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Polimeri a impronta molecolare innovano il settore dei materiali

I polimeri a impronta molecolare (MIP), noti anche come “anticorpi plastici”, rappresentano una categoria innovativa di recettori artificiali con l’abilità di legarsi in maniera altamente selettiva a determinati composti chimici. La tecnica alla base dell’imprinting molecolare trae ispirazione dalle interazioni tra enzimi e substrati, simile al meccanismo chiave-serratura. I MIP sono progettati per possedere una affinità e una selettività intrinseca per molecole target specifiche, emulando così le funzioni anticorpi, degli enzimi e dei recettori ormonali naturali.

Composti da monomeri funzionali e reticolanti, i polimeri a impronta molecolare svolgono una doppia funzione: forniscono gruppi funzionali per la formazione di complessi e generano cavità su misura per la molecola target. La scelta del modello per l’imprinting molecolare è influenzata da vari aspetti, tra cui la stabilità, il costo e la solubilità della molecola, nonché la sua interazione con i monomeri.

Queste caratteristiche conferiscono ai MIP buone proprietà meccaniche, elevata resistenza a temperature e pressioni estreme e un’ottima tolleranza verso sostanze chimiche e condizioni ambientali avverse, rendendoli più robusti rispetto alle controparti biologiche.

Sintesi di polimeri a impronta molecolare

I MIP sono generalmente sintetizzati attraverso reazioni di copolimerizzazione, che possono includere accoppiamento, reticolazione o innesto, utilizzando monomeri funzionali in presenza di molecole stampo. La comporta la dei monomeri in una matrice polimerica, incorporando la molecola bersaglio per creare vuoti specifici. solventi comunemente usati in questo processo includono toluene e acetonitrile.

Il metodo prevalentemente utilizzato per ottenere MIP è la polimerizzazione radicalica libera, tipicamente eseguita a temperature controllate e pressione atmosferica. La scelta dei reagenti è cruciale per il successo della sintesi, poiché consente di ottenere polimeri funzionali efficienti. Monomeri come acidi carbossilici sono comunemente impiegati, a seconda delle esigenze della molecola target.

Metodi di polimerizzazione

Il processo di sintesi dei MIP può variare, con metodi che includono polimerizzazione in massa, termica, o con luce UV. Uno dei metodi più semplici implica la macinazione e la setacciatura del polimero risultante, consentendo di ottenere particelle di dimensioni desiderate. Tuttavia, di recente, sono stati sviluppati metodi alternativi come la polimerizzazione per precipitazione, che offre il vantaggio di formare microsfere più uniformi.

Questi metodi alternativi possono migliorare l’uniformità delle particelle e portare a una maggiore efficienza nella produzione di MIP. La tecnologia di nanoimprinting, ad esempio, permette di creare polimeri a dimensioni nanometriche, aumentando l’area di superficie e massimizzando le posizioni di legame.

Applicazioni

Le applicazioni dei MIP si estendono a settori come la separazione cromatografica, i sensori, e la somministrazione di farmaci. Grazie alla loro capacità di imitare gli anticorpi, i MIP sono utilizzati anche in tecniche biochimiche per la misurazione di sostanze chimiche in soluzione. Inoltre, possono fungere da catalizzatori, replicando la selettività degli enzimi e degli anticorpi naturali.

I recenti sviluppi valorizzato l’uso dei MIP nel recupero di inquinanti ambientali, grazie alla loro capacità di attrarre selettivamente molecole target, offrendo così un potenziale significativo per la gestione ettiva dei problemi di inquinamento.

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Silicene: caratteristiche e possibili utilizzi.

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Il silicene rappresenta forma allotropica bidimensionale del , caratterizzata da una struttura a nido d’ape in cui gli atomi di silicio mostrano un’ibridazione sp2 e sp3. Questo materiale si distingue dal grafene, poiché mentre quest’ultimo mantiene una configurazione planar, il silicene presenta un’instabilità dovuta alla sua struttura non planare. Questo aspetto di planarità è cruciale per garantire una stabilità adeguata e per facilitare la coniugazione degli elettroni π. Il silicene, similmente al grafene, adotta un modello esagonale costituito da atomi, ma gli anelli esagonali risultano distorti a causa della configurazione a “sedia”.

Caratteristiche e vantaggi del silicene

Il grafene, nonostante le sue molteplici caratteristiche affascinanti, presenta alcune limitazioni, come l’alto costo e la mancanza di tecniche di produzione commerciale economiche. Di conseguenza, è stata impiegata la ricerca di materiali bidimensionali utilizzando elementi appartenenti ai gruppi 13, 14 e 15, escluso il carbonio. Tra questi, ritroviamo il fosforene, il boronene e naturalmente il silicene, i quali hanno suscitato un notevole interesse grazie alle loro uniche proprietà e all’elevata superficie specifica.

