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Polivinilacetato: sintesi, usi

Il polivinilacetato è un polimero vinilico termoplastico derivato dall’acetato di vinile. È stato per la prima volta sintetizzato nel 1912 dal chimico tedesco Fritz Klatte, ritenuto un pioniere nella chimica dei polimeri. Il polivinilacetato è ampiamente utilizzato come base per molti adesivi in dispersione acquosa.

Proprietà del Polivinilacetato

Questo polimero amorfo è solubile in chetoni, metanolo, idrocarburi aromatici e acetato di butile, ma mostra una bassa solubilità in , petrolio, etere etilico e trementina. Il polivinilacetato diventa malleabile a temperature comprese tra 30 e 45°C ed è stabile alla luce, all’ossigeno e agli agenti atmosferici. Tuttavia, al di sotto della sua temperatura di di circa 305°C, diventa fragile. Quando brucia, emette una fiamma gialla con odore di acido acetico.

Sintesi del Polivinilacetato

Il polivinilacetato viene prodotto principalmente attraverso la polimerizzazione in emulsione con l’uso di radicalici come iniziatori a partire dall’acetato di vinile.

Reazioni del Polivinilacetato

Il polivinilacetato subisce reazioni simili ai presenti nel monomero. Ad esempio, l’idrolisi del polivinilacetato in un ambiente alcalino produce alcol polivinilico attraverso l’attacco dell’ione OH- al gruppo carbonilico.

Usi del Polivinilacetato

Il polivinilacetato trova ampio impiego nella produzione di , che consiste in una dispersione di polivinilacetato in acqua, ideale per incollare superfici porose. È preferito per il suo costo contenuto, la stabilità alla luce e la resistenza all’ingiallimento. Trova impiego anche come additivo nella malta, nella legatura di libri e come componente resinoso nelle vernici al lattice.

La scoperta del neutrone

La scoperta del neutrone avvenne nel 1932 grazie al contributo del fisico inglese James Chadwick, insignito del premio Nobel per la fisica nel 1935 per questa importante scoperta.

La Scoperta del Neutrone da Parte di James Chadwick

La scoperta di Chadwick ebbe origine dagli studi condotti nel 1930 dal fisico tedesco Walther Bothe insieme al suo studente Herbert Becker. Durante le ricerche sull’irraggiamento di elementi leggeri con particelle α composte da due protoni e due neutroni, notarono l’emissione di una radiazione sconosciuta quando si irradiavano elementi come berillio, boro e con particelle α.

Successivamente, nel 1932, i coniugi Irène Curie e Jean Frédéric Joliot dimostrarono che quando questa radiazione colpiva materiali contenenti idrogeno, come la paraffina, si generava un’espulsione di protoni ad alta , indicando un processo di decadimento.

La Scoperta del Neutrone da Parte di Chadwick

James Chadwick, nel 1932, condusse esperimenti simili utilizzando diversi bersagli oltre alla paraffina. Attraverso l’uso di un contatore di ionizzazione e una camera a nebbia, scoprì l’esistenza di una nuova particella neutra chiamata neutrone.

Si ipotizzò che il neutrone fosse una particella neutra altamente penetrante con una simile a quella del protone. Il berillio, ad esempio, subisce una reazione nucleare quando bombardato da particelle α, trasformandosi in carbonio 13 il quale si decompone in carbonio 12 e un neutrone secondo la seguente equazione:

9 4 Be + 4 2α → 13 6 C → 12 6 C + 0 n

La scoperta del neutrone da parte di Chadwick ha avuto un impatto significativo nel campo della fisica nucleare, contribuendo alla comprensione della atomica e dei processi di decadimento nucleare.

EDTA: standardizzazione, calcoli

Standardizzazione dell’ con ione Zinco e

L’EDTA, acido etilendiamminotetraacetico, possiede due atomi di azoto con un doppietto elettronico solitario. In soluzione basica, si presenta come Y4- formando complessi con vari ioni metallici in un rapporto stechiometrico di 1:1. Questa caratteristica lo rende ideale per le , come nella determinazione della durezza dell’.

Standardizzazione dell’EDTA

L’EDTA non è utilizzato come standard primario a causa della scarsa solubilità della forma H4Y e della necessità di eliminare l’acqua di idratazione dalla forma Na2H2Y2· 2 H2O. Per standardizzare l’EDTA, si utilizza uno standard primario contenente un catione metallico come zinco, che offre risultati ottimali nella standardizzazione.

