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Energia libera di Helmholtz e di Gibbs- Chimica

Energia libera di Helmholtz e di Gibbs in Chimica

L’energia libera di Helmholtz è una funzione di stato utilizzata per rappresentare l’energia libera in una trasformazione dove la temperatura e il volume rimangono costanti. Il secondo principio della termodinamica consente di prevedere la spontaneità e la reversibilità di un processo. In un processo spontaneo, la variazione totale di entropia è maggiore di zero, mentre in condizioni di equilibrio o in un processo reversibile la variazione totale di entropia è uguale a zero. Per prevedere la spontaneità di una reazione, è necessario trovare altri criteri basati sull’uso di funzioni termodinamiche relative esclusivamente al sistema, piuttosto che all’ambiente, imponendo specifici vincoli come condizioni di volume costante, temperatura costante o volume e temperatura costanti.

Energia libera di Helmholtz

L’energia libera di Helmholtz viene definita come A = U – TS, dove U rappresenta l’. In un processo spontaneo che avviene a volume e temperatura costante, la variazione dell’energia libera di Helmholtz dA è inferiore a zero. Se dA è uguale a zero, il processo è reversibile o ha raggiunto uno stato di equilibrio.

L’energia libera di Gibbs, definita come G = H – TS, fornisce ulteriori utili informazioni sulla spontaneità di un processo a pressione e temperatura costanti. Un processo è spontaneo se, a pressione e temperatura costante, la variazione di energia libera di Gibbs ΔG è inferiore a zero. Se ΔG è uguale a zero, il processo è reversibile o ha raggiunto uno stato di equilibrio.

Le funzioni termodinamiche dell’energia libera di Helmholtz e l’energia libera di Gibbs consentono anche di ottenere utili informazioni. Ad esempio, l’energia libera di Helmholtz fornisce informazioni sul massimo lavoro che può essere fatto da un sistema a temperatura costante, mentre l’energia libera di Gibbs fornisce informazioni sul massimo lavoro che può essere fatto da un sistema a pressione costante. Infine, a pressione e temperatura costanti, il massimo lavoro corrisponde alla variazione di energia libera del processo.

Minerali metalliferi: riduzione dei metalli

La dei minerali metalliferi

I minerali metalliferi possono contenere uno o più metalli ed è economicamente vantaggioso estrarre da essi un metallo. Le materie prime utilizzate per l’estrazione dei metalli sono i minerali metalliferi. Alcuni metalli come platino, , argento hanno scarsa tendenza a ossidarsi e si trovano più facilmente allo stato ridotto ovvero i metalli allo stato natio.

La maggior parte dei metalli si trovano nello stato ossidato, principalmente come ossidi, ossidi idrati, solfuri, carbonati, e cloruri. Pertanto, la preparazione dei metalli è in gran parte un processo di riduzione. I minerali metalliferi contengono impurezze, chiamate , che devono essere eliminate per aumentare la concentrazione della sostanza utile. I vari trattamenti di concentrazione vengono adottati in base alle caratteristiche del materiale.

Flottazione

Il primo trattamento effettuato è la flottazione. Questo metodo sfrutta le differenze di polarità e affinità con l’ tra la ganga e il minerale. La flottazione si realizza polverizzando i minerali metalliferi, sospendendoli in acqua contenente oli ed agitando in presenza di tensioattivi. Successivamente si forma una schiuma che trascina le particelle di solfuro poco solubili in acqua, favorendone il galleggiamento, mentre la ganga idrofila resta sul fondo del bacino di flottazione.

La levigazione è effettuata quando tra il minerale e la ganga che lo accompagna esiste una notevole differenza di peso specifico. Il materiale, previamente macinato, viene sottoposto all’azione di una corrente d’acqua che trascina più lontano le particelle meno pesanti. Questo processo è adatto, ad esempio, per le sabbie aurifere sfruttando la notevole differenza tra il peso specifico dell’oro e quello della sabbia.