Come materiale emergente, il silicene offre opportunità interessanti in vari settori, spaziando dalla scienza elettronica alla biomedicina, grazie alle sue elevate proprietà, quali un’area superficiale specifica notevole, straordinarie caratteristiche ottiche, uniche proprietà elettroniche, biocompatibilità e biodegradabilità.

Preparazione del silicene

A differenza del grafene, il silicene non si presta al metodo di esfoliazione diretta. Pertanto, l’epitassia da fasci molecolari rappresenta la principale tecnica di produzione, che consiste nella deposizione di strati sottili di materiale cristallino su un substrato massivo cristallino, il quale guida la crescita e determina le proprietà strutturali del silicene.

Le strategie sintetiche per ottenere il silicene includono l’uso di sali fusi trattati termicamente in presenza di stagno, formando un materiale di silicene intercalato calcio. Inoltre, è stato mostrato che un trattamento chimico del siliciuro di calcio consente di rimuovere gli atomi di calcio dai cristalli, aprendosi così a vari processi di elaborazione.

Un metodo innovativo di sintesi diretta impiega la deposizione laser pulsata (PLD), che consiste in un raggio laser ad alta potenza focalizzato all’interno di una camera a vuoto, colpendo il materiale da depositare. Attraverso questa tecnica, è stato dimostrato che un cristallo di silicene può crescere rapidamente sotto un fascio di elettroni coerenti irradiato su un film di silicio amorfo.

Proprietà uniche del silicene

Il silicene, come molti materiali bidimensionali a elevata conduttività elettrica, è tra i pochi materiali a possedere coni di Dirac, fenomeno che si verifica in alcune strutture elettroniche e descrive proprietà di trasporto particolari. Qui, la banda di valenza e quella di conduzione si dispongono a forma di coni, intersecandosi in punti noti come punti di Dirac.

Esso presenta l’effetto Hall quantistico di spin, dove gli spin degli elettroni tendono a polarizzarsi lungo una direzione specifica, specialmente in conduttori con geometria piana. Sebbene il silicene mantenga eccellenti proprietà elettroniche analoghe a quelle del grafene, vanta un accoppiamento spin-orbitale più marcato, e possiede quindi il potenziale per sfruttare appieno l’effetto Hall quantistico di spin.

Un ulteriore aspetto distintivo del silicene è il gap di banda zero, con la possibilità di regolare le bande di conduzione e di valenza. Grazie ai legami ibridati sp3, la sua superficie è altamente reattiva, consentendo l’aggiunta di diversi atomi per ottenere proprietà elettroniche sintonizzabili, trasformandolo in un materiale semimetallico o semiconduttore a seconda delle necessità.

Le proprietà magnetiche del silicene possono essere ulteriormente amplificate attraverso il drogaggio, trasformandolo in un semiconduttore ferromagnetico o introducendo un ordinamento magnetico variabile, da ferromagnetico ad antiferromagnetico. Nonostante la sua natura isolante termicamente, il silicene può mantenere stabilità fino a 1500 K.

Applicazioni promettenti

Le straordinarie proprietà del silicene lo rendono ideale per una vasta gamma di applicazioni, tra cui sensori chimici, dispositivi elettronici, supercondensatori di nuova generazione e materiali anodici per batterie a ioni di litio.

Questa forma di silicio può essere impiegata nei transistor a effetto di campo, utilizzati ampliamente nell’elettronica digitale e analogica per controllare il flusso di corrente attraverso un canale semiconduttore. Viene anche utilizzato in membrane flessibili, che fungono da barriere semipermeabili essenziali per il trattamento delle acque e per applicazioni nell’ingegneria biomedica.

La ricerca sulle applicazioni biomediche del silicene ha dimostrato promettenti risultati, suggerendo che, oltre a mantenere i vantaggi dei tradizionali biomateriali a base di silicio, riesce a offrire biodegradabilità e proprietà ottiche avanzate, rendendolo adatto per sviluppare bionanomateriali multifunzionali e innovativi.

In sintesi, il silicene si distingue per le sue prestazioni ottiche superiori rispetto ad altri materiali come il silicio poroso, suggerendo una grande potenzialità nell’ambito delle tecnologie biomediche avanzate.

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Polimerizzazione tramite luce: un processo che trasforma le resine in materiali solidi grazie all’illuminazione.

