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La Luna “circondata” dalle Pleiadi: un affascinante spettacolo osservabile ad occhio nudo sta per ripetersi.

Luna e Pleiadi: uno spettacolo celeste da non perdere

Se sei appassionato di astronomia, segna subito sul calendario la serata del 19 ottobre, perché si verificherà un unico nel suo genere: la Luna si avvicinerà alle , creando uno mozzafiato che potremo ammirare se il cielo sarà sereno.

Un incontro magico nel firmamento

L’Unione astrofili italiani ha descritto questo fenomeno come un incontro ravvicinato tra la nostra Luna e il famoso ammasso stellare delle Pleiadi. L’appuntamento è fissato per la sera del 19 ottobre, in direzione della costellazione del Toro. Per coloro interessati a vedere come si presenterà il cielo in quella notte, è consigliabile consultare una mappa stellare relativa a quell’ora, intorno alle 23:30.

Un cielo pieno di sorprese

Questa straordinaria combinazione celeste segue il recente “” tra la Luna e Saturno. Le Pleiadi sono già di per sé uno spettacolo visivo unico: in aree prive di inquinamento luminoso è possibile ammirare a 12 stelle, mentre anche nelle città più illuminate, con condizioni meteorologiche favorevoli, ci si può aspettare di contare almeno 4 o 5 stelle.

La Luna, in concomitanza con questo evento, sarà particolarmente suggestiva, avvicinandosi alla fase di piena. Il 17 ottobre, infatti, potremo ammirare la Superluna del Cacciatore, nota per essere la più grande e luminosa dell’anno.

Ma le sorprese non finiscono qui: nei giorni successivi, la Luna sarà protagonista di incontri con Marte e Giove, offrendo un’occasione imperdibile per alzare gli occhi al cielo e lasciarsi incantare dalla sua bellezza.

Se desideri approfondire ulteriormente, puoi consultare la fonte ufficiale.

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L’influenza della Bibbia della Demonologia nella lunga e feroce persecuzione delle streghe per 300 anni.

Il Terribile Impatto del Malleus Maleficarum nella Caccia alle Streghe Il Malleus Maleficarum, scritto nel 1487 dal frate domenicano Heinrich Kramer, è stato un elemento cruciale nella persecuzione delle presunte streghe in Europa per un periodo di circa 300 anni. Questo testo ha diffuso rapidamente l’idea della stregoneria, considerandola una minaccia per l’ordine sociale e giustificando così la caccia spietata alle streghe, che ha portato alla morte di migliaia di persone incaute.

L’Influenza della Stampa nella Diffusione del Terrore L’introduzione della stampa nel 1450 ha giocato un ruolo fondamentale nella propagazione del Malleus Maleficarum e nell’incitare all’ossessione per la caccia alle streghe. Presentata non solo come una forma di magia, ma come un pericolo effettivo per la morale e la società religiosa, la stregoneria è stata vista come un male da estirpare. Autorità religiose e imperiali hanno supportato questa concezione, spingendo i governanti a permettere la violenza di massa contro presunti praticanti di stregoneria.

Geografia Infuocata dei Processi Studi recenti hanno evidenziato che l’aumento delle accuse di stregoneria in 553 comuni dell’Europa centrale tra il 1400 e il 1679 è strettamente correlato alle pubblicazioni del Malleus Maleficarum. La vicinanza temporale e geografica alla diffusione del testo ha aumentato significativamente il numero di processi per stregoneria avviati dalle comunità. Le accuse si sono diffuse come un’epidemia, sfruttando meccanismi simili alla propagazione delle idee moderne, influenzate anche dalle pressioni delle comunità circostanti.

Eredità Duratura del Malleus Maleficarum L’idea della caccia alle streghe promossa dal Malleus Maleficarum ha avuto effetti duraturi sul comportamento sociale e politico. Questo testo ha contribuito a formare l’immagine della stregoneria come una minaccia organizzata e sovversiva, influenzando le politiche di persecuzione che hanno segnato la storia europea. Uno studio pubblicato su Theory and Society mette in luce come il Malleus Maleficarum abbia plasmato la percezione collettiva della stregoneria e le misure repressive adottate in risposta. Se vuoi approfondire, puoi consultare la fonte originale dell’articolo su [Theory and Society](https://link.springer.com/article/10.1007/s11186-024-09576-1). Potrebbe interessarti anche leggere:[Fonte Verificata](https://www.greenme.it/scienza-e-tecnologia/archeologia/come-la-bibbia-della-demonologia-ha-scatenato-una-brutale-caccia-alle-streghe-durata-300-anni/) ![Wikimedia Commons](https://via.placeholder.com/150)

Ritorna un incantevole evento astrale: il “bacio” tra Luna e Saturno, non lasciamocelo sfuggire!

Lunedì 14 ottobre: Il suggestivo incontro tra Luna e Saturno nel cielo

Il 14 ottobre segna un da non perdere per gli amanti dell’astronomia: la congiunzione tra e Saturno. Anche se non si tratta di un fenomeno raro, continua ad affascinare chiunque lo contempli. Se il cielo sarà sereno quella sera, sarà possibile ammirare questo senza l’ausilio di un telescopio, anche se un binocolo di qualità potrebbe rivelarsi utile per cogliere ogni dettaglio del pianeta degli Anelli.

