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Idrolisi acida e basica: proprietà acido-base di alcuni ioni

Effetti dell’idrolisi dei sali sulle proprietà acido-base

Quando un sale deriva da un acido forte e una base debole, come nel caso di NH4Cl, si verifica un processo di idrolisi acida. Al contrario, se il sale è ottenuto da un acido debole e una base forte, come ad esempio CH3COONa, si manifesta un’azione di idrolisi basica.

Le caratteristiche acide o basiche di una soluzione acquosa dipendono dalle concentrazioni degli ioni [H+] e [OH]. L’acqua si ionizza secondo l’equilibrio: H2O(l) ⇄ H+(aq) + OH(aq), conferendo neutralità quando [H+] = [OH] e = 7. L’equilibrio è regolato dalla costante Kw (1.00 · 10-14 a 25°C).

Un eccesso di ioni H+ rende la soluzione acida con pH – la rende basica con pH > 7. Acidi forti come HCl o deboli come HF e come NaOH o deboli come NH3 conferiscono rispettivamente pH 7.

La presenza di un sale può determinare la neutralità, acidità o basicità di una soluzione. Il NaBr non influenza il pH (neutro), mentre il NaNO2 lo rende basico e il NH4Cl lo rende acido.

Ioni in soluzione possono essere neutri (es. Cl), basici (es. CH3COO), o acidi (es. HSO4). neutri includono Li+ e cationi acidi Mg2+.

L’idrolisi dei sali si riferisce alla dissociazione del sale e alla sua reazione con l’acqua. Una regola pratica per prevedere l’effetto di un sale sul pH stabilisce che: sali da acidi e basi forti sono neutri, da e basi forti sono basici, e da acidi forti e sono acidi.

Alcalinità di una soluzione: determinazione di carbonati e idrogenocarbonati

Determinazione dell’alcalinità di una soluzione attraverso carbonati e idrogenocarbonati

L’alcalinità di una soluzione è la capacità degli elettroliti di reagire con gli acidi, neutralizzandoli o formando soluzioni tampone. Tale caratteristica può essere dovuta alla presenza di basi forti, o sali che provocano basica. Tra gli ioni che conferiscono alcalinità a una soluzione vi sono i carbonati CO3^2- e gli idrogenocarbonati HCO3^-.

Reazioni del

L’ione carbonato può agire da base di Brønsted e Lowry, accettando protoni. D’altra parte, l’ione idrogenocarbonato è un elettrolita anfotero, agendo sia da acido (donatore di ioni H3O+) che da base di Brønsted e Lowry. Entrambi contribuiscono all’alcalinità di una soluzione in misura variabile.

Determinazione dell’alcalinità

L’alcalinità di una soluzione può essere determinata mediante titolazione con un come l’HCl. Questa titolazione viene svolta utilizzando un doppio indicatore, inizialmente la fenolftaleina e successivamente il metilarancio. Il viraggio della fenolftaleina avviene a un pari a 8.3; questo indica la neutralizzazione degli ioni idrossido e di metà degli ioni carbonato, determinando l’alcalinità alla fenolftaleina. L’intero procedimento consente di misurare l’alcalinità totale, anche detta alcalinità al metilarancio.

Alcalinità alla fenolftaleina

Se l’alcalinità della soluzione è dovuta esclusivamente ai ioni idrossido, la neutralizzazione sarà completa al viraggio della fenolftaleina. Lo stesso avviene se l’alcalinità è provocata solo dalla presenza di carbonati. Per soluzioni contenenti idrossido e carbonato, al punto di viraggio della fenolftaleina si avrà la semineutralizzazione del carbonato, mentre l’aggiunta di ulteriore HCl in presenza di metilarancio porterà alla neutralizzazione dell’idrogenocarbonato.
Per soluzioni contenenti carbonati e bicarbonati, al viraggio della fenolftaleina si avrà la semineutralizzazione del carbonato. Per individuare l’alcalinità è possibile utilizzare la relazione V2 – V1.

