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Chetoni: nomenclatura, sintesi, reazioni

Chetoni: struttura, nomenclatura e sintesi

I chetoni sono composti organici che presentano un , in cui il carbonio è ibridato sp2. La produzione di chetoni nel fegato aumenta durante di intenso esercizio fisico o in assenza di zucchero nel sangue, portando il corpo verso uno stato di chetosi.

Struttura e Nomenclatura

I chetoni derivano dai corrispondenti idrocarburi cambiando il suffisso -o dell’alcano in -one. La catena più lunga contenente il gruppo carbonilico viene numerata in modo che la posizione abbia il numero più basso possibile. I nomi comuni dei chetoni includono i alchilici legati al gruppo carbonilico seguito dalla parola “chetone”.

Esempi di Nomenclatura

– CH3CH2-CO-CH3: 2-butanone o metiletilchetone
– CH2CH-CO-CH3: 3-buten-2-one o metilvinilchetone

Sintesi dei Chetoni

I chetoni possono essere ottenuti attraverso diverse vie sintetiche, tra cui l’ossidazione degli alcoli secondari, l’acilazione di Friedel-Craft, l’idratazione degli acetileni, l’ozonolisi degli alcheni e la reazione dei nitrili con reattivi di Grignard.

Tipologie di Reazioni

Le reazioni dei chetoni possono essere classificate in reazioni di addizione al carbonile, formazione di ed enolati, e reazioni di ossidoriduzione. Queste reazioni coinvolgono l’attacco di una specie nucleofila al carbonio carbonilico, seguito dalla formazione di un intermedio tetraedrico e la successiva protonazione o associazione con un acido di Lewis per formare il prodotto.

Reattività

I chetoni sono coinvolti in una varietà di reazioni chimiche grazie alla loro struttura. La reattività dei chetoni è determinata dall’elettronegatività degli atomi vicini al gruppo carbonilico, che influisce sulle reazioni di addizione e di ossidoriduzione in cui sono coinvolti.

Reazioni di Addizione Catalizzate dagli Acidi

Nelle reazioni catalizzate dagli acidi, si verifica un processo che coinvolge l’associazione dell’elettrofilo all’ossigeno e un successivo attacco nucleofilo al carbonio carbonilico. Questo meccanismo comporta diverse reazioni che portano alla formazione di nuovi composti organici.

# Addizione di Alcoli

Gli alcoli si aggiungono al carbonio carbonilico formando un emichetale attraverso la seguente reazione:

R2C=O + R’OH → R2C(OH)-OR’

In presenza di acidi minerali, gli emichetali reagiscono ulteriormente con un’altra molecola di alcool generando il chetale:

R2C(OH)-OR’ + R’OH → R2C(OR’)2

# Addizione di Acido Cianidrico

L’acido cianidrico si addiziona ai chetoni, ad eccezione di quelli stericamente ingombrati, per formare una cianidrina attraverso la seguente reazione:

R2C=O + HCN → R2C(OH)C≡N

# Addizione di Idrossilammina

I chetoni condensano con l’idrossilammina per dare le ossime in una reazione del tipo:

C6H5COCH3 + NH2OH → C6H5C(CH3)NOH

# Riduzione con Sodio Boroidruro

I chetoni possono essere ridotti ad alcoli secondari in presenza di sodio boroidruro secondo la seguente equazione:

R2C=O → R2CHOH

# Idrogenazione Catalitica

L’Idrogenazione Catalitica è un processo ampiamente utilizzato a livello industriale per ridurre i chetoni ad alcoli secondari. I catalizzatori comuni sono il nichel, il palladio o il platino.

Altre Reazioni di Riduzione

# Riduzione di Wolff-Kishner

La Riduzione di Wolff-Kishner implica la riduzione dei chetoni a idrocarburi in presenza di idrazina, basi forti, e glicole etilenico come solvente, come mostra l’esempio:

ciclopentanone + NH2NH2 → ciclopentano + N2 + H2O

# Riduzione di Clemmensen

La Riduzione di Clemmensen consente la trasformazione del gruppo carbonilico di un chetone in un gruppo metilenico in presenza di amalgama di zinco e acido cloridrico.

