back to top
Home Blog Pagina 291

Proprietà periodiche: energia di ionizzazione, affinità elettronica, elettronegatività

Proprietà periodiche degli elementi chimici

La periodicità delle proprietà degli elementi chimici è determinata dal loro numero atomico piuttosto che dalla massa atomica. Tale periodicità consente di confrontare alcune grandezze, dette proprietà periodiche, in base alla posizione dell’elemento nella tavola periodica degli elementi.

L’energia di ionizzazione rappresenta l’energia minima richiesta per rimuovere un elettrone da un atomo in stato gassoso, trasformandolo in ione positivo. Questa energia aumenta da destra a sinistra lungo un periodo e dal basso verso l’alto lungo un gruppo nella tavola periodica degli elementi. Ciò implica che gli elementi con bassa energia di ionizzazione tendono a formare ioni positivi con maggiore facilità.

L’affinità elettronica è l’energia liberata quando un atomo in fase gassosa acquisisce un elettrone. Questa grandezza tende ad aumentare da sinistra a destra lungo un periodo e dal basso verso l’alto lungo un gruppo nella tavola periodica.

Il raggio atomico diminuisce da sinistra a destra lungo i periodi e aumenta dal basso verso l’alto lungo un gruppo. Questo trend è dovuto alla contrazione del raggio atomico causata dall’aumento della carica nucleare effettiva lungo un periodo.

Elettronegatività

L’elettronegatività rappresenta la capacità di un atomo di attirare elettroni di legame. Questa grandezza aumenta da sinistra a destra lungo un periodo e dal basso verso l’alto lungo un gruppo nella tavola periodica.

Il carattere metallico diminuisce da sinistra a destra lungo un periodo e aumenta dal basso verso l’alto lungo un gruppo. Tale carattere è utile nel definire alcune proprietà chimiche, poiché i metalli tendono a formare cationi, mentre i non metalli tendono ad acquisire elettroni per formare .

In generale, le proprietà periodiche degli elementi chimici mostrano trend ben definiti lungo la tavola periodica, come illustrato nelle figure rappresentative dei trend.

Accumulatore al piombo, reazioni, f.e.m.

L’accumulatore al piombo: reazioni e f.e.m.

Gli accumulatori sono dispositivi che trasformano l’energia chimica in energia elettrica e viceversa, svolgendo sia la funzione di che di . Durante la carica, immagazzinano l’energia elettrica sotto forma di energia chimica, mentre durante la scarica forniscono energia elettrica grazie all’energia chimica precedentemente accumulata.

In entrambi i casi, le reazioni coinvolte sono di ossidoriduzione e possono verificarsi in entrambi i sensi, a seconda del funzionamento dell’accumulatore. Questi dispositivi trovano applicazione nell’avviamento dei motori a scoppio e diesel, nell’illuminazione di carrozze ferroviarie, nell’alimentazione di strumenti e come fonti di riserva ed emergenza di energia elettrica.

Struttura dell’accumulatore al piombo

L’accumulatore al piombo è composto da un anodo (-) costituito da piastre di piombo spugnoso e da un catodo (+) costituito da piastre di biossido di piombo (PbO2) allo stato di pasta finemente polverizzata. Entrambi gli elettrodi sono supportati su una griglia di materiale resistente alla corrosione e immersi in una soluzione acquosa di acido solforico al 30%.

Reazioni e f.e.m. dell’accumulatore al piombo

Durante la scarica, l’accumulatore funziona da cella galvanica, con reazioni di ossidazione all’anodo e di riduzione al catodo. La f.e.m. di un accumulatore al piombo, a 25°C, può essere determinata dai potenziali normali di riduzione delle due semireazioni. La reazione complessiva ha un potenziale pari a +2.04 V.

Durante la carica, l’accumulatore funziona da cella elettrolitica, con reazioni opposte a quelle della scarica. La reazione globale nel processo di carica è:

2 PbSO4(s) + 2 H2O → Pb(s) + PbO2(s) + 4 H+ + 2 SO4^2-

Considerazioni sulla f.e.m. e sulle fasi di carica e scarica

La f.e.m. di un accumulatore al piombo-acido è di circa 2 V e varia in base alla temperatura e alla concentrazione dell’acido solforico contenuto nella cella. Quando la tensione scende a circa .8 V, è necessario ricaricare l’accumulatore.

