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Modello degli orbitali ibridi

Il modello degli orbitali ibridi spiega la formazione dei legami tra gli atomi a partire dagli orbitali atomici. Ad esempio, nel , si ipotizza che il carbonio utilizzi i suoi orbitali p e l’orbitale s per legarsi ai quattro atomi di . Tuttavia, se tali orbitali fossero utilizzati così come sono disposti nell’atomo isolato, non si potrebbe spiegare la geometria tetraedrica osservata per questa molecola.

Il modello degli orbitali ibridi si basa sull’ipotesi che gli orbitali atomici subiscano una modificazione durante la formazione del legame. Nel caso del carbonio, i tre orbitali p e l’orbitale s si fondono per formare quattro nuovi orbitali ibridi denominati sp3, i cui assi di simmetria sono diretti verso i vertici di un tetraedro.

Questi nuovi orbitali permettono di prevedere correttamente che i quattro legami carbonio-idrogeno siano equivalenti, conferendo così alla molecola di metano la sua geometria tetraedrica. In aggiunta agli orbitali sp3, esistono anche l’ e sp.

Nell’ibridazione sp2, i tre orbitali giacciono sullo stesso piano formando angoli di 120° tra di loro, mentre nell’ibridazione sp essi giacciono sulla stessa retta facendo un angolo di 180° tra loro. Un atomo ibridato sp2 avrà una geometria triangolare intorno a sé, mentre un atomo ibridato sp avrà geometria lineare.

Il tipo di ibridazione per un particolare atomo è determinato contando il numero di coppie di legame σ e sommando a questo il numero di coppie non condivise. Ad esempio, nella molecola di acqua, l’ossigeno utilizza un’ibridazione sp3 che comporta una geometria tetraedrica in accordo con l’angolo sperimentale H-O-H.

Lo ione nitrato, che presenta tre coppie di legame σ intorno all’atomo di azoto e nessuna coppia non condivisa, utilizza orbitali ibridi di tipo sp2, conferendo alla molecola una geometria trigonale planare.

Oltre agli orbitali sp3, sp2 ed sp, esistono anche l’ibridazione sp3d e sp3d2. Ad esempio, il pentacloruro di fosforo utilizza cinque orbitali ibridi sp3d1, formando una geometria trigonale bipiramidale. Mentre l’esafluoruro di zolfo adotta l’ibridazione sp3d2, presentando sei orbitali ibridi sp3d2 e una geometria ottaedrica.

Determinazione delle concentrazioni all’equilibrio

Come calcolare le all’equilibrio

Per determinare le concentrazioni delle specie chimiche in equilibrio, è necessario conoscere la costante di equilibrio e le concentrazioni iniziali delle chimiche. Le fasi da seguire sono:
– Scrivere la reazione chimica bilanciata
– Calcolare e conoscere il valore della costante di equilibrio
– Definire le concentrazioni iniziali di ciascuna specie, solitamente espresse in o pressione parziale
– Determinare la direzione in cui la reazione procede per stabilire l’equilibrio

I passi successivi per calcolare le concentrazioni all’equilibrio sono i seguenti:
– Scrivere l’espressione di equilibrio relativa alla reazione
– Verificare che le quantità siano espresse in unità di misura adeguate
– Calcolare la direzione della reazione, se non è evidente, calcolando il
– Costruire un I.C.E. chart (Initial Change Equilibrium) e determinare le quantità delle specie in equilibrio in termini di una sola incognita
– Sostituire tali quantità nell’espressione della costante di equilibrio e risolvere l’incognita
– Calcolare le concentrazioni di ciascuna specie all’equilibrio tenendo conto delle concentrazioni iniziali e delle variazioni.

Esempio Guidato

Immaginiamo di avere 0.050 di H2 e 0.050 moli di Br2 in un recipiente di 5.0 L riscaldato fino a 700 K. Dobbiamo calcolare le concentrazioni delle specie all’equilibrio sapendo che la costante Kc a 700 K è pari a 64.