C6H5COCH2CH3 → C6H5CH2CH2CH3

Infine, le reazioni di alogenazione e ossidazione rappresentano ulteriori processi che coinvolgono i chetoni e portano alla formazione di nuovi composti organici.

Utilizzi dei Chetoni Ciclici

I chetoni ciclici, durante un processo di ossidazione in presenza di agenti ossidanti come il permanganato di potassio o il bicromato di potassio, si trasformano in acidi bicarbossilici. Ad esempio, il cicloesanone si converte in acido esandioico.

Applicazioni

I chetoni, oltre ad essere utilizzati nelle sintesi organiche, trovano impiego in diversi settori:

1.

Solventi

: Vengono impiegati come solventi per alcuni tipi di plastica e fibre sintetiche; per esempio, l’acetone è usato come solvente negli smalti per unghie.

2.

Profumi

: Alcuni chetoni conferiscono fragranze particolari ai profumi, come nel caso dell’acetofenone.

3.

Produzione di

: I chetoni ciclici sono precursori di polimeri; ad esempio, il cicloesanone è utilizzato nella fabbricazione del nylon.

4.

Industria

: Trovano impiego anche nella produzione di adesivi, vernici e gomme sintetiche.

I chetoni ciclici sono composti versatili che grazie alle loro proprietà chimiche trovano applicazioni in svariati settori industriali e commerciali.

Fosfine: proprietà, complessi

Le fosfine sono composti organici della formula generale PR3, in cui R può rappresentare un gruppo alchilico, arilico, un alogeno o un idrogeno. Originariamente, a causa della stretta associazione con il fosforo elementare, le fosfine erano considerate una gassosa dell’elemento, finché il chimico francese Antoine Lavoisier non le identificò come una combinazione di fosforo e idrogeno.

Famosi esempi di fosfine includono la trimetilfosfina P(CH3)3, la trifenilfosfina P(C6H5)3, la trifluorofosfina PF3 e la metildifenilfosfina P(C6H5)2CH3.

Proprietà delle fosfine

Le fosfine agiscono da basi secondo la teoria di Brønsted-Lowry, grazie alla presenza di un doppietto elettronico solitario sul fosforo. La loro geometria piramidale è dovuta alla disponibilità del doppietto elettronico non condiviso per la formazione di nuovi legami dativi, aspetto che le distingue dalle ammine.

La maggiore polarizzabilità della struttura elettronica, la presenza di orbitali d vuoti a bassa energia e l’assenza di inversione “a ombrello” caratterizzano le fosfine rispetto alle ammine.

La delle fosfine è principalmente influenzata dalla loro natura nucleofila e riducente. L’elevata nucleofilicità del fosforo trivalente porta alla rapida formazione di sali di fosfonio quando trattati con alogenuri alchilici.

Leganti

Le fosfine, soprattutto le fosfine terziarie PR3, sono ampiamente impiegate come leganti nella formazione di . Questi leganti sono efficaci nel stabilizzare una vasta gamma di composti del blocco d e consentono la regolazione delle caratteristiche steriche ed elettroniche mediante la scelta accurata dei sostituenti R.

Uno dei parametri sterici più utilizzati è l’angolo conico θ, che fornisce un’indicazione dello spazio occupato e della sua influenza sull’attività del legante.

