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Equilibrio acido carbonico-biossido di carbonio

Equilibrio acido carbonico-: definizione e caratteristiche

L’equilibrio acido carbonico-biossido di carbonio è un processo che coinvolge la dissoluzione del biossido di carbonio e la formazione dell’acido carbonico, il quale subisce una successiva dissociazione. Questo equilibrio è definito come “simultaneo” poiché comporta più reazioni interconnesse.

Formazione dell’acido carbonico

L’acido carbonico si forma quando il biossido di carbonio presente nell’aria è disciolto in .

Equilibri coinvolti

Il primo equilibrio è tra il biossido di carbonio in fase gassosa e in fase liquida. La del gas aumenta con la diminuzione della temperatura. La variazione dell’entropia e l’ influenzano questa reazione. Il secondo equilibrio coinvolge la reazione tra il biossido di carbonio e l’acqua, con la formazione dell’acido carbonico.

Dissociazione dell’acido carbonico

L’acido carbonico è un acido di tipo diprotico ed è soggetto a due equilibri di dissociazione. Tuttavia, poiché in soluzione acquosa l’acido carbonico è in equilibrio con il biossido di carbonio, la concentrazione di acido carbonico è molto minore rispetto a quella del biossido di carbonio. Si usa quindi l’indicazione H2CO3* per rappresentare entrambe le specie.

Trattamento rigoroso del pH della soluzione

Per il calcolo rigoroso del pH di una soluzione di acido carbonico, si devono considerare diversi equilibri, compresa l’interazione con l’acqua e l’ambiente circostante.

Equilibrio in un sistema aperto

In un sistema aperto, il biossido di carbonio presente in soluzione è in equilibrio con quello contenuto nell’aria. La composizione della soluzione dipende dalla parziale di CO2 a contatto con la soluzione.

Conclusioni

L’equilibrio acido carbonico-biossido di carbonio è un processo complesso che coinvolge diverse reazioni e interazioni. Comprendere le dinamiche di questo equilibrio è di fondamentale importanza per vari settori, dalla chimica ambientale alla chimica analitica.

Lecitina: struttura, usi

: struttura e usi principali

Theodore Gobley, un chimico francese, ebbe l’onore di isolare per la prima volta la lecitina dal tuorlo d’uovo nel 1846. Successivamente, la denominò fosfatidilcolina. Le lecitine sono componenti essenziali delle membrane cellulari e sono presenti in tutte le cellule, sia animali che vegetali. La fosfatidilcolina, il principale componente della lecitina, è un tipo di fosfolipide che contiene colina come gruppo di testa. Questa sostanza è particolarmente presente nei semi di soia e viene ottenuta tramite estrazione meccanica o chimica con esano, acetone, etere di petrolio, etanolo e benzene.

Oltre alla fosfatidilcolina, la lecitina contiene anche acido fosforico, , , , e altri fosfolipidi. La scissione idrolitica delle lecitine è catalizzata da enzimi esterasici detti lecinitasi, i quali agiscono su diversi legami esterei presenti nella lecitina.

La lecitina è largamente utilizzata come agente emulsionante, in quanto è in grado di stabilizzare un’emulsione agendo come tensioattivo. A livello industriale, è impiegata nel settore alimentare, cosmetico e farmaceutico. Grazie alle sue proprietà antiossidanti, la lecitina rallenta l’irrancidimento dei grassi ed è comunemente usata nei gelati, latte omogeneizzato, vinaigrette, maionese, creme, balsami, unguenti, linimenti e pomate. Si consiglia anche per trattare l’ipercolesterolemia, i disordini neurologici e per indurre modifiche al sistema immunitario.

Nonostante le aspettative, l’impiego terapeutico della lecitina nelle dislipidemie e nel morbo di Alzheimer non è supportato da dati statistici significativi sulla sua efficacia.

