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Fattore di comprimibilità

Il fattore di comprimibilità (Z): proprietà termodinamica dei

Il fattore di comprimibilità, indicato con la lettera Z, è una proprietà termodinamica che modifica la legge dei per tener conto del comportamento dei gas reali. È una misura di quanto le proprietà termodinamiche di un gas reale si discostano da quelle attese da un gas ideale.

Gas ideali e gas reali: le differenze
Le differenze principali tra gas ideali e gas reali sono rappresentate dalle interazioni molecolari e dal delle molecole. Mentre nel modello ideale le molecole hanno un volume trascurabile e non vi sono forze di interazione tra di esse, nei gas reali le molecole hanno un volume definito e interagiscono sia tra loro che con le pareti del recipiente attraverso urti non elastici. Inoltre, i gas reali obbediscono alla legge dei gas ideali solo a basse pressioni e alte temperature.

Fattore di comprimibilità e
Per un gas ideale, il rapporto pVm/RT, detto fattore di comprimibilità, è pari a 1. Mentre per un gas reale, il fattore di comprimibilità può deviare positivamente o negativamente da 1 a seconda delle presenti. Ad esempio, a basse pressioni, il fattore di comprimibilità è inferiore a 1, indicando una maggiore comprimibilità rispetto a quella di un gas ideale, a causa di forze intermolecolari attrattive.

Variazione del fattore di comprimibilità con pressione e temperatura
La variazione del fattore di comprimibilità con pressione e temperatura è rappresentata graficamente. A basse pressioni, il fattore di comprimibilità si avvicina a 1, poiché tutti i gas tendono al comportamento ideale. Tuttavia, a pressioni intermedie, il fattore di comprimibilità è inferiore a 1 a causa delle forze intermolecolari di attrazione che influenzano i volumi effettivi. Invece, a pressioni elevate, il fattore di comprimibilità diventa maggiore di 1 a causa delle forze repulsive intermolecolari che influenzano i volumi effettivi.

Conclusioni
In definitiva, il fattore di comprimibilità Z tende verso 1 a pressioni basse, è inferiore a 1 a pressioni intermedie e superiore a 1 a pressioni elevate. Queste variazioni sono il risultato delle diverse interazioni intermolecolari e forniscono un’indicazione importante del comportamento dei gas reali rispetto a quelli ideali.

Ozonuri di metalli alcalini

Ozonuri dei metalli alcalini: proprietà e reazioni

Gli ozonuri sono composti che contengono l’ione O3-, caratterizzato da paramagnetismo. Studi recenti hanno confermato l’esistenza di ozonuri di metalli alcalini, noti per il loro colore rosso, mediante analisi spettroscopiche e diffrazione dei raggi X.

Sintesi

Inizialmente sono stati sintetizzati gli ozonuri di sodio, potassio, rubidio, cesio e successivamente quello di litio e gli ozonuri di metalli alcalino-terrosi. La loro formazione avviene reagendo i metalli alcalini pesanti con o trattando l’idrossido del metallo alcalino con questo gas. Tuttavia, gli ozonuri di sodio e litio sono estremamente instabili e devono essere preparati a basse temperature mediante scambio ionico.

Reazioni

Gli ozonuri dei metalli alcalini sono solubili in soluzioni ammoniacali e reagiscono con l’ producendo ossigeno. Inoltre, si decompongono generando e reagiscono con gli acidi formando il radicale OH· e ossigeno gassoso.

Applicazioni

Gli ozonuri dei metalli alcalini, se manipolati in modo errato, possono provocare . Pertanto, devono essere trattati con cautela a basse temperature e in un’atmosfera costituita da un gas inerte. Questi composti sono energetici e sono considerati promettenti come fonti di ossigeno nei generatori di ossigeno chimico.

Controllo cinetico e termodinamico a confronto

Controllo cinetico e termodinamico: confronto e differenze

Il controllo cinetico di una reazione chimica riguarda la sua velocità e la capacità di superare la barriera energetica tra reagenti e prodotti. A differenza, il controllo termodinamico indica se una reazione può avvenire spontaneamente e se un sistema è in un equilibrio stabile o metastabile. Durante una reazione chimica, avviene la conversione dei reagenti nei prodotti attraverso un processo descritto dal attraverso il quale avviene, in cui si formano legami e intermediali con un’energia maggiore rispetto a quella dei reagenti, definita come . In generale, la velocità determina il necessario per raggiungere lo stato di equilibrio.