In caso l’alcalinità sia attribuibile solo alla presenza di HCO3^-, l’aggiunta di fenolftaleina non provocherà la formazione del colore rosa. La titolazione avverrà quindi utilizzando solamente il metilarancio e il volume di HCl corrisponderà al carbonato acido presente.

La determinazione dell’alcalinità di una soluzione è un processo fondamentale nella chimica analitica, consentendo di valutare la capacità di reazione degli elettroliti in soluzione.

Guscio dell’uovo: formazione, composizione, colore

La formazione, composizione e colore del guscio dell’uovo

La struttura del guscio dell’uovo è stata oggetto di studio per oltre un secolo. Già nel 1881, il chimico tedesco Nathusius pubblicò l’analisi del guscio dell’uovo di molti uccelli. La formazione del guscio dell’uovo è un processo affascinante, che comporta la precipitazione naturale di una sostanza che costituisce circa il 40% di . Questo processo avviene in circa 16 ore, durante le quali si formano circa 125 mg di guscio ogni ora. È interessante notare che le galline non consumano così rapidamente il calcio necessario per la formazione del guscio, esso è invece estratto dalle masse muscolari e dalle riserve di calcio presenti nelle ossa lunghe.

Composizione del guscio dell’uovo

Il guscio dell’uovo è costituito da calcite, una forma cristallina di (CaCO3). Gli ioni calcio e provenienti dal sangue della gallina reagiscono per formare il carbonato di calcio secondo l’equazione: Ca2+(aq) + CO32-(aq) ⇄ CaCO3(s). Durante tale processo, vengono rilasciati ulteriori ioni calcio dalle proteine presenti nel sangue, in accordo con il . Gli ioni carbonato necessari per la formazione del carbonato di calcio sono prodotti come sottoprodotto del metabolismo, in particolare attraverso la conversione dell’anidride carbonica in acido carbonico da parte dell’enzima carbonato deidratasi, presente nel globuli rossi.

Respirazione delle galline e la composizione del guscio

Le galline non sudano e regolano la temperatura corporea attraverso una respirazione frequente, che comporta un aumento delle espulsioni di CO2. Tale costante rimozione di CO2 sposta l’equilibrio CO2-H2CO3 a sinistra, riducendo la concentrazione degli ioni carbonato. In periodi estivi, quando la respirazione è più intensa, questo processo può causare un assottigliamento dei gusci delle uova. Una soluzione potenziale a questo problema potrebbe essere l’offerta di gassata alle galline durante i mesi caldi. Il biossido di carbonio disciolto nell’acqua arricchisce i fluidi corporei, aumentando la concentrazione degli ioni carbonato e bilanciando l’equilibrio.

Utilizzo del carbonato di calcio e colore del guscio delle uova

Dalla polvere ottenuta dopo la bollitura, asciugatura e frullatura dei gusci d’uovo, contenente carbonato di calcio, è possibile ottenere un fertilizzante ricco di ioni calcio, utile per la crescita sana delle piante. Infine, è importante notare che il colore del guscio delle uova dipende da fattori genetici, con uova con guscio bianco prodotte da alcune razze di polli e uova con guscio colorato prodotte da altre.

Polarizzazione del legame: gruppi attrattori e donatori

Polarizzazione del legame covalente: Ruolo dei gruppi attrattori e donatori

La polarizzazione del legame covalente è causata dallo spostamento permanente di una coppia di elettroni condivisa in una catena di atomi all’interno di una molecola. Questo spostamento avviene verso l’atomo o il gruppo più elettronegativo, creando un .

Nei legami σ tra atomi diversi con diversa , la nuvola elettronica è spostata verso l’atomo più elettronegativo, determinando una polarizzazione del legame con un’atomo più elettronegativo parzialmente carico negativamente (δ-) e l’altro parzialmente carico positivamente (δ+).

