori grazie alla modifica del loro orientamento e composizione. Tra questi, il solfato di triglicina è comunemente usato nei rivelatori IR. I film sottili inorganici, invece, offrono svariati vantaggi per il loro utilizzo in sistemi elettronici e sensori flessibili.

I polimeri organici, sebbene possano avere un coefficiente piroelettrico inferiore rispetto ad altri materiali, presentano importanti vantaggi come la bassa permittività dielettrica, maggiore flessibilità e costi contenuti. Tra i materiali polimerici, il (PVDF) emerge per i suoi elevati coefficienti piroelettrici e piezoelettrici, rendendolo idoneo per applicazioni variegate, dalle batterie ai dispositivi medici.

Il coefficiente piroelettrico

La piroelettricità, in quanto misura della sensibilità termica, è particolarmente rilevante nei materiali ferroelettrici. Questi materiali sono studiati per il loro alto coefficiente piroelettrico (p), che quantifica la risposta del materiale a una variazione di temperatura. In termini pratici, un campione di materiale di questo tipo comporta una variazione di carica per unità di superficie con ogni grado di modifica della temperatura.

In un materiale piroelettrico, la polarizzazione tipicamente diminuisce all’aumentare della temperatura a causa di un aumento del disordine. Quando è applicato un campo elettrico, si genera una risposta misurabile come carica su superfici metalliche. I parametri che influenzano tale risposta sono rappresentati da relazioni matematiche, che considerano la permittività elettrica e la polarizzazione spontanea del materiale.

Applicazioni della piroelettricità

I sensori basati sulla piroelettricità utilizzano cristalli rivestiti da elettrodi per rilevare impulsi di calore, come nel caso di un impulso laser che modifica la polarizzazione del cristallo, generando corrente. Tali rilevatori possono rispondere solo a radiazioni modulate, risultando molto più rapidi rispetto ad altre tecnologie come le termopile, risentire delle radiazioni di fondo.

Un altro aspetto interessante della piroelettricità è l’uso di questi materiali nella raccolta di energia termica. A differenza dei materiali termoelettrici, che richiedono un gradiente di temperatura, i materiali piroelettrici necessitano di un cambiamento di temperatura per generare elettricità. Sono stati oggetto di studi per le loro potenzialità nelle conversioni energetiche e per il miglioramento della sostenibilità ambientale.

Infine, la piroelettricità si impiega anche nella catalisi, combinando l’effetto piroelettrico con reazioni di ossidoriduzione, aprendo la strada a nuove nella trasformazione energetica e nella bonifica ambientale. Si stima che l’efficienza di conversione energetica possa raggiungere valori ben superiori a quelli dei sistemi fotovoltaici.

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Materiali innovativi e intelligenti per applicazioni tecnologiche avanzate.

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Smart Materials

Gli smart materials, o materiali intelligenti, costituiscono una categoria innovativa di materiali in grado di modificare le proprie proprietà in risposta a cambiamenti nell’ambiente circostante. Questa adattabilità offre opportunità uniche nella progettazione di materiali reattivi, influenzando notevolmente l’evoluzione delle scienze dei materiali e delle biomediche.

Proprietà e Applicazioni

Gli smart materials si caratterizzano per la loro capacità di rispondere a stimoli esterni come temperatura, pressione, campi elettrici e magnetici. Operandosi in un’ampia gamma di contesti, da applicazioni nell’industria aerospaziale a quelle nelle tecnologie mediche, questi materiali presentano differenti classi, tra cui leghe, compositi, gel e polimeri.

La versatilità degli smart materials deriva dalla loro origine, che può essere sia organica, come le nanoparticelle a base di polimeri, sia inorganica, comprendente metalli e ossidi metallici. Queste proprietà sono essenziali per queste soluzioni innovative, poiché permettono di reagire e adattarsi a variazioni ambientali come temperatura, pH e luce.

Storia e Sviluppo

La ricerca sugli smart materials ha avuto inizio negli anni ’60, periodo in cui gli scienziati iniziarono a esaminare come alcuni materiali potessero modificare la loro forma in risposta a stimoli esterni. Progressi significativi sono raggiunti nel corso degli anni, grazie anche ai progressi in e ingegneria dei materiali.