Il Fascino della Congiunzione tra Luna e Saturno

Durante la serata del 14 ottobre, gli appassionati potranno assistere all’avvicinamento della Luna a Saturno, creando un momento di grande suggestione. Questo evento si verifica quando i due corpi celesti raggiungono la minima distanza angolare, un fenomeno visibile nella costellazione dell’Acquario. Consultando una mappa, sarà possibile pianificare l’osservazione del cielo intorno alle 22.00.

immagine Stellarium

©Stellarium

Un Ottobre Stellare di Osservazioni Celesti

Vi consigliamo di dedicare del anche nei giorni successivi per osservare altre interessanti congiunzioni celesti. Durante la stessa settimana, la Luna ci offrirà la possibilità di ammirare le , Marte e Giove. Non lasciatevi sfuggire l’occasione di vivere momenti di pura meraviglia!

Fonte: UAI

Articolo tratto da: GreenMe

Villa Adriana continua a sorprendere: rinvenuta una sala banchetto circondata da acqua nel Palazzo dell’Imperatore romano.

La Straordinaria Scoperta del Triclinio Acquatico a Villa Adriana

Un recente straordinario ritrovamento è avvenuto durante una campagna di scavi condotta dall’Università Pablo de Olavide a . Gli archeologi hanno riportato alla luce un triclinio acquatico, una struttura innovativa progettata per impressionare i visitatori dell’imperatore Adriano. Questo sito, situato a soli 28 chilometri da Roma, rappresenta non solo un insieme di stanze, ma un’armoniosa fusione tra architettura, natura, e lusso, offrendo un’esperienza unica.

Sviluppo di un Design Unico e Simbolico

I ricercatori si sono concentrati sul portico centrale del Palazzo, un luogo storico dedicato alla residenza più antica di Adriano. Qui, la scoperta del triclinio acquatico ha svelato una piattaforma centrale da su tre lati. Questo design, quasi onirico, stupiva gli ospiti durante i banchetti, con l’acqua che lambiva i loro piedi, creando un’atmosfera di meraviglia accanto ai pregiati marmi circostanti.

Questa struttura si distingue non solo per la sua forma ma anche per le sue dimensioni. A differenza dei triclini tradizionali dell’epoca, questo spazio è stato concepito in modo più ristretto, quasi come se fosse pensato per l’imperatore e pochi invitati. Questo tocco esclusivo indica che l’acqua avesse un significato simbolico, rappresentando un momento di contemplazione e serenità.

Un Progetto di Scavo Internazionale Collaborativo

La scoperta dei triclini acquatici a Villa Adriana rappresenta un prezioso che arricchisce la conoscenza dell’architettura adrianea. Questa villa non è solo una residenza, ma un’espressione di innovazione architettonica che pone al centro dell’esperienza il simbolismo dell’acqua.

Dal 2003, l’Universidad Pablo de Olavide, insieme a team di esperti provenienti da università prestigiose come Oxford e Columbia, ha lavorato a Villa Adriana per esplorare questo sito patrimonio dell’UNESCO. L’ultima campagna di scavi è stata possibile grazie al supporto del CSIC e alla collaborazione con l’Istituto Autonomo di Villa Adriana e Villa d’Este, coinvolgendo professori, studenti e archeologi provenienti da Roma Tre. Questa sinergia dimostra che la passione per l’arte e la storia può superare confini e differenze linguistiche.

Fonte: Universidad Pablo de Olavide

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Volete comprare un pezzo di Luna ? Dennis Hope è l’uomo giusto allora

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La … è possibile metterla in vendita? A pare, sì, e lo stesso vale per altri pianeti. Se avete sempre desiderato possedere un appezzamento extraplanetario, il sito di Lunar Embassy, fondato dal 76enne Dennis Hope, un ex ventriloquo e venditore d’auto del Nevada con una forte passione per lo spazio, è il posto giusto per voi.

Acquistare un appezzamento spaziale

Chiunque può comprare un pezzo di Luna oppure di Marte, Mercurio, Venere e Plutone, a piuttosto contenuti, che partono da 34,99 dollari per acro. Secondo Hope, anche due ex presidenti americani, Jimmy Carter e Ronald Reagan, avrebbero acquisito appezzamenti lunari tramite i propri assistenti.

L’idea geniale di Dennis Hope

Il colorato progetto di Hope è nato nel 1980, in un periodo difficile della sua vita, mentre si trovava nel bel mezzo di un divorzio. In un momento di crisi economica e personale, osservando la Luna, ha avuto l’illuminazione di vendere terreni lunari. Nonostante possa sembrare una follia, Hope si è messo subito al : il giorno successivo è andato in biblioteca per studiare il Trattato sullo spazio extra-atmosferico (1967). In particolare, ha focalizzato l’attenzione sulla seconda clausola:

Nessuna nazione può avere sovranità o controllo su qualunque corpo satellite tramite appropriazione.

