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Molecole con legami delocalizzati

Molecole con legami delocalizzati: caratteristiche e esempi

Le molecole con legami delocalizzati possono essere suddivise in tre gruppi distinti. Si tratta di:

1) Quelle caratterizzate da coniugazione del tipo π-π
) Quelle con coniugazione del tipo π-p
3) Quelle che presentano coniugazione π-σ

Coniugazione π-π

Un esempio di molecola con legami delocalizzati è il 1,3-butadiene. In questo tipo di composti a catena lineare, la risonanza gioca un ruolo di rilievo nel determinare la struttura elettronica dei vari sistemi allo stato fondamentale. Nonostante ciò, il legame C2-C3 nell’1-3 butadiene è essenzialmente un legame singolo derivato dalla sovrapposizione di due orbitali atomici sp3, a causa del maggior carattere s degli orbitali impegnati. Nell’1-3 butadiene, la delocalizzazione degli elettroni ritorna ad essere importante negli intermedi di reazione, come nell’ di uno ione H+ al doppio legame. Il carbocatione risultante viene notevolmente stabilizzato da una coniugazione π-p.

Benzene

Il benzene rappresenta un esempio classico di composto interessato a una coniugazione π-π. La molecola, con sei atomi di carbonio ibridati sp2 uniti tra loro da legami σ, può essere rappresentata da due limite in risonanza tra loro. La molecola reale non è rappresentata né dall’una né dall’altra, ma dalle due strutture insieme ed ha un contenuto energetico inferiore a entrambe le strutture prese singolarmente.

Coniugazione π-p

La coniugazione π-p può interessare anche un sistema costituito solo da atomi di carbonio, come nel caso di particelle estremamente reattive come sp2 , , o radicali, che da questo tipo di delocalizzazione risultano essere notevolmente stabilizzate.

Coniugazione  π-σ

Questo tipo di coniugazione, detto iperconiugazione, coinvolge la sovrapposizione degli elettroni π con gli elettroni σ di un atomo adiacente. Un esempio di iperconiugazione può essere dato dal toluene. La posizione media dei nuclei non cambia, il protone non si stacca dal carbonio come avviene, per esempio, nelle reazioni di eliminazione.

In conclusione, le molecole con legami delocalizzati presentano un’interessante varietà di strutture e comportamenti che le rendono fondamentali in diversi contesti chimici.

Energia di legame e calore di reazione . Esercizi svolti

L’energia di legame e il calore di reazione: esercizi risolti

L’energia di legame rappresenta la quantità di energia necessaria per rompere un legame chimico in una mole di una sostanza.

L. Pauling ha costruito una tabella di energie di legame sulla base di dati termochimici e spettroscopici, comprendente valori empirici dell’energia di legame in kcal/mol. Ad esempio, il legame H-H ha un’energia di 104.2 kcal/mol, mentre il legame C-C ha un’energia di 83.1 kcal/mol.

Il calcolo dell’energia di legame si basa sull’ipotesi che in molecole del tipo ABn, l’energia relativa a uno di questi legami può essere considerata come 1/n dell’energia totale richiesta per separare la molecola negli atomi che la compongono.

Esempio di calcolo: il calore di formazione dell’n-butano, ottenuto combinando calcoli per la formazione di 4 atomi di carbonio gassosi, 5 molecole di gassoso e la formazione del butano stesso, è di -29.5 kcal.

L’energia di risonanza è considerata negli esempi di molecole come il benzene, la naftalene, l’, il fenantrene, il difenile, lo stirene, la piridina, il , il furano, il . Queste energie di risonanza sono determinate sperimentalmente e influenzano il calore di formazione di queste molecole.

Nel caso del benzene, ad esempio, si verifica una differenza di 37 kcal tra il calore di formazione calcolato e quello sperimentale a causa delle strutture di risonanza possibili.

Inoltre, L. Pauling ha costruito una tabella di energie di risonanza secondo i dati tabulati, che includono valori empirici delle energie di risonanza in kcal/mol per diverse molecole.

Il calcolo dell’energia di legame e il riconoscimento delle energie di risonanza sono importanti nel determinare i calori di formazione e comprendere le proprietà delle molecole e dei legami chimici.

Calcolo dell’entalpia di combustione della benzaldeide e confronto con i dati sperimentali

Per calcolare la variazione di entalpia associata alla combustione di una mole di benzaldeide, andiamo a valutare la reazione di combustione:

C6H5-CHO (g) + 8 O2(g) → 7 CO2(g) + 3 H2O(g)

La determinazione dell’entalpia di combustione è una procedura importante in chimica per valutare la quantità di calore scambiata durante la reazione di combustione.