La differenza tra l’energia dei prodotti e dei reagenti rappresenta la variazione dell’ ΔG°, che è correlata alla costante di equilibrio K. Se ΔG° è inferiore a zero, la reazione è detta esoergonica, indicando che il prodotto è termodinamicamente più stabile dei reagenti. Se ΔG° è maggiore di zero, la reazione è detta endoergonica, indicando che il prodotto è termodinamicamente meno stabile dei reagenti. In una reazione spontanea, la variazione dell’energia libera deve essere minore di zero.

I fattori che determinano la possibilità di una reazione includono il controllo cinetico e quello termodinamico. L’aspetto termodinamico riguarda solo lo stato finale del sistema, mentre l’aspetto cinetico dipende dal che avvengono tra i reagenti in un dato tempo, dall’energia delle collisioni e dalla loro orientazione.

Inoltre, una reazione sotto il controllo cinetico avviene a basse temperature e in tempi più rapidi, mentre una reazione sotto il controllo termodinamico avviene a temperature più alte e richiede tempi più lunghi per ottenere il prodotto più stabile.

Nella terminologia della chimica, il controllo cinetico è rilevante per la velocità della reazione e il controllo termodinamico per la stabilità del prodotto. Ad elevate temperature, predomina il controllo termodinamico, mentre a basse temperature prevale il controllo cinetico per ottenere il prodotto più rapidamente.

Bilanciamento “a vista” di una reazione

Bilanciamento delle Reazioni Chimiche in Chimica: Metodo “a vista”

Il bilanciamento delle reazioni chimiche è un processo fondamentale per garantire che il numero di atomi nei reagenti coincida con quello dei prodotti. Il coefficiente stechiometrico, un numero intero anteposto alle specie chimiche, è determinante per bilanciare le reazioni e stabilire il rapporto tra le moli delle diverse specie coinvolte.

I

coefficienti stechiometrici

sono espressi con numeri interi e rappresentano il metodo più efficiente per bilanciare le reazioni. Tale procedura è cruciale per determinare il rapporto tra le moli delle varie specie presenti, risultando utile per ottenere dati quantitativi relativi ai reagenti e ai prodotti di reazione.

Metodi di Bilanciamento delle Reazioni Chimiche

La maggior parte delle reazioni chimiche coinvolge processi di

ossidoriduzione

, come quella del

numero di

o delle

semireazioni

. Tuttavia, alcune reazioni possono essere bilanciate “a vista” ricorrere a tali metodi.

Prendiamo ad esempio la reazione di

scambio semplice

:

Na + HCl → NaCl + H

Per bilanciare la reazione, si deve anteporre il coefficiente 2 a HCl per compensare la presenza di due atomi di idrogeno nei prodotti. Successivamente, il coefficiente 2 viene posto davanti a NaCl per bilanciare i due atomi di cloro presenti nei reagenti. Inoltre, il coefficiente 2 viene anteposto al sodio per bilanciare i due atomi di sodio presenti nei prodotti. La reazione bilanciata risulta:

2 Na + 2 HCl → 2 NaCl + H2

Questo implica che 2 moli di Na reagiscono con 2 moli di HCl per dare 2 moli di NaCl e mole di H2.

Costruzione di una tabella per il Bilanciamento

Per illustrare il processo di bilanciamento, consideriamo la seguente

reazione di combustione

:

C2H6 + O2 → CO2 + H2O

La costruzione di una tabella permette di contare il numero di atomi di ciascun elemento nei reagenti e nei prodotti, semplificando il processo di bilanciamento.