Concentrazione elettromagnetica

La concentrazione elettromagnetica è applicabile ai minerali metalliferi in cui un componente è dotato di proprietà magnetiche; la separazione si realizza sottoponendo il materiale polverizzato all’azione di un’elettrocalamita.

Una volta ottenuto il minerale arricchito, si procede con la riduzione.

Riduzione

Sugli ossidi si esegue la riduzione con carbone o con un ossido di carbonio. Se gli ossidi dei metalli hanno potenziali redox molto bassi, è necessario un processo di riduzione più energico. I solfuri devono essere trasformati in ossidi per riscaldamento all’aria, un processo noto come “arrostimento”. I carbonati vengono trasformati in ossidi per riscaldamento, in un processo chiamato calcinazione e possono comportare anche ossidazione del metallo ad opera dell’ossigeno atmosferico con successiva riduzione degli ossidi.

Espansione adiabatica di un gas ideale

Espansione Adiabatica di un Gas Ideale: Concetti Fondamentali e Equazioni Associate

Quando un gas si espande adiabaticamente, compie lavoro sull’ambiente e, di conseguenza, la sua diminuisce. Secondo il , questa variazione di energia interna è descritta dall’equazione dU = dQ – pdV. Nell’espansione adiabatica, in cui dQ = 0, l’equazione diventa dU =  – pdV.

L’energia interna U è funzione della temperatura (T) e del volume (V), ovvero U = U(T,V). Pertanto, dU = ( δU/δT)V dT + (δU/δV)T dV. Nel caso di un’espansione adiabatica, (δU/δV)T = 0, e quindi dU = ( δU/δT)V dT. Questo corrisponde al , denotato come CV = ( δU/δT)V, consentendo di riscrivere l’equazione come dU = CV dT.

Unendo l’equazione precedente con l’equazione dell’espansione adiabatica, si ottiene – nRT/V dV = CV dT, che dopo essere riarrangiata diventa dT / T = – nR dV/ CV V.

Dalla definizione di , dH = dQ + Vdp. Nell’espansione adiabatica, considerando che dQ = 0, l’equazione diventa dH = Vdp. Questo può essere espresso come dH = ( δH/δT)p dT, dove il calore specifico a pressione costante è rappresentato da Cp = ( δH/δT)p. Utilizzando l’ V = nRT/p, si ot…

Potenziali termodinamici: potenziale di Landau, energia interna

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Potenziali termodinamici e il loro ruolo nel determinare gli stati termodinamici

I potenziali termodinamici sono quantità scalari usate per descrivere stati termodinamici e processi non ciclici. Cinque tipi di potenziali termodinamici includono , energia libera di Helmholtz, , e di Landau.

Energia interna

L’energia interna è una funzione di stato che rappresenta l’energia associata al moto casuale e disordinato delle molecole. I due principali contributi all’energia interna sono l’energia cinetica e l’energia potenziale.

Energia libera di Helmholtz

L’energia libera di Helmholtz misura il lavoro utile ottenibile da un sistema termodinamico chiuso a temperatura e volume costante.

Entalpia

L’entalpia di un sistema termodinamico è la somma dell’energia interna e dell’energia ottenuta dal prodotto della pressione per il volume.

Energia libera di Gibbs

L’energia libera di Gibbs di un sistema termodinamico è determinata dalla differenza tra la sua entalpia e il prodotto della sua entropia per la sua temperatura assoluta. Indica la capacità di fare un lavoro non meccanico e ha un ruolo nella spontaneità di una reazione.

Potenziale di Landau

Il potenziale di Landau, o gran potenziale, è una quantità usata in meccanica statistica, in particolare nei processi irreversibili che avvengono in sistemi aperti. È definito come ΦG = U – TS – μ, dove U è l’energia interna, T è la temperatura, S è l’entropia, μ è il potenziale chimico e N è il numero di particelle nel sistema.

I potenziali termodinamici, indicano la capacità di effettuare lavoro e sviluppare calore. Sono utili nel computo degli effetti di una reazione chimica e nella misurazione delle proprietà dei materiali in una reazione.