La reazione è la seguente:
H2 + Br2 ⇌ 2 HBr

– Scriviamo l’espressione dell’equilibrio relativa alla reazione:
Kc = [HBr]² / [H2] [Br2] = 64
– Poiché viene usata Kc è necessario esprimere le concentrazioni delle specie in termini di molarità:
[H2] = 0.050 / 5.0 = 0.010 M e [Br2] = 0.050 / 5.0 = 0.010 M
– L’unica direzione verso la quale può procedere l’equilibrio è verso destra in quanto all’inizio non è presente HBr
– Costruiamo una tabella I.C.E. e determiniamo le quantità delle specie all’equilibrio in termini di una sola incognita:

Stato iniziale:
H2 0.010
Br2 0.010
HBr 0

Variazione:
-x -x +2x

Equilibrio:
0.010-x 0.010-x 2x

– Sostituiamo tali quantità nell’espressione della costante di equilibrio e risolviamo rispetto a x:
64 = (2x)² / (0.010-x) (0.010-x) = (2x)² / (0.010-x)²
– Calcoliamo le concentrazioni di ciascuna specie all’equilibrio:
[H2] = [Br2] = 0.010 – 0.008 = 0.002 M e [HBr] = 2x = 2 (0.008) = 0.016 M

Determinazione della formula di un sale idrato

Determinazione della formula di un sale idrato

La determinazione della formula di un sale idrato, ovvero del numero di molecole d’acqua presenti, è spesso un problema proposto in ambito chimico. Durante la cristallizzazione, i sali inglobano molecole di acqua in numero definito che entrano a far parte del del composto.

svolti

1.

Determinazione della formula del carbonato di magnesio


Un carbonato idrato di magnesio, con una massa iniziale di 15.67 g, viene riscaldato senza subire decomposizione. Alla fine del riscaldamento, la massa si riduce a 7.58 g. La massa di acqua persa è pari a 8.09 g. Dalle moli di acqua e del carbonato di magnesio, si determina che la formula del composto è MgCO3 ∙ 5 H2O (carbonato di magnesio pentaidrato).

.

Determinazione della formula del carbonato di sodio idrato


Facendo reagire 3.9267 g di un carbonato di sodio idrato con un eccesso di HCl si sviluppano 0.6039 g di gas. Dalla reazione tra il sale e l’acido cloridrico, si determina che la formula del composto è Na2CO3 ∙ 10 H2O (carbonato di sodio decaidrato).

3.

Determinazione della formula del cloruro di bario idrato


Se 1.951 g di cloruro di bario idrato, a seguito della reazione con acido solforico, danno 1.864 g di solfato di bario, si determina che la formula del composto è BaCl2 ∙ 2 H2O (cloruro di diidrato).

4.

Determinazione della formula del solfato di sodio idrato


Il peso molecolare di un solfato di sodio idrato è pari a 322.1 g/mol. Dopo appropriati, si determina che la formula del composto è Na2SO4 ∙ 10 H2O (solfato di sodio decaidrato).

5.

Determinazione della formula di un composto con percentuali di massa


Con una composizione percentuale in massa di 23% di Zinco, 11% di zolfo, 22% di ossigeno e 44% di acqua, si determina che la formula minima del composto è ZnSO4 ∙ 7 H2O.

In conclusione, la determinazione della formula di un sale idrato è possibile attraverso calcoli e analisi delle reazioni chimiche coinvolte, consentendo di identificare il numero di molecole d’acqua presenti nel composto.

Composizione percentuale e identità di un elemento

e identità degli elementi in un composto

La conoscenza della composizione percentuale di un composto e del rapporto tra le sue specie permette di determinare l’identità degli elementi presenti. Questo è particolarmente utile nel caso di composti binari.

svolti

1) Un metallo M forma un ossido avente formula MO. La composizione percentuale dell’ossigeno è pari al 39.70 %. Per identificare l’elemento M si possono seguire i seguenti passaggi:

Si considerino 100 g di tale composto: la massa di M è pari a 100 – 39.70 = 60.3 g. Le moli di ossigeno corrispondono a 39.70 g/ 15.999 g/mol = .48. Nella formula MO si ha un rapporto 1:1 tra le moli dei due elementi. Pertanto, il peso atomico di M è 24.3 g/mol. L’elemento corrispondente a questo peso atomico è il magnesio, quindi il composto è MgO.