Energia reticolare: definizione, determinazione

reticolare nei solidi ionici: concetto e valutazione

L’energia reticolare di un solido ionico è l’energia rilasciata durante la formazione del solido partendo dagli ioni isolati nello stato gassoso. Nei solidi ionici, ioni positivi e negativi si trovano sui nodi del reticolo cristallino e sono uniti da intense forze di tipo coulombiano che formano dei cristalli complessi a causa dei differenti raggi ionici e delle interazioni tra cariche di segno opposto.

Tutti i solidi ionici formano cristalli in cui gli ioni si dispongono alternati. Il fattore che determina la forza di questi cristalli è chiamato energia reticolare, la quale viene espressa in kJ/mol e rappresenta un parametro di riferimento per spiegare la stabilità dei solidi ionici. Tuttavia, l’energia reticolare non può essere determinata direttamente e viene ottenuta attraverso un ciclo termodinamico noto come .

La valutazione quantitativa dell’energia reticolare di un cristallo ionico si ottiene dalle interazioni coulombiane tra gli ioni presenti, ovvero le forze di attrazione di ioni di carica opposta e di repulsione dovute alla compenetrazione delle nubi elettroniche. L’energia potenziale tra ioni di segno opposto, che rappresenta la forza di attrazione, è inversamente proporzionale alla loro distanza, mentre l’energia di repulsione è inversamente proporzionale alla n-esima potenza della distanza tra gli ioni.

La forza del legame tra ioni di segno opposto è influenzata principalmente dal degli ioni, con un’evidente diminuzione dell’energia reticolare se i raggi ionici aumentano. Inoltre, solidi ionici costituiti da ioni bivalenti tendono ad avere un’energia reticolare maggiore rispetto a quelli costituiti da ioni monovalenti.

Una tabella riporta le energie reticolari di alcuni solidi ionici, confermando che l’energia reticolare aumenta la forza del legame. Ad esempio, confrontando le energie reticolari di NaCl e NaBr, si evidenzia che NaCl ha un’energia reticolare maggiore a causa del raggio ionico inferiore dell’anione Cl rispetto a Br.

In conclusione, l’aumento dell’energia reticolare comporta una maggiore difficoltà nel separare gli ioni presenti nel reticolo cristallino, determinandone la stabilità. Pertanto, i solidi ionici non passano allo stato gassoso a temperatura ambiente e fondono ad alte temperature.

Dimensioni della costante di equilibrio: esempi, esercizi

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Le dimensioni della : esempi, esercizi

La costante di equilibrio Kc varia in base alle specie presenti in una reazione e ai relativi . Ad esempio, considerando la reazione:
aA + bB ⇄ cC + dD, i valori numerici delle costanti di equilibrio sono determinati sperimentalmente e tabulati, generalmente a 25°C. È importante notare che la costante di equilibrio varia solo al variare della temperatura, mentre le condizioni di o di volume o l’aggiunta o sottrazione di reagenti o prodotti di reazione non ne influenzano il valore.

Ciascuna reazione presenta un diverso comportamento dimensionale della costante di equilibrio. Ad esempio, nell’equilibrio di formazione dell’acido iodidrico, la costante Kc è adimensionale, mentre nell’equilibrio della sintesi dell’ammoniaca, ha dimensioni di M (mol/L).

Inoltre, nei casi di equilibri gassosi, oltre alla costante Kc, si utilizza la costante Kp, in cui al posto delle concentrazioni molari vi sono le pressioni parziali dei gas che partecipano all’equilibrio. La relazione che lega Kp e Kc è data da Kp = Kc(RT)^Δn, dove R è la costante universale dei gas, T è la temperatura in Kelvin e Δn rappresenta la variazione nel numero di moli dei prodotti meno il numero di moli dei reagenti.

È importante notare che nelle espressioni della costante di equilibrio non compaiono le specie le cui concentrazioni non variano significativamente in una reazione chimica. Tuttavia, se l’ è un reagente o un prodotto nella reazione, essa compare nell’.