Principio di minima energia

I potenziali termodinamici tendono a diminuire fino a raggiungere il valore minimo di energia, in particolare quando i parametri del sistema sono mantenuti costanti come entropia, temperatura, pressione e parametri esterni.

I potenziali termodinamici giocano un ruolo chiave nel determinare gli stati termodinamici e nella comprensione dei processi termodinamici non ciclici, consentendo il calcolo degli effetti delle reazioni chimiche e la misurazione delle proprietà dei materiali.

Acetaldeide e derivati: sintesi

Acetaldeide e derivati: sintesi e metodi di ottenimento

L’acetaldeide, conosciuta anche come etanale con formula CH3CHO, è un liquido incolore volatile e infiammabile con un odore pungente e irritante. Questo composto riveste un ruolo importante nelle sintesi industriali organiche e viene impiegato in svariati settori industriali, come nelle industrie della gomma, conceria e cartaria, nonché come conservante per frutta e prodotti ittici.

Metodi di ottenimento:
) Da
Convenzionalmente, l’etanolo può essere trasformato in acetaldeide sia mediante o tramite ossidazione.

Nei processi che coinvolgono la deidrogenazione, l’etanolo viene fatto reagire su un catalizzatore di rame attivato con cromo a 260-290 °C, generando acetaldeide e come prodotti. In alternativa, il processo di ossidazione avviene facendo passare acetaldeide e aria su una rete di argento a 450-550 °C.

2) Da etilene
L’etilene può essere ossidato ad acetaldeide in presenza di sali di palladio e rame, secondo il .

3) Da idrocarburi leggeri
L’ossidazione di idrocarburi saturi, in particolare butano, produce una miscela di composti ossigenati tra cui l’acetaldeide. Questo processo avviene mediante una serie di reattori di ossidazione operanti in fase liquida o gassosa e un sistema di frazionamento dei prodotti di ossidazione.

Derivati dell’acetaldeide
1) Acido acetico
Il processo più diffuso per la produzione di acido acetico è basato sull’ossidazione dell’acetaldeide catalizzata da acetato di cobalto o manganese, condotta con ossigeno a circa 70-80 °C. Modificando le condizioni di reazione e il sistema catalitico, l’ossidazione dell’acetaldeide può condurre alla produzione simultanea di acido e anidride.

2) Paraldeide
Tre molecole di acetaldeide possono condensare a temperatura ambiente per formare un trimero ciclico contenente legami singoli C-O.

3) Metaldeide
La metaldeide è il tetramero ciclico dell’acetaldeide, preparato per ciclizzazione con acido solforico a bassa temperatura (-10 °C). Questo composto trova impiego nella produzione di profumi, poliesteri e coloranti basici, oltre che come conservante, agente aromatizzante, denaturante dell’alcol, in composizioni di carburanti e come solvente nelle industrie della gomma, concia e carta.

L’acetaldeide nel corpo umano si forma per ossidazione dell’etanolo nel fegato prima di essere convertita ad acido acetico. È più tossica dell’alcol etilico ed è responsabile dei malesseri avvertiti dopo aver ingerito sostanze alcoliche.

Biocarburanti: bioetanolo, biodiesel

Biocarburanti: scopri il bioetanolo e il biodiesel

I biocarburanti sono una fonte di energia sostenibile ottenuta da biomasse, a differenza dei tradizionali . La biomassa si riferisce alla frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti da varie attività agricole e industriali.

Durante l’evoluzione dell’umanità, fonti naturali di energia come il vento e l’ dei fiumi sono state utilizzate per svariati scopi. Tuttavia, l’avvento dei combustibili fossili ha rivoluzionato l’industria e i trasporti, relegando le biomasse in un ruolo secondario.