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La fotopolimerizzazione è un procedimento sfrutta la luce U.V. o visibile per attivare la rapida trasformazione di monomeri reattivi, sia monofunzionali che multifunzionali, oligomeri o polimeri liquidi in solidi. Questa tecnica ha trovato ampio impiego industriale, offrendo un grande potenziale nella creazione rapida di con proprietà speciali, rendendola un’area di ricerca scientifica di notevole interesse.

Vantaggi della fotopolimerizzazione

Uno dei principali benefici della fotopolimerizzazione è la rapidità del processo, che consente di realizzare polimerizzazioni in frazioni di secondo l’uso di solventi. Queste reazioni sono più veloci ed energeticamente più efficienti rispetto alle polimerizzazioni termiche. Inoltre, le fotopolimerizzazioni raggiungono tassi di conversione più elevati, il calore rilasciato dalla reazione esotermica contribuisce ad accrescere la temperatura del campione, portando a un’ulteriore elevazione del grado di conversione finale.

Un ulteriore vantaggio è la possibilità di realizzare la polimerizzazione a temperatura ambiente, un fattore cruciale per materiali sensibili al calore. La temperatura può controllata regolando l’intensità dell’irradiazione e la lunghezza d’onda della luce utilizzata.

Meccanismi della fotopolimerizzazione

Le resine fotopolimerizzabili sono classificate in tre categorie principali, ognuna con un meccanismo di polimerizzazione distinto. Ci sono polimerizzazioni radicaliche fotoiniziate, come quelle degli acrilati, polimerizzazioni cationiche fotoiniziate per epossidi e altre sostanze, e polimerizzazioni anioniche, come quella dell’etil-2-cianoacrilato (ECA) utilizzando il nitruro di carbonio grafitico 2D (C3N4) come fotocatalizzatore attivo. Sebbene le polimerizzazioni anioniche non siano ancora largamente pubblicizzate nel commercio, presentano un alto potenziale per specifiche applicazioni funzionali.

Un aspetto fondamentale delle fotopolimerizzazioni è il grado di polimerizzazione raggiunto, il quale incide significativamente sulle caratteristiche meccaniche dei polimeri. Il grado di polimerizzazione parte da zero all’inizio della reazione e aumenta nel tempo mentre le catene polimeriche si sviluppano.

I fotoiniziatori, ovvero le molecole capaci di assorbire fotoni, sono cruciali in queste reazioni. Essi si trasformano in specie reattive eccitate, che avviano le reazioni polimeriche. Le specie iniziali possono essere radicali, cationi o anioni, a seconda del fotoiniziatore utilizzato.

Tipologie di fotoiniziatori e loro applicazioni

I fotoiniziatori sono divisi in due categorie principali: radicalici e cationici. I primi, come i benzoini e i bisacile fosfinossidi, producono radicali liberi attraverso decomposizione unimolecolare, mentre i secondi, come gli antrachinoni e i sali di arilsolfonio, generano radicali liberi in presenza di un donatore di protoni.

La fotopolimerizzazione cationica è migliorata notevolmente a partire dagli anni ’70 grazie all’introduzione di generatori fotoacidi. Questi ultimi, illuminati, producono specie acide che innescano la polimerizzazione. Le reazioni cationiche avvengono secondo fasi definite: inizio, propagazione e terminazione, senza ulteriori interazioni con la luce dopo la generazione dei centri attivi.

Infine, il meccanismo di fotopolimerizzazione radicalica degli acrilati si svolge attraverso stadi di iniziazione e propagazione, caratterizzati dalla formazione e dall’interazione di radicali liberi. La crescente preoccupazione per l’ossigeno è che esso può inibire i processi di polimerizzazione, comportando una cinetica ridotta.++

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Il più scuro di tutti

Il Vantablack è un innovativo ultra-nero caratterizzato da nanotubi di carbonio, sviluppato inizialmente presso il National Physical Laboratory nel Regno Unito e successivamente brevettato dall’azienda britannica Surrey NanoSystems.

Questo materiale si distingue per la sua straordinaria capacità di assorbimento della luce, risultando dieci volte più nero rispetto a qualsiasi altro materiale conosciuto, con la capacità di catturare almeno il 99,995% della luce di qualsiasi lunghezza d’onda. La sua elevata capacità di assorbimento della luce contribuisce anche a un rapido incremento della temperatura, raggiungendo 94,8 °C in soli 10 secondi.

Il Vantablack, il cui nome deriva dall’acronimo Vertically Aligned Nano Tube Array, rappresenta un importante passo avanti ricerca di materiali ultra-neri, i quali sono fondamentali in numerosi settori, inclusi quelli aerospaziale, della raccolta energetica e della desalinizzazione dell’acqua di mare.