2) Un solfuro metallico avente formula MS2 contiene il 40.064% di zolfo in massa. Per identificare il metallo si procede nel seguente modo:

Si considerino 100 g di tale composto: la massa di M è pari a 100 – 40.064 = 59.936 g. Le moli di zolfo corrispondono a 1.249. Il rapporto tra le moli di M e di S è 1:2, quindi le moli di M sono pari a 0.6247. Il peso atomico di M è 95.94 g/mol, pertanto l’elemento è il e la formula è MoS2.

3) Un ossido metallico ha formula M2O3 e contiene il 68.4% di metallo in massa. Per calcolare il peso atomico del metallo si procede come segue:

Si considerino 100 g di tale composto: la massa dell’ossigeno è 31.6 g. Le moli di ossigeno corrispondono a 1.98. Il rapporto tra le moli di M e quelle di O è 2:3, quindi le moli di M sono pari a 1.32. Il peso atomico di M è 51.9 g/mol, pertanto il metallo M è il cromo.

4) Un idrossido metallico avente formula M(OH)2 contiene il 32.80% di ossigeno in massa. Per identificare il metallo si procede nel modo seguente:

Si considerino 100 g di tale composto: la massa di ossigeno è 32.80 g. Le moli di ossigeno sono 2.05, e le moli di sono anch’esse pari a 2.05. La massa di M in 100 g di composto è quindi pari a 65.13 g. Poiché le moli di M sono pari alla metà delle moli di ossigeno, il peso atomico di M è 63.5 g/mol, indicando il rame come il metallo M.

5) Un composto ha formula KBrOx e contiene il 59.19% di Br. Per calcolare il valore di x:

Il rapporto tra le moli dei tre elementi nel composto è 1:1:x. Utilizzando le relazioni percentuali di massa, si ottiene x=1, e quindi la formula è KBrO.

Questi esercizi illustrano come la composizione percentuale dei composti possa essere determinante per rivelare l’identità degli elementi coinvolti.

Raggio covalente e raggio ionico

Il Raggio Covalente e il Raggio Ionico

Il raggio covalente è definito come la metà della distanza tra due atomi uguali, mentre quello ionico è dato dalla somma del raggio covalente del catione r+ e il raggio dell’anione r-. Le conoscenze sulle proprietà strutturali della materia derivano dallo studio dello stato solido, supportato dalla diffrazione dei raggi X, che fornisce dati sperimentali sulle distanze di legame utili per modelli chimici. Ad esempio, la distanza tra due atomi di carbonio tenuti insieme da un legame semplice è costante, indipendentemente dal tipo di sostanza in cui si trova.

Raggio Covalente

Il raggio covalente si definisce come la metà della distanza tra due atomi uguali. Ad esempio, la distanza tra due atomi di carbonio è di 1.54 Å, che permette di assegnare al raggio covalente del carbonio il valore di 0.77 Å. In presenza di doppi o tripli legami si osserva una variazione della , quindi per uno stesso elemento si deve definire un raggio covalente per un legame semplice, doppio o triplo. I valori riportati possono anche essere usati per caratterizzare le distanze di legame tra atomi diversi, facendo del raggio covalente la caratteristica di ogni atomo.

Tabella

Sono riportati i raggi covalenti di alcuni atomi (Å) relativi a legami semplici, doppi e tripli in una tabella.

Raggio Ionico

Considerando i legami ionici, si può definire un raggio ionico come la somma del raggio covalente del catione r+ e il raggio dell’anione r-. Le differenze dei raggi ionici del cloruro e del bromuro rimangono costanti, confermando che è possibile caratterizzare un certo ione in composti diversi attraverso il raggio ionico. La correlazione è più complessa in alcuni casi, dimostrando che è necessario usare prudenza quando si confrontano modelli molto semplici con dati sperimentali.