Per valutare questa variazione di entalpia, è necessario considerare le energie di legame relative ai reagenti e ai .

Energia di legame dei reagenti:

– 6 legami C-H: 6 * 98.8 = 592.8
– 4 legami C-C: 4 * 83.1 = 332.4
– 3 legami C=C: 3 * 147 = 441
– 1 legame C=O: 171
– 8 legami O=O: 3 * 118.3 = 946.4
– Risonanza dell’anello benzenico: 37
– Risonanza del gruppo aldeidico: 4
– Totale: 2524.6

Energia di legame dei prodotti:

– 14 legami C=O: 14 * 174 = 2436
– 6 legami O-H: 6 * 110.6 = 663.6
– Risonanza CO2: 7 * 36 = 252
– Totale: 3351.6

La variazione di entalpia (ΔH) è data dalla differenza tra la somma delle energie di legame dei prodotti e dei reagenti, con un cambio di segno:

ΔH = – (3351.6 – 2524.6) = -827.0

Il calore di combustione sperimentale della benzaldeide a 20°C e pressione atmosferica standard è ΔH = -841.3, il che concorda ragionevolmente con il calore di combustione calcolato.

È importante sottolineare che il dato sperimentale si riferisce alla reazione:

C6H5-CHO(l) + 8 O2(g) → 7 CO2(g) + 3 H2O(l)

In questa reazione, sia C6H5-CHO che H2O sono presenti sotto forma liquida, a differenza della reazione precedente in cui erano presenti sotto forma gassosa.

Il calcolo dell’entalpia fornisce informazioni importanti sulle reazioni chimiche e sulle quantità di calore coinvolte, permettendo di confrontare i dati teorici con quelli sperimentali.

Analisi quantitativa dei cationi

Analisi quantitativa dei cationi

L’analisi quantitativa è un metodo utilizzato per determinare la presenza e la quantità di uno o più componenti in una miscela o per valutare il grado di purezza di un composto noto. Per eseguire un’analisi quantitativa esistono diversi approcci: analisi gravimetrica, in cui si determina la quantità di un componente contenuto in una sostanza isolandolo e pesandolo dopo averlo fatto precipitare sotto forma di un sale poco solubile, e analisi volumetrica, in cui si effettua una reazione tra il componente in esame e una soluzione con titolo noto di un opportuno reattivo per risalire alla sua quantità attraverso il volume della soluzione.

Metodi per l’analisi quantitativa dei cationi

Sono elencati i metodi usuali per l’analisi quantitativa gravimetrica (g) e volumetrica (v) di alcuni cationi.

– Alluminio: precipitazione come Al(OH)3 seguita da calcinazione e pesata di Al2O3; precipitazione con 8-idrossichinolina seguita da essiccazione a 110°C e pesata come 8-idrossichinolato; precipitazione con 8-idrossichinolina seguita da ; complessometria con EDTA il cui eccesso si titola con Zinco (II); indicatore ditizione.
– Antimonio: precipitazione con H2Se pesata come Sb2S3; iodometria: ossidazione di Sb^III a Sb^V; permanganometria: Sb^III → Sb^V.
– Argento: precipitazione con HCl diluito: si pesa come AgCl; titolazione con NH4CSN: indicatore allume ferrico.
– Arsenico: precipitazione con H2S; si pesa come As2S3; ossidazione di As^III a As^V.
– Bario: precipitazione con H2SO4; si pesa come BaSO4; complessometria con EDTA: indicatore Nerio Eriocromo T.
– Bismuto: precipitazione con nitrosofenilidrossilammina; si pesa come Bi2O3; complessometria con EDTA: si usa ioduro come indicatore.
– Cadmio: precipitazione come CdS, si tratta con H2SO4, si essicca a 350°C e si pesa come CdSO4; complessometria con EDTA: indicatore Nerio Eriocromo T.
– Calcio: precipitazione come , si calcina e si pesa come CaCO3; titolazione con permanganato: precipitazione come ossalato e titolazione dell’ossalato con permanganato; complessometria con EDTA: indicatore Muresside.
– Cerio: si precipita come ossalato, si calcina e si pesa come CeO2; titolazione del cerio (IV) con (II).
– Cobalto: precipitazione con 1-nitroso--naftolo; si trasforma il precipitato in solfato e si pesa come CoSO4; complessometria con EDTA il cui eccesso si titola con Zinco (II); indicatore Nero Eriocromo T.
– Cromo: precipitazione del cromo (IV) come BaCrO4; titolazione del cromo (VI) con ferro (II).
– Ferro: precipitazione con nitrosofenilidrossilammina; si pesa come Fe2O3; titolazione ossidimetrica per via permanganometrica; titolazione cerimetrica del ferro (II) con cerio (IV); iodometria: si tratta il ferro (III) con eccesso di KI e si titola lo iodio liberatosi con .
– Indio: complessometria con EDTA: indicatore Nero Eriocromo T.
– Magnesio: precipitazione come MgNH4PO4: si calcina e si pesa come Mg2P2O7; complessometria con EDTA: indicatore Nero Eriocromo T; iodometria: si precipita con 8-idrossichinolina, si ossida il precipitato con un eccesso di bromo, si aggiunge KI e si determina lo iodio liberatosi con un eccesso di tiosolfato.
– Manganese: precipitazione come MnNH4PO4: si calcina e si pesa come Mn2P2O7; si ossida Mn^II a MnO2 con bromato, si aggiunge una quantità nota di FeSO4 il cui eccesso viene titolato con permanganato.
– Mercurio: precipitazione con H2S; si secca e si pesa.