Tradizionalmente, l’umanità ha sempre utilizzato materiali, con fasi di sviluppo delle civiltà che si sono concentrate sulle scoperte in questo campo. L’età del bronzo, ad esempio, ha segnato un momento cruciale grazie alla introduzione di materiali più resistenti rispetto a quelli precedenti, come la pietra.

Classificazione degli Smart Materials

La categorizzazione degli smart materials si basa sulla loro attitudine a rispondere a stimoli esterni, distinguendoli in attivi e passivi. Gli smart materials attivi modificano il loro comportamento a seconda delle condizioni, acquisendo capacità di trasformare e trasmettere energia. Un esempio emblematico è costituito materiali piezoelettrici, che convertono energia elettrica in forza meccanica.

Contrariamente, gli smart materials passivi non dispongono di tale capacità e possono semplicemente rilevare stimoli esterni. I materiali in fibra ottica rappresentano un buon esempio di questa categoria, utilizzati prevalentemente per applicazioni di rilevamento.

Tipi di Smart Materials

I materiali intelligenti possono essere ulteriormente distinti in base ai tipi di stimoli a cui rispondono. Tra questi, si trovano:

  • Materiali Termosensibili: Reagiscono ai cambiamenti di temperatura. Ad esempio, alcuni polimeri possono risultare solubili in acqua a basse temperature, diventando insolubili quando la temperatura aumenta.

  • Materiali Fotosensibili: Modificano le loro proprietà fisiche e chimiche a seguito dell’esposizione alla luce. Essi troveranno applicazione in vari Campi, inclusi archiviazione ottica e occhiali protettivi.

  • Materiali Elettrosensibili: Questi sgretolano forme o volumi in risposta a stimoli elettrici, con capacità di trasformazione di energia elettrica in meccanico.

  • Materiali Chimicamente Sensibili: Rispondono a variazioni di pH e temperatura, mostrando cambiamenti significativi nelle loro proprietà fisiche.

Esempi di Smart Materials

Una delle categorie più interessanti di smart materials è rappresentata dai polimeri a memoria di forma (SMP). Questi materiali sono capaci di modificare dimensioni e forma in funzione a diversi stimoli esterni e hanno applicazioni che spaziano dall’abbigliamento intelligente ai dispositivi medici. L’idea centrale dell’effetto memoria di forma dipende dalla morfologia del polimero e da specifici processi di lavorazione.

Un altro esempio notevole è rappresentato dai pigmenti termocromici, che cambiano colore in risposta a variazioni di temperatura. Questi pigmenti sono utilizzati in molte applicazioni pratiche, come imballaggi sensibili alla temperatura e prodotti interattivi.

I pigmenti fotocromici, a loro volta, modificano il loro colore quando esposti a radiazioni UV, trovando posto in una varietà di utilizzi, incluse applicazioni automobilistiche e aerospaziali.

Infine, gli idrogel, altro tipo di smart material, mostrano la capacità di rispondere a stimoli ambientali, adattando le loro proprietà fisiche a seconda delle condizioni. Nel settore medico, questi materiali intelligenti sono in grado di ottimizzare la somministrazione di farmaci e hanno prospettive promettenti nell’ingegneria tissutale.

Conclusione

In sintesi, gli smart materials rappresentano un’innovazione significativa che continua a evolversi, promettendo soluzioni rivoluzionarie in numerosi campi. Dai materiali che rispondono attivamente agli stimoli ambientali a quelli con applicazioni pratiche nella vita quotidiana, il futuro di questi materiali intelligenti è ricco di potenziali sviluppi e scoperte.

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Come vengono manipolate le fiamme dai mangiafuoco senza bruciarsi?

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La manipolazione del fuoco è una disciplina praticata fin dal Medioevo mangiatori di fuoco e dagli sputafuoco. Questi performer creano l’illusione di generare o consumare , ma la realtà è che interagiscono direttamente con esse, affrontando il che ne deriva. Questa forma d’arte richiede una notevole esperienza e conoscenza dei combustibili utilizzati, oltre a un’approfondita comprensione dei principi chimici che governano la combustione. Sebbene possa sembrare affascinante, la pratica del mangiare fuoco presenta rischi significativi, tra ustioni e potenziali malattie polmonari dovute all’esposizione prolungata a sostanze tossiche.

