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Il Tasto ESC sulla tastiera : chi lo ha inventato e a cosa serve ?

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Il tasto “Esc”, abbreviazione di “escape”, rappresenta uno dei componenti più longevi e iconici della tastiera dei computer. Situato nell’angolo superiore sinistro, la sua inizia negli anni ’60 grazie all’iniziativa di un programmatore che lavorava per IBM, il quale cercava una soluzione per semplificare la comunicazione tra computer.

All’epoca, i diversi sistemi informatici utilizzavano linguaggi e metodi di scambio di informazioni distintivi. L’introduzione del tasto “Esc” mirava a facilitare il passaggio tra vari codici e a promuovere la compatibilità tra sistemi differenti. Oggi, la sua funzione si è evoluta, venendo utilizzato principalmente per annullare comandi, chiudere finestre di dialogo o uscire da modalità particolari all’interno dei sistemi operativi.

Origini e funzioni del tasto “Esc”

L’idea di un tasto di “interruzione” fu concepita con l’intento di dare agli utenti un maggiore controllo sui computer. Negli anni ’70, il creatore del tasto espresse preoccupazione riguardo a quello che sarebbe diventato conosciuto come il Millennium bug, un problema che avrebbe potuto compromettere la funzionalità dei computer nel 2000 e che è ancora ricordato come uno dei bug più costosi nella storia dell’informatica, sia per gli effetti diretti che per le spese preventive affrontate da aziende e governi. Il tasto “Esc” rappresenta quindi non solo una soluzione per una questione tecnica del suo , ma anche una risposta a un bisogno crescente di controllo da parte degli utenti. Secondo un articolo di The New York Times, in quel periodo i computer di diversi produttori comunicavano attraverso vari codici e, per risolvere questa complessità, Bemer sviluppò il tasto come chiave di transizione. Con l’emergere di standard più definiti per i codici, il significato di “Esc” si è evoluto in un comando di interruzione nei personal computer.

Utilizzo attuale del tasto “Esc”

Oggi, sebbene il tasto “Esc” non conservi la sua funzione originaria, il suo utilizzo rimane significativo. Nei moderni sistemi operativi, è impiegato per annullare ricerche, interrompere download e chiudere menu e finestre pop-up. Nel contesto dei giochi, svolge la funzione di pausa. Inoltre, in ambienti a riga di comando e in editor di testo, continua a servire per cambiare modalità operative, mantenendo così una tradizione risalente ai terminali classici. Nonostante l’uso del tasto “Esc” sia oggi più limitato rispetto al passato, il suo impatto sull’informatica rimane indiscutibile.

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Inibitori dell’aromatasi: Strategie e approcci per affrontare le sfide terapeutiche nel trattamento oncologico.

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L’aromatasi, conosciuta anche come estrogeno sintasi, rappresenta un componente fondamentale della superfamiglia del citocromo P450. Questo enzima gioca un ruolo critico nella sintesi degli estrogeni, convertendo precursori androgeni in steroidi C18, i quali sono essenziali per molteplici processi fisiologici e di sviluppo.

Struttura e localizzazione dell’aromatasi

La dell’aromatasi include una glicoproteina specifica e una NADPH-citocromo P450 reduttasi, la quale è ancorata alla membrana e contiene eme con una tasca di legame steroideo. Questo enzima si trova prevalentemente nel reticolo endoplasmatico di vari tessuti, dove è sottoposta a controlli rigorosi da parte di ormoni e glutammato. In particolare, nel sistema nervoso centrale, rende la sua presenza nell’ipotalamo e nel sistema limbico.

Quest’enzima ha un ruolo significativo nella trasformazione del testosterone circolante o prodotto localmente, influenzando anche gli stati emotivi e le funzioni cognitive. Le mutazioni nel gene dell’aromatasi possono portare a una riduzione della sua attività, compromettendo la biosintesi degli estrogeni.