Questi metodi rappresentano un’importante risorsa per l’analisi quantitativa dei cationi, consentendo di valutare con precisione la presenza e la quantità di cationi in una varietà di campioni.Metodi per la determinazione dei metalli inorganici

Nel campo dell’analisi chimica, esistono diversi metodi per la determinazione accurata della presenza e della quantità di metalli inorganici. Questi metodi comprendono la titolazione, la precipitazione e varie forme di ossidazione e riduzione, ognuna delle quali è specificamente adatta per determinate situazioni. Di seguito, analizzeremo alcuni metodi comunemente utilizzati per la determinazione dei metalli inorganici.

Nichel – La determinazione del nichel può essere effettuata precipitando il metallo con dimetilgliossima, essiccandolo e pesandolo come dimetilgliossimato di nichel (II). In alternativa, si può utilizzare il metodo della titolazione con NH4CNS utilizzando l’allume ferrico come indicatore.

Oro – Il metodo per la determinazione dell’oro coinvolge la precipitazione con biossido di zolfo, seguita dall’essiccazione e dal peso del metallo come Au. Inoltre, è possibile utilizzare la tecnica di iodometria per ridurre Au(III) a Au(I) con ioduro, e successivamente titolare lo iodio liberato con tiosolfato.

Palladio – La determinazione del palladio coinvolge la precipitazione con dimetilgliossima, l’essiccamento e il peso del metallo come dimetilgliossimato (II) PdC8H14N4O4.

Piombo – Per determinare il piombo, si può effettuare la precipitazione come PbSO4 o PbCrO4. Inoltre, la tecnica di iodometria può essere utilizzata per precipitare il piombo come PbCrO4, trattarlo con KI e titolare lo iodio liberato con tiosolfato.

Platino – La complessometria con EDTA seguita da una titolazione con zinco (II), utilizzando l’arancio di xilenolo come indicatore, è comunemente impiegata per determinare il platino.

Rame – Per la determinazione del rame, si può utilizzare la precipitazione come Cu2(CNS)2, la tecnica di iodometria o la complessometria con EDTA, utilizzando il muresside come indicatore.

Rutenio, Scandio, Stagno, Stronzio, Tallio, Tantalio, Tellurio, Titanio, Torio, Tungsteno, Uranio, Vanadio, Zinco – Seguono vari metodi di determinazione dei suddetti metalli.

In ultima analisi, la scelta del metodo dipende dalle caratteristiche specifiche del metallo in questione e dalle condizioni dell’analisi. La combinazione di diversi metodi può essere necessaria per ottenere risultati precisi e affidabili.

Peso molecolare: determinazione

Determinazione del peso molecolare: importanza e metodi di calcolo

La determinazione del peso molecolare di una sostanza è fondamentale per conoscere il numero effettivo di atomi presenti nella sua formula molecolare. Questo valore è spesso utilizzato in laboratorio per verificare la correttezza delle formule chimiche e per stabilire le proprietà fisiche di una sostanza.

Per i composti allo stato gassoso o di liquidi volatili, la determinazione del peso molecolare può essere effettuata mediante la misura della densità del vapore (metodo di Dumas). Questo metodo sfrutta l’equazione di stato dei gas per calcolare il peso molecolare del composto.

Un esempio pratico: se la densità del vapore di un composto è pari a 3.33 g/L a una temperatura di 293 K e a una pressione di 5.00 atm, il peso molecolare del composto sarà 16.0 g/mol.

Un altro metodo per determinare il peso molecolare di una sostanza disciolta in una soluzione sfrutta la legge di Raoult.

Esempio pratico

Supponiamo di sciogliere 8.05 g di un composto incognito X in 100 g di benzene a 26 °C, e la tensione di vapore del solvente si è abbassata da 100.0 a 94.8 torr. Calcolando le moli del benzene e applicando la legge di Raoult, otterremo il peso molecolare di X, che risulterà 114.6 g/mol.