Tipologie di manipolazione del fuoco

La manipolazione del fuoco può essere suddivisa in due principali modalità: lo sputafuoco e il mangiatore di fuoco. Entrambe le tecniche si fondano su principi chimici basilari legati alla combustione. La combustione è infatti una reazione che coinvolge un combustibile, un comburente, come l’ossigeno, e una fonte di calore. La presenza di questi tre elementi consente l’innesco e il mantenimento della reazione.

Gli sputafuoco avviano la combustione spruzzando un combustibile incendiario su una torcia già accesa, mentre i mangiatori di fuoco interrompono la combustione escludendo l’ossigeno necessario.

L’arte dello sputafuoco

Per generare fiamme, gli sputafuoco riempiono la bocca di combustibile, liquido o in polvere, e lo espellono su una torcia accesa. La nebulizzazione del combustibile permette di aumentarne la superficie esposta all’ossigeno, facilitando l’accensione. Combustibili comunemente utilizzati includono cherosene, paraffina liquida e alcuni alcol. Tuttavia, è fondamentale utilizzare soltanto combustibili a bassa volatilità per minimizzare il rischio di ritorno di fiamma. Nonostante queste precauzioni, i performer possono incorrere in problematiche di salute a causa dell’esposizione a sostanze tossiche.

La tecnica dei mangiatori di fuoco

I mangiatori di fuoco spengono le fiamme asportando l’ossigeno dalla torcia. Inserendo la torcia in bocca e chiudendo le labbra attorno, isolano la fiamma dal flusso d’aria. Utilizzano la legge fisica secondo cui l’aria calda tende a salire, mantenendo la testa inclinata indietro per evitare di assorbire il calore. Un altro approccio consiste nel soffiare aria per spingere la fiamma più lontano dalla bocca.

Sicurezza nella manipolazione del fuoco

Trattandosi di una pratica altamente pericolosa, i performer seguono rigorose norme di sicurezza. È fondamentale non inalare durante la manovra per evitare incendi imprevisti, così come proteggere le normali vie respiratorie dal contatto diretto con fiamme aperte. L’abbigliamento deve escludere materiali infiammabili, ed è consigliabile mantenere una buona umidità orale per ridurre il rischio di scottature. Nonostante le precauzioni, i mangiatori di fuoco sono frequentemente soggetti a irritazioni, ulcere e diverse malattie respiratorie dovute all’esposizione prolungata a fumi tossici.

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Il falso mito di urlare in montagna e la possibilità di provocare valanghe viene smontato

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Spesso si afferma che urlare in possa , ma questa idea non ha fondamento. È una fake news alimentata da film, cartoni animati e fumetti. Per chiarire la questione, è utile citare lo studio “Avalanche triggering by sound: myth and truth“, pubblicato nel 2009 da un gruppo di ricercatori svizzeri specializzati in valanghe e meccanismi di innesco.

La misurazione delle onde di pressione

Ogni suono produce un’onda di pressione, misurata in pascal (Pa). Di seguito è riportata una tabella che sintetizza alcune fonti e i rispettivi valori di onde di pressione:

Fonte Onda di pressione
Urlo umano 2 Pa
Aereo di linea 20 Pa
Boom sonico 200 Pa
Detonazione esplosivo >1500 Pa

La soglia minima per il distacco

L’urlo umano si colloca al fondo della classifica con un valore medio di 2 pascal. Gli autori dello studio confermano che per indurre un fallimento strutturale in una massa nevosa già compromessa è necessaria un’onda di pressione di almeno 200-500 pascal. Se le condizioni sono più stabili, questo valore sarà proporzionalmente più alto.

Di conseguenza, la voce umana produce un’onda di pressione almeno due ordini di grandezza inferiore rispetto alla soglia richiesta per provocare una valanga, confermando che si tratta di un mito basi scientifiche. Come riportato dagli autori:

“In di forte instabilità, quando si osservano spesso valanghe naturali, può verificarsi una coincidenza tra grida e distacco, ma non sarà possibile affermare che il distacco sia stato causato dalle grida.”