Quando un atomo elettronegativo o un gruppo elettronattrattore è presente in una catena di atomi, solitamente di carbonio, attira gli elettroni verso di sé, causando una parziale carica positiva sugli altri atomi della catena. Gli elettroni si spostano nella direzione in cui il gruppo elettronattrattore o l’atomo elettronegativo è legato.

Ruolo dei gruppi elettronattrattori

L’effetto della polarizzazione del legame o effetto induttivo, indicato con –I, è tipico dei gruppi elettronattrattori e degli atomi elettronegativi. È stato misurato sperimentalmente rispetto all’atomo di idrogeno, ottenendo il seguente trend in ordine decrescente di effetto –I:

NH3+ > NO2− > CN > CHO > CO > COOH > F > Cl > Br > I > OH > C6H5 > H

Ruolo dei gruppi donatori

Quando un atomo o un gruppo meno elettronegativo dell’idrogeno è legato a una catena di atomi di carbonio, esercita l’effetto opposto, indicato con +I. In questo caso, gli elettroni tendono a spostarsi nella direzione opposta al gruppo.

Un esempio di gruppi con effetto induttivo +I è costituito dai gruppi alchilici, in cui è presente un carbonio legato all’idrogeno. Il carbonio assume una densità di carica elettrica e viene considerato un donatore di elettroni.

La forza dell’effetto induttivo dipende non solo dall’atomo o dal gruppo legato alla catena, ma anche dalla distanza tra il gruppo sostituente e il gruppo di riferimento.

Applicazioni dell’effetto induttivo

L’effetto induttivo è particolarmente importante nella stabilità degli . L’acidità degli acidi carbossilici aumenta con il numero di atomi di cloro presenti sul carbonio in α, poiché la presenza di gruppi elettronattrattori aumenta la stabilità della base coniugata, e di conseguenza, l’acidità.

L’effetto induttivo gioca anche un ruolo cruciale nella stabilità relativa dei , dove i carbocationi terziari sono più stabili dei carbocationi secondari e primari a causa della densità di carica elettrica fornita dai gruppi alchilici.

Nelle reazioni del benzene sostituito, l’effetto induttivo insieme all’effetto di influenzano la reattività del benzene sostituito e l’orientazione della posizione del secondo sostituente.

In conclusione, l’effetto induttivo e l’effetto di risonanza giocano un ruolo fondamentale nella chimica molecolare, influenzando la reattività e le proprietà di diverse molecole e composti.

Grado di dissociazione e ione in comune: esercizi svolti

Elettroliti deboli e grado di dissociazione: esercizi risolti

Il grado di dissociazione α si utilizza per gli elettroliti deboli ed è definito come il rapporto fra le moli dissociate n_d rispetto a quelle iniziali n_o. Secondo il , un sistema all’equilibrio reagisce a sollecitazioni esterne mediante uno spostamento dell’equilibrio che si oppone alla sollecitazione.

Il grado di dissociazione di un elettrolita diminuisce a seguito dell’aggiunta di un elettrolita forte che contiene uno ione in comune. La parziale dissociazione di un elettrolita debole diminuisce se in soluzione è presente un catione o un anione comune a quello presente nell’elettrolita, fenomeno noto come effetto dello ione in comune. Generalmente gli esempi che vengono riportati sono relativi ad equilibri eterogenei ovvero agli equilibri di solubilità. Tale effetto viene risentito oltre che da sali poco solubili anche da acidi e da .

La diminuzione del grado di dissociazione α fa spostare l’equilibrio a sinistra, e quindi una diminuzione di n_d porta a una diminuzione di α. Spesso in luogo del grado di dissociazione si usa il grado di dissociazione percentuale che è dato da % α = (n_d/n_o)·100.

Nel caso di acidi o di basi deboli, l’aggiunta di uno ione in comune provoca la diminuzione della ionizzazione dell’acido o della base. L’aggiunta di un a una soluzione fa spostare l’equilibrio a sinistra in accordo con il principio di Le Chatelier con conseguente diminuzione del grado di dissociazione.