Elettrolisi dell’ contenuta nella cella eccessiva degradazione delle piastre sono problemi che possono verificarsi se la carica supera i 2.2 V. Inoltre, il processo di autoscarica può causare la perdita dell’1% di carica al giorno a temperatura ambiente. È consigliabile rabboccare con acqua distillata per mantenere il livello dell’accumulatore.

In conclusione, l’accumulatore al piombo è un dispositivo versatile con una struttura ben definita e delle reazioni elettrochimiche specifiche che lo rendono adatto ad un ampio spettro di applicazioni. Tuttavia, è importante gestirne correttamente la carica e la scarica per garantirne il corretto funzionamento nel .

Ione carbonato: idrolisi, decomposizione, solubilità

Ione carbonato: proprietà, , decomposizione e

L’ione carbonato è un anione poliatomico con la formula CO₃²⁻. Presenta una geometria planare con angoli di 120°, in cui il carbonio è ibridato sp². È stabilizzato da diverse strutture di risonanza. Quando si trova in soluzione acquosa, l’ione carbonato, dell’idrogeno carbonato, subisce idrolisi basica secondo l’equilibrio CO₃²⁻ + H₂O ⇄ HCO₃⁻ + OH⁻.

dei carbonati metallici

Numerosi carbonati metallici subiscono decomposizione termica, producendo l’ossido metallico e biossido di carbonio. La temperatura di decomposizione dipende dal metallo presente, nonché dalla sua reattività. Ad esempio, i carbonati dei metalli alcalino-terrosi richiedono temperature elevate per decomporsi, poiché sono più stabili.

Solubilità dei carbonati

I carbonati, in generale, sono poco solubili, ad eccezione di quelli di litio, sodio, potassio e ammonio. I carbonati meno solubili sono quelli di magnesio, calcio, bario, stronzio, cadmio, cobalto (II), rame (II), ferro (II), piombo (II), manganese (II), nichel (II) e zinco. Tuttavia, i carbonati dei metalli alcalino-terrosi si solubilizzano rapidamente in acque contenenti biossido di carbonio, formando carbonati.

Ciclo geochimico del carbonio

L’ione carbonato entra nel ciclo geochimico del carbonio, attraverso lo scambio dinamico di carbonio tra geosfera, idrosfera, biosfera e atmosfera terrestre. Questo avviene attraverso una serie di reazioni chimiche e processi fisici, biologici e geologici.

Reazioni degli acidi con i carbonati metallici

Quando gli acidi reagiscono con i carbonati metallici, si formano sali, e biossido di carbonio, liberando calore in una reazione esotermica. Ad esempio, la reazione tra carbonato di ferro (II) e acido solforico produce solfato di ferro (II), acqua e biossido di carbonio.

La riscrittura ha eliminato link non necessari e ha rivisto l’organizzazione delle informazioni in modo più chiaro e leggibile.

Nitrito: comportamento acido-base, sintesi, reazioni, usi

Nitrito: caratteristiche e utilizzi

L’ione nitrito è un ion poliatomico con formula NO2-. Le sue strutture di risonanza sono riportate nell’immagine sottostante. Secondo la teoria degli molecolari, vi è un legame di tipo σ tra ogni atomo di ossigeno e l’azoto e un legame π delocalizzato fornito dagli orbitali p dell’azoto e dell’ossigeno.

Comportamento acido-base
L’ione nitrito è la dell’, che si dissocia secondo l’equilibrio:
HNO2 + H2O ⇄ NO2- + H3O+.
La costante di dissociazione relativa a questo equilibrio è Kα = 4.5 × 10-4. Di conseguenza, una soluzione di un nitrito derivante da una base forte ha un pH superiore a 7.

Sintesi
Il nitrito e i suoi sali, come il nitrito di sodio, possono essere ottenuti a livello industriale per reazione del biossido di azoto con monossido di azoto in presenza di idrossido di sodio. In laboratorio, il nitrito di sodio può essere ottenuto dalla reazione tra nitrato di sodio e piombo o dall’ossidazione del monossido di azoto.