Vantablack e raccolta di energia

Con l’energia solare che si afferma come una fonte pulita e accessibile, la ricerca si concentra sulla conversione di questa energia in calore, elettricità ed energia chimica. Per ottenere un elevato assorbimento della luce, necessario nelle applicazioni di conversione solare, si preferiscono materiali neri la cui capacità di assorbimento dipende in gran parte dalla loro struttura.

Materiali a base di carbonio, come il Vantablack, mostrano un eccellente rapporto di assorbimento della luce e presentano morfologie singolari. Altri materiali, come fogli di grafite e nanotubi di carbonio, sono anch’essi utilizzati. Il carbonio, spesso legato al colore nero, è il fulcro della ricerca per lo sviluppo di rivestimenti ultra-neri, avvalendosi di diverse forme di carbonio.

In particolare, la grafite, una delle forme allotropiche carbonio, è capace di assorbire radiazioni elettromagnetiche su un’ampia gamma di lunghezze d’onda, rendendola un candidato promettente per la creazione di rivestimenti ultra-neri. Nel 2014, il processo di Vantablack S-VIS ha permesso di produrre un Vantablack a base di nanotubi di carbonio verticalmente allineati, raggiungendo una riflettanza dello 0,012% per la luce rossa.

Applicazioni del Vantablack

Il Vantablack è impiegato in vari settori, dai dispositivi ottici ad alte prestazioni ai collettori di energia solare, fino all’arte e al design. Nell’industria automobilistica, il Vantablack Vision rappresenta una vernice nera accessibile, priva di nanomateriali e caratterizzata da un bassissimo appannamento, che riduce gli effetti della luce parassita nei Sistemi Avanzati di Assistenza alla Guida.

Tali sistemi richiedono prestazioni elevate dai sensori ottici, che devono operare in condizioni di illuminazione difficili, evitando l’interferenza causata da luce parassita, particolarmente critica nelle funzionalità autonome. È essenziale che questi sistemi restino capaci di riconoscere situazioni di pericolo, indipendentemente dalle condizioni di guida.

I rivestimenti super neri Vantablack, qualificati per utilizzi spaziali, sono progettati per sopprimere la luce parassita nei sistemi ottici e per la calibrazione del corpo nero nei sistemi di telecamere a infrarossi. L’ambiente spaziale presenta sfide significative per la progettazione di strumenti ottici e telecamere a causa dell’inquinamento luminoso elevato proveniente da sole, luna e pianeta. Nel 2015, il Vantablack S-VIS è lanciato per la prima volta in un’orbita terrestre bassa equatoriale a 550 km.

Questi rivestimenti dimostrato di migliorare significativamente le prestazioni in condizioni di luce diffusa, contribuendo a semplificare la complessità dei sistemi tecnologici.

Chimicamo la chimica online perché tutto è chimica

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Equazione di Butler-Volmer descrive il comportamento delle reazioni elettrochimiche

L’equazione di Butler-Volmer è un concetto fondamentale cinetica elettrochimica, in grado di descrivere la relazione tra la densità di corrente e il potenziale dell’elettrodo, considerando sia le che quelle di riduzione. Questo modello è essenziale per analizzare il comportamento dei sistemi elettrochimici e per prevedere le velocità di reazione.

Pubblicata nel 1919 da John Alfred Valentine Butler e nel 1923 da Max Volmer, l’equazione offre una base per comprendere i processi che avvengono sulle superfici degli elettrodi, come il trasferimento di carica, la cinetica e la sovratensione di attivazione. L’equazione trova applicazione in diversi ambiti industriali, dalla modellazione delle batterie allo studio dei processi di corrosione, fino all’ottimizzazione delle reazioni elettrochimiche.

Formulazione dell’equazione di Butler-Volmer

L’equazione di Butler-Volmer si basa sui principi della termodinamica e stabilisce un legame tra la corrente che scorre attraverso un elettrodo e la differenza di potenziale applicata. Essa tiene conto della sovratensione di attivazione, considerata l’energia necessaria affinché la reazione di trasferimento di carica avvenga sulla superficie dell’elettrodo. Derivando l’equazione di Arrhenius e applicando l’equazione di Nernst, si giunge a una formulazione che presenta due termini: uno per la reazione di ossidazione e l’altro per quella di riduzione.