Concludendo, il raggio covalente e il raggio ionico forniscono importanti informazioni sulle proprietà strutturali della materia e sono strumenti fondamentali per la comprensione dei legami chimici e delle distanze di legame tra atomi diversi.

Tempo di dimezzamento. Esercizi svolti

Il di dimezzamento e la sua applicazione sono molto importanti in chimica. Il decadimento nucleare si può verificare in un lasso di tempo prolungato, di conseguenza, si preferisce utilizzare il tempo di dimezzamento. Tale tempo rappresenta il lasso di tempo necessario affinché la quantità iniziale di una sostanza si riduca della metà.

Supponiamo di partire da una quantità iniziale A0. Man mano che la reazione procede, tale quantità decresce in modo esponenziale nel tempo. Calcolando matematicamente, si ottiene la seguente formulazione per la quantità finale: quantità finale = quantità iniziale ( ½ ) numero di emivite.

Ecco alcuni di applicazione della formula del tempo di dimezzamento:

1) Il tempo di dimezzamento dello zinco è di .4 minuti. Calcoliamo la massa di zinco che rimane dopo 7.2 minuti partendo da 100.0 g di zinco. Applicando la formula otteniamo che la quantità finale è di 12.5 g.

2) Per l’isotopo dell’ 238, con un tempo di emivita di 4.46 ∙ 10^9 anni, e partendo da 2.00 g di uranio con un tempo trascorso di 2.5 ∙ 10^9 anni, la quantità finale risulta essere di 1.36 g.

3) Sapendo che il tempo di emivita del tungsteno è di 23.9 ore e partendo da 10.0 g, dopo un giorno rimarrebbe una massa di 5.0 g.

4) Se il tempo di emivita del trizio è di 12.26 anni e deve perdere il 75% della sua radioattività, sono necessarie 2 emivite, quindi il tempo necessario è di 24.52 anni.

5) Per l’iodio 131 con tempo di emivita di 8.040 giorni e partendo da 40.0 g di iodio, calcolando la quantità dopo 24.0 giorni si ottiene un valore di 5.05 g.

6) Partendo da 2.97 ∙10^22 atomi di molibdeno 99 con un tempo di emivita di 65.94 ore, dopo una settimana rimarrebbero 5.08 ∙ 10^21 atomi.

7) Considerando il fosforo 32 che decade del 5% al giorno e partendo da 20.0 g di fosforo 32, il tempo affinché la sua quantità si dimezzi è di 324 ore.

8) Una miscela di contiene due diversi nuclidi A e B. Se la miscela ha inizialmente una composizione 1:1 e calcolando il rapporto A:B dopo 18 ore, con un tempo di emivita di A pari a 3 ore e di B pari a 6 ore, si ottiene un rapporto finale di 1:8.

Reazioni in cui più specie si ossidano o si riducono

Come bilanciare le reazioni in cui più specie si ossidano o si riducono

Quando si incontrano reazioni in cui più specie si ossidano o si riducono, si possono presentare difficoltà nel bilanciamento. Il bilanciamento di una reazione significa trovare i coefficienti stechiometrici per le sostanze coinvolte, garantendo la conservazione della massa e della carica. In altre parole, la somma delle cariche delle sostanze reagenti deve essere uguale a quella delle sostanze prodotte.

Per bilanciare le in cui più specie si ossidano o riducono, è possibile utilizzare il metodo del numero di ossidazione o il metodo delle . Questi metodi aiutano a garantire che il numero di elettroni acquisiti dalla sostanza che si riduce sia uguale al numero di elettroni ceduti dalla sostanza che si ossida.

Di seguito sono presentati alcuni svolti, fornendo anche la metodologia utilizzata per bilanciare le reazioni.

1) FeS + NO3- → Fe3+ + SO4^2- + NO

Inizialmente, identifichiamo le specie che si ossidano o si riducono e scriviamo le rispettive semireazioni. Ad esempio, considerando l’ossidazione del solfuro di (II) (FeS) con numero di ossidazione +2, la prima semireazione sarà Fe2+ → Fe3+ e così via. Dopo aver bilanciato le semireazioni, sommiamo membro a membro e semplifichiamo per ottenere la reazione bilanciata.