Fosfine e il loro angolo conico: caratteristiche e legame

Le fosfine sono composti chimici che presentano un angolo conico variabile in base alla struttura molecolare. Alcuni esempi di fosfine con i rispettivi angoli conici sono riportati nella tabella seguente:

| Fosfina | Angolo conico |
|———————–|—————|
| PH3 | 87° |
| PF3 | 104° |
| P(OCH3)3 | 107° |
| P(CH3)3 | 118° |
| P(CH3)2C6H5 | 122° |
| P(CH3CH2)3 | 132° |
| P(C6H5)3 | 145° |

Il legame tra una fosfina e un metallo avviene attraverso una donazione di densità elettronica dal doppietto elettronico solitario dell’atomo di fosforo ad un orbitale vuoto del metallo. Questo legame può essere rinforzato sinergicamente dalla retrodonazione π metallo-legante. Gli orbitali donatori sono di solito orbitali d pieni con opportuna simmetria, mentre gli orbitali accettori possono essere orbitali 3d vuoti del fosforo o un orbitale di antilegame σ*.

Sintesi di complessi per valutare la capacità di donazione delle fosfine

Per valutare l’ordine di capacità di donazione delle fosfine sia di tipo π che di tipo σ, vengono sintetizzati diversi complessi con gruppi legati al fosforo. Alcuni complessi contengono il CO come legante, e la di allungamento del legame carbonio-ossigeno può fungere da indicatore della densità elettronica del metallo.

Questi esperimenti hanno permesso di stabilire l’ordine di maggiore retrodonazione π a maggiore donazione σ:

P(CH3)3

Isomerasi: classificazione, reazioni

Ruolo e funzionamento delle isomerasi

Le isomerasi sono una classe di che svolgono un’importante funzione nel catalizzare , che comportano un riarrangiamento strutturale di una molecola. Questi enzimi sono cruciali nel favorire specifiche trasformazioni molecolari, come ad esempio il passaggio da A-B a B-A.

Storia e concetto di catalizzatori

Il concetto di catalizzatori, che sono sostanze chimiche in grado di accelerare una reazione senza subire variazioni permanenti, risale al 1836 quando Berzelius ipotizzò che gli enzimi potessero agire come tali agenti catalizzatori.

Classificazione delle isomerasi

Nel sistema di classificazione degli enzimi tramite il numero EC, le isomerasi sono identificate nella categoria EC5. Questo aspetto permette di individuare e distinguere le diverse tipologie di enzimi presenti in natura.

Suddivisioni delle isomerasi

Le isomerasi si suddividono ulteriormente in sette categorie principali, ciascuna con le proprie specifiche caratteristiche e funzioni:

Racemasi e epimerasi (EC 5.1):

Queste isomerasi catalizzano la racemizzazione o l’epimerizzazione di un centro chirale, operando su diversi substrati come amminoacidi, idrossiacidi e carboidrati.

Cis-trans isomerasi (EC 5.2):

Queste isomerasi facilitano la trasformazione di un isomero cis in un isomero trans e viceversa. Un esempio è la maleato isomerasi.

Ossidoreduttasi intramolecolari (EC 5.3):

Queste isomerasi provocano ossidazione e riduzione all’interno di una molecola, con trasferimento di elettroni tra le parti coinvolte.

Conclusioni

Le isomerasi rappresentano una componente fondamentale nel mondo degli enzimi, svolgendo un ruolo cruciale nel facilitare reazioni di e trasformazioni molecolari specifiche. La comprensione di queste particolari proteine catalitiche è essenziale per approfondire la biochimica e la biologia molecolare.

Enzimi Intramolecolari: Funzionamento e Classificazione

Gli enzimi intramolecolari catalizzano il trasferimento di gruppi funzionali all’interno di una stessa molecola organica. Questi enzimi si dividono in diverse sottoclassi in base al tipo di gruppo funzionale trasferito.

Sottoclassi degli enzimi intramolecolari

Gruppo Acilico (EC 5.4.1):

Questa sottoclasse include enzimi come la lisolecitina acilmutasi che favorisce la reazione da 2-lisolecitina a 3-lisolecitina.

Gruppo Fosforico (EC 5.4.2):

In questa categoria rientra la fosfoglucomutasi che facilita la conversione da glucosio 1-fosfato a glucosio 6-fosfato.