Tuttavia, le crisi petrolifere e la crescente consapevolezza dell’esaurimento delle risorse non rinnovabili hanno spinto la ricerca di fonti energetiche alternative come i biocarburanti. Tra i più conosciuti troviamo il bioetanolo, il biocherosene, il biobutanolo e il bio-olio.

Il bioetanolo, un tipo di biocarburante, viene principalmente prodotto attraverso la fermentazione degli zuccheri. L’ è ottenuto utilizzando residui di lavorazioni agro-industriali o sciroppi di glucosio prodotto dall’idrolisi dell’amido di mais. Negli ultimi anni, la ricerca si è concentrata sul bioetanolo di seconda generazione, ottenuto dagli idrolizzati dei materiali lignocellulosici come la paglia e il legno di scarto, al fine di non utilizzare risorse alimentari preziose.

Il biodiesel, un altro tipo di biocarburante, è principalmente ottenuto da materie prime rinnovabili come oli vegetali o grassi animali. La reazione chimica coinvolta nella produzione di biodiesel è la transesterificazione, che porta alla formazione di esteri metilici di (FAME) e glicerolo come co-prodotto. Gli oli vegetali vengono riscaldati in presenza di un alcol, in genere il metanolo, in una soluzione alcalina per produrre combustibile.

In ultima analisi, i biocarburanti come bioetanolo e biodiesel si pongono come valide alternative ai combustibili fossili, poiché sono ottenuti da fonti rinnovabili e contribuiscono alla dell’impatto ambientale legato all’uso di combustibili tradizionali.

Modello atomico di Bohr: postulati

Il contributo di Niels Bohr alla comprensione della struttura atomica

Niels Bohr, fisico danese, propone nel 1913 un modello atomico rivoluzionario basato sullo spettro a righe dell’atomo di idrogeno. Questa teoria rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della struttura atomica e il suo autore nel 1922 viene insignito del Premio Nobel per la fisica.

Durante i suoi studi all’Università di Manchester, Bohr collabora con Ernest Rutherford, il quale, attraverso il celebre esperimento sulla struttura atomica, dimostra che l’atomo è costituito da un nucleo circondato dagli elettroni. Nonostante ciò, la teoria atomica di Rutherford non spiega come gli elettroni possano muoversi attorno al nucleo senza finire per spiraleggiare verso di esso, emettendo energia elettromagnetica.

Per superare le limitazioni del modello di Rutherford, Bohr combina le conoscenze della fisica classica con quelle della fisica quantistica elaborando un nuovo modello atomico che si basa su quattro .

Postulati del modello atomico di Bohr

Il modello atomico di Bohr si basa su quattro postulati fondamentali. Il primo postulato afferma che l’elettrone in un atomo si muove secondo un’orbita circolare intorno al nucleo, regolato dalla forza elettrica di Coulomb tra l’elettrone e il nucleo.

Il secondo postulato descrive il moto dell’elettrone secondo le leggi di Newton, introducendo però il concetto di permesse, in particolare quelle di raggio tale che il momento angolare dell’elettrone sia multiplo intero di h/2π, nota costante di Planck. Questo quanto introduce un nuovo aspetto quantistico nella teoria.

Il terzo postulato stabilisce che un elettrone in un’orbita di Bohr non emette continuamente radiazione elettromagnetica, quindi la sua energia rimane costante, definendo così l’orbita come “stazionaria”.

Il quarto postulato afferma che la radiazione elettromagnetica viene emessa solo quando un elettrone si sposta da un’orbita ad energia maggiore a una ad energia minore, emettendo un quanto di energia definito dalla equazione di Planck-Einstein.

L’energia di un elettrone in un’orbita permessa è caratterizzata da un particolare valore di , e si articola in energia cinetica e energia , le quali, combinate all’equazione di Planck-Einstein, forniscono una trattazione teorica dei valori di energia dello spettro dell’atomo di idrogeno.

Conclusioni

Il modello atomico di Bohr rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della struttura atomica e ha contribuito significativamente alla fisica quantistica. La sua combinazione di concetti della fisica classica con quelli della fisica quantistica ha permesso di superare le limitazioni del modello atomico di Rutherford e di fornire una spiegazione più accurata dello spettro atomico dell’atomo di idrogeno.