Reazioni
L’azoto nello ione nitrito presenta un numero di ossidazione +3, pertanto può essere sia ossidato che ridotto. Reagisce con il permanganato per formare nitrato e manganese (II) e con il bicromato per formare nitrato e cromo (III). È utilizzato anche nella formazione dei sali di diazonio e come inibitore della corrosione.

Usi
I sali contenenti l’ione nitrito sono utilizzati in vari settori, inclusi l’industria alimentare per prevenire il botulismo, la produzione di coloranti e fertilizzanti, lo sbiancamento delle fibre tessili, come inibitore della corrosione, come antidoto per avvelenamento da cianuro e in campo medico per ridurre il dolore associato all’attacco di angina.

Legge di Lambert-Beer. Esercizi svolti, assorbanza, trasmittanza

Legge di Lambert-Beer: Esercizi svolti, e

La legge di Lambert-Beer è fondamentale nell’analisi quantitativa poiché stabilisce una relazione diretta tra l’estinzione e la concentrazione della sostanza disciolta. Quando una radiazione luminosa attraversa un mezzo trasparente, parte di essa viene riflessa e parte si rifrange nel mezzo. La diminuzione dell’intensità di questa frazione man mano che la radiazione si propaga è alla base della legge di Lambert-Beer.

Il rapporto tra l’intensità della luce incidente (Io) e l’intensità della luce che fuoriesce (I) definisce la trasmittanza del mezzo. Il logaritmo decimale del reciproco della trasmittanza prende il nome di estinzione o assorbanza: A = log /T = log Io/I.

La legge di Lambert-Beer stabilisce una proporzionalità diretta tra l’assorbanza e la concentrazione della specie assorbente, espressa dall’equazione A = log Io/I = abc, dove “a” rappresenta l’assorbanza specifica, “b” lo spessore della soluzione attraversato dalla radiazione e “c” la concentrazione della sostanza assorbente nella soluzione.

La linearità si verifica di solito in ristretti intervalli di concentrazione. La relazione lineare tra A e c non è sempre verificata al crescere della concentrazione, e ciò può portare a deviazioni dalla legge di Lambert-Beer con scarsa attendibilità del dato analitico.

Per determinare la concentrazione di una soluzione incognita, solitamente si costruisce una retta di taratura, dove vengono misurate l’assorbanza di soluzioni a titolo noto al fine di determinare la concentrazione della soluzione incognita per interpolazione conoscendone l’assorbanza.

*Esercizi svolti*

1) Una sostanza mostra il massimo di assorbanza a 275 nm con ε275 = 8400 M-1 cm-1 e lo spessore della soluzione di 1 cm. Applicando la legge di Lambert-Beer si calcola la concentrazione della soluzione ottenendo c = 8.33 ∙ 10-5 M.

2) In una soluzione con 4 g/L di una sostanza e uno spessore di 2 cm, calcolando il e la luce trasmessa con una concentrazione di 8 g/L – si ottiene un ε di 0.0376 e una luce trasmessa pari al 25%.

3) Con un coefficiente di estinzione molare di 0.20 a 450 nm, una luce trasmessa del 40% e uno spessore di 2 cm, la concentrazione della soluzione risulta pari a 0.995.

4) Calcolando l’assorbanza e la percentuale di luce trasmessa con diverse concentrazioni di soluzione di citosina, si ottengono i valori corrispondenti.

5) Infine, una proteina con un coefficiente di estinzione molare di 16 e un’assorbanza di 0.73 su uno spessore di 0.5 cm porta a una concentrazione della soluzione di 0.091 g/100 mL.

Questi esercizi forniscono un’applicazione pratica della legge di Lambert-Beer e dimostrano il suo ruolo cruciale nell’analisi chimica quantitativa.