Analogamente, un’aggiunta di una base forte a una soluzione di una base debole provoca una diminuzione del grado di dissociazione.

Esercizi svolti

Calcolare il grado di dissociazione dell’acido acetico:

) in una soluzione 0.20 M ( K_a = 1.8 · 10^-5)

All’equilibrio: [CH_3COOH] = 0.20-x e [CH_3COO^-] = [H_3O^+]= x

Sostituendo tali valori nell’espressione della si ha: 1.8 ∙ 10^-5 = (x)(x)/ 0.40-x

Da cui x = 0.0019

Il grado di dissociazione α è dato da: α = 0.0019/ 0.20 = 0.0095

Il grado di dissociazione percentuale è dato da: % α = 0.0095 ·100 = 0.95

2) in una soluzione ottenuta mescolando 50.0 mL di acido acetico 0.40 M con  50.0 mL di HCl 0.20 M

Iniziamo a calcolare le moli di acido acetico e di acido cloridrico:

moli di acido acetico = 0.0500 L ∙ 0.40 M = 0.020

moli di HCl = 0.0500 L ∙ 0.20 M = 0.010

Il volume totale della soluzione  è di 50.0 + 50.0 = 100.0 mL

La concentrazione iniziale di acido acetico vale [CH_3COOH] = 0.020/ 0.100 L = 0.20 M

La concentrazione dello ione H_3O^+ dovuta alla dissociazione di HCl è data da: [H_3O^+]= 0.010 / 0.100 L = 0.100 M

Sostituendo tali valori nell’espressione della costante di equilibrio si ha: 1.8 ∙ 10^-5 = (x)(0.100+x)/ 0.20-x

Da cui x = 3.6 ∙ 10^-5

Il grado di dissociazione α è dato da: α = 3.6 ∙ 10^-5/ 0.20 = 0.00018

Il grado di dissociazione percentuale è dato da: % α = 0.00018 · 100 = 0.018

In conclusione, il grado di dissociazione dell’acido acetico subisce una notevole diminuzione in accordo con quanto discusso.

Sostituzione elettrofila aromatica: nitrazione, solfonazione, alogenazione, acilazione, alchilazione

Sostituzione Elettrofila Aromatica: , Solfonazione, , , Alchilazione

La sostituzione elettrofila aromatica rappresenta un processo chimico che si svolge in due fasi distinti: la prima fase porta all’addizione di un elettrofilo, spesso generato in situ, producendo un intermedio noto come intermedio di Wheland. Questo intermedio presenta un carbonio all’interno dell’anello benzenico con carica positiva, stabilizzato per risonanza. Serve da catione cicloesadienilico ad alta , in quanto il sistema π del benzene non è più presente; l’elettrofilo è legato a un carbonio tramite .

Nella seconda fase, avviene l’eliminazione di un protone dall’anello benzenico da parte di una base, generalmente il controione dell’elettrofilo, riportando l’aromaticità.

Il risultato della sostituzione elettrofila aromatica si traduce nella sostituzione di un idrogeno del benzene con un elettrofilo.

In relazione a questo meccanismo, è possibile identificare l’elettrofilo conoscendo il prodotto, poiché corrisponde a ciò che sostituisce un idrogeno; viceversa, conoscendo l’elettrofilo si può prevedere il prodotto della reazione.

