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Glicoproteina Spike

La Glicoproteina Spike nei : una minaccia globale

Nei coronavirus, virus con morfologia rotonda e dimensioni di 100-150 nm di diametro, la glicoproteina Spike è un elemento primario. Questa glicoproteina è responsabile dell’adesione alle cellule ospiti e dell’induzione dell’assorbimento del virus da parte delle stesse.

La pandemia di iniziata alla fine del 2019 rappresenta una seria minaccia per la salute pubblica globale. L’agente causale della malattia, diffusa in tutto il mondo, appartiene alla famiglia Coronaviridae e ha colpito inizialmente i residenti di Wuhan, in Cina.

Questi virus, osservati per la prima volta negli anni ’60 come agenti causali di molte infezioni respiratorie, sono il più grande gruppo di virus a RNA noto, che sopravvivono su un vasto numero di ospiti naturali.

L’RNA genomico e la proteina nucleocapside fosforilata costituiscono il nucleocapside del virione, che è sepolto all’interno di doppi strati fosfolipidici e possiede tre proteine, tra cui il trimero della glicoproteina Spike, la membrana e la proteina dell’involucro.

La struttura della Glicoproteina Spike

L’ strutturale del trimero rivela uno stato predominante con uno dei tre domini di legame al recettore ruotato in una conformazione verso l’alto. I trimeri di questa proteina formano le strutture che somigliano a una corona che circonda il virione.

La proteina S si suddivide in due parti:
– S1 contiene una regione che serve a legarsi alla cellula bersaglio aderendo al .
– S2 consente l’ingresso del virus nella cellula. La regione S2 della glicoproteina Spike è responsabile della fusione della membrana tra l’involucro virale e la cellula ospite, consentendo l’ingresso del genoma del virus nella cellula.

Funzioni della Glicoproteina Spike

Quando la proteina S si lega al recettore sulla membrana della cellula ospite, promuove l’ingresso del virus nella cellula attivando la proteina S. Una volta che il virus entra nella cellula, è rilasciato l’, le poliproteine sono tradotte dal genoma dell’RNA. La replicazione del genoma dell’RNA virale avviene tramite la scissione delle proteine e l’assemblaggio del complesso replicasi-trascrittasi. L’RNA virale è replicato e le proteine strutturali sono sintetizzate, assemblate e confezionate nella cellula ospite, e infine rilasciate come particelle virali.

Moto oscillatorio

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Moto Oscillatorio e le sue Caratteristiche

Il moto oscillatorio o vibratorio è un tipo di moto periodico che si ripete ad intervalli regolari, spesso rappresentato dal movimento avanti e indietro su un percorso della particella in questione. Un esempio di questo fenomeno è il movimento degli atomi all’interno delle molecole o in un reticolo cristallino. Inoltre, oggetti come un bilanciere di un orologio, una massa collegata a una molla, o una corda di violino sono esempi concreti di moto oscillatorio.

Moto Smorzato

Le forze di attrito tendono a dissipare l’energia di questi moti, trasformandoli in . Tuttavia, è possibile contrastare l’effetto dello smorzamento fornendo energia aggiuntiva al sistema oscillante per compensare l’energia persa a causa dell’attrito.

Principali Grandezze Caratterizzanti il Moto Oscillatorio

Un moto oscillatorio è caratterizzato da diverse grandezze, tra cui il periodo T, che rappresenta il necessario per un’oscillazione completa, la frequenza ν, che è l’inverso del periodo e ha come unità di misura il ciclo al secondo o Hertz, e lo spostamento lineare o angolare, che indica la distanza della particella oscillante dalla sua posizione di equilibrio in ogni istante. La posizione in cui non agisce alcuna sulla particella oscillante è definita “posizione di equilibrio”.

Energia e Forze in Gioco nel Moto Oscillatorio

Durante un moto oscillatorio, la particella attraversa un punto in cui si trova la sua posizione di equilibrio, in cui l’ è minima. In un esempio come un pendolo, l’energia potenziale è minima nel punto più basso dell’oscillazione.

La forza che agisce sulla particella è determinata dalla derivata rispetto al tempo dell’energia potenziale, e è orientata in modo da accelerare la particella verso la posizione di equilibrio. Inoltre, l’energia meccanica totale di una particella oscillante è la somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale, e questa rimane costante se non sono presenti , come ad esempio la forza di attrito.

In conclusione, il moto oscillatorio è un fenomeno comune in natura, e comprendere le sue caratteristiche e il comportamento delle forze al suo interno è fondamentale per comprendere e analizzare molti aspetti della fisica e della chimica.