Infine, in una reazione eterogenea in cui compare una fase solida, questa non viene inclusa nella costante di equilibrio. Ad esempio, nell’equilibrio di dissoluzione del cloruro di argento o nella reazione di decomposizione del Fe3O4(s), le specie solide non compaiono nell’espressione della costante di equilibrio.

Queste considerazioni nella valutazione delle dimensioni della costante di equilibrio sono fondamentali per comprendere il comportamento di una reazione chimica e le relazioni tra le differenti fasi coinvolte.

Metionina: struttura, funzioni, fonti alimentari

Metionina: struttura, funzioni e fonti alimentari

La metionina, conosciuta anche come Met o M, è un amminoacido essenziale con formula HCCOCH(NH2)CH2CH2SCH3 e rappresenta uno dei costituenti delle proteine. Questo amminoacido contiene un gruppo S-metil carbonio in γ ed è comunemente associato alla cisteina, in quanto entrambi sono amminoacidi contenenti zolfo.

La catena laterale della metionina è idrofoba ed è tipicamente situata all’interno delle proteine. A differenza della cisteina, il suo zolfo non è altamente nucleofilo, nonostante possa reagire con alcuni centri elettrofili.

La metionina agisce come precursore di altri amminoacidi, come la cisteina e la creatina, e di sostanze come la , la , la carnitina e la colina.

Struttura

Il legame chimico dello zolfo nella metionina è tipico dei tioeteri e, simile a quello della cisteina, può dare luogo a semireazioni di riduzione, producendo la metionina solfossido e successivamente la metionina sulfone. Questa sostanza può essere estratta industrialmente con butanolo dai prodotti dell’idrolisi acida o alcalina della caseina.

La principale funzione biologica della metionina è quella di trasferire gruppi metilici a vari accettori fisiologici tramite le metiltransferasi, tra cui la colammina e la nor-adrenalina. Questi processi di metilazione si realizzano tramite l’adenosil-metionina, forma reattiva della metionina che deriva dalla reazione con l’ATP.

Funzioni

La metionina contribuisce all’aumento del livello di antiossidanti come il glutatione, aiuta a ridurre il livello di colesterolo nel sangue, e partecipa alla rimozione dei rifiuti tossici dal fegato. Inoltre, è coinvolta nella rigenerazione del tessuto epatico e renale, ha un ruolo nella digestione, e svolge funzioni importanti nell’aumento di nel corpo.

È un amminoacido essenziale per lo sviluppo e la crescita degli animali superiori ed è pertanto un componente dietetico indispensabile.

Fonti

Le principali fonti alimentari di metionina includono il stoccafisso, il grana, il tonno sott’olio, il sesamo, le noci brasiliane, la soia, il germe di grano, l’avena, le arachidi, i ceci, il mais giallo, le mandorle, i fagioli e il riso integrale. La metionina può essere assunta attraverso la dieta o tramite integratori.

Considerazioni finali

La metionina offre numerosi benefici per la salute, inclusi positivi nel trattamento della depressione, dell’osteoartrite e della fibromialgia. Tuttavia, è importante non eccedere nei consumi di integratori, poiché un’eccessiva assunzione di metionina insieme a una carenza di vitamine B12, B6 e acido folico può comportare la conversione di metionina in omocisteina, una sostanza correlata a malattie cardiache e vascolari.

Doppio legame: saggi per il riconoscimento, saggio del bromo, di Bayer, saggio con ozono

Saggi per il riconoscimento del doppio legame negli alcheni

Il doppio legame è una caratteristica tipica dei composti organici come gli alcheni. Essi sono idrocarburi di formula generale CnH2n con un doppio legame originato dalla sovrapposizione laterale degli orbitali 2pz che non partecipano all’ibridazione sp2 caratteristica di questa classe di composti.

La presenza della nuvola di elettroni π rende gli alcheni notevolmente reattivi nei confronti di elettrofili, favorendo reazioni di addizione elettrofila. Le reazioni che si verificano più facilmente sono quelle di addizione elettrofila, anche se alcheni sostituiti con forti elettronattrattori possono dare luogo ad addizioni nucleofile.