Gruppo Amminico (EC 5.4.3):

Enzimi come la lisina 2,3-ammonomutasi sono inclusi in questa sottoclasse e catalizzano la reazione da L-lisina a (3S)-3,6-diamminoesanoato.

Gruppo Idrossilico (EC 5.4.4):

Sono presenti enzimi come la idrossiammino benzene mutasi che promuove la reazione da idrossiammino benzene a 2-amminofenolo.

Altri Gruppi (EC 5.4.99):

Questa categoria include enzimi come la metilmalonil-CoA mutasi che favorisce la reazione da (R)-metilmalonil-CoA a succinil CoA.

Altre categorie di enzimi intramolecolari

Esiste inoltre la classe degli EC 5.5 chiamati

intramolecolari

che catalizzano reazioni in cui un gruppo viene eliminato da una parte della molecola, producendo un che continua ad essere legato alla molecola. Un esempio in questa categoria è la calcone isomerasi, che facilita la trasformazione da calcone a flavone.

In conclusione, gli enzimi intramolecolari svolgono un ruolo chiave nel mantenimento e nella trasformazione delle molecole organiche, facilitando reazioni chimiche specifiche all’interno di una singola molecola.

Storia della Tavola Periodica

L’evoluzione della Tavola Periodica degli elementi

La Tavola Periodica degli elementi è un’icona in ambito chimico, presente in laboratori e aule in tutto il mondo, costituendo una risorsa fondamentale per gli addetti ai lavori.

# Origini e tentativi di classificazione

La della classificazione degli elementi affonda le sue radici nel XVIII secolo con il chimico francese Antoine-Laurent de Lavoisier, il quale propose un elenco dei 33 elementi conosciuti all’epoca, segnando il primo tentativo di ordinare gli elementi in modo sistematico.

Negli anni successivi, altri scienziati come Johann Wolfgang Döbereiner e Alexandre-Emile Béguyer de Chancourtois contribuirono con i loro studi alla ricerca di schemi di classificazione degli elementi, pur senza ottenere pieno riconoscimento dalla comunità scientifica dell’epoca.

# Il contributo di Dmitrij Ivanovich

Nel 1869, il chimico russo Dmitrij Ivanovich Mendeleev fece una svolta fondamentale identificando una periodicità nelle proprietà degli elementi a intervalli regolari. Questo lo portò a elaborare il Sistema Periodico, scrivendo le caratteristiche degli elementi su pezzi di carta e organizzandoli in base al peso atomico crescente.

Mendeleev si rese conto che seguendo questo criterio di ordinamento, gli elementi con simili proprietà si ripetevano regolarmente. Inizialmente, la Tavola Periodica consisteva solo in righe orizzontali, ma successivamente venne organizzata in e .

# Importanza e riconoscimenti

Grazie alle previsioni di Mendeleev, furono scoperti elementi come lo scandio, il gallio e il germanio, che confermarono la validità del suo approccio. Nel corso degli anni, la Tavola Periodica ha continuato a evolversi con la scoperta di nuovi elementi, fino a essere completata nel 2016 con l’aggiunta degli elementi 113, 115, 117 e 118.

Nonostante i progressi scientifici e le scoperte avvenute nel campo della e della fisica, la Tavola Periodica resta un pilastro fondamentale per la comprensione degli elementi e delle loro proprietà, fornendo un punto di riferimento imprescindibile per la comunità scientifica.

Adenina: basi complementari

L’importanza dell’Adenina: base azotata e sua struttura

Conosciuta anche come 6-ammino-9H-purina, l’adenina è una base azotata presente nel DNA e nell’RNA, insieme alla . La sua struttura è composta da un anello purinico unito a una molecola di imidazolo, con un gruppo amminico in posizione 6.

Basi complementari nel DNA e nell’RNA

Nel DNA e nell’RNA, i filamenti complementari di nucleotidi sono legati tramite , con le basi azotate rivolte verso il centro. L’adenina si appaia con la timina nel DNA e con l’uracile nell’RNA, formando così le coppie di basi complementari.