Acido tiosolforico

Acido tiosolforico: struttura, proprietà e sintesi

L’acido tiosolforico è un ossiacido del zolfo con la formula H2S2O3, analogo all’ in cui un ossigeno è sostituito da un atomo di zolfo. La struttura dell’acido è caratterizzata dall’atomo di zolfo centrale legato a due gruppi -OH, un atomo di ossigeno tramite doppio legame e un atomo di zolfo con doppio legame. È importante notare che l’atomo di zolfo ha un numero di ossidazione pari a zero.

L’acido tiosolforico è un solido cristallino bianco con limitati utilizzi pratici. È un acido diprotico e subisce due equilibri di dissociazione con costanti relative. La sua sintesi è un processo complesso. La reazione tra anidride solforosa e acido solfidrico, condotta in etere etilico a bassa temperatura, è una delle vie per ottenere l’acido tiosolforico.

Dato che l’acido tiosolforico si decompone facilmente in soluzione acquosa, la sintesi è stata ottenuta in condizioni anidre da Max Schmidt e il suo team. Inoltre, reagisce a caldo con il sodio idrossido producendo zolfo e solfito di sodio.

In conclusione, l’acido tiosolforico presenta interessanti caratteristiche strutturali e proprietà chimiche, e la sua sintesi richiede condizioni particolari per essere ottenuto in forma pura.

Fluoruro di bario

Fluoruro di bario: caratteristiche, proprietà e utilizzi

Il fluoruro di bario è un composto inorganico con formula BaF2 che si trova in natura nel minerale frankdicksonite. Presenta un legame ionico tra il catione Ba2+ e l’anione F.

Solubilità

Il fluoruro di bario è un sale poco solubile con un prodotto di solubilità pari a 1.8 · 10-7. Si dissocia secondo l’equilibrio eterogeneo: BaF2(s) ⇄ Ba2+(aq) + 2 F(aq). La sua solubilità espressa in g/L è di 0.61 g/L.

Proprietà

Il fluoruro di bario è un sale igroscopico, poco solubile in ma solubile in etanolo e metanolo. Quando riscaldato si decompone emettendo fumi tossici di fluoro e bario. In fase vapore, la molecola BaF2 è non lineare e presenta un angolo F-Ba-F di circa 108°.

Sintesi

Può essere ottenuto dalla reazione tra bario e fluoro a una temperatura di 100-150°C, o dalla reazione tra acetato di bario e fluoruro di sodio.

Reazioni

Il fluoruro di bario reagisce con per formare solfato di bario e acido fluoridrico. Ad una temperatura superiore a 500°C reagisce con l’acqua per formare ossido di bario e acido fluoridrico.

Usi

È utilizzato nella come additivo nel processo di raffinazione, come fondente e opacizzante di smalti, e nelle polveri di saldatura. È utilizzato per ottenere componenti ottici delle lenti e come scintillatore per rilevare raggi X, raggi gamma o altre particelle ad alta energia. Viene anche impiegato come nei reattori nucleari.

Fosfato di alluminio

Fosfato di alluminio: solubilità, proprietà, sintesi, reazioni e usi

Il fosfato di alluminio è un composto inorganico con la formula AlPO4, in cui il fosforo ha un numero di ossidazione +5 ed è costituito dal catione Al3+ e dall’anione fosfato PO43-. Si trova in natura nel minerale berlinite e spesso sotto forma biidrata nella variscite e pentaidrata.

Solubilità

Il fosfato di alluminio è poco solubile e ha un prodotto di solubilità pari a 6.3 × 10-19. Si dissocia secondo l’equilibrio eterogeneo: AlPO4(s) ⇄ Al3+(aq) + PO43-(aq). L’espressione del prodotto di solubilità è: Kps = [Al3+][PO43-]. La solubilità molare all’equilibrio si esprime come [Al3+]=[PO43-]= x e sostituendo nell’espressione del Kps si ottiene x = √6.3 × 10-19 = 7.9 × 10-10 mol/L. La solubilità espressa in g/L vale 9.6 × 10-8 g/L.

Proprietà

Il fosfato di alluminio si presenta come una polvere cristallina bianca con la stessa struttura del quarzo, che ha un sistema di cristalli trigonali. La sua struttura di base è simile a quella delle zeoliti. Tuttavia, la forma biidrata è simile alla struttura di NaCl, in cui a sei cationi corrispondono a sei anioni e viceversa. È uno dei pochi composti inorganici che mostra chiralità e piezoelettricità, fenomeno per il quale alcuni materiali cristallini si polarizzano elettricamente in conseguenza di una deformazione meccanica di natura elastica e viceversa si deformano elasticamente se sottoposti all’azione di un campo.