Dove:

  • i è la corrente che scorre attraverso l’elettrodo in ampere,
  • io è la densità di corrente di scambio (ampere),
  • αf e αr sono i coefficienti di trasferimento anodico e catodico (adimensionali),
  • E è la differenza di potenziale in volt,
  • E0 è il potenziale di equilibrio in volt,
  • n è il numero di elettroni coinvolti nella reazione,
  • F è la costante di Faraday (96485 C/mol),
  • R è la costante universale dei gas (8.314 J/Kmol),
  • T è la temperatura in Kelvin.

Parti dell’equazione di Butler-Volmer

L’equazione di Butler-Volmer include due termini esponenziali che rappresentano le correnti anodiche e catodiche. La corrente anodica, che si manifesta mentre il potenziale si avvicina a condizioni ossidative, è rappresentata da:

corrente anodica

La corrente catodica, in contrapposizione, viene descritta quando il potenziale si dirige verso condizioni riduttive:

corrente catodica

Equazione di Tafel

L’equazione di Tafel rappresenta un caso specifico dell’equazione di Butler-Volmer, analizzando la dipendenza della densità di corrente dalla sovratensione in un ampio intervallo, includendo la limitazione del trasporto di massa e la resistenza della soluzione. Essa è comunemente utilizzata per studiare la cinetica elettrochimica in molteplici contesti, dalle applicazioni in corrosione alle batterie.

L’equazione di Tafel esprime la relazione tra la velocità di reazione elettrochimica e la sovratensione di un elettrodo e essere formulata come segue:

η = ± A log (i/i0)

dove:

  • η è la sovratensione in Volt,
  • A è la pendenza di Tafel in Volt,
  • i è la densità di corrente in ampere/m²,
  • i0 è la densità di corrente di scambio in ampere/m².

Un’altra espressione dell’equazione è:

i = i0 e^(-2.3 (E-E°)/β)

dove:

  • E è il potenziale dell’elettrodo,
  • è il potenziale di equilibrio (costante per una data reazione),
  • β è la costante di Tafel unità di misura Volt/dec.

L’approccio della legge di Tafel può essere applicato singolarmente su elettrodi nelle semireazioni.

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Pentazolo: la molecola che sfida la visibilità scientifica

Scoperto nel cuore moderna, il pentazolo, o 1H-pentazolo, ha catturato l’attenzione scienziati della National University of Ireland per la sua struttura enigmatica e la sua notevole instabilità. Con formula chimica di HN5, questa molecola è costituita da un anello di cinque atomi di azoto, una configurazione altamente instabile che si decompone spontaneamente, rilasciando azoto (N₂).

La chimica dell’azoto e la stabilità del pentazolo

Classificato come poliazotato aromatico, il pentazolo è l’ultimo esemplare di una serie di composti azolici, essendo l’unica molecola inorganica con una struttura eterociclica organica. La sua esplorazione nel campo della chimica ad alta densità energetica (HEDM) è di particolare interesse, poiché le sue proprietà termodinamiche lo rendono il leader tra gli anelli azotati analizzati. La stabilità del pentazolato, il suo acido coniugato, è notevolmente superiore rispetto alla forma neutra del pentazolo stesso, potendo rilasciare ingenti quantità di energia al momento della decomposizione.

Sintesi e potenziali applicazioni

Nonostante il pentazolo libero risulti praticamente impossibile da isolare in condizioni normali a causa della sua instabilità, i ricercatori avuto successo nella sintesi di derivati come il pentazolato di sodio (NaN₅). Le potenziali applicazioni del pentazolo si estendono ben oltre la chimica di base, trovando spazio in propellenti avanzati ed esplosivi ad alte prestazioni, grazie al suo elevato potenziale energetico. La possibilità di sviluppare nuovi materiali sostenibili, insieme al suo utilizzo in munizioni più leggere e potenti, rende il pentazolo un protagonista silenzioso ma cruciale nella crescente ricerca di soluzioni energetiche alternative.

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La storia di Renato Rinino, il ladro italiano che ha rubato per caso i gioielli della Corona inglese, è stata riscoperta

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Scoop Bomba: I gioielli Corona inglese stati rubati non una, ma ben DUE VOLTE! La prima nel lontano 1671 quando il cospiratore Colonnello Thomas Blood tentò il colpo alla Torre di Londra, e la seconda nel 1994, opera di un italiano, Renato Rinino, soprannominato "Lupin della Riviera". Quest’ultimo, un ligure con un passato di piccoli crimini, ha letteralmente fatto il colpaccio negli appartamenti del Principe Carlo, però rendersi conto del tesoro che aveva tra le mani. Ecco la storia assurda di come questi gioielli sono tornati al loro posto.