Dopo aver realizzato la tabella, anteporre il coefficiente stechiometrico 2 a CO2 per bilanciare il carbonio:

C2H6 + O2 → 2 CO2 + H2O

Successivamente, mettiamo il coefficiente 3 davanti a H2O per bilanciare l’idrogeno:

C2H6 + O2 → 2 CO2 + 3 H2O

Infine, bilanciamo l’ mettendo il coefficiente 7/2 davanti a O2:

C2H6 + 7/2 O2 → 2 CO2 +3 H2O

Infine, moltiplichiamo ciascun coefficiente per 2 per ottenere la reazione bilanciata con coefficienti interi:

2 C2H6 +7 O2 → 4 CO2 + 6 H2O

Utilizzando questo metodo, 2 moli di C2H6 reagiscono con 7 moli di O2 per dare 4 moli di CO2 e 6 moli di H2O.

Conclusioni

Il metodo del bilanciamento “a vista” offre notevoli vantaggi, permettendo di bilanciare rapidamente le reazioni senza la necessità di costruire una tabella. Una volta acquisita la pratica, diventa un efficace strumento per bilanciare le reazioni chimiche con precisione.

Complessometria: costruzione della curva di titolazione

Costruzione della Curva di Titratura Complessometrica

La complessometria è una tecnica analitica impiegata per determinare la concentrazione di analiti come calcio, magnesio e zinco. Un composto chiave utilizzato in questo processo è l’ (acido etilendiamminotetraacetico), in grado di formare complessi stabili con vari . La forma dell’EDTA è influenzata dal , con la forma totalmente protonata predominante a valori inferiori a 3 e altre forme predominanti a pH diversi. Nella complessometria, vengono utilizzati indicatori per individuare il punto finale del processo, come la muresside o il NET.

Costante di Formazione Condizionale

Considerando la titolazione del Ca+ in una soluzione tamponata con un pH=10, dove la forma predominante dell’EDTA è Y4-, la costante di formazione relativa a questo equilibrio è Kf = 5.0 · 1010. La costante di formazione condizionale Kf esprime la formazione di un complesso in specifiche condizioni di reazione. È determinante per studiare l’effetto del pH sulla capacità dell’EDTA di complessare uno ione metallico.

Calcoli e Costruzione della Curva di Titratura

Per costruire la curva di titolazione, si calcola il valore di pCa in diversi momenti della titolazione. Prima di iniziare la titolazione, si ottiene pCa = 2.22. Prima del punto equivalente, si calcolano le moli di Ca2+ e dopo aver aggiunto EDTA, quando si raggiunge il punto equivalente, si verifica il totale, la formazione di CaY2- e la costante di formazione condizionale Kf.

In conclusione, la complessometria come tecnica analitica offre un metodo affidabile per determinare con precisione le concentrazioni di vari cationi. Questo processo calcolato e preciso è di fondamentale importanza in molteplici applicazioni scientifiche e industriali, garantendo risultati accurati e replicabili. La comprensione della costruzione della curva di titolazione nella complessometria è essenziale per interpretare i dati sperimentali e ottenere informazioni significative sulla concentrazione degli ioni metallici in soluzione.

Titolazioni per precipitazione: costruzione della curva

Costruire la curva di titolazione per precipitazione

Le titolazioni per precipitazione si basano sulla formazione di composti poco solubili attraverso la reazione tra il titolante e l’analita. Tra le più importanti si ricordano il , il metodo di Volhard e il metodo di Fajans.

Il metodo di Mohr è utilizzato per determinare cloruri e bromuri, aggiungendo di potassio alla soluzione da titolare. Il titolante, costituito da una soluzione di nitrato di argento a titolo noto, reagisce con i cloruri e i bromuri, formando un precipitato di bromuro e cloruro di argento.

Nel metodo di Volhard, viene aggiunto un eccesso di nitrato d’argento ad una soluzione acidificata con acido nitrico, precipitando tutto l’analita. L’eccesso di ione Ag+ è titolato con .

Nel metodo di Fajans, il titolante è costituito da una soluzione di nitrato di argento che, con l’alogenuro, forma un sale poco solubile.

Costruzione della curva di titolazione

Per ottenere la curva relativa alla titolazione per precipitazione, si devono calcolare le concentrazioni prima, al punto e dopo il punto equivalente. Le titolazioni che utilizzano il nitrato di argento come titolante sono dette “argentometriche”.