Le reazioni di addizione elettrofila seguono un generale che prevede l’attacco iniziale del doppio legame da parte di un elettrofilo, seguito da uno stadio veloce in cui un nucleofilo presente nella miscela di reazione si lega al carbocatione formatosi.

Ci sono vari tipi di reazioni di addizione elettrofila che gli alcheni possono subire, tra cui l’addizione di acidi alogenidrici, l’addizione di acido solforico, l’, l’addizione di alogeni, l’idroborazione, l’idrogenazione catalitica e molte altre.

Infine, ci sono diversi saggi qualitativi per il riconoscimento del doppio legame tipico degli alcheni come il saggio del bromo, il saggio di Bayer e il saggio con ozono.

Il saggio del bromo è utilizzato per distinguere alcheni da alcani, mentre il saggio di Bayer e il saggio con ozono sono utilizzati per identificare la presenza di doppio legame negli alcheni attraverso reazioni specifiche che portano a cambiamenti di colore o alla formazione di precipitati.

In conclusione, i saggi qualitativi offrono un metodo efficace per riconoscere la presenza di doppio legame negli alcheni, e combinati con le reazioni di addizione elettrofila, forniscono un quadro completo della reattività e delle proprietà degli alcheni.

Alogenazione del benzene sostituito: alogenazione della catena laterale

Alogenazione della catena laterale del benzene sostituito: e prodotti

L’alogenaizone del benzene sostituito è influenzata dal gruppo sostituente, se attivante, possono essere ottenuti diversi prodotti di reazione. Un esempio di ciò si ha con l’etalbenzene, in cui il gruppo etile funge da direttore orto-para attivante.

I possibili prodotti di reazione includono l’-bromo, 2-feniletano, il 2,bromo,2,feniletano e HBr, per un totale teorico di sei prodotti di reazione. La presenza di FeBr3 condiziona la reazione, portando alla formazione principale di o-bromoetilbenzene e p-bromoetilbenzene.

Per l’alogenaizone della catena laterale, è necessario considerare altre condizioni di reazione.

Il bromo molecolare Br-Br ha un legame relativamente debole, che può essere rotto termicamente o in presenza di luce. Ciò porta alla formazione del radicale Br, il quale, essendo altamente reattivo, può sostituire gli idrogeni della catena laterale.

L’ di dissociazione del legame C-H determina la selettività del processo. In base a calcoli termodinamici, si prevede che il bromo sostituirà l’idrogeno del gruppo –CH2.

Dopo la formazione del radicale e la rottura del legame C-H, si forma il legame C-Br. L’ di questo processo è determinata dalla differenza tra l’energia di formazione del legame C-Br e l’energia necessaria per rompere il legame Br-Br, portando alla formazione del 2,bromo,2,feniletano come prodotto principale della bromurazione dell’etilbenzene.

Esercizi sul prodotto di solubilità: ione in comune

Esercizi sul prodotto di solubilità: ione in comune

Nell’ambito della chimica, il prodotto di solubilità è un parametro che fornisce informazioni sulla solubilità di un solido ionico in . Gli elettroliti deboli si dissociano solo parzialmente nei loro ioni producendo un equilibrio eterogeneo, soggetto a una denominata prodotto di solubilità.

Il prodotto di solubilità, indicato con Kps, può essere determinato da dati di solubilità e conoscendo il Kps è possibile ottenere le solubilità degli elettroliti. È importante considerare l’ nei calcoli relativi alla solubilità, in particolare quando è presente un catione o un anione comune a quello dell’elettrolita.

Di seguito vengono proposti esercizi di calcolo del Kps e di determinazione della solubilità a partire dal Kps, con particolare attenzione all’effetto dell’ione in comune.