Il furto da Saint James’s Palace

Febbraio 1994, Londra: Saint James’s Palace è avvolta da impalcature per lavori di restauro, e proprio grazie a queste, Renato Rinino, nato nel 1962 in provincia di Savona e già noto alla giustizia per furti, è riuscito a intrufolarsi in uno degli appartamenti reali. Lui dirà che al momento del furto non sapeva di chi fossero le stanze in cui si era introdotto (commento: ah, la classica scusa del "non sapevo chi fosse"!). Ma sì, erano proprio quelle del Principe Carlo, oggi Re d’Inghilterra. Il suo obiettivo? Rubare qualcosa di prezioso, ovviamente!

Il bottino di Rinino includeva 5 spille, 6 bottoni, 1 orologio da polso in acciaio, 2 scatole in argento (una contenente tappi per le orecchie, incredibile!), e 5 coppie di gemelli donati dallo Zar Nicola I. Si mormora anche di gioielli Fabergé e lettere private tra Carlo e Camilla Parker-Bowles, ma nulla di ufficiale (commento: il gossip reale non finisce mai!).

La parte comica? Rinino non aveva idea del valore reale di questi oggetti e li ha rivenduti a un gioielliere di Londra per una cifra ridicola. Quando la notizia del furto è diventata virale, il gioielliere ha iniziato a sospettare e Scotland Yard ha messo una taglia di 10.000 sterline sul ladro.

Alla ricerca del “Lupin della Riviera”

La "caccia al ladro" è iniziata subito, e Rinino è stato trovato in Liguria qualche anno dopo, ma ormai era troppo tardi per arrestarlo. Ha perfino chiesto scusa a Carlo, che ha accettato in perfetto english-style (commento: che gentleman, questo Carlo!). Il soprannome "Lupin della Riviera" è stato affibbiato per i suoi modi gentili e per l’esito tutto sommato positivo della vicenda. Rinino amava così tanto questo soprannome che ha messo un adesivo con scritto "Lupin" sulla sua Harley Davidson.

Il "Lupin della Riviera" è morto vittima di un delitto passionale, ma la sua figura è rimasta nel cuore di molti, tanto da diventare protagonista di un film e di un podcast (commento: chi l’avrebbe mai detto che un ladro italiano avrebbe rubato i cuori degli inglesi?). Le storie dei ladri gentiluomini continuano a incantare, e quella di Renato Rinino è una di quelle che meritano di raccontate.

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Le stelle cadenti Cancridi e la luna hanno oscurato i desideri degli italiani in una notte senza precedenti

Attenzione, attenzione! Il 15 aprile si prepara pioggia di stelle vi lascerà a bocca aperta: le Delta Cancridi sono pronte a illuminare il cielo, nonostante una piena che sembra voler fare la guastafeste. Prepariamo i desideri! Commento: Come se la luna volesse rubare la scena, ma le stelle cadenti non si lasciano intimidire.

A metà mese, mentre la luna piena del 12 aprile cerca di oscurare lo spettacolo, le meteore Delta Cancridi promettono emozioni a non finire. Prepariamo i desideri! Commento: La luna piena è come quel parente invadente che arriva alla festa e cerca di attirare tutta l’attenzione.

Secondo l’UAI, intorno al 15 aprile, il cielo si animerà le Delta Cancridi, uno sciame di meteore che viaggiano a una velocità moderata di circa 30 km/s, offrendo 3-4 apparizioni orarie. Commento: Non è una corsa, ma una passeggiata celeste, perfetta per chi ama prendersela comoda.

Le scie delle meteore, tracciate lungo la costellazione del Cancro, offriranno uno spettacolo piacevole, anche se l’ultimo quarto del 21 aprile potrebbe limitare un po’ la visibilità. Commento: Come se il cielo volesse fare il difficile, ma le stelle cadenti sanno come brillare anche nei momenti meno favorevoli.

Il radiante, il punto da cui sembrano partire le stelle cadenti, sarà visibile tutta la notte e molto alto sull’orizzonte. Quindi, prepariamo una lunga lista di desideri! Commento: Perché una sola stella cadente non basta mai, giusto?

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A Tokyo, i ponti che collegano i grattacieli Harumi Triton sono stati scoperti essere inutili per scopi pratici

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A Tokyo, nel futuristico Giappone, sorge un complesso di edifici che sembra uscito da un film di fantascienza: Harumi Island Square. Questo luogo, che ospita sia residenze che spazi pubblici, è dominato da tre grattacieli che, a prima vista, sembrano collegati da innocue "normali passerelle". Ma attenzione, cari lettori, queste non semplici passerelle, ma parte di un ingegnoso sistema di controllo delle vibrazioni, progettato per contrastare le folli oscillazioni provocate dai venti giapponesi, che potrebbero trasformare la vita dei residenti in un vero e proprio ottovolante. Commento: Perché costruire edifici stabili quando puoi giocare alla roulette russa con il vento?