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La capitale federale degli Stati Uniti e la sua creazione

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Washington, con una popolazione di poco meno di 700mila abitanti, è stata fondata il 16 luglio 1790 e da allora è la capitale degli . Situata lungo il fiume Potomac, si estende nel District of Columbia, incastonato tra gli stati del Maryland e della Virginia. La città ospita le principali istituzioni del governo federale, inclusi la Bianca, il Campidoglio, la Corte Suprema, la Biblioteca del Congresso e numerose sedi di ministeri e ambasciate. Washington rappresenta anche il palcoscenico di cerimonie significative della democrazia statunitense, come l’insediamento del Presidente, che tradizionalmente avviene nel mese di gennaio.

Attenzione a non confondere Washington con Washington, D.C. (District of Columbia): il primo è uno stato situato nell’angolo nord-ovest degli USA, mentre il secondo è il distretto federale che costituisce la capitale.

La creazione del District of Columbia e di Washington, D.C.

L’idea di creare un nuovo centro politico e la successiva realizzazione di un piano urbano si colloca nei primissimi anni di vita degli Stati Uniti, ai tempi dell’indipendenza dalle colonie britanniche. La necessità di identificare una sede “neutrale” per il governo federale, escludendo città come New York o Philadelphia. Pertanto, il Congresso e il primo presidente decisero di progettare una nuova capitale, selezionando un’area strategica lungo il Potomac, con i due stati che cedettero 25 km², dando vita al District of Columbia.

I progetti di Pierre Charles L’Enfant per la capitale degli Stati Uniti

Il progetto fu affidato all’architetto Pierre Charles L’Enfant, il quale propose un piano urbanistico innovativo, con strade larghe e grandi viali diagonali. Gli incroci avrebbero dovuto condurre a piazze e parchi, con l’intento di facilitare la viabilità e indirizzare lo sguardo dei visitatori verso gli edifici del potere, come il Campidoglio e la Casa Bianca.

Il piano di L'Enfant per Washington DC, modificato da Andrew Ellicott nel 1792
Il piano di L’Enfant per Washington DC, modificato da Andrew Ellicott nel 1792. Fonte: Library of Congress per Wikimedia commons

Un cantiere lungo decenni

Nonostante la visione ideale di L’Enfant, il progetto affrontò sfide significative, come la scarsità di fondi e la mancanza di infrastrutture. Edifici chiave, come il Campidoglio e la Casa Bianca, richiesero anni per essere completati. Il Campidoglio, iniziato nel 1793, fu ufficialmente inaugurato solo nel 1826, mentre la Casa Bianca fu ultimata nel 1800. La crescita della città accelerò durante la presidenza di Jefferson ma subì un rallentamento nel 1814, quando la città fu occupata e in gran parte incendiata durante un conflitto con gli inglesi.

Washington D.C., una città-monumento

Negli anni successivi, Washington si sviluppò meno rapidamente di altre metropoli statunitensi, mantenendo una connotazione principalmente politica. Tra il XIX e il XX secolo, il Mall divenne sede di alcuni monumenti rappresentativi, incluso il monumento a Washington, inaugurato nel 1888. Questo obelisco, con i suoi 169 metri, è ancora oggi l’edificio più alto della città.

washington monument
Il Washington Monument.

Il Mall ospita anche il Lincoln Memorial, inaugurato nel 1922, e il Jefferson Memorial, completato nel 1943.

lincoln memorial
Il Lincoln Memorial a Washington.

Negli anni, il centro di Washington ha preso forma attraverso manifestazioni di protesta e la vita amministrativa, rappresentando uno specchio della nazione.

Il Palazzo del Campidoglio di Washington ancora in costruzione (1861)
Il Palazzo del Campidoglio di Washington ancora in costruzione (1861). Fonte: Library of Congress per Wikimedia commons

La cerimonia di insediamento del Presidente

L’insediamento di un nuovo Presidente, avvenuto il 20 gennaio 2025, ha registrato un’eccezione: a causa di temperature rigide, la cerimonia si è svolta al chiuso, nel Palazzo del Campidoglio, interrompendo una tradizione. Dalla cerimonia di Ronald Reagan nel 1981, i presidenti si sono insediati nel National Mall, creando competizioni per la più alta affluenza di pubblico. Il record è detenuto da un insediamento del 2009, quando la partecipazione si aggirò tra un milione e mezzo e due milioni di persone.