Esercizi sulla determinazione del Kps

) Calcolo del Kps del fluoruro di
Si consideri il fluoruro di calcio con solubilità molare pari a 2.14 ∙ 10-4 mol/L. L’espressione del Kps per il fluoruro di calcio è così determinata:
Kps = [Ca2+][ F−]2 = 3.92 ∙ 10-11

2) Calcolo del Kps del fosfato di magnesio
Per il fosfato di magnesio con solubilità molare di 3.57 ∙ 10-6 mol/L, l’espressione del Kps risulta essere:
Kps = [Mg2+]3[PO43−]2 = 6.25 ∙ 10-26

Esercizi sulla determinazione della solubilità dal Kps

1) Calcolo della solubilità molare del cloruro di argento
Con un Kps di 1.77 ∙ 10-10, la solubilità molare del cloruro di argento è:
solubilità molare di AgCl = √1.77 ∙ 10-10 = 1.33 ∙ 10-5 M

2) Calcolo della solubilità molare del cromato di argento
Per il cromato di argento con Kps di 1.12 ∙ 10-12, la solubilità molare è determinata come segue:
solubilità molare di Ag2CrO4 = 6.54 ∙ 10-5 M

3) Calcolo della solubilità molare del fosfato di argento
Con un Kps di 8.88 ∙ 10-17, la solubilità molare del fosfato di argento risulta essere:
solubilità molare di Ag3PO4 = 4.26 ∙ 10-5 M

Determinazione della solubilità in presenza di ione in comune

Infine, si analizza il calcolo della solubilità dello ioduro di argento in una soluzione di ioduro di sodio. Il Kps è noto (8.52 ∙ 10-17) e la concentrazione dello ione ioduro è di 0.274 M.

È possibile svolgere numerosi esercizi simili che consentono di comprendere le relazioni tra solubilità, costanti di equilibrio e concentrazioni degli ioni in soluzione, fornendo così un valido supporto per lo studio della chimica generale.Calcolo della solubilità dei sali attraverso la costante di prodotto di solubilità

Quando si tratta di calcolare la solubilità di un sale, la costante di prodotto di solubilità (Kps) svolge un ruolo cruciale. Ad esempio, nel caso dell’ AgI, con un Kps di 8.52 ∙ 10-17, la solubilità può essere calcolata come segue:
Kps = [Ag+][I] = (x)(x + 0.274), Kps = 8.52 ∙ 10-17= (x)(0.274). Da cui si ottiene che x = 3.11 ∙ 10-17 M.

Nel caso dell’idrossido di calcio, con un Kps di 4.68 ∙ 10-6 in una soluzione di idrossido di bario 0.0860 M, la solubilità può essere calcolata come segue:
Kps = 4.68  ∙ 10-6 = [Ca2+][ OH]2 = (x)(2x+0.172). Trascurando 2x rispetto a 0.172, si trova che x = 2.72 ∙ 10-5 M.

Per quanto riguarda il cromato di argento, con un Kps di 9.0 ∙ 10-12 in una soluzione 0.010 M di cromato di potassio, la solubilità può essere calcolata come segue:
Kps = 9.0 ∙ 10-12 = (2x)2 ( x + 0.010). Trascurando x rispetto a 0.010, si ottiene x = 1.5 ∙ 10-5 M.

Equazioni termochimiche: applicazioni

Equazioni Termochimiche e Loro Applicazioni

Le equazioni termochimiche rappresentano reazioni chimiche bilanciate che presentano una variazione di . La termochimica è una branca della termodinamica specializzata nello studio degli scambi di energia sotto forma di associati a una reazione chimica, valutando le variabili ad esse connesse, come l’entalpia di legame e l’entropia standard di formazione.

Per definire le proprietà termochimiche di un processo, è fondamentale formulare l’equazione termochimica che descrive la variazione che avviene in termini di formule delle sostanze coinvolte, considerando i loro stati fisici.

Proprietà delle Equazioni Termochimiche

Un esempio è rappresentato dalla dell’ alla sua temperatura di ebollizione, dove si ha un passaggio di stato dallo stato liquido a quello gassoso. La reazione è rappresentata dall’equazione termochimica:

H2O(l. 373 K, atm) → H2O(g, 373 K, 1 atm)  ΔH = 40.7 kJ/mol

In caso di reazioni che avvengono in soluzione, le equazioni termochimiche devono contenere le concentrazioni delle specie presenti.