# Reazioni di Sostituzione Elettrofila Aromatica

| Nome della reazione | Reagente | Catalizzatore | Elettrofilo | Prodotto |
| ——————————————————|—————–|—————–|————–|———————-|
| Nitrazione | HNO3 | H2SO4 | NO2+ | C6H5NO2 |
| Solfonazione | SO3 | H2SO4 | HSO3+ | C6H5SO3H |
| Alogenazione | Br2 o Cl2 | FeBr3 | Br+ o Cl+ | C6H5Br o C6H5Cl |
| Alchilazione di Friedel Crafts | RX (alogenuro alchilico) | AlCl3 | R+ | C6H5R |
| Alcilazione di Friedel Crafts | RCOCl (alogenuro acilico) | AlCl3 | RC+=O | C6H5COR |

# Meccanismo

La comprensione di come il catalizzatore trasformi il reagente in un elettrofilo non è così diretta come la relazione tra l’elettrofilo e il prodotto. Vi sono due modelli: il primo si applica quando l’elettrofilo viene ottenuto dall’allontanamento di un alogenuro dal reagente, come avviene nel caso dell’alogenazione, dell’alchilazione di Friedel-Crafts e nell’acilazione di Friedel-Crafts.

Ad esempio, la formazione di un carbocatione dalla reazione tra un alogenuro acilico e il cloruro di alluminio è un esempio tipico di questo modello.

Il catalizzatore svolge il ruolo di legarsi a un gruppo uscente con formazione dell’elettrofilo. Mentre nel caso di nitrazione e solfonazione, il catalizzatore è costituito da acido solforico.

In particolare, il catalizzatore svolge il compito di generare in situ un forte elettrofilo che, a seguito dell’attacco del benzene, forma un legame covalente. La reazione si completa con l’allontanamento di uno ione H+.

Farmaci antiacido: basi, antistaminici anti H2, inibitori della pompa protonica

Farmaci Antiacido: Basi, Antistaminici Anti H2, Inibitori della Pompa Protonica

I farmaci antiacido sono utilizzati per alleviare i sintomi dell’iperacidità gastrica curarne le cause sottostanti. Anche se possono essere assunti seguendo le indicazioni sulla confezione, è importante consultare un medico se i sintomi si presentano con frequenza.

L’iperacidità gastrica provoca bruciori di stomaco, che sono più frequenti dopo i pasti. I farmaci antiacido possono essere utili per alleviare tali sintomi.

Basi

Prima del 1970, l’unico trattamento disponibile consisteva nell’assunzione di sostanze alcaline per neutralizzare l’eccesso di acidità. Queste includevano di sodio (NaHCO3) o una miscela di (Al(OH)3) e idrossido di magnesio (Mg(OH)). Tuttavia, l’uso eccessivo di bicarbonato poteva portare all’incremento dell’acidità. Si suggerisce, quindi, l’uso della miscela di idrossido di sodio e di idrossido di magnesio, in quanto l’eccesso di ognuno di essi può causare effetti indesiderati.

Molti preparati antiacido in commercio sono costituiti da questa miscela e da altri componenti per trattare il meteorismo e la flatulenza associati all’iperacidità gastrica.

Oltre alle basi tradizionali, sono state introdotte altre due categorie di farmaci per neutralizzare l’eccesso di acidità: gli antistaminici anti H2 e gli inibitori di pompa protonica.

Antistaminici Anti H2

Gli antistaminici anti H2, scoperti negli anni ’70, sono farmaci antagonisti dei recettori H2 dell’istamina. Questi farmaci agiscono bloccando selettivamente i recettori H2, impedendo all’istamina di stimolare la secrezione acida nello stomaco. Alcuni esempi di farmaci in questa categoria sono la ranitidina, la cimetidina e la famotidina.

Inibitori della Pompa Protonica

Gli inibitori della pompa protonica sono attualmente fra gli antiacidi più utilizzati, specialmente per il trattamento del reflusso gastroesofageo e per la gastroprotezione da FANS.

La pompa protonica è responsabile dell’ultimo passaggio nel di secrezione dell’acido cloridrico nello stomaco. Gli inibitori di pompa protonica bloccano l’enzima trasportatore (H+/K+ ATPasi) responsabile della secrezione acida, senza interferire con la produzione di pepsina, il volume del succo gastrico e la motilità gastrica. Omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo e rabeprazolo sono alcuni esempi di farmaci appartenenti a questa categoria.