Le tre torri, battezzate X, Y e Z, furono erette nel 2001 e svettano rispettivamente a 195 m, 175 m e 155 m. Queste strutture, distanti tra loro solo 13 metri, sono collegate in alto da due "ponti" a 162,4 m e 138,4 m. Ma perché questo bizzarro collegamento? Perché, miei cari lettori, ingegneri hanno scoperto che senza questi "ponti" le torri avrebbero oscillato come ballerine ubriache ai ritmi del vento, rendendo la vita all’interno di questi grattacieli un incubo. Commento: Chi ha bisogno di una palestra quando puoi fare esercizio semplicemente vivendo in un edificio vibrante?

Il sistema di smorzamento “condiviso” è attivo e intelligente, utilizzando dispositivi elettrici che modificano la risposta del meccanismo in base alle condizioni climatiche. Durante un terremoto, il sistema si rilassa come un gatto al sole, permettendo alle torri di muoversi liberamente. Ma quando il vento si fa cattivo, ecco che il sistema entra in azione, limitando i movimenti e riducendo le vibrazioni, garantendo così un comfort abitativo che non farebbe impallidire nemmeno un samurai. Commento: Perché rischiare un mal di mare a terra quando puoi avere edifici che ballano al ritmo del vento?

tecnica innovativa, nota come “shared” e proposta dal Prof. Kunieda nel lontano 1976, ha reso Harumi Island Triton Square pioniera mondiale nell’uso di sistemi di controllo attivo delle vibrazioni tra edifici. E sì, cari lettori, il Giappone ci ha ancora una volta stupito con la sua ingegnosità, dimostrando che quando si tratta di costruzioni, loro non fanno le cose a metà. Commento: Perché accontentarsi di edifici normali quando puoi avere grattacieli che si comportano come un gruppo di danza sincronizzata?

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Gli alberi giganti del Devoniano sfidano la scienza: né piante né funghi in un mistero che scuote le basi della conoscenza scientifica

Scoperti nel lontano 1843, i Prototaxites erano dei veri e propri colossi preistorici, raggiungendo l’impressionante altezza di 8 metri. Ma ora, un nuovo studio le fondamenta della scienza: questi giganti non erano , ma rappresentanti di un ramo estinto della vita! Commento: sembra che la natura abbia sempre un asso manica per farci sentire piccoli e ignoranti.

Nel cuore primo Devoniano, circa 400 milioni di anni fa, questi strani organismi vivevano come tronchi d’albero privi di rami, lasciando i paleontologi a grattarsi la testa per oltre un secolo e mezzo. Il dibattito su cosa fossero veramente è stato acceso fin dalla loro scoperta.

Nuove ipotesi sull’identità dei Prototaxites: Per decenni, si è creduto che fossero funghi giganti, ma uno studio recente, pubblicato su bioRxiv e ancora in attesa di revisione, smentisce anche questa ipotesi. I ricercatori analizzato un fossile ben conservato di Prototaxites taiti proveniente dai sedimenti fossiliferi di Rhynie, Scozia. Commento: La Scozia, terra di misteri antichi e whisky, ci regala un altro enigma.

Dall’analisi morfologica, è emerso che le strutture anatomiche del fossile non corrispondono a quelle dei funghi conosciuti. Inoltre, la composizione molecolare di P. taiti non contiene tracce di chitina, il componente principale delle pareti cellulari fungine. Commento: Chissà che delusione per i funghi sentirsi dire che non sono parenti di questi giganti.

Un essere eucariote senza paragoni moderni: Il documento afferma chiaramente che la morfologia e l’impronta molecolare di Prototaxites taiti sono nettamente differenti da quelle di funghi, piante, animali e alghe. Gli autori concludono che si tratti di un eucariote appartenente a un gruppo estinto, senza corrispondenze nei regni biologici attuali. Commento: La natura ci ricorda che la diversità della vita va oltre la nostra immaginazione.

Questa scoperta apre nuovi scenari sulla storia remota della Terra, suggerendo che nel Devoniano esistessero forme di vita oggi impossibili da classificare. Il mistero dei Prototaxites resta aperto, richiedendo ulteriori scavi e ricerche per risolvere uno dei più affascinanti enigmi della paleontologia. Commento: La scienza continua a scavare, letteralmente e metaforicamente, per svelare i segreti di un passato che continua a sorprenderci.