2) CrI3 + Cl2 → CrO4^2- + IO4^- + Cl^- (soluzione basica)

Nel caso di questa reazione, si procede con l’individuazione delle specie che si ossidano o si riducono, scrivendo le semireazioni corrispondenti. Dopo aver bilanciato le semireazioni, si sommano membro a membro e si semplifica per ottenere la reazione bilanciata, considerando anche la soluzione basica.

3) Sb2S3 + Na2CO3 + C → Sb + Na2S + CO

Per questa reazione, si eliminano gli ioni spettatori e si riscrive la reazione in forma ionica. Si bilanciano le semireazioni corrispondenti e si semplifica il risultato ottenuto per arrivare alla reazione bilanciata.

In sintesi, il bilanciamento delle reazioni in cui più specie si ossidano o si riducono può essere affrontato utilizzando i metodi appropriati e seguendo i passaggi corretti per garantire il corretto bilanciamento delle semireazioni e quindi della reazione complessiva.

Bilanciare le reazioni chimiche: metodologia e esempi

Quando si bilancia una reazione chimica è essenziale tenere conto dei passaggi specifici che portano all’equilibrio delle equazioni. Nel caso di composti complessi come l’ e il bismuto, è utile seguire un approccio dettagliato al fine di garantire un corretto bilanciamento.

Iniziamo con l’esempio della reazione chimica coinvolgente l’antimonio (Sb) e i carbonati (CO32-), che porta alla formazione di triossido di antimonio (Sb2S3), carbonio (C) e l’aggiunta dei cationi sodio (Na2CO3). La reazione bilanciata risulta 2 Sb3+ + 3 CO32- + 6 C → 2 Sb + 9 CO.

In un caso simile, per bilanciare la reazione coinvolgente il bismuto (Bi), l’alluminio (Al) e l’idrossido di sodio (NaOH), si partirebbe dall’equazione chimica Bi(NO3)3 + Al + NaOH → Bi + NH3 + NaAlO2. Seguendo una serie di passaggi mirati, si giunge al corretto bilanciamento della reazione.

È fondamentale comprendere il ruolo degli ioni spettatori e dell’ambiente chimico (acido o basico) al fine di garantire un bilanciamento accurato delle reazioni. Seguendo gli specifici passaggi e considerando i dettagli della composizione chimica di ciascun elemento, è possibile giungere a una corretta equazione bilanciata.

Frazione molare. Esercizi svolti

La frazione molare e i suoi

La frazione molare è una grandezza adimensionale utilizzata per esprimere la concentrazione di una specie chimica in soluzione. Si calcola come il rapporto tra le della specie e le moli totali presenti in soluzione, dove la somma delle frazioni molari delle diverse specie è uguale a 1.

Esercizi svolti:

1) Calcolo della frazione molare di NaCl in una soluzione:
Nel caso in cui 0.100 moli di NaCl siano disciolti in 100.0 g di acqua, si ottiene una frazione molare di NaCl pari a 0.0177, mentre la frazione molare dell’acqua è 0.984.

) Determinazione della frazione molare di saccarosio:
Considerando una soluzione acquosa di saccarosio con una molalità di 1.62 m, si calcola la frazione molare di saccarosio ottenendo un valore di 0.0284.

3) Calcolo della massa di acqua necessaria per una data frazione molare di saccarosio:
Determinata una soluzione la cui frazione molare in saccarosio è 0.020 e disponendo di 100.0 g di saccarosio, si calcola che la massa di acqua necessaria è pari a 257.8 g.

4) Calcolo della frazione molare di in una soluzione al 50.0% m/m di :
Considerando 100.0 g di soluzione in cui si hanno 50.0 g di acido cinnamico e 50.0 g di urea, si calcola una frazione molare di acido cinnamico pari a 0.289.

5) Calcolo della frazione molare dell’acqua in una soluzione di H2SO4:
Con una soluzione 0.6350 M di H2SO4 e una densità di 1.0385 g/mL, si ottiene una frazione molare dell’acqua pari a 0.977.