L’Adenosina: combinazione con il

L’adenina si combina con lo zucchero ribosio per formare l’adenosina, che a sua volta può legarsi a uno, due o tre gruppi fosfato per creare rispettivamente AMP, ADP e ATP, che costituiscono una fonte essenziale di energia cellulare.

Ruolo dell’Adenina nei

L’adenina svolge un ruolo cruciale come unità strutturale in vari coenzimi, tra cui il nicotinammide adenina dinucleotide (NAD), che è essenziale per le reazioni di ossidazione biologica.

In conclusione, l’adenina è una molecola chiave nella struttura e nella funzionalità del DNA e dell’RNA, nonché nella produzione di energia cellulare e nei processi biologici che richiedono coenzimi specifici.

Ruolo e Importanza della NAD e del FAD nelle Reazioni Enzimatiche

Il NAD (Nicotinamide Adenine Dinucleotide) è una molecola indispensabile per il trasporto dell’idrogeno e l’accettazione degli elettroni in diverse reazioni di ossidoriduzione catalizzate dalle deidrogenasi, un tipo specifico di enzimi appartenenti alla classe delle ossidoreduttasi. Questo processo è cruciale per il metabolismo delle cellule.

Struttura e Ruolo del NAD

Il NAD, rappresentato nella sua struttura molecolare, svolge un ruolo fondamentale nel trasporto di elettroni e nel trasferimento di cariche nelle reazioni biochimiche. La sua azione è essenziale per la produzione di energia all’interno delle cellule e per il corretto funzionamento di numerosi processi metabolici.

Il Flavina Adenina Dinucleotide (FAD)

Oltre al NAD, un’altra molecola di vitale importanza è il Flavina Adenina Dinucleotide (FAD), coinvolto anch’esso in reazioni di trasferimento di elettroni. Il FAD è particolarmente cruciale nella β-ossidazione degli acidi grassi e nel ciclo di Krebs, due fondamentali processi metabolici per la produzione di energia all’interno delle cellule.

Conclusione

Entrambi il NAD e il FAD svolgono un ruolo essenziale nel metabolismo cellulare, garantendo il corretto funzionamento delle reazioni di ossidoriduzione enzimatiche e contribuendo alla produzione di energia necessaria per le varie attività cellulari. Pertanto, la comprensione di queste molecole e dei processi che regolano è di vitale importanza per la ricerca biologica e per lo di nuove terapie.

Reazioni elementari unimolecolari, bimolecolari, trimolecolari, cinetica

Le reazioni chimiche, sebbene vengano comunemente scritte considerando solo i reagenti e i coinvolti, in realtà avvengono per stadi successivi. Ad esempio, prendiamo la decomposizione dell’ozono, che viene comunemente rappresentata come 2 O3 → 3 O2. Tuttavia, questa reazione avviene effettivamente in due stadi distinti: O3 → O2 + O e O + O3 → 2 O2, entrambe definite come reazioni elementari.

Quando un atomo o una molecola è prodotta in una fase e consumata in una fase successiva, viene definita intermedia. Questo significa che l’atomo di ossigeno formato nel primo stadio della decomposizione dell’ozono viene poi consumato nel secondo stadio, senza comparire come prodotto nella reazione complessiva.

Le reazioni elementari, a differenza delle reazioni complessive, descrivono i singoli stadi attraverso i quali avviene una reazione, inclusi il processo di rottura e la formazione di nuovi legami. Per determinare la legge della velocità, di solito ci si basa sui coefficienti stechiometrici della reazione complessiva o si ottiene sperimentalmente.

Molecolarità

La molecolarità di una reazione elementare corrisponde al numero di specie coinvolte nella reazione.