Momento dipolare molecolare: polarità delle molecole

La polarità delle molecole è determinata dal momento dipolare molecolare, che è presente in una molecola se questa è di tipo polare e mostra asimmetria nella propria struttura. Anche se la carica totale in una molecola è neutra quando gli atomi che la costituiscono hanno diversa, si verifica un disallineamento tra le cariche positive e negative, portando alla formazione di dipoli permanenti. Quanto maggiore è la differenza di elettronegatività tra gli atomi, tanto maggiore sarà il momento dipolare.

Il momento dipolare, indicato con μ, è la misura quantitativa della polarità della molecola ed è definito come μ = q · r, dove q è la grandezza della carica e r è la distanza tra le due cariche. I momenti dipolari sono comunemente espressi in unità di Debye, dove 1 D = 3.336 ∙ 10-30 C·m. La polarità di una molecola non implica necessariamente la sua polarità, come nel caso del biossido di carbonio (CO2) e del (CCl4), che nonostante abbiano dipoli permanenti, risultano essere molecole apolari a causa della loro simmetria.

Le molecole sono considerate polari solo se, oltre ai dipoli permanenti presenti tra gli atomi, mostrano asimmetria nella loro struttura. Un esempio di molecola polare è l’, che presenta una struttura tetraedrica con l’ al centro e gli atomi di idrogeno disposti sui vertici. Questa asimmetria fa sì che i momenti dipolari presenti non si annullino, determinando così una polarità positiva della molecola.

In conclusione, la polarità delle molecole è determinata dalla combinazione di dipoli permanenti e asimmetria nella struttura molecolare. Questo fenomeno spiega la presenza di e apolari nella chimica molecolare.

Acido borico: proprietà, reazioni, usi

Acido borico: un composto chimico dalle proprietà e usi straordinari

L’acido borico, noto anche come H3BO3 o B(OH)3, è un solido bianco cristallino sintetizzato per la prima volta da Wilhelm Homberg per acidificazione di una soluzione acquosa di . Il suo nome I.U.P.A.C. è triidrossidoboro.

Proprietà dell’Acido Borico

L’acido borico è scarsamente solubile in a temperatura ambiente, ma si dissolve in acqua calda, etanolo e glicerolo. Presenta una struttura planare in cui il boro forma angoli di 120° con tre gruppi -OH. L’acido borico cristallino è costituito da strati di molecole legate tra loro da legami a idrogeno. Inoltre, l’acido borico non si dissocia in soluzioni acquose, ma la sua acidità è dovuta all’interazione con le molecole di acqua.

Reazioni dell’Acido Borico

Riscaldando l’acido borico a 100 °C si decompone in acido metaborico, mentre l’acido metaborico a 300 °C dà luogo alla formazione dell’acido piroborico, il quale a sua volta si decompone in ossido di boro. Inoltre, l’acido borico può essere ottenuto dalla reazione del con acqua. L’acido borico si trova in natura nel minerale sassolite di origine vulcanica o lo si può ottenere da alcuni minerali contenenti borati; è contenuto nelle acque dei tessuti vegetali, animali e nell’acqua di mare.

Usi dell’Acido Borico

Nel corso dei secoli, l’acido borico è stato utilizzato per vari scopi, ma attualmente trova impiego in settori specifici. Viene impiegato in medicina come antisettico, nell’industria , nel settore del per ottenere vetri con caratteristiche particolari, e nella concia delle pelli. Inoltre, è utilizzato come astringente antisettico per scottature o tagli, nel trattamento dell’acne e dei brufoli, e per soluzioni oftalmiche. Un altro importante impiego dell’acido borico è come insetticida per termiti, scarafaggi, formiche e zanzare, grazie alla sua azione disidratante che provoca una disidratazione dei parassiti.