La curva di titolazione viene rappresentata con il volume di titolante sull’asse delle ascisse e il pAg+ sull’asse delle ordinate, essendo pAg+ pari a – log [Ag+].

Calcoli e esempi

Supponiamo di voler ottenere la curva di titolazione di una soluzione 0.0500 M di NaCl con 50.0 mL di AgNO3 0.1000 M (Kps di AgCl = .8 · 10-10).

– Prima di cominciare la titolazione, pAg+ è 0.

– Al punto equivalente, [Ag+] = [Cl-].

– Utilizzando Kps = 1.8 · 10-10, otteniamo pAg+ = 4.85.

– Prima del punto equivalente, dopo l’aggiunta di 5 mL di AgNO3, pAg+ è 8.3. Dopo l’aggiunta di 10 mL, pAg+ è 8.1. Dopo l’aggiunta di 20 mL, pAg+ è 7.1.

– Dopo il punto equivalente, dopo l’aggiunta di 30 mL di AgNO3, pAg+ è .2.

In questo modo, si ottiene la curva di titolazione per precipitazione.

Questo metodo permette di determinare in maniera precisa la concentrazione di cloruri, bromuri e altre sostanze attraverso una serie di calcoli e di misurazioni in laboratorio.

Concentrazioni all’equilibrio di un acido diprotico

Concentrazioni all’equilibrio di un acido diprotico

Gli acidi diprotici, quali l’ HSO4, l’ H2CO3, l’ H2SO3, l’acido solfidrico H2S, l’ H2CrO4 e l’acido ossalico H2C2O4, possono liberare due protoni.

Equilibrio di dissociazione

Un acido diprotico è soggetto a due equilibri di dissociazione regolati dalle costanti di equilibrio Ka1 e Ka2. Le espressioni delle costanti di equilibrio sono:

Ka1 = [H3O+][HA]/[H2A]

Ka2 = [H3O+ ][A2-]/[HA]

Solitamente, la costante di prima ionizzazione è notevolmente maggiore rispetto a quella di seconda ionizzazione.

Calcolo delle concentrazioni all’equilibrio

Il calcolo delle concentrazioni delle specie all’equilibrio può essere ottenuto attraverso l’applicazione dei principi di dissociazione. In caso la prima costante di ionizzazione sia maggiore della seconda di almeno 20 volte, è possibile trattare la prima ionizzazione separatamente, semplificando così il procedimento.

Esempio

Ad esempio, per calcolare le concentrazioni delle specie presenti all’equilibrio di una soluzione 0.033 M di acido carbonico con Ka1 = 4.3 · 10-7 e Ka2 = 5.6 · 10-11, vengono considerati i due equilibri di dissociazione.

I.C.E. chart

Applicando il metodo I.C.E. chart relativo al primo equilibrio, otteniamo le concentrazioni delle specie a seguito delle reazioni e lo stesso processo è utilizzato per determinare le concentrazioni relative al secondo equilibrio.

Considerazioni

Per semplificare la risoluzione dei problemi riguardanti acidi diprotici, è possibile assumere che all’equilibrio la concentrazione dell’acido indissociato sia uguale alla concentrazione iniziale. Le concentrazioni di H3O+ e della base coniugata dell’acido indissociato possono essere ottenute considerando solo il primo equilibrio.

Reazioni degli epossidi in ambiente acido

Reazioni degli epossidi in ambiente acido

Gli epossidi sono composti con una struttura ciclica a tre membri in cui uno degli atomi è l’, conferendo loro una particolare reattività a causa della tensione nell’anello.

Questi composti, simili agli , sono capaci di reagire in condizioni acide, anche se richiedono condizioni meno rigorose a causa della loro maggiore reattività.

Ad esempio, la loro apertura dell’anello può essere ottenuta con basse concentrazioni di acido, tipicamente .

Condizioni di reazione

Gli atomi di carbonio presenti in un epossido reagiscono con nucleofili come H2O o ROH. Ad esempio, la reazione del 2,2-dimetilossirano e il metanolo in presenza di tracce di acido solforico produce il 2-metossi, 2-metil, 1-propanolo (CH3)2C(OCH3)CH2OH.