Coniugazione: classificazione, esempi

La Coniugazione delle Molecole: Definizione e Tipi

La coniugazione rappresenta la diminuzione di energia di una molecola a causa della presenza di legami insaturi coniugati, i quali sono disposti in modo alternato rispetto ai legami saturi. Le molecole che permettono la delocalizzazione degli elettroni possono dare tre tipi di coniugazione: π-π, π-p e π-σ.

Coniugazione di Tipo π-π

Un esempio di questo tipo di delocalizzazione è il ,3-butadiene, CH2=CH-CH=CH2. Nelle molecole a catena lineare, la ha un ruolo relativamente marginale nella determinazione della struttura elettronica dei vari sistemi nello stato fondamentale. La della lunghezza del legame C2-C3 nell’1,3-butadiene rispetto a un analogo composto completamente saturo è attribuiblie più all’ibridazione degli orbitali coinvolti nel legame che a un preciso carattere di doppio legame.

Benzene

Un classico esempio di composto con coniugazione di tipo π-π è il benzene, che ha sei atomi di carbonio ibridati sp2 uniti da legami σ (sp2-sp2) per formare un ciclo a sei termini. La molecola è rappresentata da due strutture limite in risonanza tra loro. Gli orbitali pz si sovrappongono a due a due per dare luogo a tre doppi legami coniugati, ma localizzati tra due nuclei adiacenti. La molecola reale ha un contenuto energetico inferiore a entrambe le strutture prese singolarmente.

Coniugazione π-p

Il cloruro di vinile (CH2=CH-Cl) è un esempio comune di molecola che presenta questo tipo di coniugazione; la nube elettronica π tra i due atomi di carbonio risente della presenza del doppietto elettronico non condiviso sul cloro e viceversa. La coniugazione π-p può anche interessare particelle estremamente reattive come carbanioni, e radicali, che risultano notevolmente stabilizzate da questo tipo di delocalizzazione.

La coniugazione π-σ, detta iperconiugazione, coinvolge la sovrapposizione degli elettroni π con gli elettroni σ di un atomo adiacente, come nel caso del toluene. Si tratta di una risonanza in cui la posizione media dei nuclei non cambia. Le forme limite indicate nella scrittura indicano la sovrapposizione parziale degli elettroni σ del legame C-H con gli elettroni π.

In conclusione, la coniugazione delle molecole rappresenta un aspetto fondamentale nella comprensione della struttura elettronica e della stabilità dei composti chimici, influenzando direttamente i processi di reazione e le proprietà fisiche delle sostanze.

Antigelo: composizione

Il ruolo dell’antigelo per auto e la sua composizione

L’antigelo, comunemente noto come liquido refrigerante, svolge un ruolo cruciale nel mantenimento delle automobili in salute. Si tratta di una sostanza chimica progettata per prevenire il congelamento dei liquidi presenti nell’auto alle basse temperature. Una delle principali minacce alle quali l’antigelo si oppone è la rottura dei componenti dell’auto a causa del congelamento dei liquidi.

Proprietà dell’ e conseguenze

L’acqua, a differenza di molti altri liquidi, espande il suo volume quando la temperatura diminuisce, un comportamento che può portare alla rottura di componenti dell’auto esposti a basse temperature. Nel congelamento, le molecole d’acqua si dispongono in modo cristallino, occupando un volume maggiore rispetto allo stato liquido. Questo comportamento spiega il motivo per cui il ghiaccio galleggia sull’acqua.

Inoltre, l’acqua è nota per la sua significativa , che la rende un componente comune negli impianti di scambio di calore. Tuttavia, alle basse temperature, l’aumento di volume dell’acqua può provocare ai componenti dell’auto.