In conclusione, la frazione molare è uno strumento utile per esprimere la concentrazione delle specie chimiche in soluzione. Gli esercizi svolti forniscono esempi pratici di calcolo della frazione molare in diverse situazioni, contribuendo a comprendere e applicare tale concetto in ambito chimico.

Stechiometria: esercizi svolti

La stechiometria, che riguarda le proporzioni con cui gli elementi si combinano per formare i composti e le masse delle specie che prendono parte a una reazione, è un argomento fondamentale in chimica. Nell’ambito di questo studio è essenziale bilanciare correttamente le chimiche con l’utilizzo dei , che esprimono i rapporti tra le di ciascuna specie coinvolta.

È cruciale comprendere come risolvere i problemi di stechiometria, poiché ogni esercizio presenta sfide e aspetti specifici. Dopo aver bilanciato la reazione chimica, è necessario calcolare il peso molecolare delle sostanze coinvolte, convertire i grammi in moli e determinare le moli delle altre specie coinvolte.

Un esercizio di stechiometria coinvolge il calcolo della massa di un sale costituito da bario e un alogeno, in cui l’alogeno viene identificato dopo la formazione del solfato di bario. Un altro esercizio richiede il calcolo delle quantità di diverse specie presenti in un campione, includendo idrossido di potassio, carbonato di potassio e cloruro di potassio, data una reazione con acido cloridrico seguita da un titolo con idrossido di sodio.

Infine, un terzo esercizio coinvolge il calcolo della percentuale di magnesio che reagisce con l’azoto per formare il nitruro di magnesio, a partire dalla massa dei composti ottenuti dalla combustione del magnesio in presenza di aria. Questi evidenziano l’importanza della stechiometria nelle reazioni chimiche e nella determinazione delle quantità delle sostanze coinvolte.

La comprensione di tali di stechiometria è fondamentale per gli studenti di chimica e rappresenta un aspetto chiave per apprendere i concetti fondamentali in questo campo scientifico.

Titolazioni di ossidoriduzione. Esercizi svolti

Titolazioni di ossidoriduzione: svolti

Le titolazioni di ossidoriduzione sono procedure analitiche fondamentali in chimica, utilizzate per determinare la quantità di una sostanza tramite la reazione tra un ossidante e un riducente. La Permanganometria, iodometria, bicromatometria, cerimetria e bromatometria sono alcune delle più importanti titolazioni di ossidoriduzione.

Esercizio 1

Si deve determinare la concentrazione del permanganato di potassio utilizzato per titolare 0.2640 g di ossalato di sodio in soluzione con 30.74 mL di permanganato di potassio in ambiente acido. La reazione ossida l’ossalato a biossido di carbonio riducendo il manganese (II). Dopo la bilanciamento delle semireazioni e determinazione delle , si ottiene una concentrazione del permanganato di potassio di 0.02563 M.

Esercizio

Questo esercizio richiede di determinare la percentuale di ferro (II) in un campione attraverso la titolazione con bicromato di potassio. Dopo aver bilanciato le semireazioni e calcolato le moli, si ottiene che la percentuale di ferro nel campione è del 13.76%.

Esercizio 3

In questo caso, viene chiesto di calcolare le di ioni Fe2+ e Fe3+ in una soluzione mediante una serie di con permanganato di potassio. Dopo la determinazione delle quantità di moli, si ottengono le concentrazioni di Fe2+ e Fe3+, pari a 0.00980 M e 0.00364 M, rispettivamente.

Esercizio 4

Infine, si richiede di calcolare la quantità di antimonio presente in un campione e la sua percentuale utilizzando una titolazione con bromato di potassio. Dopo le opportune trasformazioni, si determina che la percentuale di antimonio presente nel campione è del 20.7%.

In sintesi, le titolazioni di ossidoriduzione permettono di determinare quantitativamente sostanze sfruttando le reazioni di ossidazione e riduzione. Questi esercizi dimostrano l’importanza di tali procedure analitiche nella chimica quantitativa.