Sintesi

Il fosfato di alluminio può essere ottenuto per precipitazione secondo una reazione di doppio scambio. Si può ottenere dalla reazione tra acido fosforico e : H3PO4 + Al(OH)3 → AlPO4 + 3 H2O, oppure da un sale solubile di alluminio come il nitrato di alluminio: H3PO4 + Al(NO3)3 → AlPO4 + 3 HNO3.

Reazioni

Il fosfato di alluminio reagisce con acido cloridrico per dare cloruro di alluminio e acido fosforico, con cloruro di magnesio per dare e cloruro di alluminio, e con idrossido di sodio per dare idrossido di alluminio e fosfato di sodio.

Usi

Grazie alle sue proprietà come materiale piezoelettrico, il fosfato di alluminio trova impiego nelle industrie elettriche ed elettroniche. Viene utilizzato anche nella produzione di gomme e adesivi. In campo medico è un componente degli e un adiuvante nei vaccini. In combinazione con o senza altri composti, è utilizzato come colorante bianco per pigmenti, inibitori di corrosione, cementi e .

Principio di conservazione dell’energia

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Il Princìpio di Conservazione dell’Energia

Il principio di conservazione dell’energia afferma che l’energia non può essere creato o distrutto, ma può soltanto trasformarsi da un tipo all’altro. Questo principio, simile alla conservazione della massa, è supportato da osservazioni sperimentali ed è considerato una legge empirica. Le forme comuni di energia comprendono l’energia termica, elettrica, chimica, meccanica, cinetica e potenziale. Secondo tale principio, la somma di tutti i tipi di energia nell’universo rimane costante.

Applicazioni e Formulazione del Principio

Nel contesto delle applicazioni pratiche, l’energia si trasforma spesso soltanto tra due o tre tipi. Ad esempio, nella dinamica, la conservazione dell’energia riguarda solamente due tipi di energia, ovvero cinetica e potenziale, e talvolta l’, trascurando l’effetto di altre forme come l’energia chimica, termica o elettrica.

La formulazione base del principio di conservazione dell’energia si manifesta nell’equazione U + K = costante, rappresentando le energie potenziale e cinetica. Questo principio consente la determinazione di alcune grandezze relative a un corpo che varia la sua o cinetica. Nell’equazione U1 + K1 = U2 + K2, i simboli 1 e 2 indicano rispettivamente lo stato iniziale e finale del sistema.

Esempio di Applicazione

Per comprendere meglio l’applicazione pratica del principio di conservazione dell’energia, consideriamo il seguente esempio: un corpo di massa 100 kg cade da un’altezza di 5.0 m. La velocità con cui raggiunge il suolo può essere calcolata utilizzando il principio di conservazione dell’energia.

Si parte dallo stato iniziale, in cui il corpo è fermo, quindi l’energia cinetica iniziale è nulla. L’energia potenziale è calcolata come U1 = mgh = 100 * 9.8 * 5.0 = 4900 J. Quando il corpo raggiunge il suolo, l’energia potenziale si annulla. Secondo il principio di conservazione dell’energia, si ottiene l’equazione 4900 = ½ * (100 * v^2) che, risolta, fornisce v = √9800/100 = 9.9 m/s.

Utilizzando un’ulteriore equazione mgh1 + ½ v1^2 = mgh2 + ½ v2^2 e semplificando, si giunge nuovamente al risultato v = 9.9 m/s.

In conclusione, queste applicazioni pratiche illustrano come il principio di conservazione dell’energia sia uno strumento efficace per risolvere problemi di energia nel contesto della dinamica e della meccanica.

Lavoro fatto da una forza variabile

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svolto da una variabile

Se si desidera determinare il lavoro compiuto da una forza variabile, è necessario possedere una conoscenza più ampia rispetto a quella richiesta nel caso in cui la forza sia costante.

Nel caso in cui la forza sia costante e sia parallela e concorde allo spostamento, la componente della forza nella direzione dello spostamento è uguale alla forza stessa. In tal caso, il lavoro compiuto è la moltiplicazione del modulo della forza per la distanza percorsa dal corpo, quindi W = F · x.

