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Reattività elettrochimica: reazioni

Reattività elettrochimica: analisi delle reazioni e dei

La reattività tra due specie chimiche dipende sia da fattori termodinamici che cinetici, con l’uso di catalizzatori che favoriscono tali processi.

Dal punto di vista chimico, le reazioni tra due specie avvengono attraverso urti molecolari, come nel caso della reazione:
H2 + ½ O2 → H2O

Nonostante i calcoli termodinamici mostrino che la reazione avvenga spontaneamente, l’ impedisce che la stessa si verifichi a causa della stabilità chimica delle molecole di idrogeno e ossigeno.

I catalizzatori, come ad esempio il platino, sono in grado di abbassare l’energia di attivazione, aumentando la reattività del sistema chimico. Inoltre, esiste anche la possibilità di stimolare la reattività aumentando la temperatura, aumentando l’energia delle singole molecole.

Le reazioni nel sistema elettrochimico avvengono attraverso complesse interazioni che coinvolgono l’utilizzo di catalizzatori, reazioni di dissociazione e scambio di elettroni tra le molecole coinvolte.

La tra le reazioni chimiche e elettrochimiche sta nel fatto che, nell’ambito elettrochimico, le molecole reagiscono senza collidere direttamente, ma in siti separati di un conduttore elettronico, scambiando elettroni a distanza attraverso di esso.

La reattività elettrochimica dipende da diversi fattori come la temperatura, la struttura molecolare e la natura dell’elettrodo, ma può anche essere influenzata dall’energia degli elettroni, che rappresentano un intervento significativo nella reazione.

La forza motrice di una reazione chimica è la variazione di nel passaggio da reagenti a prodotti, mentre nel caso di una reazione elettrochimica, è l’energia che fa sì che gli elettroni passino dall’elettrodo di generazione a quello di consumo.

Inoltre, per lo spostamento degli elettroni è necessaria una differenza di potenziale elettrico tra i due punti interessati, che può essere spontanea, come nell’esempio precedentemente esposto, o indotta dall’esterno provocando un’interazione tra e specie chimiche in soluzione.

Idratazione degli alcheni: diagramma, meccanismo

Idratazione degli : Meccanismo di Reazione e Diagramma Energetico

L’idratazione degli alcheni in ambiente acido conduce alla formazione di un alcol, rispettando la in caso di alcheni asimmetrici.

Quando un alchene reagisce con l’acqua, non si verifica alcuna reazione a causa della mancanza di un agente elettrofilo in grado di agire come precursore della reazione. I legami O-H presenti nell’acqua sono troppo forti per consentire agli ioni di idrogeno di agire come specie elettrofile in questa reazione.

Tuttavia, aggiungendo un acido come H2SO4 o HCl alla soluzione, l’ione H+ derivante dalla dissociazione dell’acido agisce come elettrofilo. In questo contesto, l’addizione dell’acqua all’alchene è nota come idratazione, rendendo l’alchene idratato in presenza di acqua in soluzione acida.

Meccanismo di Reazione

Il primo stadio della reazione (lento) coinvolge l’addizione dell’elettrofilo H+ al carbonio ibridato sp2 dell’alchene, formando un carbocatione intermedio planare. Nel caso del propene, si formerà il carbocatione secondario più stabile del primario, in base all’ordine di stabilità relativa dei carbocationi.

Il secondo stadio della reazione (veloce) prevede la reazione del carbocatione con il doppietto elettronico solitario presente sull’ossigeno della molecola di acqua. Quest’ultima si comporta da base di Lewis, legandosi al carbocatione e producendo un alcol, espellendo simultaneamente un ione H+.

È da tenere presente che la reazione del carbocatione con un nucleofilo è così veloce che il carbocatione si combina con il primo nucleofilo con il quale entra in contatto. Nella reazione di idratazione degli alcheni sono presenti in soluzione due : l’acqua e il controione dell’acido. Tuttavia, a causa dell’ambiente fortemente acido, il carbocatione ha molte più probabilità di collidere con una molecola di acqua.

Diagramma Energetico

Il diagramma energetico della reazione mostra il decorso energetico complessivo della reazione di idratazione degli alcheni in ambiente acido.

Da notare che l’ione H+ che si addiziona nel corso del primo stadio ritorna in soluzione quando la reazione è terminata, agendo come catalizzatore della reazione con acqua degli alcheni. Pertanto, la reazione con acqua degli alcheni è una reazione acido-catalizzata.