Il Palazzo del Campidoglio a Washington DC
Il Palazzo del Campidoglio a Washington DC. Credit: David Maiolo, via Wikimedia commons

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Dal luogo più freddo d’Italia si arriva al leggendario “lago rosso”

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Il Trentino-Alto Adige è una regione a statuto speciale del Nord Italia, che comprende le province autonome di Trento e Bolzano, quest’ultima conosciuta anche come Alto-Adige o Sud Tirolo. Con una superficie di 13.606 km² e una popolazione di 1.082.702 abitanti, la regione è caratterizzata da un territorio montuoso e paesaggi rinomati in tutto il mondo, tra cui le Dolomiti, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Questa zona affascina i visitatori grazie ai suoi laghi alpini, foreste di conifere, valli verdi e una gastronomia tipica che include piatti come strudel di mele, canederli e gulash. Gli abitanti parlano tre lingue: italiano, tedesco e ladino, riflettendo la doppia anima della regione. Ecco dieci curiosità distintive del Trentino-Alto Adige.

Perché il Trentino-Alto Adige ha due nomi?

La regione si suddivide in due province autonome con culture e tradizioni diverse. A sud si trova la Provincia autonoma di Trento, con una popolazione di circa 545.180 abitanti, che parla perlopiù italiano, ma anche forme dialettali e minoranze germanofone. L’origine del termine “Trentino” è attribuita al latino Tridentum, relativo alla città di Trento nel periodo , mentre a nord vi è la Provincia autonoma di Bolzano, conosciuta come Südtirol, dove circa 536.900 abitanti parlano principalmente tedesco e affondano le loro radici nella tradizione tirolese.

I numeri del Trentino-Alto Adige

Il Trentino-Alto Adige confina con Svizzera e Austria e presenta un territorio montuoso all’interno delle Alpi Orientali. Con 1.082.702 abitanti distribuiti su 13.606 km², la regione mostra una densità di popolazione di 80 abitanti per km². Le due province autonome ospitano 282 comuni, per lo più di piccole dimensioni, con Trento e Bolzano che contano rispettivamente 118.825 e 106.445 abitanti.

Le Dolomiti: patrimonio dell’umanità dell’UNESCO

Le Dolomiti, nel cuore delle Alpi Orientali, sono celebri per la loro bellezza ineguagliabile. Questi rilievi presentano caratteristiche riconoscibili come torrioni bianchi e guglie svettanti, creando paesaggi mozzafiato. Si stima che queste montagne siano emerse circa 250 milioni di anni fa e sono state inserite nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel 2009 per la loro eccezionale bellezza naturale e il loro significato geologico.

Il fenomeno dell’enrosadira

L’enrosadira, termine ladino che significa “diventare di colore rosa”, è un fenomeno ottico che si verifica quando le cime delle Dolomiti si tingono di tonalità calde al tramonto o all’alba. Questo effetto è causato dalla rifrazione della luce sulla dolomia, un minerale presente nelle montagne, e varia in base alla posizione e al periodo dell’anno.

I Krampus

Nel mese di dicembre, il Trentino-Alto Adige celebra una tradizione in cui San Nicolò e i Krampus, figure mitologiche demoniache, sfilano per le strade. La celebrazione attrae migliaia di visitatori che si uniscono ai festeggiamenti mentre chioschi offrono prodotti locali e vin brulé.

Le mele della Val di Non

La Val di Non è una delle aree più importanti per la produzione di mele in Europa. Inizialmente dedicata ad altre coltivazioni, la melicoltura ha preso piede in questa regione a seguito della crisi agricola del XIX secolo, grazie a condizioni ideali per lo sviluppo delle piante. Oggi, la Val di Non è sinonimo di frutticoltura avanzata, contribuendo significativamente all’economia locale.

La temperatura più bassa mai registrata in Italia

Nel 2013, la Busa Fradusta, parte delle Pale di San Martino, ha registrato la temperatura più bassa in Italia, pari a -49.6 °C. Questa depressione carsica naturale, situata a 2.600 metri di altitudine, ha una predisposizione all’accumulo di aria fredda, rendendola un luogo unico per tali fenomeni estremi.