Composizione e ruolo del

Per evitare questi problemi, è stata sviluppata una soluzione composta da acqua e glicole etilenico, in grado di abbassare il punto di congelamento. Il glicole etilenico, altrimenti noto come HO-CH2-CH2-OH, è un liquido inodore e incolore che rompe i legami a idrogeno presenti nell’acqua. Quando miscelato con l’acqua, il glicole etilenico abbassa la temperatura di solidificazione, prevenendo così il congelamento.

Tuttavia, il glicole etilenico presenta alcune problematiche, come la sua tendenza all’ossidazione e alla formazione di acidi organici. Per mitigare questi rischi, le soluzioni di glicole etilenico devono contenere additivi che tamponino il pH e prevengano la formazione di tali acidi.

Alternative al glicole etilenico

Data la tossicità del glicole etilenico e i problemi correlati allo smaltimento, in alcuni contesti è preferibile utilizzare il glicole propilenico, che non presenta problemi di tossicità. Anche in questo caso, è necessario l’uso di agenti tamponanti e inibitori per mitigare il rischio di .

Conclusioni

In commercio sono disponibili liquidi antigelo già pronti all’uso, così come quelli da diluire con acqua, solitamente con un rapporto del 50%. Questi prodotti rappresentano un’importante soluzione per prevenire danni causati dal congelamento dei liquidi nelle automobili, favorendo così il corretto funzionamento dei veicoli anche alle basse temperature.

Biossido di titanio: proprietà, metodi di ottenimento

Biossido di titanio: proprietà e metodi di ottenimento

Il biossido di titanio, presente in tre forme cristalline diverse (, e brookite), è ampiamente impiegato come pigmento bianco, grazie alle sue notevoli proprietà ottiche e all’alto indice di rifrazione, vicino a quello del diamante. Inoltre, è noto per la sua stabilità, potendo resistere a temperature fino a 1700°C prima di fondere.

Ottenimento

Il biossido di titanio può essere ottenuto attraverso due processi principali: il processo al solfato e il processo al cloruro, che sfruttano due minerali predominanti, l’ilmenite e il rutilo, presenti in abbondanza rispettivamente in Australia e in Sud Africa.

Processo al solfato

Il processo al solfato prevede tre fasi: la dissoluzione del minerale, la formazione del biossido di titanio idrato e la formazione del biossido di titanio anidro. Durante questo processo, l’ilmenite viene trattata con acido solforico, dando luogo a una miscela di solfati che successivamente subisce un’ulteriore lavorazione per ottenere il biossido di titanio.

Processo al cloruro

Nel processo al cloruro, il rutile viene convertito in cloruro di titanio (IV) tramite il riscaldamento in presenza di cloro e carbon coke. Successivamente, avviene l’ossidazione del cloruro di titanio (IV) tramite il riscaldamento in presenza di ossigeno.

Oltre al suo utilizzo come pigmento, il biossido di titanio ha varie altre applicazioni, inclusi l’uso come catalizzatore e protettore della pelle dai raggi UV in alcune creme cosmetiche. Le di biossido di titanio vengono impiegate in solari, , superfici autopulenti e nella produzione di coloranti.

Concludendo, il biossido di titanio, grazie alle sue diverse proprietà e ai metodi di ottenimento, è un composto versatile con numerose applicazioni in diversi settori.

Sfingolipidi: ceramidi, cerebrosidi, catabolismo

Sintesi sugli Sfingolipidi: Struttura, Funzioni e Catabolismo

Gli sfingolipidi rappresentano una componente fondamentale delle membrane cellullari dei mammiferi, particolarmente abbondanti nella sostanza bianca del sistema nervoso centrale. Scoperti circa un secolo fa dal chimico-fisico Johann Thudichum, questi lipidi sono costituiti da vari composti, tra cui , sfingomielina, lattosilceramide, glicosilcerebroside e . Prendono il loro nome dal greco Σφιγξ, simile alla Sfinge che proferiva enigmi, riflettendo l’enigmaticità iniziale della loro funzione biologica.