Sfruttando questa interpretazione, Hope ha redatto una lettera in cui rivendicava la proprietà della Luna e di altri pianeti, inviandola alle Nazioni Unite. Poiché non ricevette alcuna risposta, interpretò il silenzio come un’assenso e fondò il sito Lunar Embassy, dove mise in vendita appezzamenti lunari a 24 dollari per acro, prezzo aumentato nel tempo a causa dell’inflazione.

Quest’idea singolare ha fruttato a Dennis Hope un ingente guadagno, stimato in almeno 12 milioni di dollari nel corso degli anni. Se qualcuno fosse poi interessato all’intero Plutone, il costo si aggira attorno ai 250.000 dollari.

Curiosamente, la scelta dei lotti da assegnare ai clienti è gestita in modo casuale: Hope chiude gli occhi e assegna un appezzamento a caso. Questo metodo stravagante aggiunge un ulteriore elemento di fascino e curiosità alla sua impresa.

La proprietà nello spazio e le leggi vigenti

Il Trattato del 1967 stabilisce che è impossibile rivendicare la sovranità su corpi celesti come la Luna, ma quanto riguarda le risorse trovate nello spazio è una questione diversa. Secondo una legge americana del 2015, il Commercial Space Launch Competitiveness Act (SPACE), le aziende che raggiungono un corpo celeste possono fare ciò che desiderano con le risorse che raccolgono.

La legge afferma esplicitamente:

Un cittadino statunitense impegnato nel recupero commerciale di una risorsa di asteroidi o di una risorsa spaziale avrà diritto a qualsiasi risorsa di asteroidi o risorsa spaziale ottenuta, incluso possedere, trasportare, utilizzare e vendere la risorsa di asteroidi o la risorsa spaziale ottenute in conformità con la legge applicabile, compresi gli obblighi internazionali degli Stati Uniti.

In questo contesto, arriva per primo si appropria della risorsa.

Le sfide legali future

Il progetto di Hope ha suscitato un dibattito interessante: chi è il legittimo proprietario della Luna? Non esiste una risposta chiara a questa domanda. Almeno 18 Stati sostengono che la Luna appartiene a tutti, mentre 110 affermano che non appartiene a nessuno. Hope ha dichiarato a Politico:

È sempre una battaglia cercare di conservare la proprietà di ciò che pensi sia tuo.

È importante considerare che il Trattato sullo spazio risale a un’epoca in cui la visione dello spazio era molto diversa da oggi. All’epoca, spazi come la Luna erano visti come ambienti da esplorare e studiare, mentre ora sono sempre più considerati come opportunità commerciali. È probabile che in futuro si sviluppino nuove regolamentazioni tra Paesi per stabilire aiuti sulla proprietà e sull’uso delle risorse nello spazio.

La questione di come si gestiranno le controversie e chi stabilirà le regole per la proprietà spaziale è ancora irrisolta. Con l’intensificarsi della corsa allo spazio, sarà interessante osservare gli sviluppi e come le leggi attuali si adatteranno a questa nuova realtà.

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Il Premio Nobel per la Chimica 2024 riconosce i progressi dell’intelligenza artificiale nella ricerca scientifica.

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Il Prestigioso Premio Nobel per la Chimica 2024

Recentemente, l’Accademia Reale Svedese delle Scienze ha assegnato il prestigioso Premio Nobel per la Chimica 2024, suddividendo il riconoscimento tra tre brillanti menti. David Baker dell’Università di Washington, Seattle, USA, è stato premiato per il suo lavoro pionieristico sulle proteine artificiali, mentre Demis Hassabis e John Jumper di Google DeepMind, Londra, Regno Unito, hanno ricevuto il premio per lo sviluppo di Alphafold , un modello di intelligenza rivoluzionario per la previsione della struttura tridimensionale delle proteine.

L’Importanza delle Proteine nella Biologia

Le proteine svolgono un ruolo cruciale in numerosi processi biologici: sono fondamentali per la struttura cellulare, costituiscono gli enzimi che regolano le reazioni biochimiche e partecipano attivamente al metabolismo. Ogni funzione nel nostro organismo coinvolge direttamente le proteine, che agiscono come veri e propri “operai” delle istruzioni contenute nel DNA.

Chimicamente parlando, le proteine sono macromolecole composte da amminoacidi che possono combinarsi in modo diverso per formare complesse strutture tridimensionali. Ogni amminoacido ha proprietà specifiche che influenzano la struttura e il comportamento della proteina.

La Sfida della Predizione della Struttura Proteica

Comprendere e predire la struttura 3D delle proteine è fondamentale per progettare farmaci mirati e comprendere le funzioni biologiche. a poco tempo fa, passare dalla sequenza amminoacidica alla struttura tridimensionale era estremamente complesso e richiedeva approcci sperimentali, come la diffrazione a raggi-X. Tuttavia, l’avvento di Alphafold 2 ha rivoluzionato questo campo, consentendo precise e veloci sulla struttura delle proteine.