Proprietà colligative

Un ulteriore metodo per la determinazione del peso molecolare sfrutta la e l’, cioè l’abbassamento del punto di congelamento di una soluzione e l’innalzamento della temperatura di ebollizione. Questi metodi si basano sul fatto che tali variazioni sono proporzionali al numero di particelle disciolte.

Esempi

Calcolare il peso molecolare di un soluto non volatile essendo noto che sciogliendo 1.00 g di questa sostanza in 100 g di acqua si ottiene un abbassamento crioscopico di 0.30 °C.

Un altro esempio riguarda l’aggiunta di 2.0 g di a 90 g di CS2, che provoca l’innalzamento del punto di ebollizione del CS2 di 0.3 °C. In questo caso, il peso molecolare dell’antracene risulterà essere 175.6 g/mol.

Infine, la determinazione del peso molecolare di una sostanza può essere effettuata tramite la pressione osmotica. Questo metodo applica l’equazione π = CRT, dove C è la concentrazione molare della soluzione.

Un esempio pratico è dato da una soluzione acquosa contenente 500 mg di una proteina per litro d’acqua che ha la pressione osmotica pari a 0.75 mm Hg a 25°C, da cui calcolare il peso molecolare della proteina, che risulterà essere 1.2 ∙ 10^4 g/mol.

In conclusione, esistono diversi metodi per determinare il peso molecolare di una sostanza, e la scelta dipende spesso dalle proprietà chimiche e fisiche della sostanza stessa.

Elettrolisi. Esercizi svolti

Esercizi svolti sull’elettrolisi

L’elettrolisi è un processo in cui reazioni chimiche non spontanee avvengono attraverso l’apporto di energia elettrica, comportando un potenziale negativo. L’elettrolisi è regolata dalle .

La Prima legge esprime il concetto che la massa di sostanza ridotta o ossidata agli elettrodi della cella è proporzionale alla quantità di carica elettrica Q, espressa in coulomb, che passa attraverso la cella: m = KQ, con K costante di proporzionalità. La Seconda legge stabilisce che la quantità di carica fatta passare attraverso più celle elettrochimiche contenenti soluzioni di elettroliti diversi, produce o fa consumare agli elettrodi un numero uguale di chimici di tali elettroliti.

Le tipologie di esercizi legati alle leggi di Faraday comprendono il calcolo della quantità di sostanza prodotta o consumata durante l’elettrolisi data la corrente e il , il calcolo del tempo richiesto per ottenere una certa quantità di sostanza data la corrente e il calcolo dell’intensità di corrente richiesta per ottenere una data quantità di sostanza dato il tempo.

Calcolo della quantità di sostanza prodotta o consumata durante l’elettrolisi

Nell’esercizio proposto, l’elettrolisi del FeCl3 fuso con una corrente di 40.0 ampere per 10.0 ore produrrà del e cloro. Le coinvolte sono quelle di ossidazione e riduzione che avvengono rispettivamente all’anodo e al catodo. La massa di ferro e il volume di cloro possono essere calcolati attraverso passaggi di calcoli e conversioni.

Calcolo del tempo richiesto per ottenere una data quantità di sostanza data la corrente

Un altro esercizio propone il calcolo del tempo necessario per ottenere una quantità specifica di zinco metallico da una soluzione di ZnSO4 con una corrente di 20.0 Ampere. Anche in questo caso, vengono seguiti precisi passaggi di calcoli e conversioni per determinare il tempo necessario.

Calcolo dell’intensità di corrente richiesta per ottenere una data quantità di sostanza dato il tempo

Infine, un altro esercizio prevede il calcolo dell’intensità di corrente necessaria per ottenere una determinata quantità di idrogeno dall’elettrolisi dell’acqua in un’ora. Anche in questo caso, sono effettuati calcoli e conversioni per determinare l’intensità di corrente necessaria.

In conclusione, l’elettrolisi, regolata dalle Leggi di Faraday, può essere risolta attraverso esercizi che coinvolgono calcoli e conversioni per determinare i risultati desiderati e comprendere i concetti chiave legati a questo processo elettrochimico.

Polimorfismo e isomorfismo

Polimorfismo e isomorfismo: fenomeni cristallini e applicazioni pratiche

Il polimorfismo rappresenta la capacità di una sostanza di esistere in diverse fasi cristalline, emerso da ricerche che hanno individuato la possibilità di cristallizzare due o più forme diverse, classificate in sistemi cristallografici differenti. Si parla di polimorfismo quando è relativo a una sostanza composta e di allotropia se coinvolge una sostanza semplice. Questo fenomeno è particolarmente rilevante in campi come la mineralogia, la metallurgia, la scienza dei materiali, l’industria alimentare e farmaceutica.