Principio di Franck-Condon: transizioni elettroniche

Il Principio di Franck-Condon nelle Transizioni Elettroniche

Nell’analisi degli spettri di assorbimento elettronico, il principio di Franck-Condon riveste un ruolo fondamentale, considerando la posizione dei nuclei durante le transizioni elettroniche. Durante tali transizioni, la geometria molecolare rimane pressoché invariata poiché i nuclei non riescono a seguire immediatamente i repentini cambiamenti elettronici. Le transizioni elettroniche possono comportare l’eccitazione simultanea di uno o più moti vibrazionali.

A temperatura ambiente, il livello vibrazionale più basso (ν = 0) dello stato elettronico è occupato. Tuttavia, durante le transizioni a stati elettronici eccitati, possono verificarsi anche transizioni verso livelli vibrazionali superiori, determinando un allargamento della banda di assorbimento. È importante considerare che le transizioni possono avvenire tra stati elettronici con distanze internucleari di equilibrio simili o diverse.

La curva di energia potenziale mostra la variazione dell’energia elettronica in relazione alla distanza internucleare. Tale rappresentazione fornisce una base fondamentale per l’analisi della struttura vibrazionale durante le transizioni elettroniche, secondo il principio di Franck-Condon.

Una discussione approfondita sulla struttura vibrazionale di una transizione elettronica si basa sui seguenti punti principali del principio di Franck-Condon: le transizioni elettroniche avvengono rapidamente rispetto ai moti vibrazionali, mantenendo la distanza internucleare invariata; le transizioni vibrazionali più intense si verificano quando le regioni di alta probabilità vibrazionale si trovano a distanze internucleari simili nei due stati elettronici coinvolti.

La classificazione delle transizioni elettroniche si basa principalmente sulla natura degli coinvolti, distingueva le transizioni in “N → V” e “N → Q” in base alle caratteristiche degli orbitali coinvolti e agli elementi chimici partecipanti. Questa analisi fornisce un quadro dettagliato delle trasformazioni elettroniche e vibrazionali che avvengono simultaneamente durante le transizioni elettroniche.

Isomeri con potere rotatorio: enantiomeri, racemo

Isomeri otticamente attivi e

Negli studi di analitica si possono incontrare isomeri capaci di far ruotare il piano della luce polarizzata. Il potere rotatorio specifico di una sostanza dipende dalla della radiazione monocromatica usata e dalla temperatura a cui è sottoposta. Questo potere dipende anche dalla lunghezza del cammino attraversato dalla radiazione e, nel caso di soluzioni, dalla concentrazione e dalla natura del solvente.

Gli enantiomeri, per esempio, hanno le proprietà ottiche simili tra loro, ma opposte rispetto a sostanze otticamente attive. Hanno lo stesso punto di fusione, nonché valori simili di pKa o pKb. Inoltre, reagiscono allo stesso modo nei confronti di sostanze otticamente inattive, ma in modo diverso verso sostanze otticamente attive. Gli enantiomeri sono molecole chirali e non hanno né piani di simmetria né centri di inversione.

Il racemo è costituito da una miscela equimolecolare dei due opposti enantiomeri. Questa miscela non provoca alcuna rotazione del piano della luce polarizzata poiché i contributi dei due opposti enantiomeri si annullano a vicenda. Il racemo ha proprietà differenti da quelle dei singoli enantiomeri, come temperatura di fusione e solubilità diverse. Pasteur isolò per primo le due forme cristalline emiedriche di tartrato di potassio e ammonio e analizzò le proprietà chimiche e fisiche di entrambe.

L’, per esempio, esiste in due forme non sovrapponibili chiamate enantiomeri. La miscela equimolecolare delle due forme è il racemo inattivo. È interessante notare che Pasteur isolò anche una di acido tartarico con abito cristallino simmetrico, chiamata meso, che è otticamente inattiva e costituita da una sola specie molecolare.

Mobilità ionica: intensità di corrente

Mobilità ionica e intensità di corrente: un’analisi dettagliata

La mobilità ionica si riferisce alla velocità raggiunta da un ione in movimento attraverso un gas sotto l’influenza di un campo elettrico. L’intensità della corrente che attraversa la cella è determinata dalla di potenziale applicata ai due (∆V) divisa per la resistenza (R), che include i contributi alla corrente riconducibili agli ioni di segno opposto.