Meccanismo catalitico dell’aromatasi

L’aromatasi svolge un’azione catalitica fondamentale negli stadi finali della biosintesi degli estrogeni a partire androgeni. Questo processo implica la trasformazione dell’androstenedione in estrone, del testosterone in estradiolo e del 16α-idrossitestosterone in 17β-16α-estriolo. L’androstenedione, un ormone steroideo con 19 atomi di carbonio, viene prodotto da ghiandole come il surrene e le gonadi ed è un precursore comune per gli ormoni sessuali.

Il meccanismo catalitico dell’aromatasi richiede tre molecole di NADPH e tre di ossigeno per convertire l’androstenedione in estrone, secondo la seguente reazione:
androstenedione + 3 O2 + 3 NADPH + 3H+ ⇌ estrone + HCOO– + 4 H2O + 3 NADP+.
Da questo processo si genera anche formiato e NADP+.

Il medesimo processo di aromatizzazione avviene anche durante la conversione del testosterone in estradiolo, seguendo una reazione simile:
Testosterone + 3 O2 + 3 NADPH + 3H+ ⇌ 17 β-estradiolo + HCOO– + 4 H2O + 3 NADP+.

Ruolo dell’aromatasi nel corpo

L’aromatasi ha la funzione di regolare la sintesi degli estrogeni in tessuti non riproduttivi come cervello, tessuto adiposo e ossa. Disturbi legati a carenze o eccessi di estrogeni possono derivare da espressioni alterate o mutazioni nel gene Cyp19a1, responsabile della codifica dell’enzima.

Il bilanciamento dell’attività dell’aromatasi è cruciale in numerosi processi fisiologici. Parameteri come l’indice di massa corporea, la circonferenza del collo e il rapporto vita-fianchi si collegano a variazioni nei livelli di ormoni sessuali in diverse età e nei vari sessi. Elevati livelli di estrogeni e diminuiti livelli di testosterone sono stati osservati in individui con un indice di massa corporea più alto, probabilmente a causa di una maggiore attività dell’aromatasi negli adipociti. Inoltre, l’espressione di questo enzima nel tessuto adiposo sottocutaneo è risultata significativamente più alta in soggetti obesi.

Un elevato rapporto estradiolo/testosterone nel sangue è inoltre associato a un profilo lipidico sfavorevole, includendo trigliceridi e colesterolo LDL alti, mentre i livelli di colesterolo HDL sono ridotti. Queste alterazioni possono contribuire all’insorgenza di aterosclerosi, una condizione caratterizzata dall’accumulo di placche nelle arterie che aumenta il rischio di malattie cardiovascolari.

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Perché le foglie delle piante sempreverdi non vengono perse?

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Le sempreverdi, presenti in diverse forme e habitat, vantano una chioma di verdi che risulta costante nel corso dell’anno. Sebbene possano dare l’impressione di non perdere le foglie, in realtà queste piante adottano un ciclo di caduta delle foglie diverso rispetto alle piante decidue. La perdita avviene in modo graduale, consentendo alle piante di ottimizzare le risorse disponibili, specialmente nei terreni con scarsi nutrienti e acqua.

Caratteristiche delle foglie sempreverdi

Le foglie delle piante sempreverdi sono diverse da quelle delle piante decidue. Sono più spesse e dotate di una cuticola cerosa che minimizza la perdita di acqua e nutrienti. Questa struttura conferisce anche protezione dalle intemperie e dai predatori, prolungando la vita della clorofilla e mantenendo perciò il colore verde. Anche se tali foglie non cadono simultaneamente, esse subiscono un processo di senescenza, in cui vecchie foglie diventano scure e cadono per essere sostituite da nuove.

Adattamenti ambientali

Le piante sempreverdi si adattano a climi diversi e tendono a prosperare in terreni con limitate risorse. Le conifere, ad esempio, si sono evolute per resistere agli inverni rigidi modificando la loro struttura fogliare in aghi, rendendo così membrana e linfa all’interno meno suscettibili al congelamento. Inoltre, un rivestimento ceroso che ricopre le foglie le protegge sia dalla perdita d’acqua che dal , consentendo a piante come l’ulivo di sopravvivere a condizioni climatiche avverse.