Un esempio concreto di polimorfismo è rappresentato dal carbonato di calcio, che in natura si presenta in due forme cristalline distinte: la , con struttura trigonale, e l’, con sistema cristallino rombico. Queste diverse forme cristalline condividono le stesse proprietà chimiche, ma presentano differenze significative nelle proprietà fisiche, come durezza, e conducibilità elettrica.

Allo stesso modo, l’allotropia emerge in sostanze come lo stagno, che si presenta principalmente nelle forme β e γ, con differenti reticoli cristallini. Queste variazioni comportano differenze nelle proprietà fisiche, come durezza e conduttività.

Il passaggio da una forma cristallina all’altra avviene a una temperatura specifica per ciascuna sostanza polimorfa, denominata punto di trasformazione della sostanza. Tale trasformazione può essere reversibile, caratterizzando un sistema polimorfo enantiotropo, o irreversibile, determinando un sistema monotropo.

Un esempio di enantiotropia si verifica nello zolfo, che presenta due forme cristalline diverse, zolfo α e zolfo β, trasformandosi l’una nell’altra a 95.6 °C. Al contrario, un esempio di monotropia è dato dal carbonio, che si modifica irreversibilmente da diamante a grafite a 1800 °C.

Infine, le sostanze naturali che cristallizzano in due forme cristalline vengono denominate dimorfe e includono, oltre a carbonio e zolfo, anche il solfuro di (II) nelle forme pirite e , nonché il solfuro di mercurio (II) nelle forme cinabro e metacinnabarite.

Isomorfismo: fenomeni e tipologie

L’isomorfismo rappresenta un fenomeno in cui due o più sostanze diverse cristallizzano separatamente, generando cristalli con caratteristiche geometriche simili. Queste sostanze isomorfe possono anche cristallizzare insieme, formando soluzioni solide, con i nodi reticolari occupati casualmente dagli atomi o dagli ioni delle sostanze di partenza.

Un esempio di isomorfismo si ritrova nel carbonato di magnesio (magnesite) e nel carbonato di ferro (II) (siderite), in cui i nodi reticolari vengono occupati da magnesio e ferro in maniera statistica, generando uno scambio tra i due ioni e introducendo il concetto di vicarianza.

Esistono diverse tipologie di isomorfismo, tra cui:
– Isomorfismo di prima specie, che si verifica tra composti con formula analoga e ioni vicarianti della stessa valenza.
– Isomorfismo di seconda specie, in cui gli ioni vicarianti differiscono di al massimo una unità di carica.
– Isomorfismo di terza specie, in cui si ha la sostituzione di ioni con cariche diverse in parti diverse del reticolo.
– Isomorfismo di quarta specie o interstiziale, che si verifica quando una posizione strutturale può rimanere vuota senza compromettere la stabilità della struttura.

In sintesi, sia il polimorfismo che l’isomorfismo sono fenomeni cristallini di grande rilevanza nelle scienze dei materiali e presentano applicazioni pratiche significative in diversi settori industriali.

Idrolisi. Calcolo del pH. Esercizi svolti

Il processo di idrolisi dei sali può determinare un neutro, acido o basico della soluzione, a seconda della natura del sale. Ad esempio, una soluzione contenente un sale derivante da un e una , come il NaCl, avrà un pH neutro, pari a 7.

D’altra parte, una soluzione che contiene un sale derivante da un acido debole e una base forte, come l’acetato di sodio, avrà un pH superiore a 7 a causa dell’idrolisi dell’acetato con l’acqua, che genera ioni OH-. La costante di equilibrio per questo processo è K_b = K_w / K_a, dove K_w è la costante di e K_a è la costante di dissociazione dell’acido debole.

Invece, una soluzione che contiene un sale derivante da una base debole e un acido forte, come il cloruro di ammonio, avrà un pH inferiore a 7 a causa dell’idrolisi del cloruro con l’acqua, che genera ioni H3O+. La costante di equilibrio per questo tipo di processo è K_a = K_w / K_b, dove K_b è la costante di dissociazione della base debole.

Per quanto riguarda il calcolo del pH di una soluzione derivante da un acido debole e una base forte, ad esempio il benzoato di sodio, si può utilizzare la costante di equilibrio K_b e una tabella ICE per determinare il pH della soluzione. Lo stesso procedimento si può seguire per il propionato di sodio.

Infine, per il calcolo del pH di una soluzione derivante da un acido forte e una base debole, come nel caso del cloruro di anilinio, si può utilizzare la costante di equilibrio K_b dell’anilina insieme ad una tabella ICE per determinare il pH della soluzione.