Il contributo di Demis Hassabis e John Jumper ha permesso di superare sfide tecnologiche e scientifiche, aprendo nuove opportunità per l’ingegneria biomedica e la farmacologia. Queste scoperte si preannunciano come un passo significativo il miglioramento della salute e della qualità della vita umana.

Riferimenti

Informazioni Popolari

Fonte: La Chimica per Tutti

Uragano Milton diretto verso la Florida: venti fino a 250 km/h e evacuazioni in corso secondo le previsioni NHC.

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L’ , uno dei più potenti eventi atmosferici del 2024, si prepara a colpire la penisola della . Si prevede che il landfall avvenga domani, mercoledì 9 ottobre, nella zona di Tampa Bay, lungo la costa occidentale della Florida. Dallo scorso 6 ottobre, la regione è in stato di emergenza e la sindaca di Tampa ha avviato operazioni di evacuazione per sostenere la popolazione in fuga da potenziali danni e inondazioni, che potrebbero raggiungere altezze di onde fino a 4,5 metri.

Al momento del suo approdo nella Florida, Milton presenterà caratteristiche di categoria 3 o 4, con venti sostenuti che varieranno da 210 a 250 km/h, con il potenziale di danneggiare edifici e causare perdite di vite umane. L’evacuazione in atto è la più massiccia nell’ultimo anno, a distanza di sei anni dall’uragano Irma, che comportò più di 120 vittime. Le strade della Florida sono in preda al caos, con code lunghissime di veicoli in fuga. Questo si verifica solo due settimane dopo l’uragano Helene, che ha causato oltre 230 morti. Oggi, Milton, ora catalogato come uragano di categoria 4, si trova ancora al largo della penisola dello Yucatán, con venti che raggiungono i 240 km/h.

Previsioni di impatto su Tampa

Secondo le ultime previsioni, Tampa sarà la zona maggiormente colpita, con precipitazioni stimate tra i 30 e i 40 cm e un rischio di inondazioni improvvise superiore al 70%. L’allerta per uragano è estesa anche alla costa orientale della Florida, mentre una tempesta tropicale minaccia la punta della penisola.

Potenziale di intensificazione

Milton ha raggiunto il suo apice nelle ore scorse al largo della costa di Merida, nello Yucatán, dove è stato classificato come un uragano di categoria 5. Con venti che superano i 285 km/h e una pressione centrale di soli 897 millibar, si tratta della quinta pressione più bassa mai registrata in un uragano nell’Oceano Atlantico. Milton ha guadagnato potenza in modo impressionante: solo sette ore prima di raggiungere la categoria 5 era un uragano di categoria . Questo rapido incremento lo colloca come il terzo uragano cresciuto più rapidamente mai osservato nell’Atlantico.

Le alte temperature delle acque superficiali nel Golfo del Messico, che oscillano attorno ai 28 °C e raggiungono in alcuni punti anche 31 °C, sono tra le cause principali di questa intensificazione. Il calore dell’, infatti, alimenta la forza dei venti di un ciclone tropicale. Nonostante il passaggio ravvicinato con lo Yucatán abbia diminuito temporaneamente l’intensità di Milton, il ciclone sta ancora colpendo la penisola messicana con forti venti e piogge torrenziali. Fortunatamente, l’occhio del ciclone non ha toccato la costa del Messico, il che ha limitato notevolmente i danni, ma è stata comunque emessa un’allerta rossa in numerosi Comuni.

Sfortunatamente, però, questa diminuzione di forza è solo temporanea: le previsioni del National Hurricane Center indicano una ripresa della potenza di Milton mentre si dirige verso la Florida, mantenendosi come una “minaccia estremamente grave”. È normale osservare un aumento della frequenza di uragani maggiori in questa fase della stagione, e attualmente si registrano tre cicloni tropicali contemporaneamente nell’Atlantico, una situazione alquanto anomala per il mese di ottobre.

kirk milton leslie atlantico

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Acidi grassi non legati o non esterificati.

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Gli acidi grassi liberi (FFAs) agiscono come fonte primaria di energia per vari tessuti, tra cui il muscolo scheletrico, il fegato e il cuore. Il rilascio di questi acidi grassi permette di risparmiare le riserve di glucosio per quegli organi, come il cervello, che non possono utilizzare i come fonte energetica.

Relazione tra obesità e acidi grassi liberi

I macronutrienti, quali carboidrati, proteine e lipidi, sono fondamentali nella modulazione del metabolismo energetico e delle risposte infiammatorie. L’obesità è il risultato di squilibri cronici tra l’apporto calorico e il dispendio energetico, influenzando profondamente le vie metaboliche e ormonali. Questo disturbo non è solo una questione di estetica, ma è soprattutto un rischio medico significativo, aumentando la probabilità di sviluppare malattie come patologie cardiache, diabete, ipertensione, colesterolo elevato, malattie epatiche, apnea notturna e certi tipi di tumori. Esiste una forte associazione tra obesità e resistenza insulinica, correlata a uno stato di infiammazione cronica a bassa intensità, caratterizzato dall’innalzamento delle pro-infiammatorie nel sistema. Elevati livelli di acidi grassi liberi plasmatici sono stati riconosciuti come uno dei fattori scatenanti della resistenza insulinica, compromettendo il trasporto e/o la fosforilazione del glucosio stimolato dall’.