Dipendenza dal pH delle reazioni redox: equazione di Nernst

Dipendenza dal pH nelle reazioni redox e l’

Nel campo della chimica, la dipendenza dal pH nelle reazioni redox gioca un ruolo significativo quando sono coinvolte specie che contengono protoni o quando le reazioni avvengono in un ambiente acido. Alcune equazioni redox non mostrano dipendenza dal pH, come nel caso della semireazione di riduzione:
Br2 + 2 e → 2 Br.

Equazione di Nernst e la dipendenza del di riduzione dal pH


Applicando l’equazione di Nernst al potenziale di riduzione di una semireazione, si ottiene l’espressione E = E° – RT/nF ln pH2/ [H+]2. A temperatura ambiente e con R = 8.309 J ∙ K/mol, F = 96500 Coulomb/eq, e ln = 2.3 log, l’equazione risulta E = – 0.059/2( log /[H+]2) che, semplificata, diventa E = – 0.059 pH.

Dipendenza del potenziale standard di riduzione dall’ossigeno molecolare dal pH


Il potenziale standard di riduzione dell’ossigeno molecolare, come evidenziato dalle due , dipende dal pH. A pH più alto, diventa più difficile ridurre l’ossigeno molecolare ad H2O. Ciò suggerisce che l’ossigeno agisce come un migliore ossidante in condizioni acide.

Importanza del pH per gli


Il pH a cui operano gli ossidanti è di grande importanza e ne determina la forza ossidante. Ad esempio, il permanganato di potassio agisce come ossidante in soluzione acida, neutra e basica, ma esplica al meglio la sua azione in soluzione acida. Questa peculiarità è evidente dalla variazione dei potenziali normali di riduzione nelle diverse condizioni di pH.

Riscrivendo l’articolo in un formato più chiaro, condividerai informazioni importanti sul ruolo del pH nelle reazioni redox e sull’importanza dell’equazione di Nernst, garantendo un approccio strutturato che favorisce la comprensione del lettore.

Effetto idrofobico: forza delle interazioni idrofobiche

Forza delle Interazioni Idrofobiche: Caratteristiche e Dipendenze

L’effetto idrofobico è il fenomeno attraverso il quale le molecole non polari hanno la tendenza ad aggregarsi in una soluzione acquosa, escludendo le molecole di . Tale comportamento fu scoperto da Walter Kauzmann durante i suoi studi sulla stabilità termodinamica delle proteine.

Le molecole idrofobe sono considerate caratterizzate spesso da una lunga catena di atomi di carbonio e con una bassa in acqua, una molecola polare. Le interazioni idrofobiche descrivono le relazioni tra l’acqua e le molecole idrofobe, come nel caso del miscuglio acqua-olio.

Quando una specie non polare entra in contatto con l’acqua, si verificherà la rottura dei legami a idrogeno preesistenti, e intorno alla specie apolare si formerà una sorta di gabbia con una struttura ordinata, chiamata clatrato. Quest’ultimo è composto da inclusione, ed è caratterizzato dal recludere le molecole ospiti all’interno di una gabbia, formata dalle molecole ospitanti.

Aspetto Termodinamico

Secondo il , i fenomeni spontanei avvengono con un aumento del grado di disordine o dell’entropia, mentre in caso di effetto idrofobico si verifica una diminuzione dell’entropia (ΔS

Diagrammi ladder per equilibri di acidi deboli

Diagrammi ladder per equilibri di acidi deboli

I diagrammi ladder rappresentano uno strumento utile per visualizzare in modo semplice le specie prevalenti a un determinato pH in un equilibrio acido-base.

Il concetto si basa principio dell’ HA che si dissocia in soluzione acquosa secondo l’equilibrio: HA(aq) + H2O(l) ⇄ H3O+(aq) + A-(aq).

L’espressione della costante di equilibrio relativa a questo equilibrio è: Ka = [H3O+][A-] / [HA]. Attraverso i logaritmi, è possibile ottenere l’: pH = pKa + log [A-]/[HA].

Un esempio pratico può essere fornito considerando il valore di pKa di HF che è pari a 3.2. In base a diverse concentrazioni di F- e HF, è possibile calcolare il pH e determinare la specie prevalente.

Il valore del pKa gioca un ruolo fondamentale: se il pH è maggiore del valore di pKa, la specie prevalente è la base coniugata A-, mentre se il pH è minore del valore di pKa, la specie prevalente è l’acido debole HA.