In sintesi, il processo di idrolisi dei sali influenza il pH della soluzione in base alla natura del sale, fornendo una panoramica importante in chimica generale.

Ioni Anilinio – Equilibrio Acido-base e Determinazione della Costante Acida

La reazione di idrolisi dello ione anilinio può essere descritta come segue:
C6H5NH3+ + H2O ⇌ C6H5NH2 + H3O+. La costante relativa a questo equilibrio è Ka = .30 ∙ 10-5.

Per valutare il pH, possiamo utilizzare la tabella I.C.E. e ottenere x = [H3O+] = 9.59 ∙ 10-4 M e quindi pH = 3.02.

In un secondo esempio, considerando una soluzione di cloruro di piridinio 0.015 M con Ka = 6.25 ∙ 10-6, otteniamo x = [H3O+] = 3.06 ∙ 10-4 M e pH = 3.51.

Infine, per determinare la costante Ka dell’acido debole HX, sapendo che una soluzione 0.100 M del sale LiX ha un pH = 8.90, possiamo ricavare [OH] = 7.94 ∙ 10-6 M e, applicando la formula per Kb, otteniamo Ka = 1.58 ∙ 10-5.

Questi esempi illustrano l’applicazione dei principi dell’equilibrio acido-base nel calcolo del pH e nella determinazione della costante acida.

Peso molecolare dei polimeri

Il ruolo dei polimeri nella scienza e nell’industria è di fondamentale importanza, in quanto costituiscono una classe di materiali con proprietà uniche e diversificate. Tra i parametri più significativi per la caratterizzazione di un polimero vi è il peso molecolare. Si tratta di una grandezza che risulta particolarmente complessa da determinare a causa dell’eterogeneità delle , che presentano una vasta gamma di lunghezze. La diversità delle lunghezze delle catene polimeriche rende irrealizzabile una determinazione puntuale del peso molecolare, tipica delle normali molecole.

Esistono differenti parametri per definire il peso molecolare medio di un polimero. Il primo è il peso molecolare medio numerale, indicato con M, ottenuto come media ponderata dei pesi delle catene polimeriche, in cui M rappresenta il peso molecolare e N il numero di catene.

Altro parametro rilevante è il peso molecolare medio ponderale, indicato con M, il quale tiene maggiormente conto delle catene con pesi molecolari più elevati. La determinazione accurata del peso molecolare è essenziale, poiché tale grandezza è correlata a molte proprietà del polimero.

Per misurare il peso molecolare di un polimero sono state sviluppate diverse tecniche analitiche. Tra queste, la centrifugazione, la diffusione della luce e l’osmometria sono le più utilizzate. La centrifugazione si basa sull’idea che la velocità di sedimentazione delle molecole sia proporzionale al loro peso molecolare. Attraverso l’uso di ultracentrifughe e sistemi ottici, è possibile misurare e monitorare la velocità di separazione delle molecole di polimero in soluzione.

La diffusione della luce è un metodo che sfrutta il principio secondo cui un raggio di luce, viaggiando attraverso uno contenente particelle, subisce delle deviazioni che possono essere misurate per determinare il peso molecolare medio del polimero.

Un altro metodo di rilevanza è l’osmometria, che si basa sulla misurazione della di soluzioni a diversa concentrazione di polimero al fine di calcolarne il peso molecolare. Con la formulazione di opportune equazioni, è possibile ottenere stime precise del peso molecolare.

Queste tecniche, in combinazione con ulteriori analisi e strumentazioni avanzate, sono fondamentali per determinare il peso molecolare dei polimeri, fornendo agli scienziati e agli ingegneri dati di fondamentale importanza per la comprensione e la manipolazione di queste importanti sostanze.

Calcolo del pH. Esercizi svolti

Calcolo del pH: Esercizi svolti

Il calcolo del pH delle soluzioni di , , acidi deboli e può essere eseguito conoscendo il valore delle rispettive costanti di K*a e K*b. È possibile ottenere il calcolo del pH di miscele di acidi o basi o di una miscela ottenuta mescolando soluzioni di acidi e basi.

Esercizio 1) Calcolo del pH di una soluzione 0.0020 M di HI e di una soluzione ottenuta mescolando 40.0 mL della soluzione precedente a cui è stata aggiunta acqua fino a raggiungere il volume di 1000 mL.

L’HI è un completamente dissociato: HI → H+ + I-. La concentrazione dell’ione H+ è 0.002 M, quindi il pH è – log 0.0020 = .7. Nella soluzione finale, la concentrazione di HI diventa 8.0 ∙ 10-5 M, e il pH risulta essere 4.1.