Funzioni cruciali degli acidi grassi liberi

In base alla lunghezza della loro catena alifatica, gli acidi grassi liberi possono essere classificati in brevi, medi o lunghi, e oltre a fornire energia, svolgono funzioni essenziali nella segnalazione recettoriale, nell’espressione genetica e nella regolazione dell’omeostasi energetica. Queste molecole sono coinvolte nel processo di stress ossidativo, influenzando la depolarizzazione della membrana cellulare. Gli acidi grassi liberi manifestano attività fisiologica non solo come nutrienti, ma anche come mediatori in processi di segnalazione cellulare e stabilizzazione delle membrane. Recentemente, sono stati identificati recettori accoppiati a proteine G (GPCR) che rispondono agli acidi grassi liberi, giocando un ruolo importante nella regolazione del metabolismo energetico e influenzando una varietà di processi metabolici. La beta- degli acidi grassi liberi è un percorso biomolecolare complesso che consente la produzione di energia. Questo processo richiede trasportatori proteici specializzati che facilitano l’ingresso degli acidi grassi nella cellula, dove possono essere ossidati per generare ATP o convertiti in trigliceridi. La fase iniziale include l’attivazione da parte dell’acil-CoA, facilitata dall’enzima carnitina palmitoiltransferasi I. Tale attivazione è cruciale per il trasporto degli acidi grassi attraverso la membrana mitocondriale. Al termine del processo, il gruppo acilico è trasferito al coenzima A intramitocondriale, permettendo l’ingresso nel ciclo dell’acido tricarbossilico, culminando con la produzione di ATP.

Acidi grassi liberi negli alimenti

Negli alimenti, gli acidi grassi liberi si formano attraverso processi di irrancidimento idrolitico. La loro misurazione è particolarmente rilevante per oli utilizzati nella frittura, dove possono fungere da indicatori di stabilità. Inoltre, possono influenzare il sapore, specialmente nei prodotti lattiero-caseari, e sono associati a deterioramento organolettico. Queste sostanze sono il risultato di danno cellulare nel tessuto vegetale che avviene durante fasi quali raccolta, stoccaggio o lavorazione. Tale problema è peculiare per l’industria degli oli commestibili, dove gli acidi grassi liberi devono essere rimossi per garantire la qualità del prodotto finale.

Metodi di determinazione degli acidi grassi liberi

La determinazione del contenuto di acidi grassi liberi può avvenire attraverso varie tecniche, ma la titolazione acido-base con idrossido di sodio o potassio è la più comune. Per effettuare questa analisi, un campione di grammo di olio o grasso viene sciolto in un solvente, tipicamente etanolo, e titolato con una soluzione di KOH o NaOH a 0,1 M. I risultati sono espressi come percentuale di acidi grassi liberi o come “valore di acidità”, che indica il peso in milligrammi di KOH o NaOH richiesto per neutralizzare un grammo di olio. La presenza di alti livelli di acidi grassi liberi nel olio d’oliva è spesso un segno di degrado, suggerendo cattiva manipolazione e influenzando negativamente le sue proprietà organolettiche. Fonte Verificata

Chaperoni molecolari

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Il concetto di chaperoni molecolari è emerso per la prima volta nel 1987 grazie al chimico britannico R. John Ellis. Egli suggerì di utilizzare il termine per definire una serie di proteine cellulari la cui funzione principale è quella di garantire il corretto folding e assemblaggio di altre catene polipeptidiche in strutture oligomeriche.

Funzione dei chaperoni molecolari

Gli chaperoni molecolari sono classificati come proteine in grado di facilitare il folding e l’assemblaggio di altre proteine far parte della loro struttura finale. Un sottoinsieme di queste proteine è rappresentato dalle proteine da shock termico, così denominate per la loro espressione sensibile a condizioni di stress, come temperature elevate e danni ossidativi. Questi chaperoni sono universali, presenti in tutti gli organismi, e rivestono un ruolo cruciale nella sopravvivenza cellulare. Facilitano il ripiegamento di polipeptidi non ripiegati o anomalie della struttura, stabilizzando gli intermedi di folding e prevenendo l’aggregazione.

Tipi di chaperoni molecolari

Le informazioni strutturali attualmente disponibili permettono di distinguere cinque principali classi di chaperoni, basate sui loro pesi molecolari: Hsp60, Hsp70, Hsp90, Hsp104 e le piccole proteine da shock termico (sHsp). Le differenze di dimensione tra queste classi sono notevoli, così come le loro strutture distintive. Ciascuna di queste famiglie presenta soluzioni strutturali diverse per affrontare i problemi di ripiegamento proteico. Le due classi di chaperoni più studiate sono Hsp70 e Hsp60, che interagiscono con polipeptidi non ripiegati o parzialmente ripiegati, impedendo la loro aggregazione.