Tuttavia, se la forza e lo spostamento non sono nella stessa direzione, è necessario considerare la componente della forza lungo la direzione dello spostamento. In presenza di un angolo θ tra la forza e lo spostamento, il lavoro sarà W = F · x · cos θ.

Grafico e calcolo del lavoro

Per calcolare il lavoro compiuto da una forza variabile, si può prendere in considerazione un grafico che mostri la variazione della forza in funzione della distanza percorsa.

La determinazione del lavoro fatto avviene dividendolo in una serie di piccoli intervalli Δx, in cui la forza può essere considerata costante, e quindi il lavoro compiuto sarà ΔL = F ·Δx.

Successivamente, per ottenere un’approssimazione migliore, si può diminuire l’intervallo Δx. Infine, facendo tendere Δx a zero, si ottiene il lavoro tramite il limite Δx → 0 di Σ F ·Δx, esteso da xi a xf.

Il lavoro potrebbe essere numericamente uguale all’area sottostante la curva della forza compresa tra xi e xf.

Esempio pratico

Ad esempio, prendiamo in considerazione una molla di lunghezza 30 cm, a cui viene applicata una forza di 50 N, tale forza produce un allungamento della molla da 30 cm a 35 cm. Per calcolare il lavoro necessario per allungare la molla da 32 a 36 cm, bisogna calcolare l’integrale definito da 0.02 a 0.06 di  1000 x in dx, dove 1000 è la costante della molla ottenuta dalla applicata precedentemente.

Dopo aver eseguito i calcoli algebrici, si ottiene un valore finale di 0.0016 J.

In conclusione, per determinare il lavoro compiuto da una forza variabile, è necessario considerare la variazione della forza in funzione dello spostamento e calcolare l’integrale in base alle limitazioni specificate.

Il secondo principio della termodinamica e le macchine termiche

Il Secondo Principio della Termodinamica e le Macchine Termiche

Il , attraverso la definizione di , fornisce indicazioni sugli scambi di energia tra un sistema chimico e l’esterno, senza però offrire informazioni sul rendimento di una reazione e sulla sua spontaneità.

Il secondo principio della termodinamica, frutto di intense ricerche sulle macchine termiche sviluppatesi nell’Ottocento, riguarda i dispositivi attraverso i quali un fluido (gas o vapore) viene sottoposto a una trasformazione ciclica. Durante il ciclo termico, il viene scambiato dalla macchina con delle sorgenti esterne.

Enunciati

A differenza del primo principio, il secondo principio afferma che non è possibile trasformare integralmente il calore assorbito in meccanico. Inoltre, è impossibile che avvenga un processo naturale il cui unico effetto sia il trasferimento di calore dal corpo più caldo a quello più freddo. Per trasformare l’energia termica in , sono necessarie due sorgenti di calore: una a temperatura maggiore e l’altra a temperatura minore. Collegando tali sorgenti con una macchina termica, è possibile ottenere energia meccanica durante il trasferimento spontaneo del calore dalla sorgente più calda a quella più fredda. La macchina termica cessa di funzionare quando le temperature delle due sorgenti diventano uguali, richiedendo continuamente l’apporto di calore alla sorgente più calda.

Lavoro

Il lavoro utile ottenuto grazie alla trasformazione corrisponde alla variazione di energia libera ΔG tra lo stato finale e iniziale, mentre la frazione di energia termica non utilizzata viene dispersa nella sorgente fredda, aumentandone la temperatura. Il rendimento η della macchina è sempre inferiore a uno, rappresentando il rapporto tra il lavoro utile e la quantità totale di energia coinvolta per produrlo.

Principio di Carnot

Carnot, nel 1824, basò il suo approccio alle macchine termiche sull’analogia con le macchine idrauliche, stabilendo che il rendimento di una macchina termica è dato dal rapporto tra la quantità di lavoro calcolato e il lavoro teoricamente ottenibile. Ciò rappresenta un altro modo di esprimere il secondo principio della termodinamica.

Rendimento

Come esemplificato nella tabella, la maggior parte dell’energia non viene trasformata in lavoro utile dalla macchina, confermando che il rendimento è sempre inferiore a 1.

Conclusione

In generale, la macchina termica sfrutta il passaggio di calore a cascata, dalle sorgenti a temperatura maggiore a quelle a temperatura minore, simili a due livelli di energia potenziale. Questo meccanismo di trasferimento di energia si verifica anche nelle macchine elettrochimiche e nelle reazioni biochimiche, dove si verifica un’ulteriore cascata di energia durante il processo di produzione di lavoro.