Difese naturali e fotosintesi

Oltre a rendere le piante meno appetibili agli erbivori, la presenza di oli essenziali e altre sostanze repellenti incrementa la loro contro gli insetti. Mantenere foglie verdi e sane consente alle sempreverdi di continuare a fotosintetizzare anche nei periodi in cui le decidue si preparano a perdere il fogliame. In ambienti tropicali, dove le condizioni climatiche sono più favorevoli, queste piante possono beneficiare di una stagione di fotosintesi che si estende per tutto l’anno.

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Perché alcuni momenti vengono percepiti come infiniti mentre altri passano in un lampo

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La percezione del è un fenomeno complesso che emerge dall’interazione di emozioni, attenzione e contesto. Questa percezione si adatta continuamente alle esperienze personali e alla realtà psicologica e fisica. Nonostante ciò, il nostro cervello modula la percezione del tempo in base a vari fattori, rendendola un’esperienza unica e soggettiva. A livello neurologico, la corteccia prefrontale, il cervelletto e il sistema limbico rivestono ruoli cruciali nella regolazione di questa percezione.

La funzionalità del cervello nella misurazione del tempo

Non esiste un singolo “orologio” nel cervello che registra il tempo in modo uniforme. La percezione temporale deriva da un sistema interconnesso di aree cerebrali. La ricerca neuroscientifica ha messo in luce come la stima temporale prospettica e quella retrospettica vengano elaborate in modi diversi, sebbene non ci sia ancora un consenso definitivo su come il cervello gestisca il tempo.

La corteccia prefrontale aiuta a pianificare e valutare sequenze temporali, mentre il cervelletto gestisce il tempo di breve durata. Il sistema limbico, che controlla le emozioni, gioca un ruolo fondamentale nel determinare la percezione soggettiva del tempo, influenzata da emozioni, attenzione e ripetitività delle esperienze.

Influenza delle emozioni sulla percezione temporale

L’intensità emotiva è uno dei fattori più significativi nella percezione del tempo. Situazioni ad alta carica emotiva, come eventi spaventosi o avvincenti, attivano l’amigdala, che registra una maggiore quantità di dettagli. Questo comportamento facilita la percezione di un tempo dilatato, contribuendo alla possibilità di reazione rapida. Al contrario, in situazioni neutre, il cervello registra meno dettagli, accelerando la percezione temporale.

Anche esperienze di noia possono generare emozioni come rabbia e nervosismo, attivando il cervello e aumentando l’attenzione. In queste circostanze, il monitoraggio del tempo diventa attivo, portando a una percezione di tempo che appare dilatata.

Novità e routine nella percezione del tempo

La novità gioca un ruolo cruciale nella nostra percezione del tempo. Stimoli nuovi intensificano l’attenzione e il cervello elabora con maggiore cura le esperienze esterne, causando una percezione del tempo prolungata. Al contrario, le attività di routine tendono a far scorrere il tempo più rapidamente. Quando siamo completamente assorbiti in un’attività, come nel caso del “flow”, la nostra percezione temporale può distorcersi, facendo sembrare che il tempo passi in modo impercettibile.

Variazione della percezione del tempo con l’età

Con l’invecchiamento, molte persone avvertono una percezione più veloce del tempo. Ciò è dovuto all’accumulo di esperienze, dove un anno ha un peso minore in relazione alla vita nel suo complesso. Inoltre, la ripetitività delle esperienze quotidiane aumenta con l’età, contribuendo alla sensazione di accelerazione del tempo.

Effetti di sostanze e condizioni sul tempo percepito

Anche l’uso di sostanze e le condizioni psicofisiche possono influenzare la percezione temporale. Alcune droghe, come gli allucinogeni, possono dilatare la percezione del tempo, mentre sostanze stimolanti possono accelerarla. Anche lo stress prolungato e la stanchezza possono influenzare la percezione, portando il cervello a mantenere uno stato di vigilanza che altera la nostra esperienza temporale.