Le equazioni termochimiche sono influenzate anche dalla presenza delle condizioni standard, dove la variazione di entalpia viene indicata come ΔH°.

Applicazioni

Le equazioni termochimiche trovano applicazioni anche nella determinazione delle grandezze richieste. Ad esempio, in un processo con una variazione di entalpia ΔH, per il processo inverso, la variazione di entalpia è – ΔH.

Moltiplicando un’equazione termochimica per una costante, la quantità termodinamica coinvolta deve essere moltiplicata per la stessa costante, mantenedo intatti i rapporti rispetto a come l’equazione era inizialmente scritta.

Ulteriori dettagli riguardo agli aspetti delle equazioni termochimiche e alle loro applicazioni vengono forniti in dettaglio nel prossimo articolo.

Gruppo puntuale di simmetria: elementi e operazioni di simmetria, diagramma di flusso

Gruppo puntuale di simmetria: Elementi, operazioni di simmetria e

La simmetria molecolare è fondamentale nell’ambito della spettroscopia, della chimica quantistica e della cristallografia. Gli presenti costituiscono un gruppo noto come gruppo puntuale, in cui punti, linee e piani si intersecano in un punto singolo. È essenziale considerare i tipi di simmetria che una molecola può presentare e le operazioni generate dagli elementi di simmetria.

Le operazioni di simmetria si riflettono in movimenti del corpo che mantengono la disposizione originale dei punti. Gli elementi di simmetria, come rette, piani o punti, consentono l’esecuzione di una o più operazioni di simmetria.

I quattro tipi di elementi e le corrispondenti operazioni di simmetria richiesti per specificare la simmetria molecolare sono:

– Piano: riflessione rispetto al piano
– Centro di simmetria o centro di inversione: inversione di tutti gli atomi attraverso il centro
– Asse proprio: una o più rotazioni rispetto all’asse
– Asse improprio: una o più ripetizioni della sequenza: rotazione seguita da riflessione rispetto a un piano perpendicolare rispetto all’asse di rotazione

Un gruppo puntuale è rappresentato da un insieme di operazioni di simmetria, come l’operazione di identità e diverse rotazioni e riflessioni. Una molecola appartiene a un gruppo puntuale di simmetria se rimane invariata in tutte le operazioni di simmetria di questo gruppo.

In base alle operazioni di simmetria, la molecola CHClF appartiene al gruppo C mentre la molecola di , con un asse di rotazione binario e due piani speculari verticali, appartiene al gruppo C2v.

Per comprendere come le operazioni di simmetria influenzino le proprietà molecolari, si ricorre a un diagramma di flusso. Questo diagramma considera la linearità o meno della molecola come punto di partenza.

La rappresentazione irriducibile descrive il comportamento delle proprietà molecolari in relazione alle operazioni di simmetria del gruppo puntuale della molecola. Tutte le rappresentazioni irriducibili del gruppo puntuale di simmetria possono essere trovate nella tavola dei caratteri, che fornisce informazioni sulle variazioni delle proprietà in risposta a specifiche operazioni di simmetria.

In sintesi, la simmetria molecolare determina le proprietà vibrazionali ed elettroniche della molecola, le cui variazioni sono descritte dalle rappresentazioni irriducibili specificate nella tavola dei caratteri.

[Inserire l’immagine del diagramma di flusso relativa al testo]

Numero di ossidazione dei metalli di transizione: reattività

Ossidazione dei metalli di transizione: influenze sulla reattività chimica

Il concetto di numero di ossidazione negli elementi è strettamente legato al trasferimento di elettroni durante la formazione di un composto chimico. Tale numero determina anche la capacità di un atomo di ossidare o ridurre altre specie chimiche.