Un diagramma ladder può essere costruito per rappresentare graficamente l’equilibrio acido-base di un determinato acido. Questo strumento consente di visualizzare in quale intervallo di pH una particolare specie chimica è prevalente.

Nel caso dell’acido acetico, con un pH pari a 4.76, è possibile costruire un diagramma ladder che illustra visivamente come variano le specie chimiche in funzione del pH.

Per acidi poliprotici come l’, con due costanti di dissociazione (K1 e K2), è possibile realizzare dei diagrammi ladder appositi che mostrano le transizioni tra le diverse specie chimiche in funzione del pH.

In conclusione, i diagrammi ladder sono uno strumento utile per comprendere e visualizzare le variazioni delle specie chimiche in un equilibrio acido-base in funzione del pH. La costruzione di tali diagrammi fornisce una chiara rappresentazione grafica delle relazioni tra pH e le specie chimiche coinvolte nell’equilibrio acido-base.

Sintesi del glicogeno: enzimi, meccanismo

Sintesi del glicogeno: e meccanismo di sintesi

La sintesi del glicogeno avviene all’interno delle cellule del fegato e dei muscoli, dove il viene convertito in glicogeno, contribuendo così all’equilibrio glicemico.

Il glicogeno è un polimero ramificato del glucosio, caratterizzato dalla presenza di legami glicosidici α-(,4) e α-(1,6).

La sintesi del glicogeno inizia con il glucosio-6-fosfato, che deriva dalla fosforilazione del glucosio in posizione 6, catalizzata dalla chinasi, un enzima del gruppo delle .

Successivamente, il glucosio-6-fosfato si trasforma in glucosio-1-fosfato attraverso l’azione della fosfoglucomutasi, un enzima appartenente alla classe delle isomerasi.

L’UDP-glucosio, ottenuto dall’uridintrifosfato (UTP) e dal glucosio-1-fosfato, rappresenta il donatore di glucosio nella biosintesi del glicogeno. Tale reazione è catalizzata dall’enzima UDP-glucoso pirofosforilasi.

La glicogeno sintasi svolge un ruolo chiave nella sintesi del glicogeno, catalizzando il trasferimento del glucosio dall’UDP-glucosio ai residui terminali di glicogeno. Affinché avvenga la sintesi del glicogeno, è necessario un primer costituito dalla glicogenina, che catalizza l’autoglicosilazione di otto residui derivanti dall’UDP-glucosio.

Per la formazione di legami α-1,6 che rendono il glicogeno ramificato, è necessario l’intervento di un ulteriore enzima ramificante, che porta alla formazione del glicogeno ramificato. Questo è di fondamentale importanza non solo per la maggiore del glicogeno ma anche per aumentare la velocità della sintesi e degradazione del glicogeno.

In sintesi, il processo di sintesi del glicogeno coinvolge una serie di enzimi e reazioni biochimiche che portano alla formazione di una molecola essenziale per il mantenimento dell’equilibrio glicemico.

Distillazione di miscele liquido-liquido: principio, diagrammi di fase

Principio della distillazione di miscele liquido-liquido: diagrammi di fase e distillazione frazionata

La separazione completa di due liquidi in soluzione mediante distillazione richiede che il vapore condensato contenga solo il componente con la temperatura di ebollizione più bassa. Questa condizione è soddisfatta quando le temperature di ebollizione dei due componenti sono significativamente differenti. L’efficienza del processo aumenta all’aumentare della differenza tra i punti di ebollizione, che può essere almeno di 25°C.

Per separare miscele con differenze nelle temperature di ebollizione inferiori a 25°C, si ricorre alla tecnica della distillazione frazionata. Questo metodo permette una migliore separazione, anche se non perfetta.

La colonna di Vigreux, una colonna di rettifica composta da un tubo di vetro a due innesti con digitazioni sulla superficie interna, consente una separazione migliore. Questo setup favorisce la condensazione del vapore e il recupero del componente desiderato.

Il distillato passa poi attraverso il , uno scambiatore di calore a doppio tubo, per essere raffreddato e raccolto.