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Spyware: attacco, difesa ed eliminazione

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Lo rappresenta una minaccia informatica subdola, con la capacità di colpire una vasta gamma di dispositivi, smartphone ai computer. Questo software maligno, una forma di malware, è progettato per infiltrarsi nei dispositivi delle vittime e raccogliere informazioni riservate, come cronologie di navigazione, sequenze di tasti e dati sensibili come numeri di carte di credito e password.

A differenza di tipi di malware, lo spyware si installa silenziosamente e rimane attivo, senza manifestare segni evidenti, rendendo difficile la sua individuazione. Può essere trasmesso attraverso siti Web compromessi, app apparentemente legittime o allegati infetti. Una volta attivato, inizia a registrare le attività e a inviare i dati raccolti a soggetti terzi. Questo articolo esamina il funzionamento dello spyware, i diversi tipi disponibili e le strategie di contro questa minaccia.

Tipi di spyware e le loro funzionalità

Vi sono diversi tipi di spyware da tenere d’occhio, ognuno con obiettivi e modalità operative specifiche. Tra i più comuni vi è l’adware, un software che traccia la cronologia di navigazione e i download per mostrare pubblicità mirate, raccogliendo dati sull’attività online degli utenti. Gli adware vengono spesso inclusi in programmi gratuiti scaricati da Internet, e l’utente finisce per pagare la “gratuità” cedendo la propria privacy. Altri tipi di spyware comprendono i trojan, malware che si mascherano da applicazioni legittime e consentono ai criminali informatici di accedere al dispositivo, e i keylogger, strumenti di monitoraggio che registrano ogni pressione sulla tastiera, raccogliendo dati sensibili come password e messaggi privati.

Non si deve pensare che gli spyware colpiscano solo i computer desktop; essi possono interessare anche i dispositivi mobili, come smartphone e tablet. Questi malware possono infiltrarsi tramite app non sicure o download da fonti non ufficiali. Una volta attivi, gli spyware possono accedere a funzionalità come fotocamera, microfono e GPS, raccogliendo dati estremamente sensibili e trasformando i dispositivi in strumenti di sorveglianza. Inoltre, gli spyware sfruttano vulnerabilità degli utenti, come l’apertura di allegati sospetti o il download di software da fonti non verificate, e alcune tecniche di infezione avvengono attraverso i “drive-by download”.

Prevenzione contro gli spyware

Per proteggersi dagli spyware, è fondamentale adottare misure preventive efficaci.

  • Scaricare software solo da fonti ufficiali e affidabili. il download di software pirata e di contenuti streaming su siti illegali poiché queste attività possono comportare l’installazione di spyware.
  • Utilizzare antivirus aggiornati e strumenti anti-spyware per rilevare e bloccare potenziali minacce prima che possano causare danni. È consigliabile non interagire con pop-up sospetti e non aprire link da messaggi di spam.
  • Mantenere aggiornato il software, inclusi sistema operativo e applicazioni, per garantire che le ultime patch di sicurezza siano installate.
  • Abilitare l’autenticazione a due fattori, soprattutto per gli account sensibili, aggiungendo un ulteriore livello di sicurezza.
  • Non scaricare app da store non ufficiali e non sbloccare dispositivi tramite rooting o jailbreaking, per evitare vulnerabilità alla sicurezza.

Rimozione degli spyware

Se si sospetta la presenza di spyware nel proprio dispositivo, è possibile eliminarlo seguendo alcuni passaggi.

In primo luogo, disconnettersi da Internet. Successivamente, controllare l’elenco delle applicazioni installate e rimuovere immediatamente qualsiasi software indesiderato. Dopo la disinstallazione, è consigliato riavviare il sistema.

Eseguire una scansione completa con un antivirus affidabile è cruciale per identificare ulteriori software sospetti. Per una scansione più approfondita, si suggerisce di utilizzare un antispyware. Assicurarsi di scaricare questi strumenti solo da fonti affidabili e, se necessario, eseguire una scansione preventiva del sito di download.