Reazioni elementari unimolecolari

Una reazione unimolecolare coinvolge un solo reagente che si trasforma in uno o più prodotti. Ad esempio, la decomposizione e le sono esempi di reazioni unimolecolari. Questo tipo di reazione segue una cinetica del primo ordine, come nel caso di N2O4(g) → 2 NO2(g).

Reazioni elementari bimolecolari

Le coinvolgono due reagenti che reagiscono tra loro a seguito di una collisione. Esse possono essere di due tipi: A + B → prodotti, seguendo una cinetica del primo ordine rispetto ad A e B, oppure 2 A → prodotti, con una cinetica del secondo ordine. Esempi di queste reazioni sono NO(g) + O3(g) → NO2(g) + O2(g) e 2 NOCl(g) → 2 NO(g) + Cl2(g).

Reazioni elementari trimolecolari

Le coinvolgono tre reagenti che devono simultaneamente collidere per reagire insieme. Questo tipo di reazione è raro e può essere di tre tipi: 3 A → prodotti, 2 A + B → prodotti, o A + B + C → prodotti, rispettivamente con cinetiche del terzo e secondo ordine. Un esempio di reazione trimolecolare è 2 NO(g) + O2(g) → 2 NO2(g).

Difenilcarbazide: proprietà, sintesi, usi

Scopriamo la difenilcarbazide: struttura e proprietà

La difenilcarbazide, conosciuta anche come DPC, è un composto organico appartenente al gruppo delle carbazidi, caratterizzate dal gruppo funzionale RNH-NH(C=O)NH-NHR. Si tratta di un derivato bisostituito dell’ con la struttura rappresentata.

Proprietà

La difenilcarbazide è un composto stabile sebbene possa degradarsi alla luce trasformandosi in difenilcarbazone a seguito di ossidazione. È caratterizzata da un comportamento basico e un valore di Kb pari a 9.55 · 10-5. Si presenta come un solido biancastro scarsamente solubile in acqua ma solubile in come etanolo, acido acetico glaciale e acetone.

Sintesi

Per ottenere la difenilcarbazide, si può procedere alla reazione tra e urea. La reazione può avvenire anche con urea N-sostituita, producendo un’ammina invece che .

Usi

La difenilcarbazide trova impiego nella determinazione fotometrica di metalli come cromo, mercurio, cadmio, osmio, rubidio e tecnezio. Ad esempio, il cromo esavalente sotto forma di cromato e bicromato viene determinato tramite reazione con la difenilcarbazide. Quest’ultima, solubilizzata in , si ossida a difenilcarbazone in presenza di cromo esavalente, mentre il cromo viene ridotto a cromo (III).

Il complesso rosso-viola formato tra difenilcarbazone e cromo (III) viene misurato fotometricamente alla lunghezza d’onda di 543 nm. Inoltre, la difenilcarbazide viene impiegata come reagente per la determinazione quantitativa del palladio mediante spettrofotometria.

Acido glutarico: proprietà, sintesi, usi

Acido Glutarico: Struttura e Proprietà

L’acido glutarico, noto anche come acido pentandioico, è un acido bicarbossilico lineare con formula HOOC-CH2-CH2-CH2-COOH. Si presenta come un solido cristallino solubile in acqua e si trova all’interno delle cellule, nel citoplasma, e in alcuni alimenti come l’avena e la barbabietola. Questo acido si durante il metabolismo della lisina e del triptofano.

Sintesi dell’Acido Glutarico

L’acido glutarico può essere ottenuto attraverso diverse vie di sintesi:
– Come sottoprodotto della sintesi dell’.
– Dalla reazione tra il pentanodinitrile, l’acido cloridrico e l’acqua a caldo.
– Dalla reazione tra l’1,3-propandioato di dietile e il metanale in presenza di dietilammina, seguita da un secondo stadio con acido cloridrico e acqua.
– Dal γ-butirrolattone in presenza di cianuro di potassio e successiva idrolisi.
– Dall’ossidazione del ciclopentene catalizzata dal tungsteno e in presenza di perossido di idrogeno come agente ossidante.