La reazione evidenzia l’attacco del metanolo all’epossido sul carbonio più sostituito, differentemente da quanto accade nella reazione degli epossidi in ambiente basico.

di reazione

In generale, il nucleofilo attacca il carbonio più sostituito a causa del meccanismo di reazione. Il primo stadio comporta la protonazione dell’ossigeno con formazione di un epossido protonato simile a un carbocatione terziario. Il nucleofilo attacca quindi dal lato opposto con di configurazione, avvenendo secondo un meccanismo di tipo SN1.

Il prodotto di reazione mostra un’inversione di configurazione evidenziata nel caso in cui il gruppo epossidico sia legato a una struttura ciclica. Quando è presente un atomo di carbonio a cui è legato un solo sostituente, si ottengono diversi prodotti di reazione a causa del minore carattere carbocationico.

La miscela di prodotti riflette l’effetto competitivo tra l’apertura del legame più debole e le repulsioni di van der Waals con il nucleofilo.

In conclusione, gli epossidi in ambiente acido presentano un’interessante reattività e la comprensione del loro meccanismo di reazione è essenziale per sfruttare al meglio le loro potenzialità in ambito chimico.

Covid-19 annientato dal sapone

Il potere del nel combattere il

Il Covid-19, un virus che ha colpito milioni di persone in tutto il mondo, ha causato un’enorme quantità di vittime e ha costretto molte persone all’isolamento. Mentre aspettiamo l’arrivo di un vaccino, dobbiamo imparare a convivere con questo pericolo e cercare di limitarne la diffusione.

I ricercatori hanno fornito diverse raccomandazioni per affrontare questa . Tra queste, c’è l’importanza di lavarsi le mani frequentemente con e sapone. Molti ritengono che questa sia una pratica banale, ma secondo il chimico Palli Thordarson della University of New South Wales, il sapone ha dimostrato di essere estremamente efficace nel combattere il virus.

Il segreto del sapone

Il sapone è composto da molecole anfipatiche, con una parte idrofoba e una idrofila. Questa particolare struttura permette al sapone di agire sia sull’acqua che sui grassi. Quando il sapone viene a contatto con il virus, la parte idrofoba penetrerà il guscio di grasso e che avvolge il virus stesso, distruggendolo. È importante notare che per ottenere i massimi benefici, il sapone deve essere in contatto con la pelle per almeno venti secondi.

Il ruolo storico del sapone

Il sapone, un prodotto il cui utilizzo risale a tempi antichissimi, continua a essere uno strumento fondamentale per la pulizia e la difesa contro i virus anche ai giorni nostri. La sua efficacia nella distruzione dei patogeni è un elemento cruciale nella lotta contro la pandemia.

In sostanza, il sapone non è solo un elemento essenziale per l’igiene personale, ma anche un formidabile alleato nella battaglia contro il Covid-19. Mentre aspettiamo ansiosamente un vaccino, dobbiamo ricordare l’importanza di questo semplice ma potente strumento nel proteggere la nostra salute e quella degli altri.

Acidità di ioni metallici idrati

Acidità degli Ioni Metallici Idrati

Ioni metallici idrati possono abbassare il valore del di una soluzione, agendo come acidi deboli. Ad esempio, considerando la solubilizzazione del nitrato di , si può notare che l’Al(NO3)3 in soluzione si disassocia in Al3+ e 3 NO3.

Ioni Solvatati

L’ione alluminio reagisce con l’acqua formando l’esaaquoalluminio (III), rappresentato dalla reazione:

Al(NO3)3(s)  + 6 HO(l) → [Al(H2O)6]3+(aq) + 3 NO3(aq)

La presenza dell’esaaquoione è importante per valutare le sue caratteristiche acido-base. In presenza di acqua, l’esaaquoalluminio (III) agisce come acido secondo la teoria di Brønsted-Lowry, cedendo un protone all’acqua.

La Ka per questo equilibrio è pari a 1.4·10-5. Come per gli , possono esserci altri due equilibri di dissociazione.

Una soluzione di nitrato di alluminio 0.10 M avrà quindi un pH di circa 2.9, simile a quello di una soluzione di acido acetico alla stessa concentrazione.