Se le misure precedenti non funzionano, potrebbe essere necessario accedere all’hard disk in modalità provvisoria per rimuovere manualmente i file sospetti associati allo spyware.

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Strategie per evitare che la batteria del telefono si scarichi velocemente con il freddo

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Il corretto funzionamento delle batterie degli smartphone può essere compromesso da temperature estreme, in particolare dal intenso. Quando le temperature scendono sotto i 0 °C, la prestazione delle batterie al litio tende a diminuire, risultando in una scarica più rapida. È importante adottare misure preventive per garantire che gli smartphone mantengano la loro funzionalità anche in condizioni climatiche avverse.

Perché il freddo influisce sulla batteria

Le batterie al litio, utilizzate comunemente negli smartphone, operano attraverso reazioni chimiche di ossidoriduzione che coinvolgono lo scambio di elettroni. Con bassi livelli di temperatura, il processo chimico subisce un rallentamento, poiché l’elettrolita all’interno della diventa più denso, aumentando la resistenza al passaggio degli elettroni. Questo fenomeno spiega la significativa riduzione dell’autonomia delle batterie al freddo, tanto che a temperature di –20 °C la durata della batteria può ridursi a meno della metà della norma.

Raccomandazioni per preservare la batteria al freddo

Per che la batteria dello smartphone si rapidamente a causa del freddo, si suggeriscono accorgimenti pratici:

  • È consigliabile non caricare lo smartphone quando la temperatura è sotto i 5 °C, poiché ciò può accelerare l’invecchiamento della batteria.
  • Spegnere il dispositivo se ci si trova in ambienti con temperature inferiori a zero, poiché le batterie al litio hanno un range d’utilizzo ottimale tra 0 e 35 °C e un range ideale tra 16 e 22 °C. Utilizzare il dispositivo al di fuori di questi limiti può danneggiare permanentemente la batteria.
  • Se non è possibile spegnere lo smartphone, è utile mantenerlo caldo, ad esempio riponendolo in una tasca a contatto con il corpo.
  • Utilizzare una custodia termica per limitare la dispersione di calore, contribuendo a mantenere il dispositivo all’interno di una temperatura operativa sicura.

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Esame del contenuto di potassio nel suolo.

L’ del potassio nel terreno riveste un ruolo cruciale nell’agricoltura, poiché il potassio è un macronutriente essenziale per la crescita delle . Questo nutriente è legato al movimento di acqua, nutrienti e carboidrati nel tessuto vegetale e gioca un ruolo fondamentale nell’attivazione degli enzimi che influenzano importanti processi fisiologici come la produzione di proteine, amido e ATP, regolando la fotosintesi.

Il potassio è anche responsabile della regolazione dell’apertura e chiusura degli stomi, facilitando lo scambio di vapore acqueo, ossigeno e anidride carbonica, e contribuendo alla crescita delle radici, alla resistenza alla siccità e alla prevenzione delle malattie nelle colture. Nonostante la presenza abbondante di potassio nel suolo, la sua disponibilità per le piante è limitata, poiché gran parte di esso si trova in forme poco solubili.

Metodi di analisi del potassio

I metodi di analisi del potassio nel terreno possono variare significativamente. Le due forme principali di potassio, quello scambiabile e quello presente in soluzione, sono quelle di maggiore interesse agronomico e l’analisi è generalmente espressa in mg/kg di K2O.

Fotometria di fiamma

Per l’analisi tramite fotometria di fiamma, si preparano campioni di terreno che essiccati e setacciati. Le operazioni comprendono la pesatura di un campione di massimo 5 g, seguito dall’estrazione del potassio mediante agitazione con una soluzione di acetato di ammonio/acido acetico. Dopo l’agitazione e la filtrazione dei campioni, il contenuto di potassio nell’estratto filtrato viene determinato attraverso un fotometro a fiamma, che misura la luce emessa per verifica della presenza di ioni K+.