Chaperoni Hsp60

Hsp60 è uno chaperone appartenente alla classe I e svolge un ruolo fondamentale nel ripiegamento di proteine non correttamente ripiegate, utilizzando un dipendente dall’ATP. Questa proteina, che ha una massa di 60 kDa, è codificata dal gene nucleare HSPD1 ed è tradotta nel citosol.In particolare, Hsp60 è cruciale per mantenere l’omeostasi proteica nei mitocondri. La sua struttura è costituita da tre domini principali: apicale, medio ed equatoriale, ognuno dei quali gioca un ruolo distinto nell’interazione con substrati e chaperoni, oltre a facilitare la turnover dell’ATP.

Chaperoni Hsp70

Le proteine Hsp70, che pesano 70 kDa, sono chaperoni versatili coinvolti in svariati processi biologici. Queste includono folding e assemblaggio di nuove proteine, il recupero di quelle mal ripiegate, e la traslocazione di proteine all’interno delle membrane cellulari.Questi chaperoni possiedono un dominio ATPasi -terminale e un dominio di legame al substrato C-terminale, ed è stato stimato che supportano il ripiegamento de novo tra il 10 e il 20% di tutte le proteine nei batteri. La loro funzione è estremamente importante per garantire l’omeostasi cellulare, interagendo con proteine critiche nei percorsi di segnalazione.

Chaperoni Hsp90

La proteina Hsp90, prevalentemente localizzata nel citosol, è coinvolta in molteplici processi cellulari, dalla proliferazione alla morte cellulare. Negli esseri umani, le isoforme Hsp90α e Hsp90β mostrano un’alta omologia, interagendo con oltre 2000 altre proteine. A differenza delle famiglie Hsp60 e Hsp70, la cui funzione principale è facilitare il ripiegamento, Hsp90 è più focalizzata sulla rifinitura delle strutture proteiche, modificando i recettori e i fattori di trascrizione, e contribuendo alla regolazione genica.

Chaperoni Hsp104

Hsp104, una proteina da 102 kDa, appartiene alla famiglia Clp/Hsp100 ed è notevole per la sua capacità di disaggregare le proteine. Agisce in sinergia con Hsp70, formando un macchinario che sfrutta l’energia dell’ATP per rimuovere aggregati proteici e amiloidi.La proteina Hsp104 è fondamentale per la crescita e la propagazione di aggregati, e quando le cellule affrontano carenze di ATP, essa attiva programmi metabolici specifici per adattarsi a tali condizioni critiche.

Piccole proteine da shock termico (sHsp)

Le piccole proteine da shock termico (sHsp) sono chaperoni molecolari indipendenti dall’ATP, capaci di ritardare la formazione di aggregati proteici dannosi. Questi monomeri variano da 12 a 42 kDa e presentano un dominio β-sandwich α-cristallino, con porzioni N- e C-terminali variabili. Le sHsp possono formare complessi oligomerici, contribuendo a mantenere l’omeostasi proteica durante il riallineamento sotto stress. Nel caso dei vertebrati, esse partecipano anche alla protezione della chiarezza del cristallino, e mutazioni in queste proteine sono collegate a diverse patologie, tra cui miopatie e neuropatie. Fonte Verificata

Ectoina: una molecola chiave per la preservazione delle cellule e la sua applicazione nei biotecnologici.

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L’ectoina, il cui nome ufficiale la I.U.P.A.C. è acido -metil-3,4,5,6-tetraidropirimidino-4-carbossilico, rappresenta un composto accumulato da alcuni microrganismi come strategia per difendersi dallo stress osmotico in ambienti con elevate salinità. Questa sostanza è un derivato amminoacidico eterociclico dell’aspartato e presenta una struttura zwitterionica.

Proprietà dell’ectoina

La sua natura di osmolita compatibile consente all’ectoina di fungere da efficace agente protettivo per biomolecole e cellule, aiutandole a resistere a diverse condizioni avverse come il riscaldamento, il congelamento e l’esposizione ai raggi U.V. oltre a condizioni di estrema salinità. Essendo parte del gruppo degli osmoliti, l’ectoina non interferisce con il metabolismo cellulare anche a elevate concentrazioni molari. Questa sostanza, insieme al suo derivato idrossilato, è prodotta da alcune specie di microrganismi alofili per garantire la loro sopravvivenza in ambienti con salinità molto alta, come nel caso di laghi salati presenti in regioni desertiche. Questi organismi raggiungono l’osmoadattamento regolando la pressione osmotica, accumulando ectoina anche in presenza di concentrazioni elevate di sale esterno.