In conclusione, l’acido borico è un composto versatile con numerose applicazioni e proprietà uniche che lo rendono prezioso in svariati settori.

Riarrangiamento di carbocationi: esempi

Riarrangiamento di : esempi e stabilità

I carbocationi sono specie reattive in cui la carica positiva è localizzata sull’atomo di carbonio e si possono ottenere per scissione eterolitica di un legame C-X. L’atomo di carbonio del carbocatione presenta un’ con i tre orbitali ibridi situati in un piano ad angoli di 120° e con soli sei elettroni. I carbocationi si dividono in primari, secondari e terziari a seconda del numero dei gruppi legati all’atomo di carbonio che porta la carica positiva.

Secondo le leggi della fisica, la stabilità di un sistema carico è aumentata dalla dispersione della carica, pertanto tutti i fattori che tendono a disperdere la carica positiva dello ione lo stabilizzano allo stesso . Ci sono molte prove sia fisiche che chimiche che dimostrano che un gruppo alchilico tenda a cedere elettroni. Pertanto, un gruppo alchilico legato a un carbocatione tende a cedere elettroni all’atomo di carbonio carico positivamente diminuendo in tal modo la densità di carica sul carbonio e disperdendola sul gruppo alchilico stesso.

Stabilità

Questa dispersione stabilizza il carbocatione, quindi si può concludere che un carbocatione terziario sia più stabile del primario e così via.

I carbocationi primari hanno troppo elevate per potersi formare, tuttavia alcuni carbocationi primari come quello allilico e benzilico possono formarsi in quanto sono stabilizzati per risonanza.

Il riarrangiamento di carbocationi terziari che hanno una stabilità elevata non avviene. I carbocationi secondari sono quelli che più frequentemente danno luogo a fenomeni di riarrangiamento. In generale quando si forma un carbocatione secondario esso dà sempre fenomeni di riarrangiamento quando ciò è possibile. Il riarrangiamento è molto comune ed è uno tra i fattori a cui è imputabile la formazione di due o più prodotti da una reazione. Lo shift di un idrogeno o di un gruppo alchilico, generalmente un gruppo metilico, consente a un carbocatione secondario di trasformarsi in un carbocatione terziario che ha una maggiore stabilità.

Esempio

Ad esempio si consideri la reazione tra il 4-metil, 1-pentene con HBr: a seguito della rottura del doppio legame carbonio-carbonio si forma un carbocatione secondario che, se non riarrangiasse darebbe, come prodotto di reazione il -bromo, 4-metilpentano che invece risulta essere un prodotto secondario della reazione. Lo shift 1,2 dello ione idruro porta al carbocatione terziario più stabile e quindi il prodotto principale della reazione è il 2-bromo, 2-metilpentano.

Non tutti i carbocationi hanno idrogeni disponibili sul carbonio adiacente. In tal caso, si può verificare lo shift di un gruppo alchilico invece che un idrogeno.

In figura è mostrato il riarrangiamento di un carbocatione secondario che, grazie allo shift di un gruppo metilico dà luogo al carbocatione terziario.

Superleghe: composizione, fasi, carburi

Composizione, fasi e carburi delle superleghe

Le superleghe, leghe ad alta , sono ampiamente impiegate in applicazioni che richiedono resistenza meccanica, stabilità superficiale e tolleranza alle alte temperature. Il termine “superlega” è stato coniato poco dopo la seconda guerra mondiale e si riferisce a un gruppo di leghe utilizzate principalmente in compressori turbo e motori a turbina di aeromobili ad alte prestazioni a temperature elevate.

Le superleghe trovano impiego nell’industria aerospaziale, impiantistica, settore medico e nucleare. Queste leghe mantengono le loro proprietà anche a temperature superiori a 650 °C, offrendo resistenza e duttilità in condizioni estreme.