In campo elettrochimico, è vantaggioso esprimersi in termini di conduttanza, il reciproco della resistenza, misurata in Siemens (Ω). La conduttanza è influenzata dalla lunghezza del conduttore, dalla sua sezione trasversale e dalla resistività.

Infine, la conduttività, il cui reciproco è κ e prende il nome di conduttività, è una misura dell’efficienza con cui un materiale conduttore trasporta cariche elettriche. Inserendo queste relazioni nell’espressione della corrente, risulta:

I = ∆V G = ∆V κ/Cc = ∆V κ A/l

Considerando una cella che contiene un elettrolita binario e sia divisa in due parti da un piano parallelo ai due elettrodi, i migrano nel campo elettrico con una velocità v+ e gli con una velocità v.

Per calcolare l’intensità di corrente, si omite il tempo (1 s) nella formula precedente, ottenendo così i due contributi, anionico e cationico, all’intensità di corrente. Utilizzando questa ottica, avremo:

I = I+ +I = ( z+FCv+) A + ( zFCv) A

Successivamente, attraverso una serie di relazioni simmetriche, si arriva alle espressioni per i contributi anionico e cationico all’intensità di corrente. Tali espressioni coinvolgono la densità numerica delle particelle, la concentrazione e il prodotto della carica per il Numero di Avogadro, che è la costante di Faraday (F = NAe = 96485 C/mol).

La mobilità ionica è poi definita come il rapporto tra la velocità di uno ione e il gradiente di potenziale che lo costringe a migrare, e coincide con la velocità che gli ioni acquistano sotto il gradiente di potenziale di 1 V a metro.

Le unità di misura della mobilità ionica sono (m/s)(V/m) = m2V-1s-1. Infine, c’è una correlazione tra la conduttività ionica limite e la mobilità ionica, che può essere utilizzata per determinare le mobilità ioniche misurando la conduttività molare e calcolando la frazione di corrente trasportata da ciascun ione.

In conclusione, l’analisi della mobilità ionica e dell’intensità di corrente fornisce una panoramica dettagliata del movimento degli ioni in un campo elettrico e della sua applicazione nella trasmissione di corrente attraverso una cella elettrochimica.

Reazioni fotochimiche: rendimento quantico, esempi

Reazioni fotochimiche: importanza del e esempi significativi

Le reazioni fotochimiche si verificano grazie all’assorbimento di fotoni con la giusta lunghezza d’onda da parte di atomi o molecole. È importante precisare che, nonostante spesso si affermi che tali reazioni siano catalizzate dalla radiazione, in realtà l’ non subisce alcuna variazione.

Le reazioni fotochimiche avvengono mediante l’assorbimento di un fotone da parte di una particella, la quale entra in uno stato eccitato. Questo stato eccitato può cedere energia in diverse modalità: in radiante ( o fosforescenza) o come energia termica. È importante notare che la particella eccitata può anche reagire chimicamente, evento che costituisce la reazione fotochimica effettiva. Inoltre, per calcolare la costante cinetica di una reazione fotochimica, è necessario tener conto anche dei processi emissivi e dell’estinzione.

Un esempio concreto di reazione fotochimica è rappresentato dalla dissociazione del biossido di azoto mediante l’irradiazione con radiazione ultravioletta. Inoltre, è possibile osservare una serie di processi con diverse transizioni chimiche in presenza di radiazione avente lunghezza d’onda specifiche.

Il è il rapporto tra il numero di fotoni emessi e il numero di fotoni assorbiti. La misura di questo parametro avviene tramite l’irradiazione di un campione con un impulso laser di durata nota e la registrazione dell’intensità della fluorescenza emessa in funzione del tempo.

Il rendimento quantico della reazione fotochimica è invece il rapporto tra il numero di molecole prodotte e il numero di fotoni assorbiti. In generale, i prodotti ottenuti per riscaldamento e irradiazione possono differire, in quanto l’energia termica si riparte in modo complesso fra i diversi gradi di libertà del sistema reagente, mentre l’effetto della radiazione è più specifico.

Un significativo esempio di reazione fotochimica è il ciclo dell’ozono, che ha un importante impatto sull’abbattimento dell’intensità della radiazione ultravioletta, riducendo così il potenziale impatto su processi chimici e biochimici.