Spettrofotometria

Un altro approccio prevede l’impiego del tetrafenilborato di sodio, un composto che consente la precipitazione degli ioni potassio. Dopo l’aggiunta di un eccesso noto di tetrafenilborato di sodio, viene effettuata la filtrazione del precipitato e misurata l’assorbanza nel filtrato per determinare la quantità di potassio.

Un ulteriore metodo prevede l’estrazione del potassio presente in un campione di terreno, che viene poi analizzato su uno spettrometro ad assorbimento atomico per ottenere risultati in parti per milione (ppm) di potassio. Le pratiche analitiche descritte sono fondamentali per garantire la salute del suolo e la produttività agricola.

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Scopre il fossile di girino gigante più antico di sempre in Argentina

Il fossile più di girino è stato scoperto in Argentina, risalente a oltre 160 milioni di anni fa, superando di 20 milioni di anni il precedente record.

Un team di scienziati ha identificato il fossile, intrappolato in una lastra di arenaria, che conserva parti del cranio, della colonna vertebrale e impronte dettagliate degli occhi e delle strutture nervose del girino. Mariana Chuliver, biologa dell’Università Maimonides di Buenos Aires e autrice dello studio, ha spiegato che questo fossile è il più antico di girino conosciuto e uno dei meglio conservati.

Un girino di 160 milioni di anni

La scoperta di questo fossile contribuisce a definire meglio la fase evolutiva degli anfibi. Il fossile, lungo circa 16 cm, rappresenta una forma giovanile di una specie di rana gigante estinta. Ben Kligman, paleontologo del Smithsonian National Museum of Natural History, ha commentato che questa scoperta restringe il lasso temporale in cui avviene la transizione da girino a rana.

La sorprendente somiglianza del fossile con i girini moderni è evidente, inclusi i resti del sistema di branchie, una utilizzata anfibi attuali per filtrare le particelle di cibo dall’acqua. Questo suggerisce che le di sopravvivenza degli anfibi siano rimaste invariate per milioni di anni, permettendo loro di affrontare diversi eventi di estinzione.

Fonte: Nature

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Biografia dell’inventore Thomas Alva Edison che perfezionò la lampadina e illuminò il mondo

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La di Thomas Alva Edison (1847-1931) rappresenta un capitolo fondamentale nel panorama dell’innovazione tecnologica. Considerato uno degli inventori più influenti, la sua capacità di integrare metodi di produzione di massa nelle proprie invenzioni ha rivoluzionato il mondo, rendendo l’energia elettrica, la registrazione del suono e la cinematografia accessibili a un pubblico più ampio. Edison è associato a numerose innovazioni che hanno avuto un impatto considerevole nel corso del Novecento, tra cui il fonografo, la cinepresa e la lampadina.

L’infanzia di Thomas Edison

Nato a Milan, in Ohio, il 11 febbraio 1847, Edison era il più giovane di sette figli. Spesso malato durante l’infanzia, contrasse una febbre scarlattina all’età di dodici anni che lo lasciò quasi completamente sordo. Questo handicap stimolò in lui una straordinaria concentrazione e determinazione. Con un’educazione limitata che si fermò a dodici anni, Edison si dedicò all’apprendimento autodidatta, leggendo intensamente libri scientifici e riviste tecniche.

La prima invenzione e i brevetti sulla lampadina

A soli 22 anni, Edison ottenne il suo primo brevetto per un telegrafo migliorato, un dispositivo in grado di registrare messaggi su una striscia di carta. Questo traguardo segnò l’inizio di una carriera costellata di invenzioni che trasformarono la vita quotidiana. Trasferitosi a Menlo Park, in New Jersey, Edison fondò un laboratorio che divenne uno dei primi centri di ricerca della storia, mirato a realizzare invenzioni pratiche e di impatto economico e sociale. Pur essendo spesso considerato l’inventore della lampadina, Edison perfezionò questa tecnologia, rendendola accessibile. inventori, come Joseph Swan, avevano già sperimentato lampade elettriche, ma la loro inefficienza e brevità di vita erano un ostacolo. Edison passò anni a testare migliaia di materiali per il filamento, trovando infine nel bambù carbonizzato una soluzione duratura. Nel 1879, presentò una lampadina in grado di rimanere accesa per circa 40 . Ideò anche un sistema di distribuzione dell’energia elettrica a corrente continua, contribuendo all’illuminazione delle città.