La precipitazione frazionata. Esercizi

0

La precipitazione frazionata: esempi di pratici

La precipitazione frazionata è un processo che comporta la completa precipitazione del sale meno solubile prima che inizi a precipitare il secondo sale più solubile. Per esempio, se due formano sali poco solubili con uno stesso anione, il sale meno solubile sarà il primo a precipitare quando una soluzione che contiene entrambi i cationi viene trattata con lo stesso precipitante.

Esercizio 1

Immaginiamo di avere una soluzione di BaCl2 1.0 M che viene aggiunta a una soluzione contenente 1.0 ∙ 10^-4 M di solfato di sodio e 1.0 ∙10^-4 M di seleniato di sodio. Il nostro compito è calcolare la percentuale del primo anione precipitato quando inizia a precipitare il secondo. Questo calcolo richiede l’utilizzo dei valori di Kps per BaSO4 e BaSeO4, che sono rispettivamente 1.1 ∙ 10^-10 e 2.8 ∙ 10^-11. Attraverso dei possiamo determinare che la concentrazione del seleniato rimasto in soluzione è pari al 25%, quindi la percentuale di seleniato precipitato è del 75%.

Esercizio 2

Immaginiamo di avere una soluzione 0.0099 M in nitrato di alluminio e 0.021 M in cloruro di calcio a cui viene aggiunto fosfato di sodio. Il nostro compito è calcolare la concentrazione del primo ione che precipita quando inizia a precipitare il secondo. Utilizzando i valori di Kps per AlPO4 e Ca3(PO4)2, che sono rispettivamente 9.8 ∙ 10^-22 e 2.0 x 10^-29, possiamo determinare che la concentrazione dello ione alluminio è 6.5 ∙ 10^-10 M.

Esercizio 3

Immaginiamo una soluzione diluita di nitrato di che viene aggiunta a una soluzione contenente Cl- e CrO4^2-. Il nostro compito è calcolare la concentrazione di Cl- quando inizia a precipitare il cromato di argento. Il calcolo porta alla determinazione che la concentrazione di Cl- è 1.67 ∙ 10^-5 M quando inizia a precipitare il cromato di argento.

In conclusione, attraverso questi esempi di esercizi possiamo comprendere meglio il concetto di precipitazione frazionata e come calcolare le degli ioni coinvolti in questo processo.

Elettrolisi acquosa: elettrometallurgia

Elettrolisi Acquosa: Processo di Estrazione dei Metalli

I processi per ottenere e raffinare i metalli possono avvenire attraverso l’elettrolisi acquosa o ignea.

Estrazione tramite Elettrolisi Acquosa

L’estrazione di un metallo tramite elettrolisi acquosa avviene in due fasi connesse, ma distinte. La prima fase comprende la lisciviazione seguita dalla purificazione della soluzione elettrolitica. La seconda fase è l’elettrolisi. La soluzione inviata alle celle con una certa concentrazione di ioni metallici esce con una concentrazione ridotta. Solo una parte del metallo ionico è depositata catodicamente per evitare processi secondari. Le celle di elettrolisi sono costituite da cassoni rettangolari in legno o con rivestimenti anticorrosivi. Gli elettrodi, di dimensioni variabili, sono disposti verticalmente con catodi e anodi alternati.

Materiale Anodico e Purezza del Metallo

Per l’elettrolisi, il materiale anodico deve possedere resistenza all’attacco, bassa sovratensione per la scarica dell’ossigeno e un prezzo accessibile. Il , di solito unito ad antimonio o , è comunemente impiegato come materiale anodico. Gli anodi di titano rivestiti da film elettrocatalizzatori trovano applicazione nella estrazione elettrolitica dei metalli. La purezza del metallo estratto è determinata dalla presenza di altri ioni di metalli e dalle fasi di purificazione. I rendimenti di corrente sono inferiori al 100% a causa dei processi parassiti come la scarica concorrenziale di e la ridissoluzione del deposito.

In conclusione, il processo di elettrolisi acquosa è fondamentale per l’ottenimento e la raffinazione dei metalli, garantendo un’alta qualità e purezza del prodotto estratto dalle elettrolitiche.

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