Esercizio 2) Calcolo del pH di una soluzione ottenuta mescolando 20.0 mL di NaOH 0.070 M con 13.0 mL di una soluzione di HCl 0.090 M.

Calcolando le moli, si ottiene che il pH della soluzione è 11.8.

Esercizio 3) Calcolo del pH di una soluzione 0.100 M di HNO2 sapendo che pKa = 3.37.

Calcolando il valore di Ka, si ottiene un pH di 2.2.

Esercizio 4) Calcolo del pKa di un acido debole monoprotico sapendo che una soluzione 0.100 M dell’acido ha pH = 4.00.

Ottenendo la concentrazione di HA all’equilibrio, si calcola il pKa come 1.00 ∙ 10-7.

Esercizio 5) Calcolo del pH di una soluzione 0.200 M di NH3 sapendo che Kb = 5.62 x 10-10.

La costante di dissociazione di NH3 è calcolata come 1.78 ∙ 10-4.

Il calcolo del pH nei diversi esercizi fornisce informazioni essenziali riguardo a come determinare il pH di varie soluzioni e miscele di acidi e basi, comprendendo concetti importanti per la chimica e il calcolo delle costanti di equilibrio.Calcolo del pKa di un acido debole
Se abbiamo una soluzione ottenuta mescolando 20.0 mL di una soluzione 0.100 M dell’acido con 8.00 mL di una soluzione 0.100 M di NaOH e il pH è di 5.12, possiamo calcolare il pKa.

Calcolando le moli dell’acido e dell’idrossido di sodio, otteniamo che l’acido reagisce con la base secondo la reazione ionica netta:
HA + OH = A + H2O.
Le moli di HA in eccesso sono pari a 0.00120, mentre le moli di A prodotte sono 0.000800.

Il volume totale della soluzione è pari a 28.0 mL, pertanto le rispettive concentrazioni di HA e A sono: [HA] = 0.0429 M e [A] = 0.0286 M.

Applicando l’equazione di Henderson-Hasselbalch otteniamo: pH = pKa + log[A]/ HA. Quindi pKa = 5.30.

Calcolo del pH di una soluzione di cloridrato di anilina
Calcoliamo il pH di una soluzione di cloridrato di anilina 0.0100 M sapendo che pKb = 9.40.

Il cloridrato di anilina si dissocia secondo la reazione: C6H5NH3Cl → C6H5NH3+ + Cl. L’ione C6H5NH3+ dà reazione di idrolisi secondo l’equilibrio: C6H5NH3+ + H2O ⇌ C6H5NH2 + H3O+.

La costante di questo equilibrio vale Ka= Kw/Kb.
Il valore di Kb è pari a 4.00 ∙ 10-10. Ka quindi vale 2.50 ∙ 10-5.

Costruiamo una I.C.E. chart e calcoliamo che il pH è 3.15.

Questi sono i calcoli del pKa e del pH per due differenti soluzioni chimiche.

Intermedi nelle reazioni organiche

Intermedi nelle reazioni organiche

Nelle reazioni organiche, si formano diversi tipi di intermedi come i , i , i e i carbeni, tutti caratterizzati da un’elevata reattività.

Le reazioni chimiche avvengono quando due molecole collidono, causando la rottura e la formazione di legami, determinando così la creazione di nuove molecole. Il modo in cui avviene la rottura e la formazione dei legami è cruciale per comprendere il meccanismo delle reazioni e i ottenuti.

Questi processi possono avvenire in stadi distinti o sovrapposti, il che porta alla formazione di intermedi di reazione. La stabilità di questi intermedi influisce sullo svolgimento e sui risultati delle reazioni.

I principali intermedi nelle reazioni organiche sono i carbocationi, i carbanioni, i radicali e i carbeni.

I carbocationi sono ioni positivi che si formano quando un legame tra il carbonio e un altro atomo o gruppo si rompe, portando con sé entrambi gli elettroni di legame. I carbanioni, d’altra parte, sono ioni negativi formati quando un atomo o gruppo legato al carbonio si allontana, lasciando il carbonio con entrambi gli elettroni di legame.

I radicali si formano attraverso la scissione omolitica, con ciascun gruppo conservando uno dei due elettroni di legame. Infine, i carbeni sono frammenti di molecole in cui vengono rimossi due gruppi legati al carbonio, lasciando dietro di sé una sola coppia di elettroni.

Oltre a questi intermedi, si producono anche stati eccitati per assorbimento di luce e che si trasformano rapidamente in prodotti più stabili durante le reazioni chimiche.