La creazione del fonografo e kinetoscopio

Nel 1877, Edison inventò il fonografo, il primo strumento capace di registrare e riprodurre suoni. La sua iniziale intenzione era di utilizzarlo per messaggi telefonici, ma presto riconobbe il potenziale culturale di questa invenzione, che cambiò radicalmente le dinamiche nel settore dell’arte e della comunicazione. In aggiunta, il kinetoscopio, un altro dispositivo significativo realizzato da Edison, rappresentò un passo importante nella visualizzazione di in movimento. Sebbene non sia l’inventore del cinema come lo conosciamo oggi, la tecnologia da lui sviluppata pose le basi per l’industria cinematografica. Creò la Black Maria, la sua prima casa di produzione cinematografica, producendo una serie di film che resero popolare questo nuovo intrattenimento.

Edison e Tesla: la guerra delle correnti

La rivalità tra Edison e Nikola Tesla è un aspetto noto della vita dell’inventore. Mentre Edison sosteneva il sistema in corrente continua per la distribuzione di energia, Tesla promuoveva la corrente alternata, portando a una serie di contese conosciute come la “Guerra delle Correnti”. Sebbene la corrente alternata si rivelasse più efficiente per le trasmissioni a lunga distanza, Edison mantenne fermamente la sua posizione sulla corrente continua fino alla fine della sua vita. Con oltre 1000 brevetti, il contributo di Edison continua a influenzare le tecnologie odierne, sebbene non tutte le sue idee si siano dimostrate fruttuose. Negli anni ’20, tentò di realizzare un’automobile elettrica e una batteria a ferro-nichel, senza successi significativi. Edison morì il 18 ottobre 1931, all’età di 84 anni, nella sua residenza di West Orange, nel New Jersey, dove riposano le sue spoglie. Fonte Verificata

Tra poche ore gli occhi saranno alzati al cielo verso le stelle cadenti, i desideri saranno preparati.

Nella Notte dei Defunti, gli appassionati di astronomia possono aspettarsi un evento straordinario: il picco delle Tauridi sud, atteso tra la tarda serata del 2 e il 3 novembre. Questo fenomeno offre l’opportunità di esprimere al passaggio di splendide .

Le Tauridi: un Corrente Meteorica Complessa

Le Tauridi rappresentano una corrente meteorica di particolare interesse, probabilmente originata in buona parte dai residui della cometa Encke, mescolati a frammenti asteroidali. L’area radiante delle Tauridi è piuttosto diffusa, comprendendo due componenti situate a nord e a sud dell’eclittica, separate da circa 12 gradi in declinazione.

Miglior Visibilità Senza Disturbi Lunari

Quest’anno, gli osservatori possono aspettarsi condizioni favorevoli per ammirare le Tauridi sud, grazie all’assenza di disturbi lunari. Il radiante di questo sciame meteorico sarà visibile per tutta la notte, con il culmine atteso intorno all’1.00, quando si posizionerà a oltre 60° di altezza nel .

Prepararsi a Fare Desideri

Il picco delle Tauridi sud rappresenta un’occasione unica per tutti gli appassionati di astronomia e non solo, creando un’atmosfera di attesa e meraviglia. Gli osservatori sono pronti per alzare gli al cielo e prepararsi a esprimere i propri desideri durante questo fenomeno celeste affascinante.

Fonti: UAI / UAI meteore

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In Nuova Zelanda vengono trovati i fossili del pinguino più grande del mondo mai esistito

Il ritrovamento di reperti in Nuova dimostra l’esistenza del più esemplare di pinguino mai visto prima.

Recenti scoperte in Nuova Zelanda hanno rivelato fossili di grande rilevanza: si tratta delle ossa di pinguini di dimensioni , mai viste prima. Gli scienziati hanno rinvenuto i resti in massi di spiaggia risalenti a circa 57 milioni di anni, presso North Otago, nell’isola meridionale neozelandese.