In conclusione, le reazioni fotochimiche rappresentano un importante campo di studio in chimica, con un impatto significativo su diversi processi naturali e tecnologici.

Liquefazione dei gas: macchina di Linde

La Liquefazione dei Gas e la

La liquefazione dei gas è un processo in cui i gas vengono trasformati in liquidi attraverso particolari procedimenti e impianti, come ad esempio la macchina di Linde, connotata da particolarità nei procedimenti e negli impianti utilizzati. La temperatura critica del gas in questione assume importanza in questo processo. Se la temperatura critica è superiore a quella ambiente, il gas può essere portato alla per compressione o accompagnata da un modesto raffreddamento. Se invece questa è inferiore alla temperatura ambiente, il gas richiede una procedura complessa che implica un raffreddamento al di sotto della temperatura critica.

Alcuni gas liquefacibili per compressione e successivamente conservati e trasportati in bombole sono di grande importanza, tra cui l’anidride carbonica, il cloro, l’ammoniaca, l’ e i gas liquefatti del petrolio costituiti da idrocarburi a basso peso molecolare, come il propano e il butano, ampiamente impiegati come combustibili per uso domestico.

Per i gas che possiedono una temperatura critica molto bassa, come azoto, ossigeno, idrogeno ed elio, è necessario operare un intenso raffreddamento che non può essere raggiunto con nessuna sorgente di freddo esistente in natura. In questo caso, si può ricorrere a un’espansione di tipo Joule-Thomson, in cui la temperatura di un gas diminuisce in seguito a un’ condotta ad entalpia costante, ovvero una trasformazione adiabatica dalla quale non si ottiene alcun lavoro. Questo processo può essere effettuato tramite la macchina di Linde per la liquefazione dell’aria.

La macchina di Linde sfrutta un compressore per comprimere l’aria a una certa pressione, ad esempio 200 atm, e questa viene poi raffreddata attraverso un refrigerante ad acqua. Successivamente, l’aria compressa entra in uno scambiatore di calore che si trova inizialmente a temperatura ambiente. Attraverso una valvola di espansione, il gas si espande ad una pressione inferiore a quella iniziale, ad esempio atm, generando un raffreddamento. L’aria espansa e raffreddata entra in un serbatoio e ritorna nello scambiatore controcorrente rispetto alla nuova aria entrante, continuando il processo di raffreddamento fino a condensazione. Questo processo è applicabile ai gas con temperatura critica superiore alla temperatura ambiente, mentre per gas con temperatura critica molto bassa, come l’elio e l’idrogeno, è necessario un pre-raffreddamento con mezzi esterni.

In conclusione, la liquefazione dei gas tramite la macchina di Linde è un processo complesso e importante, utilizzato in diverse situazioni per ottenere la liquefazione di gas adatto per varie applicazioni industriali.

Pirolisi: metodi, esempi

Pirolisi: processi e applicazioni industriali

La pirolisi è un processo di conversione termica delle sostanze organiche che avviene in assenza di ossigeno, utilizzando un catalizzatore. Le reazioni di , a partire da molecole complesse, portano a molecole a minor peso molecolare o agli stessi componenti allo stato elementare. Questa decomposizione avviene con metodi termici utilizzando temperature comprese tra i 400 e gli 800 °C, in assenza di un agente ossidante o con una quantità minima di ossigeno.

Metodi per la pirolisi

La pirolisi può avvenire in diversi modi:

– Per riscaldamento del composto a bassa temperatura in presenza di un solvente inerte.
– Per riscaldamento a riflusso del composto alla temperatura di ebollizione.
– Per riscaldamento ad alta temperatura del composto vaporizzato (pirolisi in fase vapore).

Inoltre, vi è la pirolisi catalitica che prevede l’uso di un reattore specifico in metallo, porcellana o quarzo, riscaldato a gas o elettricamente. Questo metodo permette di minimizzare la formazione di carbone, sottoprodotto della decomposizione di materiali organici.

Esempi di pirolisi

Alcuni esempi di pirolisi industriale includono il cracking termico o catalitico degli idrocarburi, la decomposizione catalitica del n-butano e dei buteni a butadiene, la disidratazione catalitica degli alcoli a diolefine, la deidrogenazione catalitica degli alcoli ad aldeide, la disidratazione termica dell’acido acetico a chetene, la produzione di nerofumo da metano e altri processi specifici.