Usi dell’Acido Glutarico

L’acido glutarico trova diversi utilizzi, tra cui:
– Nelle sintesi organiche.
– Come intermedio nella produzione di poliammidi e poliesteri.
– Come plastificante.
– Come inibitore della .
– Per diminuire l’elasticità dei polimeri.
– Per ottenere oli lubrificanti, pesticidi e .
– Nella produzione di un farmaco antiretrovirale.

In conclusione, l’acido glutarico è una sostanza versatile con numerose applicazioni in diversi settori, dalla chimica alla produzione di farmaci.

Fosfato di calcio: solubilità, sintesi, usi

Il Fosfato di Calcio: Proprietà, Sintesi e Usi

Il fosfato di calcio è un composto inorganico con formula Ca3(PO4)2, che si presenta come un solido bianco solubile in acido cloridrico e acido nitrico.

Solubilità

Il fosfato di calcio è scarsamente solubile in acqua con un prodotto di solubilità di 2.07 · 10^-33. Si dissocia secondo l’equilibrio: Ca3(PO4)2(s) ⇌ 3 Ca2+(aq) + 2 PO4^3-(aq). La solubilità molare è di 1.14 · 10^-7 M.

Sintesi

Il fosfato di calcio può essere ottenuto per precipitazione tramite una reazione di doppio scambio oppure dalla reazione tra ossido di calcio e acido fosforico.

Usi

Il fosfato di calcio è il componente principale della matrice di ossa e denti ed è essenziale per trattare pazienti con osteoporosi e osteomalacia. È utilizzato in campo medico per produrre ceramiche riassorbibili e non riassorbibili, rivestimenti protesici, cementi ossei e altro ancora.

Negli alimenti, il fosfato di calcio viene impiegato come antiagglomerante, in agricoltura come fertilizzante e in prodotti come dentifrici e borotalco. Il suo utilizzo si estende a una vasta gamma di applicazioni, inclusi riempimenti di difetti ossei e ricostruzioni ossee, soprattutto in applicazioni maxillo-facciali e di sostituzione ossea delle ossa piccole e dell’orecchio medio.

Per ulteriori informazioni sul fosfato di calcio, visita i link su [fosfato](https://chimica.today/chimica-generale/fosfato/) e [calcio](https://chimica.today/chimica-generale/calcio/).

ppm. Esercizi svolti

Cos’è il in e Come Calcolarlo

Il PPM, acronimo di Parti Per Milione, è un’unità di misura adimensionale utilizzata per indicare la quantità di una sostanza presente in una soluzione. Questo parametro esprime i grammi del soluto presenti in un milione di grammi di soluzione ed è comunemente impiegato per esprimere concentrazioni molto basse, come ad esempio la presenza di inquinanti nell’aria o tracce di sostanze.

Significato del PPM

In chimica, il PPM indica la presenza di una sostanza in una soluzione e può anche essere espresso come 1 mg di soluto in 1 kg di soluzione, per semplificare il calcolo della .

Pratici

Calcolo del Volume di Cobalto


> Un esercizio tipico coinvolge il calcolo del volume che contiene una certa quantità di cobalto in una soluzione di acqua di mare. Ad esempio, considerando un campione di acqua di mare con 1.0 · 10^-4 ppm di cobalto e assumendo la densità dell’acqua di mare come 1.0 g/mL, si può calcolare il volume che contiene 1.0 g di cobalto.

Concentrazione del Manganese


> Per determinare la concentrazione del manganese in una soluzione di volume 500.0 mL contenente 0.145 g di KMnO4 e con densità pari a 1.0 g/mL, è necessario effettuare alcuni calcoli basati sulle moli della sostanza.

Millimoli di Soluti Presenti


> Infine, per calcolare le millimoli di soluto in una soluzione di NaCl con concentrazione di 10.5 ppm e densità pari a 1.0 g/mL, bisogna tenere conto della definizione di PPM e delle moli della sostanza.