La , un amminoalcol insaturo con un’importante funzione biologica, è composta da tre parti: una catena di tre atomi di carbonio contenente due alcolici e un gruppo amminico legati a una lunga catena idrocarburica. Nelle membrane cellulari umane sono stati identificati oltre 60 tipi diversi di sfingolipidi.

I ceramidi, prodotti dalla reazione tra la sfingosina e un acido grasso, sono componenti cruciali delle membrane cellulari, costituiti da sfingosina e acido grasso, uniti tramite legame ammidico. La sfingomielina, derivata dalle ceramidi, è un lipide chiave del doppio strato lipidico delle membrane cellulari, particolarmente rilevante nelle membrane dei neuroni e nella guaina mielinica.

I cerebrosidi sono formati da sfingosina, acidi grassi specifici e uno zucchero a sei atomi di carbonio, come il galattosio, e si trovano principalmente nella sostanza nervosa bianca e grigia del cervello, così come in quantità minori in altri organi come il cuore, i reni e i polmoni. I gangliosidi, costituiti da sfingosina e acido sialico, sono abbondanti nel cervello e presentano una parte idrofila oligosaccaridica rivolta verso l’esterno della membrana cellulare e una parte lipofila legata alla matrice della membrana stessa.

Il catabolismo degli sfingolipidi avviene nei lisosomi mediante enzimi idrolitici, con un valore di ottimale compreso tra 3.5 e 5.5. Durante questo processo, i substrati vengono trasformati in prodotti per la successiva rimozione dei gruppi costituenti gli sfingolipidi attraverso reazioni idrolitiche irreversibili.

Oltre ad essere essenziali per la struttura delle membrane cellulari, gli sfingolipidi svolgono un ruolo fondamentale nelle funzioni biologiche, in particolare nel sistema nervoso centrale. La comprensione delle loro strutture e delle loro funzioni biologiche è cruciale per la ricerca nel campo della biochimica e della biologia molecolare.

Produzione di idrogeno da idrocarburi: reforming, reazioni

Produzione di idrogeno da idrocarburi tramite e reazioni

I processi industriali per la produzione di idrogeno si basano principalmente sui metodi di reforming di idrocarburi, come il e il propano. Il gas naturale, che contiene metano e altri idrocarburi, è ampiamente utilizzato in questi processi termici.

Reforming

I processi industriali per la produzione di idrogeno si basano quasi esclusivamente sui metodi di reforming degli idrocarburi. La maggior parte dei grossi impianti fanno uso del reforming catalitico con vapore acqueo di metano, propano, gas di raffineria, benzina o di ossidazione parziale di olio combustibile.

Reazioni

Durante il processo di reforming, una miscela di idrocarburi e vapore d’ è convertita in una miscela di idrogeno e ossidi di carbonio utilizzando a base di nichel. Poiché queste reazioni decorrono in condizioni di equilibrio, il loro grado di avanzamento dipende in maniera assai sensibile dalla pressione, temperatura e concentrazione dei reagenti.

Una delle caratteristiche del processo è che i gas caldi provenienti dall’unità di reforming sono usati sia per produrre tutto il gas necessario al processo sia per preriscaldare i gas di alimentazione che, prima di entrare nel forno di reforming, sono fatti passare nell’unità di desolforazione.

Le condizioni tipiche di reforming del metano o di idrocarburi leggeri sono: pressione fino a oltre 14 kg/cm² e temperatura del gas in uscita tra 650 e 870 °C. Nei casi in cui l’idrogeno debba essere usato sotto forma di gas ad alta pressione, il reforming può essere condotto a più alta pressione. Il gas proveniente dal forno di reforming viene quindi inviato all’unità di conversione di , che deve provvedere a ridurne la concentrazione.

I metodi di purificazione più comunemente usati sono quello della conversione catalitica del monossido di carbonio e quello del lavaggio con soluzioni di sali di rame. Questi metodi sono essenziali per rendere il gas idrogeno utilizzabile in diverse applicazioni industriali.

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