Il mistero del lago rosso di Tovel

Il di Tovel, situato nel parco naturale Adamello Brenta, noto per la sua colorazione rossa che si verificava nei mesi estivi, dovuta alla proliferazione di un’alga. Questa colorazione è legata a una leggenda locale, anche se scientificamente è attribuibile a fattori ecologici e ambientali. Oggi, grazie a un minore inquinamento, il fenomeno si è significativamente ridotto.

Ötzi, la mummia del Similaun

Nell’1991, è stata rinvenuta la mummia di un uomo di 5.000 anni fa sulle Alpi Venoste, nota come “Ötzi”. Questa scoperta ha fornito preziose informazioni sull’epoca del e sulla vita degli uomini preistorici. I resti sono attualmente conservati al Museo Archeologico dell’Alto Adige a Bolzano.

Il campanile del lago di Resia

Curon Venosta ospita un campanile sommerso nel lago di Resia, un sito che racconta una di dislocamento forzato di una comunità nel 1950 a causa della costruzione di una diga. La punta del campanile romanico emerge dalle acque, e si narra che nelle notti invernali si possano udire le antiche campane, simbolo di un passato ormai perduto.

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Pastiglie per lavastoviglie fatte in casa: motivi per cui non funzionano come quelle acquistate

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Negli ultimi tempi, sui social stanno emergendo tutorial su come realizzare per la lavastoviglie utilizzando ingredienti come aceto, sale e limone frullato. L’idea di risparmiare utilizzando ingredienti naturali è allettante. Tuttavia, è opportuno esaminare da vicino l’efficacia di tali alternative rispetto ai prodotti specifici disponibili in commercio.

Cosa c’è in una pastiglia per lavastoviglie “industriale”

Le pastiglie per lavastoviglie industriali contengono una combinazione di sostanze chimiche formulate per garantire la pulizia ottimale. Tra queste, spiccano:

  • Sbiancanti a base di ossigeno (come il percarbonato di sodio): rilasciano ossigeno attivo che aiuta a rimuovere macchie e odori;
  • Policarbossilati: contrastano l’azione del calcare, garantendo l’efficacia dei tensioattivi;
  • Tensioattivi: essenziali per sgrassare e rimuovere residui oleosi;
  • Enzimi (amilasi, proteasi): “digeriscono” amidi e proteine, facilitando la rimozione dei residui alimentari;
  • Profumi: conferiscono un odore piacevole al lavaggio finale.

Questa formulazione garantisce l’efficacia nella rimozione di grassi, carboidrati e coloranti.

Composizione chimica pastiglie lavastoviglie

Perché le pastiglie fatte in casa non funzionano

Le ricette casalinghe per le pastiglie di lavastoviglie, che prevedono l’utilizzo di limone, acqua, aceto e sale, potrebbero apparire facili e convenienti. Tuttavia, questi ingredienti non forniscono i componenti chimici necessari per una pulizia profonda.

L’acido citrico del limone e l’acido acetico dell’aceto non possono sostituire i veri agenti detergenti. Risulta così limitato il potere sgrassante rispetto ai detergenti specifici. Inoltre, l’ossigeno “attivo” presente nei percarbonati è assente nelle miscele casalinghe. Anche l’assenza di enzimi specializzati rende più difficile rimuovere i residui alimentari.

La mancanza di tensioattivi e sbiancanti riduce notevolmente l’efficacia delle pastiglie fai-da-te. Sebbene la lavastoviglie utilizzi acqua ad alta pressione, i residui più ostinati richiedono un’azione chimica specifica per essere rimossi completamente.

schiscetta contenitore di plastica unto

Le pastiglie fai-da-te possono rovinare la lavastoviglie

Oltre all’efficacia nella pulizia, le pastiglie in possono compromettere la conservazione dell’elettrodomestico. L’acidità dell’aceto e del limone può danneggiare nel le guarnizioni interne e il materiale di scambio ionico utilizzato per ridurre il calcare.

Le miscele fai-da-te, quindi, non possono competere con la formulazione complessa delle pastiglie per lavastoviglie industriali. È consigliabile utilizzare sempre prodotto specifici per garantire lavaggi efficaci e prolungare la durata dell’elettrodomestico.

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