In conclusione, il secondo principio della termodinamica offre importanti informazioni sul funzionamento delle macchine termiche e sul rapporto tra energia termica e lavoro utile ottenuto.

Plasma accoppiato induttivamente

Plasma Accoppiato Induttivamente (ICP): Funzionamento, Vantaggi e Applicazioni

Il plasma accoppiato induttivamente, noto come ICP dall’acronimo inglese Inductively Coupled Plasma, è un metodo di che ha visto la sua diffusione dal 1974.

Questa tecnica presenta caratteristiche che spesso vengono paragonate a quelle degli spettrofotometri ad . Tuttavia, rispetto a questi ultimi, che operano con una temperatura di eccitazione della fiamma aria-acetilene compresa tra i 2000 e i 3000 K, la temperatura necessaria per generare un plasma di argon è tra 5000 e 7000 K. Il plasma, definito come il quarto stato della materia, è costituito da un gas ionizzato e globalmente neutro, composto da ioni ed elettroni. L’uso del gas inerte rende più difficile la generazione di ossidi e nitruri.

Funzionamento del Plasma Accoppiato Induttivamente

L’analita presente in soluzione viene introdotto in un nebulizzatore, dove viene convertito in un aerosol. Questo viene trasportato al plasma, dove gli elettroni, a causa dell’energia termica, passano dallo stato fondamentale a quello eccitato. Quando essi ritornano allo stato fondamentale, emettono una radiazione caratteristica, effettuando un salto quantico da un livello energetico discreto a un altro. Tale radiazione è rilevata e convertita in un segnale elettrico che consente di risalire al tipo di analita e alla sua concentrazione dopo la di una .

Vantaggi e Applicazioni del Plasma Accoppiato Induttivamente

Il plasma accoppiato induttivamente offre numerosi vantaggi, tra cui:
– Alta sensibilità, con la capacità di rilevare elementi in quantità minime con un limite inferiore di rilevamento dell’ordine di 10 ppb.
– Possibilità di effettuare sequenziale di più elementi.
– Scarsità di interferenze.
– Ampia regione di linearità della curva di calibrazione.
– Elevato numero di elementi determinabili difficilmente analizzabili con altre tecniche, tra cui zirconio, tantalio, fosforo, boro e gli elementi delle terre rare.

Questa tecnica è adatta a numerosi settori, tra cui quello ambientale, metallurgico, geologico, petrolchimico e farmaceutico. La sua elevata sensibilità e la capacità di rilevare elementi in tracce la rendono estremamente versatile per una vasta gamma di applicazioni analitiche.

Esercizi sulla legge di Hooke

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La : esercizi svolti e spiegati

La legge di Hooke è un principio fondamentale in fisica che descrive il comportamento elastico dei corpi sottoposti a sforzi. Questa legge afferma che c’è una relazione lineare tra la esercitata su una molla e l’allungamento o la compressione della stessa. In termini matematici, l’equazione che esprime questa legge è F = – kx, dove F rappresenta la forza applicata, x l’allungamento o la compressione della molla e k la della stessa.

Calcolo della forza

Un esempio di calcolo della forza applicata su una molla è il seguente: consideriamo una molla con costante elastica di 20 N/m e un allungamento di 25 cm. Convertendo i centimetri in metri e applicando la legge di Hooke otteniamo F = 20 N/m · 0.25 m = 5.0 N.

Calcolo della costante elastica

Per calcolare la costante elastica di una molla quando è applicata una certa forza, possiamo utilizzare l’equazione k = F/x. Ad esempio, se una molla si allunga di 10 cm quando è applicata una forza di 500 N, otteniamo k = 500 N / 0.10 m = 5000 N/m.

Calcolo dell’allungamento della molla

Un’altra situazione pratica riguarda il calcolo dell’allungamento di una molla se è applicata una determinata forza. Ad esempio, se una molla si allunga di 5 cm quando è applicata una forza di 20 N, possiamo calcolare l’allungamento della molla se è applicata una forza di 30 N. In questo caso, la costante elastica della molla vale k = F/x = 20 N/0.05 m = 400 N/m e l’allungamento della molla è x = F/k = 30 N/400 N/m = 0.075 m = 7.5 cm.

Esercizio avanzato

Infine, consideriamo un esercizio più complesso che coinvolge il calcolo del peso originale di una massa applicata a una molla. Se un peso applicato a una molla provoca un allungamento di 5 cm e aumentando di 60 N il peso posto inizialmente l’allungamento è di 15 cm maggiore, possiamo calcolare il peso originale. Risolvendo l’equazione otteniamo P = 3/0.15 = 20 N.