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Il tasto di Meta AI è stato aggiunto anche nella chat di Instagram: scopri a cosa serve e perché non si può disattivare in questa esplorazione controversa e intrigante della privacy digitale

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Se avete notato un’icona circolare colorata e animata nella sezione DM di Instagram, congratulazioni, è il , invadente tasto AI! Questo assistente virtuale, creato da Meta e disponibile anche su WhatsApp e Facebook Messenger, utilizza il modello AI Llama 3.2, un software open source che promette di migliorare l’interazione con gli utenti. Tuttavia, non c’è modo di liberarsi di questo "ospite" non invitato; l’icona è lì per restare, e non potete disattivarla. Commento: Sembra proprio che Meta voglia seguirci ovunque, anche nei nostri messaggi privati!

Il tasto Meta AI su Instagram è un piccolo cerchio colorato, visibile nella sezione DM, accessibile toccando l’icona Home e poi l’aeroplano di carta. Premendo questo pulsante, vi ritroverete a chattare con Meta AI, che aiutarvi a scrivere, correggere testi, o semplicemente rispondere a domande. Llama 3.2 è il cervello dietro tutto questo, una rete neurale addestrata per capire e rispondere come un umano. Ma attenzione, le sue capacità sono ancora limitate e non può accedere a foto o messaggi senza il vostro permesso esplicito. Commento: Un’intelligenza artificiale che vuole fare il tuo correttore di bozze, ma non può sbirciare nei tuoi selfie? Che sollievo!

Meta ha dichiarato: Non usiamo i contenuti dei tuoi messaggi privati con amici e familiari per addestrare le nostre IA, a meno che tu o qualcuno nella chat non scelga di condividere tali messaggi con le nostre IA. Commento: Come se ci fidassimo davvero delle loro promesse di privacy!

E se volete liberarvi chat con Meta AI, ecco come fare: aprite Instagram, fate login, toccate l’icona della casa, poi quella dell’aeroplano di carta, scorrete da destra a sinistra sulla chat di Meta AI, toccate il pulsante rosso con la pattumiera e confermate con "Elimina". Commento: Finalmente un modo per dire addio a AI curiosa, almeno temporaneamente!

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Con ChatGPT ora si creano scontrini falsi in modo credibile: il nuovo pericolo dell’IA diventa realtà

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L’intelligenza artificiale ha fatto un altro passo da gigante e questa volta potrebbe alleggerire le tasche dei consumatori e mandare in crisi i sistemi antifrode delle aziende. , grazie al nuovo modello GPT-4o di OpenAI, crea grafiche così realistiche da far venire i brividi, compresi scontrini finti che sembrano veri come "sporcati" digitalmente con macchie di cibo o piegature per sembrare usati. Il rischio? a go-go: da rimborsi spese gonfiati a prove false in tribunale. Commento: Sembra che l’AI stia diventando il miglior amico dei truffatori!

Le nuove capacità del modello GPT-4o permettono di generare testi perfettamente leggibili nelle immagini, una cosa che fino a poco tempo fa era un miraggio. Ora, chiunque creare scontrini di ristoranti o negozi con dettagli precisi e credibili. Su X, l’account @deedydas ha mostrato scontrini così realistici da sembrare autentici, con tanto di macchie e pieghe per aumentare la credibilità. Certo, ci sono ancora piccoli errori numerici, ma con un po’ di fotoritocco, sono facilmente correggibili. Commento: Chi ha bisogno di un falsario quando hai ChatGPT?

OpenAI risponde dicendo che tutte le immagini generate da ChatGPT hanno metadati C2PA per identificarne l’origine artificiale. Taya Christianson di OpenAI ha dichiarato: "Impariamo sempre dall’uso e dal feedback del mondo reale e continueremo a perfezionare le nostre politiche per bilanciare la libertà creativa con la prevenzione dell’uso improprio." Peccato che questi metadati possano rimossi con pochi click, rendendo le ricevute false davvero indistinguibili dalle reali. Commento: Un po’ come dire "fidatevi di noi" mentre si apre la porta ai truffatori digitali.

TechCrunch ha chiesto a OpenAI perché permettono la creazione di questi contenuti falsi e la risposta è stata che l’obiettivo è dare "quanta più libertà creativa possibile" e che potrebbero essere usati per insegnare "l’alfabetizzazione finanziaria". A voi il giudizio su queste affermazioni. Commento: Insegnare finanza creando scontrini falsi? Perché no, in fondo, chi non ama un po’ di creatività fraudolenta?

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