Composizione delle superleghe

Le superleghe sono costituite principalmente da elementi del gruppo VIIIb come Fe, Co, Ni, Ru, Rh, Pd, Os, Ir, Pt e varie combinazioni di Fe, Ni, Co, Cr, nonché quantità minori di W, Mo, Ta, Nb, Ti e Al. Le tre principali classi di superleghe presentano come metallo principale il , il o il cobalto.

Le superleghe a base di nichel, ad esempio, sono composte da cromo, alluminio, titanio, cobalto, piccole percentuali di boro, carbonio, zirconio e altri metalli in tracce, offrendo resistenza ad alta temperatura, tenacità e resistenza alla degradazione in ambienti corrosivi o ossidanti.

Fasi delle superleghe

Le fasi più importanti presenti nelle superleghe a base di nichel includono la struttura cristallina fcc γ, γ’ costituita da elementi che precipitano la fase fcc e γ” che forma una struttura bct di Ni3Nb. Inoltre, il carbonio aggiunto si combina con altri elementi reattivi per formare carburi, utili per aumentare la forza di rottura ad alta temperatura.

Carburi e caratteristiche delle superleghe

I carburi hanno una struttura cristallina fcc e sono utili per aumentare la forza di rottura ad alta temperatura. La matrice γ è resistente alle condizioni più severe di temperatura e di utilizzo del componente. La presenza di cromo consente la formazione di uno strato superficiale di Cr2O3 che garantisce una bassa diffusione degli elementi metallici verso l’esterno e dei gas verso l’interno. Queste proprietà offrono un’eccezionale resistenza all’.

Le superleghe a base di cobalto offrono resistenza alla corrosione a temperature elevate. Altre leghe come quelle a base di alluminio-litio sono più leggere, rigide e resistenti e sono utilizzate in parti del motore. Le leghe a base di titanio, nonostante la loro alta resistenza alla corrosione e leggerezza, non sono comunemente impiegate data la loro rapida reazione con l’aria ad elevate temperature.

In breve, le superleghe offrono una vasta gamma di opportunità e applicazioni grazie alle loro proprietà uniche e alla loro capacità di adattarsi a condizioni estreme.

Berillio: proprietà, usi

Proprietà e Utilizzi del Berillio

Il Berillio, il primo elemento del Gruppo , noto come il gruppo dei metalli alcalino-terrosi, è essenziale nelle applicazioni industriali. Il minerale che ne contiene il silicato, con la formula Be3Al2Si6O18, è denominato “berillio”. La parola stessa deriva dal greco βήρυλλος, che significa “preziosa blu-verde del mare”. Il Berillio ha avuto un ruolo significativo nella storia umana e ha trovato impiego sia nel settore della gioielleria, come nel caso dello smeraldo, una varietà di berillio, che nell’industria moderna.

Proprietà del Berillio

Il comportamento chimico del berillio è influenzato da diversi fattori, tra cui il suo basso e ionico, l’alta densità elettronica e l’elevata elettronegatività rispetto agli altri elementi del gruppo. Questo fa sì che il berillio principalmente formi composti con legami covalenti polari. La similitudine di comportamento tra berillio e alluminio è evidente anche nella resistenza di entrambi agli acidi, a causa di uno strato protettivo di ossido sulla loro superficie. Inoltre, l’idrossido di berillio e l’, entrambi mostrano comportamento .

Reazioni e Utilizzi

Il berillio può reagire con il cloro e il bromo per formare rispettivamente cloruro e bromuro di berillio. Anche se non reagisce con l’acqua o il vapore acqueo, il berillio può reagire con acidi diluiti come l’acido solforico, l’acido cloridrico o l’acido nitrico, sviluppando idrogeno gassoso. Inoltre, può reagire con le basi per formare l’idrossido di berillio.

Riassumendo, il berillio, con le sue proprietà chimiche e le sue reazioni, riveste un’importanza significativa nell’industria e in altri settori applicativi, nonostante le caratteristiche anomale rispetto agli altri elementi del Gruppo 2.

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