In conclusione, il PPM è una misura importante e comune in chimica per esprimere concentrazioni molto basse, e può essere utilizzato in diversi tipi di calcoli e esercizi pratici per valutare la presenza di sostanze in .

Cloruro di fosforile: sintesi, reazioni, usi

Il Cloruro di Fosforile: Proprietà e Sintesi

Il cloruro di fosforile, conosciuto anche come ossicloruro di fosforo, è un liquido incolore con formula POCl3, ottenuto industrialmente dal tricloruro di fosforo e dall’ossigeno.

Proprietà

Il fosforo nel cloruro di fosforile è ibridato sp3 e presenta un numero di ossidazione +5, legato a tre atomi di cloro e a un atomo di ossigeno tramite un . La è tetraedrica, conferendo alla molecola una polarità a causa della distribuzione asimmetrica della carica.

Ha una temperatura di fusione di 1°C e una temperatura di ebollizione di 106°C, mostrando somiglianze con l’acqua a causa della sua polarità e delle proprietà fisiche. Può autoionizzarsi come segue: 2 POCl3 ⇄ POCl2+ + POCl4-.

Il cloruro di fosforile è altamente solubile in cloroformio, benzene, tetracloruro di carbonio e solfuro di carbonio. Può agire come una base di Lewis, formando addotti con diversi acidi di Lewis come il tetracloruro di titanio.

Sintesi

Il cloruro di fosforile fu sintetizzato per la prima volta nel 1847 da Adolphe Wurtz facendo reagire il con acqua secondo la seguente reazione: PCl5 + H2O → POCl3 + 2 HCl.

Può essere ottenuto tramite ossidazione del tricloruro di fosforo in due modi sintetici:
– Per reazione con l’ossigeno: PCl3 + O2 → 2 POCl3.
– Per reazione con il clorato di potassio: 3 PCl3 + KClO3 → 3 POCl3 + KCl.
– Per reazione del fosfato di calcio in presenza di carbonio: Ca3(PO4)2.

Applicazioni e Utilizzi del Cloruro di Fosforile

Il Cloruro di Fosforile, composto chimico con formula PCl₃, svolge un ruolo cruciale in diverse reazioni chimiche e processi industriali.

# Reazioni Chimiche

Reazione con l’Acqua:

Una reazione del Cloruro di Fosforile con l’acqua produce e Acido Cloridrico secondo l’equazione:

POCl₃ + 3 H₂O → H₃PO₄ + 3 HCl

.

Reazione con gli Alcoli:

La disidratazione degli alcoli in presenza di cloruro di fosforile e una base amminica come la piridina offre un’alternativa vantaggiosa rispetto alla disidratazione in ambiente acido, evitando la decomposizione in presenza di acidi forti.

Reazione con le Ammidi:

Le ammidi primarie, in presenza di cloruro di fosforile, si trasformano in nitrili. Ad esempio, l’etanammide reagisce per formare etanonitrile:

CH₃CONH₂ → CH₃C≡N

.

# Esempi di Reazioni

Un esempio di reazione interessante è quella del 2-metil, 2-propanolo che, grazie al cloruro di fosforile, genera 2-metil, 1-propene.

Applicazioni Industriali

Il Cloruro di Fosforile trova ampio impiego in diversi settori:

# Sintesi di Esteri Fosforici

Viene impiegato per la sintesi di esteri fosforici come il trifenilfosfato (C₆H₅O)₃P=O, utilizzato come plastificante e ritardante di fiamma.

# Industria dei Semiconduttori

Nel settore dei semiconduttori, il Cloruro di Fosforile è utilizzato come fonte di fosforo liquido nei processi di e come agente disidratante.

In conclusione, il Cloruro di Fosforile rappresenta un componente versatile e fondamentale in numerose reazioni chimiche e processi industriali, contribuendo significativamente a diversi settori applicativi.

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