Acidità della Soluzione

L’effetto di uno ione metallico sull’acidità di una soluzione dipende dalla sua carica e dal suo raggio ionico. Ioni metallici con raggio ionico non elevato e carica elevata, come Al3+ e Fe3+, conferiscono acidità ad una soluzione.

Il rapporto carica-raggio dello ione è il parametro più importante per prevedere l’effetto di uno ione metallico sull’acidità di una soluzione. Quindi, ioni metallici lungo la stessa diagonale nella tavola periodica, come Li+ e Mg2+, o Ca2+ e Y3+, hanno una simile influenza sull’acidità di una soluzione, nonostante la differenza di carica e raggio ionico.

Alla luce di questi fattori, è possibile prevedere l’influenza degli ioni metallici sull’acidità di una soluzione.

Vaporizzazione e condensazione

Passaggi di Stato: Vaporizzazione e Condensazione

La vaporizzazione è il processo di trasformazione di una sostanza da liquido a stato gassoso, che avviene in un contenitore chiuso. Durante la vaporizzazione, le molecole nel vapore si muovono casualmente e possono condensarsi sulla superficie del liquido, in un processo noto come condensazione.

Quando le velocità di vaporizzazione e condensazione si eguagliano, si raggiunge un equilibrio dinamico, simile a una reazione reversibile. La esercitata dal vapore in equilibrio con il liquido è definita tensione di vapore, e dipende dalle interazioni intermolecolari presenti nel liquido.

Le influenzano la vaporizzazione: se sono forti, la vaporizzazione è minore rispetto a quando sono deboli. Ad esempio, due composti come il dimetiletere e l’ hanno diverse tensioni di vapore a causa delle loro diverse forze intermolecolari.

La temperatura influisce sull’ delle molecole, e un aumento di temperatura porta ad un aumento della vaporizzazione. In un contenitore aperto, un liquido entra in ebollizione quando la sua tensione di vapore uguaglia la pressione atmosferica.

In conclusione, la vaporizzazione e la condensazione sono processi fondamentali in chimica, e la tensione di vapore dipende dalle interazioni intermolecolari e dalla temperatura.

Esercizi sull’acqua di cristallizzazione

Esercizi su composti idrati e di cristallizzazione

I composti idrati sono solidi che contengono molecole d’acqua all’interno della loro struttura cristallina. Questa acqua di cristallizzazione può essere rimossa mediante riscaldamento. Seguono alcuni esercizi pratici riguardanti la determinazione della formula dei .

Esercizio

Si considera un campione di solfato di rame (II) idrato con una massa di 11.25 g, che perde la sua acqua di idratazione e la massa del composto anidro risulta essere 7.19 g.

Calcolando le moli di CuSO4 otteniamo 0.0450, e la massa dell’acqua persa è di 4.06 g.

Le moli di acqua risultano essere 0.225.

Il rapporto tra CuSO4 e HO è 0.0450:0.225, che semplificato porta alla formula CuSO4 · 5 H2O.

Esercizio 2

Si considera un campione di solfato di magnesio idrato con il 51.1% di acqua.

Calcolando le moli di MgSO4 otteniamo 0.406, mentre le moli di acqua risultano essere 2.84.

Il rapporto tra MgSO4 e H2O è 0.406:2.84, che semplificato porta alla formula MgSO4 · 7 H2O.

Esercizio 3

Altri problemi riguardano la preparazione di soluzioni sali idrati. Ad esempio, in un caso si prepara una soluzione solubilizzando 52.0 g di carbonato di sodio idrato e portando il a 5.00 L. La concentrazione della soluzione risultante è 0.0366 M, da cui si determina la formula Na2CO3· 10 H2O.

Risolvendo questi esercizi sono stati determinati le formule dei sali idrati in questione, mostrando la correlazione tra quantità di acqua e composto anidro. Per approfondimenti su questo argomento fare riferimento alla [chimica generale – composti idrati](https://chimica.today/chimica-generale/composti-idrati) e [acqua di cristallizzazione](https://chimica.today/chimica-generale/acqua-di-cristallizzazione).

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