La presenza di più di un numero di ossidazione nei metalli di transizione è dovuta all’occupazione di elettroni negli orbitali d. Aumentando il numero atomico, anche il numero di elettroni negli orbitali d aumenta, portando ad un aumento del numero di ossidazione, causato principalmente dall’aumento degli elettroni spaiati.

Ad esempio, se un atomo possiede 5 elettroni nell’orbitale d, avrà 5 elettroni spaiati, corrispondenti al massimo numero di elettroni spaiati possibili nell’orbitale d. Allo stesso modo, l’orbitale s può interagire con l’orbitale d, permettendo la promozione di elettroni da un orbitale all’altro.

Un approccio rapido per determinare il massimo numero di ossidazione di un metallo di transizione, escludendo rame e , consiste nel sommare il numero di elettroni spaiati negli orbitali d ai due elettroni dell’orbitale s.

I metalli di transizione, tranne lo scandio e lo secondo la IUPAC, possono presentare vari numeri di ossidazione. Gli elementi evidenziano un incremento dei numeri di ossidazione dallo scandio al manganese, seguito da una diminuzione dal manganese allo zinco, correlato alla riduzione del numero di elettroni spaiati all’aumentare del riempimento dell’orbitale d.

Gli elementi con più numeri di ossidazione mostrano in genere una maggiore stabilità in alcuni di essi. Il titanio, ad esempio, presenta come numero di ossidazione più stabile il +4, mentre il manganese presenta tre numeri di ossidazione particolarmente stabili: +7, +4 e +2.

L’ossidazione più elevata e stabile di un elemento lo rende un eccellente agente ossidante, capace di trasformarsi in uno stato di ossidazione inferiore. Inoltre, un elemento con più di due stati di ossidazione può dare quando si trova in uno stato di ossidazione intermedio.

La reattività dei metalli di transizione è strettamente legata alla loro variazione di stato di ossidazione, e la stabilità relativa di questi numeri di ossidazione è di grande importanza nella chimica di questi elementi. Per fare riferimento a valori di (E°), è utile utilizzare l’equazione di Gibbs per calcolare l’ libera standard associata alla reazione di ossidazione.

Si noti che tali grandezze termodinamiche non forniscono indicazioni sulla cinetica delle reazioni.

Primo principio della termodinamica: esercizi svolti

Primo principio della termodinamica: esercizi svolti

Il primo principio della termodinamica afferma che l’energia di un sistema termodinamico non può essere creata né distrutta, ma soltanto trasformata da una forma all’altra, includendo la funzione di stato insieme al e al .

In una trasformazione adiabatica scambio di calore, la variazione dell’energia interna è uguale al lavoro compiuto.

Esercizi

1) Calcolo di q, w e ΔU per il processo di compressione di un gas ideale

In un processo isotermo relativo a un gas ideale, la variazione dell’energia interna è nulla. Il lavoro compiuto a pressione costante è calcolato tramite la differenza di volumi iniziale e finale. Quindi, il calore q è pari al lavoro w, e ΔU = 0.

2) Calcolo di ΔU per un gas in espansione

Considerando il calore assorbito e il lavoro compiuto da un gas in espansione, possiamo calcolare la variazione dell’energia interna ΔU.

3) Calcolo del calore specifico molare a volume costante

Utilizzando il calore specifico a pressione costante di un gas ideale, possiamo calcolare il calore specifico molare a volume costante.

4) Calcolo del calore specifico molare di F2 e confronto con il risultato precedente

Applicando la formula appropriata, possiamo calcolare il calore specifico molare di una molecola e confrontare il risultato con un valore precedentemente ottenuto.

5) Calcolo di ΔU e ΔH per un gas raffreddato

Calcolando i calori specifici a volume e a pressione costante, possiamo determinare la variazione dell’energia interna e dell’ per un gas raffreddato a temperatura costante.

In generale, il primo principio della termodinamica fornisce importanti strumenti matematici e teorici per comprendere il comportamento dei sistemi termodinamici e svolgere calcoli relativi ad essi.

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