Biosintesi dell’ectoina

L’ectoina è largamente sintetizzata da diversi membri dei batteri in risposta a stress ambientali, comprese temperature estreme che limitano la crescita. Questo processo di sintesi può essere attuato dalla maggior parte delle specie alofile. La biosintesi avviene attraverso un percorso che impegna enzimi codificati da tre geni specifici. Questi includono ectA, che codifica per L-2,4-diamminobutirrato acetiltransferasi, ectB, che è la L-2,4-diamminobutirrato transaminasi, ed ectC, che funge da ectoina sintasi. Le reazioni enzimatiche sequenziali trasformano l’intermedio centrale del metabolismo degli amminoacidi microbici, L-aspartato-β-semialdeide, in ectoina. Nel primo stadio, la L-aspartato-β-semialdeide subisce una reazione di transaminazione, catalizzata dall’enzima EctB, formando L-2,4-diamminobutirrato (DABA). Nel secondo stadio, DABA interagisce con l’acetil-coenzima A grazie all’azione dell’enzima EctA, portando alla produzione di -γ-acetil-2,4-diaminobutirrato. Infine, l’ectoina sintasi EctC catalizza la chiusura dell’anello dell’ectoina attraverso un processo di condensazione intramolecolare, eliminando una molecola d’.

Usi dell’ectoina

In ambito terapeutico, questo osmolita ha dimostrato di inibire le risposte infiammatorie nelle cellule, sia respiratorie che cutanee, ed è stata impiegata nel trattamento di malattie infiammatorie croniche. L’applicazione topica di ectoina è stata utilizzata con successo per la rinite secca, la faringite acuta e per alleviare i sintomi della dermatite atopica, incluse le infiammazioni della superficie oculare. Recentemente, sono stati condotti studi clinici sulla rinocongiuntivite allergica stagionale, evidenziando l’efficacia di uno spray nasale a base di ectoina per il trattamento della rinite allergica. Inoltre, questo composto trova applicazione nel estetico come agente anti-invecchiamento, poiché contribuisce a ridurre la comparsa di rughe e linee sottili, migliora la consistenza della pelle, aumenta la sua elasticità e promuove la riparazione della barriera cutanea, proteggendo la pelle dai danni provocati dai raggi UV, dall’inquinamento e da altri fattori ambientali. Fonte Verificata

Sintesi dell’ossido nitrico

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L’ossido nitrico sintasi (NOS) rappresenta un gruppo di enzimi appartenenti alla classe delle ossidoreduttasi. Questi enzimi sono cruciali poiché catalizzano l’ della L-arginina, impiegando nicotinammide adenina dinucleotide fosfato (NADPH) e molecolare per generare L-citrullina e monossido di azoto, conosciuto anche come ossido nitrico.

Le isoforme di ossido nitrico sintasi

Esistono tre forme di ossido nitrico sintasi, designate come NOS1, NOS2 e NOS3. Ciascuna di queste isoforme è codificata da un gene distinto e presenta differenze sia nella struttura che nella funzione. Sebbene condividano aree di elevata omologia, come i domini ossigenasi e reduttasi, ogni isoforma presenta caratteristiche uniche che riflettono le loro specifiche funzioni biologiche. Le isoforme NOS1 e NOS3, comunemente chiamate NOS neuronale e NOS endoteliale, sono classificate come enzimi costitutivamente espressi e sono mediamente dipendenti dal calcio (Ca+). Tuttavia, la NOS3 ha la capacità di attivarsi anche in assenza di calcio. D’altra parte, la NOS inducibile, o NOS2, è espressa solo in risposta a o agenti infiammatori, la cui attività non richiede un aumento dei livelli di calcio.

Struttura dell’enzima

Queste tre isoforme presentano una struttura dimerica, formata da due subunità identiche. Tutte le ossido nitrico sintasi contengono flavina mononucleotide (FMN), flavina adenina dinucleotide (FAD), eme e tetraidrobiopterina. Il sito di legame della tetraidrobiopterina è affiancato dall’eme, facilitando in questo modo l’interazione tra i due cofattori. Ciascun monomero è dotato di tre domini distintivi: il dominio reduttasi, il dominio ossigenasi e il dominio legante la calmodulina, una piccola proteina formata da due domini globulari collegati da un connettore flessibile che subisce modulazione in risposta al calcio. Il dominio reduttasi ospita i siti di legame per FMN, FAD e nicotinammide adenina dinucleotide, mentre il dominio ossigenasi è fondamentale per l’interazione con la tetraidrobiopterina, essenziale per la sintesi di amminoacidi aromatici, neurotrasmettitori e ossido nitrico. Il ruolo del dominio reduttasi consiste nel traghettare elettroni dal NADPH al dominio ossigenasi della subunità opposta, mentre il legame con la calmodulina è cruciale per mantenere l’attività delle diverse isoforme di ossido nitrico sintasi. Questi domini sono connessi attraverso il dominio legante la calmodulina, che funge da interruttore molecolare, regolando il flusso di elettroni dai gruppi prostetici flavinici al dominio ossigenasi. Grazie a questa interazione, si facilita la conversione di ossigeno molecolare e L-arginina in ossido nitrico e L-citrullina.