La pirolisi è un processo ampiamente utilizzato in diversi settori industriali per la produzione di varie sostanze chimiche di interesse.

Polarimetria: polarizzatori

Polarimetria: l’importanza dei polarizzatori nella misurazione della luce polarizzata

La polarimetria è una tecnica analitica che sfrutta la capacità di alcune sostanze otticamente attive di ruotare il piano della luce polarizzata. Questa tecnica viene spesso impiegata per analizzare le sostanze chirali e determinarne la concentrazione nelle soluzioni.

Un raggio di luce si dice linearmente polarizzato quando le vibrazioni elettromagnetiche avvengono tutte nello stesso piano, perpendicolare alla direzione del raggio. Al fine di ottenere la luce polarizzata si utilizzano dei polarizzatori, che possono essere di vari tipi: a riflessione, per birifrangenza e dicroici.

I polarizzatori a riflessione consentono di ottenere luce polarizzata facendo incidere un fascio di luce su una superficie riflettente e utilizzando il raggio riflesso. I polarizzatori per birifrangenza, invece, si avvalgono di materiali birifrangenti come il quarzo e la calcite. Infine, i polarizzatori dicroici, realizzati con materiali come la tormalina, assorbono uno dei due raggi rifratti, consentendo l’emissione del solo raggio straordinario.

La tecnica della polarimetria spesso si avvale di strumenti specifici chiamati polarimetri per misurare quantitativamente l’angolo di rotazione della luce polarizzata attraverso il campione. Questi strumenti sono in grado di convertire la luce ordinaria in luce polarizzata e di analizzare l’effetto della sostanza otticamente attiva sul passaggio della luce. La rotazione dipende da numerosi fattori, tra cui la concentrazione del campione, la lunghezza del tubo e la temperatura.

Un parametro importante ottenuto da tali analisi è il potere ottico rotatorio specifico ([α]λt), che rappresenta la rotazione causata da un grammo di sostanza sciolto in mL di soluzione in un tubo polarimetrico lungo un decimetro.

La polarimetria ha numerose applicazioni pratiche, ad esempio nell’industria saccarifera dove viene impiegata per il controllo della produzione degli zuccheri.

In conclusione, i polarizzatori svolgono un ruolo fondamentale nella tecnica della polarimetria, consentendo di ottenere e misurare la luce polarizzata nell’analisi di sostanze otticamente attive.

Reazione di Wittig: meccanismo

Meccanismo della reazione di Wittig per la sintesi di

La reazione di Wittig rappresenta un importante processo chimico in grado di sostituire un gruppo carbonilico con un gruppo alchenico, coinvolgendo un’aldeide o un chetone e un’ilide del fosforo. Gli del fosforo, noti come reagenti di Wittig, agiscono come precursori degli alcheni, consentendo di determinare in modo inequivocabile la posizione del doppio legame.

Meccanismo della reazione


La reazione segue tre stadi distinti. Nel primo stadio, una fosfina trisostituita reagisce con un alogenuro alchilico per formare un sale di fosfonio. Successivamente, i sali di fosfonio, attraverso l’azione di una base forte, producono gli alchidenfosforani, rappresentati come un ibrido di risonanza tra due strutture, di cui l’ilide, un carbanione con carattere dipolare, meglio rappresenta la reattività del composto. Questi ilidi generati in situ reagiscono in seguito per formare gli alcheni.

Classificazione delle ilidi


Le ilidi possono essere classificate in due tipologie in base alla loro stabilità relativa:
a) Ilidi non stabilizzate: caratterizzate da gruppi sul carbonio carico negativamente, sono meno stabili e reagiscono più velocemente.
b) Ilidi stabilizzate: con gruppi sul carbonio carico negativamente, risultano essere più stabili a causa della coniugazione.

Si è osservato che la geometria del prodotto finale dipende dalla stabilità dell’ilide, con le ilidi non stabilizzate che producono (Z)-alcheni e le ilidi stabilizzate che generano (E)-alcheni.

e risultati della reazione


Nella fase successiva della reazione, avviene un’addizione nucleofila del carbonio carico negativamente presente nell’ilide sul carbonio carbonilico, formando una betaina. Questa betaina può ciclizzare per generare un intermedio con un ciclo a quattro termini, che si decompone in un alchene e un ossido di fosfina. In sostanza, la reazione trasforma i legami C=O delle aldeidi e dei chetoni in legami C=C, fornendo un metodo frequente per la sintesi degli alcheni. È importante sottolineare che la reazione è esotermica, sebbene le aldeidi reagiscano con maggiore facilità rispetto ai chetoni.