La , che descrive la pressione di vapore in soluzioni ideali, è importante per comprendere il processo di distillazione. Il diagramma di fase, che rappresenta le temperature di ebollizione dei componenti puri rispetto alla composizione della miscela, fornisce informazioni cruciali per la distillazione.

Nel diagramma di fase, la della miscela determina la composizione del vapore e del liquido, il che consente di prevedere il comportamento del sistema in condizioni di distillazione.

Il passaggio di fase liquido-gas avviene attraverso la zona bifase liquido-gas, e i punti di rugiada e di bolla sono importanti nel processo di separazione.

Il principio che regola la separazione di due liquidi si basa sulla variazione della composizione del vapore e del liquido durante il processo di distillazione.

In conclusione, la distillazione di miscele liquido-liquido, supportata da diagrammi di fase e tecniche come la distillazione frazionata, rappresenta un processo fondamentale per ottenere liquidi puri a partire da una soluzione complessa.

Esercizi sul prodotto di solubilità di livello avanzato

Esercizi avanzati prodotto di

Gli esercizi avanzati sul coinvolgono concetti complessi come l’effetto dello ione in comune e il pH di di un idrossido poco solubile nota la concentrazione del catione metallico. Inoltre, possono riguardare la dissociazione di composti ionici poco solubili derivanti da acidi deboli e basi forti o da acidi forti e basi deboli.

Il prodotto di solubilità di un composto ionico poco solubile, indicato con Kps, rappresenta l’equilibrio dinamico tra il composto dissociato nei suoi ioni e il solido indisciolto. Ad esempio, per il fosfato di calcio Ca3(PO4)2, la reazione di equilibrio è Ca3(PO4)2(s) ⇄ 3Ca2+(aq) + 2PO43-(aq), e l’espressione del prodotto di solubilità è Kps = [Ca2+]3[PO43-]2.

Esercizio: Precipitazione

Per valutare se avviene la precipitazione in una soluzione 0.10 M di Ca2+ e 0.10 M di NH3 (Kb = .8 ∙ 10-5), calcoliamo la concentrazione degli ioni OH- derivanti dalla dissociazione dell’ammoniaca. Successivamente, verifichiamo se avviene la precipitazione dell’idrossido di calcio, considerando le concentrazioni fornite e quelle determinate dalla dissociazione dell’ammoniaca.

Esercizio: Calcolo della solubilità

Per calcolare la solubilità di PbCl2 in una soluzione di H2S 0.10 M a pH = 0, consideriamo i valori dei prodotti di solubilità di PbCl2 e PbS. Calcoliamo la solubilità molare dei due sali e determiniamo il sale meno solubile che determina la concentrazione di Pb2+. Successivamente, consideriamo gli equilibri coinvolti e calcoliamo la concentrare di S2- in base al pH della soluzione.

Concludendo, gli esercizi avanzati sul prodotto di solubilità presentano un maggiore grado di complessità e richiedono una comprensione approfondita dei concetti relativi all’equilibrio di solubilità e alla reattività dei composti ionici poco solubili.Calcolo della solubilità di un sale di piombo

L’equilibrio di solubilità di un sale di piombo (Pb2+) in una soluzione può essere calcolato attraverso il Kps, cioè il prodotto di solubilità. Il Kps esprime la massima concentrazione dei suoi ioni che può essere presente in una soluzione.

Considerando un esempio specifico, supponiamo di avere un valore di Kps pari a 8 ∙ 10-28. Questo valore può essere utilizzato per determinare la concentrazione di Pb2+ presente in una soluzione. Sostituendo il valore di Kps nella relazione [Pb2+] ∙ 1 ∙ 10-21, otteniamo [Pb2+] = 8 ∙ 10-7 M.

Inoltre, se consideriamo l’equilibrio di PbCl2(s) ⇄ Pb2+(aq) + 2 Cl(aq) con un Kps di 1.6 ∙ 10-5, possiamo calcolare la concentrazione di Cl presente in soluzione. Applicando la relazione Kps = 1.6 ∙ 10-5 = 8 ∙ 10-7 [ Cl]2, otteniamo [Cl] = 4.5 M. Questo indica che tutto il cloruro di piombo è solubilizzato in questa condizione.