La corretta nomenclatura di questi intermedi è essenziale per garantire la comprensione del meccanismo delle reazioni. Ad esempio, i radicali vengono denominati aggiungendo il nome del gruppo alla parola “radicale”, mentre per i carbeni si utilizzano i derivati del capostipite :CH2.

I carbocationi e i carbanioni seguono schemi sistematici di nomenclatura, utilizzando la parola “catione” o “anione” prima dei nomi. Inoltre, è importante includere le parole “carbocatione” e “carbanione” per un corretto uso nei nomi derivati.

In sintesi, la corretta conoscenza e nomenclatura degli intermedi nelle reazioni organiche sono fondamentali per comprendere i meccanismi delle reazioni chimiche e i prodotti risultanti.

Uova di cioccolato e colorate fatte in casa

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Come fare uova di cioccolato e colorate fatte in casa

Le uova di cioccolato e le uova colorate fatte in casa sono un’ottima idea per trascorrere del creativo e divertente con la famiglia. Inoltre, rappresentano un gesto significativo per celebrare la Pasqua e la primavera. La delle uova dipinte e decorate ha antiche radici e da sempre sono state considerate simbolo di vita e fertilità. Durante il periodo medievale, l’usanza di regalare uova benedette per rappresentare la resurrezione di Cristo si diffuse ampiamente.

delle uova di cioccolato

Per realizzare le uova di cioccolato, occorre procurarsi l’apposito stampo in silicone, o policarbonato, un termometro da cucina e del cioccolato fondente al 80% di di ottima qualità. Per ottenere le uova, bisognerà fondere il cioccolato tritato a bagnomaria, versarlo nello stampo e lasciarlo raffreddare. Una volta solidificato, si potrà estrarre con delicatezza l’uovo dallo stampo e unire le due metà con del cioccolato fuso. Questa procedura consente di ottenere uova di cioccolato di qualità a un costo notevolmente inferiore rispetto a quelle in commercio. Inoltre, si avrà la libertà di personalizzarle con una sorpresa su misura.

Preparazione delle uova colorate

Per colorare le uova in modo naturale, si possono utilizzare vari ingredienti come la barbabietola per ottenere un rosso intenso, le scorze di cipolla gialla per un colore arancione, la curcuma per un risultato giallo e tanto altro. Dopo aver portato a ebollizione le soluzioni coloranti, si potranno immergere le uova fino a ottenere la nuance desiderata. Questa tecnica permette di creare uova colorate in modo naturale e creativo, con l’aggiunta di un tocco personale e distintivo.

Conclusioni

La preparazione delle uova di cioccolato e colorate in casa rappresenta un’occasione perfetta per sperimentare in cucina e trascorrere del tempo di qualità con i propri cari. Inoltre, offre la possibilità di creare regali personalizzati e significativi per la Pasqua, contribuendo a mantenere vive le tradizioni.

Analisi qualitativa: osservazioni preliminari

Analisi qualitativa dei campioni solidi: osservazioni preliminari

Quando si procede con l’analisi qualitativa di un campione solido, è fondamentale eseguire i saggi iniziali per via secca, tra cui i saggi “alla fiamma”, “alla perla”, “ai tubicini” e “al coccio”. Successivamente, si procede con l’analisi sistematica per via umida.

Le osservazioni preliminari sono di grande importanza, in quanto forniscono un supporto nell’analisi successiva. Queste osservazioni sono particolarmente utili considerando le potenziali interferenze, precipitazioni incomplete e variazioni nei valori di che possono presentarsi durante l’analisi per via umida.

La colorazione dei sali e delle loro soluzioni può offrire importanti indicazioni per escludere alcuni ioni o individuarne la presenza. Ecco alcune corrispondenze di colore dei composti con la presenza di determinati sali:

– Blu e soluzione di colore blu: Sali idrati di Cu(II) ad eccezione del carbonato e del cloruro di rame (II)
– Blu e soluzione di colore rosa: Sali anidri di cobalto
– Incolore: Assenza di sali di metalli di transizione ad eccezione di alcuni sali di Mn(II)
– Verde e soluzione di colore verde: Sali di Ni(II) e di Cr(III)

Oltre al colore, anche l’esposizione all’aria può influenzare la percezione visiva di alcune sostanze. Ad esempio, alcune sostanze deliquescenti possono cambiare colore o trasformarsi in presenza di determinate condizioni ambientali.

Per quanto riguarda l’odore, anche questo può costituire un criterio di valutazione iniziale, ad esempio il rilevamento di odori di , aceto, uova marce, mandorle amare o cloro può indicare la presenza di determinati elementi nei campioni.

In conclusione, le osservazioni preliminari rappresentano un importante stadio nell’analisi qualitativa dei campioni solidi, offrendo informazioni utili e indicazioni per l’analisi successiva.

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