Questi esercizi forniscono un’ulteriore comprensione della legge di Hooke e della sua applicazione pratica nel calcolo delle forze, delle costanti elastiche e degli allungamenti delle molle.

ROS: specie reattive dell’ossigeno

Reactive Oxygen Species (ROS) e la loro incidenza sul corpo umano

ROS, l’acrònimo per le specie reattive dell’ossigeno, rappresentano molecole altamente reattive. Queste molecole, come l’idrossile, l’idroperossido e l’, sono radici libere e possono causare danni alle biomolecole del corpo umano.

Il radicale ossidrile e il suo impatto

Il radicale ossidrile è una delle specie reattive dell’ossigeno più pericolose a causa della sua elevata capacità ossidante. Questa molecola può rimuovere o degradare facilmente molte molecole organiche, come acidi, alcoli, aldeidi, composti aromatici, ammine, eteri e chetoni. La sua formazione avviene da una soluzione acida contenente (II) e perossido di idrogeno tramite la reazione di Fenton, la quale produce il radicale OH· il quale reagisce con i composti organici.

L’anione superossido e la sua formazione

L’anione superossido può formarsi durante l’ossidazione dell’emoglobina e viene prodotto dal sistema immunitario per combattere i microbi. Questo tipo di ROS può essere generato dalla catena respiratoria mitocondriale e dalla NADPH ossidasi. L’anione superossido svolge un ruolo cruciale nella respirazione e nella difesa immunitaria.

Ruolo degli antiossidanti e le difese del corpo umano

Il corpo umano ha sviluppato difese antiossidanti per proteggere le biomolecole vitali dai danni causati dai ROS. Gli antiossidanti possono agire direttamente sull’eliminazione dei ROS, inibire la loro formazione e riparare i danni causati da questi radicali. Esistono diversi tipi di antiossidanti, come la superossido dismutasi e la vitamina C.

ossidativo e i danni alle biomolecole

Lo stress ossidativo si quando i livelli di ROS superano la capacità delle difese antiossidanti del corpo umano. Questa condizione è associata a danni alle biomolecole, quali proteine, lipidi e acidi nucleici. Lo stress ossidativo può provocare danni irreparabili alle cellule, causando gravi malattie croniche degenerative.

In sostanza, le ROS e lo stress ossidativo rappresentano uno dei principali meccanismi fisiopatologici di diverse malattie umane. Pertanto, è importante comprendere il ruolo di queste molecole reattive e adottare strategie per proteggere il corpo umano da potenziali danni.

Legame tra amminoacidi in una proteina

Il rapporto tra gli amminoacidi in una proteina

Il legame covalente tra due amminoacidi è noto come legame peptidico ed ha un carattere parziale di doppio legame.

Il legame peptidico è di tipo ammidico e connette due α-amminoacidi. Si forma quando il di un α-amminoacido reagisce con il di un altro α-amminoacido tramite una reazione di condensazione con l’eliminazione di una molecola di .

I dipeptidi contengono un solo legame peptidico, mentre i peptidi, polipeptidi e proteine sono composti da α-amminoacidi legati tra loro tramite un numero crescente di legami peptidici.

Risonanza e struttura

Il gruppo ammidico è stabilito per risonanza grazie alla presenza del doppietto elettronico solitario sull’azoto e al doppio legame del . Questa stabilizzazione influisce sulla stabilità termodinamica e sulla capacità di formare legami a idrogeno.

La terza struttura di risonanza contribuisce alla lunghezza del legame carbonio-azoto, che è inferiore a quella di un legame singolo. Inoltre, questa struttura limita la libera rotazione intorno al legame carbonio-azoto, portando alla formazione di isomeri di tipo cis-trans.

L’isomero cis è stericamente impedito ed è quindi meno stabile dell’isomero trans.

L’ibridazione

Nel legame peptidico e ammidico, l’azoto è ibridato sp2 per poter condividere i propri elettroni di non legame con il gruppo carbonilico, formando un sistema di 2p paralleli che comprende azoto, carbonio e ossigeno. Questo porta a tre dei suoi atomi peptidici che giacciono sullo stesso piano.

In conclusione, il legame peptidico tra gli amminoacidi in una proteina è essenziale per la struttura e la funzione delle proteine stesse, contribuendo alla loro stabilità e alle loro proprietà di risonanza.

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