Calcolo delle quantità di precipitati

Se vogliamo calcolare la quantità dei precipitati formati e la concentrazione dello ione Pb2+ quando 0.075 moli di ossalato di sodio vengono aggiunte a una soluzione contenente 0.30 M di nitrato di magnesio e 0.5 M di nitrato di piombo, possiamo seguire una serie di calcoli. Ad esempio, calcoliamo le moli di nitrato di magnesio e di nitrato di piombo presenti nella soluzione.

Successivamente, valutiamo il prodotto di solubilità dell’ossalato di piombo, confrontandolo con quello dell’ossalato di magnesio. Utilizzando i dati forniti sui Kps di MgC2O4 e PbC2O4, possiamo procedere con il calcolo delle moli di ossalato di piombo formate e delle moli di ossalato in eccesso.

In base a questi calcoli, possiamo determinare la concentrazione dello ione magnesio e la concentrazione dello ione piombo presenti in soluzione. Utilizzando le equazioni dell’equilibrio dell’ossalato di magnesio e dell’ossalato di piombo, potremo ottenere i valori desiderati per la concentrazione di ossalato e dello ione piombo.

Con questi calcoli, siamo in grado di determinare le quantità di precipitati eventualmente formati e la concentrazione dello ione Pb2+ in questa particolare situazione.

Reazioni di imbrunimento e fenolasi: meccanismo

Le reazioni di imbrunimento negli alimenti sono un fenomeno comune che porta a un’alterazione dell’aspetto, del sapore e del valore nutritivo, evidente soprattutto quando frutta come mele e banane sono tagliate. Mentre in alcuni casi, come per il caffè, lo sciroppo d’acero, la birra, il tè e il cacao, tali reazioni portano a miglioramenti dell’aspetto e del sapore, nella maggior parte dei casi causano un abbassamento del valore nutritivo e un decadimento qualitativo del prodotto.

Le reazioni di imbrunimento possono essere causate dall’azione di come la L-ascorbato ossidasi e la lipossigenasi, che catalizzano reazioni di ossidazione. Tuttavia, il principale enzima responsabile dell’imbrunimento dei cibi è la fenolasi, presente in varie piante come agrumi, susine, pesche e olivi, che catalizza l’ossidazione degli o-difenoli contenuti nelle piante formando melanine.

Il meccanismo di azione della fenolasi sui composti o-difenilici coinvolge il rame, gruppo prostetico dell’enzima, che varia il suo numero di ossidazione nel corso della reazione. Per prevenire l’azione enzimatica nei processi industriali, si possono adottare alte temperature per un adeguato, ma ciò può influire significativamente sapore e sulla consistenza del cibo, pertanto è necessario trovare soluzioni di compromesso per ogni tipo di alimento.

Nell’industria alimentare, per inibire l’azione della fenolasi, vengono utilizzati ossido di zolfo, solfati come il solfato di sodio, bisolfiti e metabisolfiti, che oltre ad inibire l’azione della fenolasi, hanno proprietà antimicrobiche e proteggono l’ presente. Tuttavia, l’uso di tali sostanze comporta alcuni svantaggi, essendo tossiche a livelli elevati e suscettibili di influire sul sapore e sull’odore del cibo, e di avere un effetto distruttivo sulla vitamina B. Nonostante ciò, vengono utilizzate per la loro efficacia e il basso costo.

Per controllare l’imbrunimento enzimatico, possono essere impiegati acidi come l’, fosforico e ascorbico, che abbassano il pH limitando l’azione della fenolasi. Inoltre, l’acido citrico, in combinazione con l’acido ascorbico, agisce come chelante nei confronti del rame presente nell’enzima. L’acido ascorbico è considerato l’inibitore più significativo della fenolasi, poiché, oltre a non avere un sapore rilevabile alle concentrazioni usate, riduce gli o-chinoni formati dalla fenolasi ai composti o-fenolici inizialmente presenti. Questi metodi sono utilizzati per limitare l’imbrunimento enzimatico negli alimenti.

è in caricamento