In conclusione, la reazione di Wittig costituisce un metodo efficace per la sintesi di alcheni, svolgendo un ruolo fondamentale all’interno della chimica organica.

Ossidanti e riducenti: potenziale di riduzione

Potenziali di Riduzione in : Cenni Teorici e Applicazioni

Le reazioni di ossidoriduzione coinvolgono specie chimiche che cedono elettroni (specie riducenti) e specie che acquistano elettroni (specie ossidanti). Questo comportamento può essere indicato attraverso le di ossidazione e riduzione. La reazione di ossidoriduzione complessiva è la somma di queste due semireazioni. In generale, una reazione di equilibrio di ossidoriduzione è caratterizzata da una costante di equilibrio K, il cui valore numerico dipende dalla tendenza delle diverse specie a cedere o acquistare elettroni.

La forza relativa delle due coppie coniugate interessate determina il comportamento ossidante e riducente delle sostanze coinvolte. Ad esempio, il cloro è in grado di ossidare gli ioni bromuro presenti in soluzione, mentre lo iodio non è in grado di provocare la stessa reazione. Questo esempio dimostra che l’ossidante Cl2 è più forte dell’ossidante I2. In generale, quanto più è forte un ossidante, tanto più debole è il riducente ad esso coniugato.

Il potenziale di riduzione costituisce una misura della tendenza al trasferimento degli elettroni. Un potenziale molto negativo denota un elevato potere riducente. Questo potenziale può essere misurato con esattezza utilizzando un elettrodo di platino immerso in una soluzione contenente sostanze ossidanti e riducenti. Il potenziale di equilibrio relativo può essere misurato rispetto a un attraverso una cella galvanica.

L’ descrive il potenziale di riduzione attraverso l’equilibrio chimico tra le specie ossidanti e riducenti. La costante dipende dalla natura dell’elettrodo di riferimento e dalla temperatura. Se si utilizza l’ come riferimento, la costante assume un valore specifico, indicato come E°Ox,Rid.

In conclusione, il potenziale di riduzione rappresenta un parametro importante che permette di valutare la forza ossidoriduttiva di un sistema. La sua misurazione è essenziale per comprendere i processi di ossidoriduzione e applicarli in vari contesti chimici e industriali.

Polisaccaridi: cellulosa, amido, amilopectina, amilosio, glicogeno

Polisaccaridi: , , , , glicogeno

I polisaccaridi sono ampiamente diffusi nel regno vegetale e animale, svolgendo funzioni di sostegno e riserva. La cellulosa, ad esempio, è il principale componente delle pareti cellulari delle piante superiori, mentre l’amido costituisce la principale riserva energetica delle piante. Tra i polisaccaridi presenti nel regno animale vi è il glicogeno.

Cellulosa

La cellulosa è composta da una catena polimerica non ramificata di glucosio e costituisce le pareti cellulari delle piante superiori. Le catene sono disposte parallelamente e legate tra loro tramite legami a idrogeno, formando delle fibrille aventi struttura ordinata e cristallina.

Amido

L’amido, costituito da unità di glucosio unite da legame glicosidico, è il principale polisaccaride di riserva delle piante e viene immagazzinato come fonte energetica. È insolubile in acqua ed è abbondante in patate, legumi, cereali e loro farine.

Amilosio

L’amilosio è un polimero lineare in cui le singole unità sono legate da un legame α (→4) glicosidico.

Amilopectina

L’amilopectina è un polimero ramificato del glucosio in cui i glucosidi sono legati tramite un legame α (1→4) glicosidico, con ramificazioni avvenute con legame α (1→6) ogni 24-30 unità di glucosio.

Glicogeno

Il glicogeno è presente nel fegato e nei muscoli degli animali, svolgendo il ruolo di riserva energetica. È un polimero del glucosio con legami di tipo α (1→4) glicosidico, e in presenza di legami α (1→6).

I polisaccaridi sono fondamentali per il sostegno strutturale e lo stoccaggio di energia, svolgendo ruoli essenziali sia nel regno vegetale che in quello animale.

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