Meccanismo della reazione di sintesi

Le isoforme di ossido nitrico sintasi impiegano L-arginina e ossigeno per la produzione di L-citrullina e ossido nitrico. I cofattori come tetraidrobiopterina, NADH, FAD, FMN, ione calcio, calmodulina ed eme svolgono un ruolo cruciale in questo processo. La sintesi dell’ossido nitrico avviene in due fasi. Nella prima fase, l’enzima catalizza l’ossidazione della L-arginina a ω-idrossi-L-arginina, la quale rimane legata all’enzima. Nella fase successiva, avviene l’ossidazione dell’intermedio a L-citrullina e ossido nitrico. L’ossido nitrico è un gas altamente reattivo e tossico. Grazie a queste proprietà, agisce come un potente agente per il sistema immunitario, attaccando cellule estranee e tumorali, e svolge anche un ruolo di mediatore nella sintesi di cGMP all’interno delle cellule. Inoltre, il rapido interazione dell’ossido nitrico con i radicali liberi è giocano un ruolo importante, portando alla formazione di specie reattive dell’azoto, come il perossinitrito, che risulta chimicamente instabile e può trasformarsi in nitrato, un composto generalmente inerte all’interno delle cellule dei mammiferi, contribuendo così alla neutralizzazione delle specie reattive dell’ossigeno. Fonte Verificata

Proteine responsabili del trasporto

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Le proteine di trasporto giocano un ruolo fondamentale nel regolare il passaggio di molecole attraverso le membrane biologiche. Questi importanti complessi proteici facilitano sia il trasporto passivo che il trasporto attivo di diverse sostanze, permettendo loro di attraversare la membrana cellulare anche contro un gradiente di concentrazione o in presenza di molecole impermeabili al doppio strato fosfolipidico.

Funzionamento delle proteine di trasporto

Il attraverso cui le proteine di trasporto trasferiscono una molecola di soluto attraverso il doppio strato lipidico ricorda una reazione di tipo enzima-substrato. I trasportatori si comportano in modo simile agli enzimi, tuttavia, a differenza delle reazioni tradizionali, il soluto non subisce modifiche chimiche durante il trasferimento, ma viene semplicemente condotto inalterato da un lato all’altro della membrana. Queste proteine possiedono uno o più siti di legame mirati al loro substrato specifico. Nel processo di trasferimento, esse subiscono cambiamenti conformazionali reversibili, esponendo alternativamente il sito di legame su entrambi i lati della membrana. Nonostante la maggior parte di esse sia localizzata nella membrana di una cellula, è possibile trovarle anche nelle membrane di organelli interni come i mitocondri, i cloroplasti e altri.

Tipologie di proteine di trasporto

Nel contesto del trasporto attivo, le molecole si spostano contro il gradiente di concentrazione, un processo che richiede energia, solitamente fornita sotto forma di ATP, prodotta dal metabolismo cellulare. Le proteine specifiche, come uniporter e pompe, sono necessarie per facilitare questo movimento. Esistono anche le simporter, che sono proteine integrali di membrana responsabili del trasporto simultaneo di due molecole nella stessa direzione. Il loro funzionamento dipende da vari fattori, tra cui la corretta conformazione delle proteine, le modifiche post-traduzionali e l’organizzazione cellulare. Inoltre, vi sono gli antiporter che trasportano due molecole in direzioni opposte, svolgendo un ruolo cruciale nell’equilibrio del e nell’omeostasi degli ioni sodio nelle cellule di diverse forme di vita, dai batteri agli esseri umani e alle piante. Un esempio significativo di proteina di trasporto è la pompa sodio-potassio, nota anche come pompa Na⁺/K⁺ ATP-dipendente. Questa proteina integrale di membrana sfrutta l’energia derivante dall’idrolisi dell’ATP per muovere gli ioni attraverso la membrana cellulare, contro il loro gradiente elettrochimico. La pompa sodio-potassio esercita una funzione essenziale trasportando degli ioni sodio all’esterno e degli ioni potassio all’interno della cellula. Tale scambio di ioni è un processo che viola le leggi della diffusione, in cui le molecole tendono a spostarsi da aree di alta concentrazione a zone di bassa concentrazione. Questo scambio energetico è quindi reso possibile dall’ATP. Ogni ciclo della pompa scambia tre ioni sodio intracellulari con due ioni potassio extracellulari, creando così una carica positiva all’esterno della cellula. Per tale motivo, viene definita elettrogenica, poiché genera una differenza nelle concentrazioni di cariche elettriche tra l’interno e l’esterno della cellula. Il risultato è un accumulo di cariche positive all’esterno e cariche negative all’interno della membrana. Grazie alla sua natura elettrogenica, la pompa sodio-potassio contribuisce alla stabilizzazione del potenziale di membrana a riposo, alla regolazione del volume cellulare e alla trasduzione dei segnali all’interno della cellula. Un ulteriore esempio di proteina di trasporto è rappresentato dai trasportatori del glucosio (GLUTs), che sono un gruppo di proteine transmembrana in grado di catalizzare la diffusione facilitata del glucosio, oltre a degli esosi e polioli correlati, attraverso la membrana plasmatica. Infine, i cotrasportatori del glucosio sodio-dipendenti (SGLTs) rivestono un ruolo cruciale nell’assorbimento del glucosio nelle membrane cellulari apicali, mediando il trasporto combinato di sodio e glucosio. Questi trasportatori sono vitali per garantire l’efficienza del metabolismo energetico nelle cellule. Fonte Verificata

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