Attraverso l’uso di scanner laser, i ricercatori hanno creato modelli digitali delle ossa e li hanno analizzati in comparazione con altre specie fossili, tra cui uccelli tuffatori simili ai pinguini moderni. I lavori sono stati condotti da un team internazionale, inclusi ricercatori dell’Università di Cambridge, e i risultati sono stati pubblicati sul Journal of Paleontology.

Nuove scoperte sulle specie fossili

La nuova specie identificata, Kumimanu fordycei, rappresenta il pinguino fossile più grande mai scoperto, con un peso stimato di circa 150 chilogrammi. Questa denominazione è stata attribuita in onore del dottor R. Ewan Fordycei, professore emerito presso l’università di Otago. È stata rinvenuta anche una seconda specie, Petradyptes Stonehousei, che pesa meno di Fordycei ma è comunque più pesante del pinguino imperatore, con un peso di circa 50 chilogrammi.

Caratteristiche evolutive condivise

Anche il nome della seconda specie rende omaggio al dottor Stonehouse, noto per aver osservato il ciclo riproduttivo del pinguino imperatore. Le due nuove specie forniscono preziose informazioni su come vari fattori abbiano influenzato la evolutiva dei pinguini. Entrambe mantengono caratteristiche primitive, come ossa delle pinne sottili e muscoli che ricordano quelli degli uccelli in volo.

Gli esperti suggeriscono che le maggiori dimensioni e il peso dei pinguini li rendessero altamente efficienti in acqua, consentendo loro di catturare prede di dimensioni elevate e mantenere la temperatura corporea nelle acque più fredde.

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Scoperta la Nebulosa del Lupo Oscuro dagli scienziati, straordinarie immagini

Nella notte di Halloween, la European Organisation for Astronomical Research in the Southern Hemisphere (ESO) ha la straordinaria immagine di una nebulosa oscura che sembra un lupo su uno sfondo cosmico. Soprannominata Nebulosa del Lupo , è stata catturata dal VLT Survey Telescope (VST) presso l’Osservatorio Paranal in Cile.

In occasione della celebrazione della notte delle streghe, la ESO ha presentato un’immagine di una nebulosa oscura situata nella costellazione dello Scorpione, a circa 5300 anni luce dalla Terra. La Nebulosa del Lupo Oscuro occupa un’area nel cielo equivalente a quattro Lune piene ed è parte di una nebulosa più , nota come Gum 55.

nebulosa del lupo oscuro

Le nebulose oscure, come la Nebulosa del Lupo Oscuro, sono dense nubi di polvere che bloccano la luce delle , rivelando solo radiazioni a lunghezze d’onda maggiori, come la luce infrarossa. La loro presenza è fondamentale per gli astronomi, poiché spesso ospitano nuove stelle in formazione.

Importanza delle nebulose

Studiare queste nubi è cruciale per comprendere i cicli di vita delle stelle. Recentemente, il telescopio spaziale Webb ha immortalato la Nebulosa Serpente, fornendo importanti informazioni sui processi di formazione stellare.

Dettagli sulla Nebulosa del Lupo Oscuro

nebulosa del lupo oscuro

L’immagine del Lupo Oscuro, catturata dal VLT Survey Telescope, evidenzia il contrasto tra la nebulosa e le nubi luminose di idrogeno circostanti, illuminate dalla radiazione UV delle stelle neonate. Questo telescopio, dotato di una fotocamera progettata per mappare il cielo australe, si trova nell’Osservatorio Paranal in Cile.

La foto è il risultato di immagini riprese in diversi e attraverso filtri che selezionano vari colori di luce, parte del VST Photometric Hα Survey of the Southern Galactic Plane and Bulge, che ha studiato circa 500 milioni di oggetti nella Via Lattea. I dati ottenuti sono resi disponibili attraverso il portale scientifico dell’ESO.

Fonte: ESO

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