Procedimento standardizzazione EDTA

La standardizzazione avviene in presenza di indicatori metallocromici come il nero eriocromo T. Le reazioni tra l’EDTA e gli ioni metallici dipendono dal , pertanto è fondamentale mantenere costante questo parametro.

Preparazione delle soluzioni

Per preparare una soluzione approssimativa di EDTA 0.01 M, si scioglie circa 3.7 g di EDTA bisodico biidrato in acqua. Per la soluzione standard di Zn2+, si pesa circa 0.25 g di zinco metallico che verrà disciolto in acido nitrico 3.0 M.

Titolazione

Si diluisce la soluzione di zinco e si regola il pH a 10 con una soluzione tampone ammoniacale. Aggiungendo il nero eriocromo T come indicatore, si titola con la soluzione di EDTA fino al viraggio dell’indicatore da rosso a blu. Si ripete il procedimento per ottenere una misura precisa.

Calcoli

Calcolando la concentrazione della soluzione di zinco e la quantità di EDTA utilizzata, si determina la concentrazione finale di EDTA. Questo processo garantisce la corretta standardizzazione dell’EDTA per le titolazioni successive.

In conclusione, la standardizzazione dell’EDTA con ione zinco e indicatori metallocromici è un passaggio cruciale nelle analisi complessometriche, assicurando risultati accurati e precisi nella determinazione di ioni metallici in soluzioni complesse.

Composti organici dello stagno: sintesi, reazioni, usi

Scoperta dei Composti Organici dello Stagno

La dei composti organici dello stagno inizia nel 1849 con la scoperta del dioduro di dietilstagno da parte del chimico britannico Sir Edward Frankland. Questo evento segnò l’avvento dei composti metallorganici nello studio della chimica.

Sviluppi nella Chimica degli Composti Organostannici

Il 1852 vide un ulteriore passo avanti quando si scoprì che reagendo un alogenuro alchilico con una lega stagno-sodio si potevano ottenere composti organici dello stagno. Da allora iniziò a diffondersi lo studio e la ricerca sui composti organostannici.

Proprietà dei Composti dello Stagno

Le proprietà chimico-fisiche dei composti organici dello stagno sono influenzate dal numero di sostituenti legati allo stagno. Ad esempio, il tetrabutilstagno è solubile in solventi non polari ma poco solubile in , mentre il tricloruro di butilstagno è solubile in acqua.

Sintesi dei Composti Organici dello Stagno

La sintesi dei composti organici dello stagno può avvenire attraverso la reazione tra cloruro di stagno (IV) e bromuro di etilmagnesio, generando i composti desiderati e alcuni sottoprodotti.

Reazioni dei Composti Organici dello Stagno

I composti organici dello stagno possono reagire con il cloruro di stagno (IV) dando origine a diversi composti clorurati in cui lo stagno è legato a gruppi alchilici. Queste reazioni sono importanti per la sintesi e la modifica dei composti organici dello stagno.

Applicazioni dei Composti Organici dello Stagno

I composti organici dello stagno trovano applicazioni in vari settori, come pesticidi, fungicidi agricoli, conservanti per materiali vari, stabilizzanti termici, vernici antivegetative, e altro ancora. Tuttavia, a causa della loro tossicità, l’uso di alcuni di questi composti è regolamentato e limitato in alcuni contesti.

In conclusione, i composti organici dello stagno hanno una vasta gamma di applicazioni e continuano a essere studiati per sviluppare nuove tecnologie e innovazioni in diversi settori industriali e scientifici.

Metalli alcalini e alcalino-terrosi a confronto

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Differenze tra Metalli Alcalini e Metalli Alcalino-Terrosi: Proprietà e Caratteristiche

I metalli alcalini e i metalli alcalino-terrosi sono elementi appartenenti al gruppo e al gruppo 2 della tavola periodica. Benché facciano parte di gruppi diversi, condividono diverse caratteristiche comuni come il , l’elevata reattività, la bassa elettronegatività e la bassa di ionizzazione.

Caratteristiche e Differenze

I metalli alcalini e quelli alcalino-terrosi, nonostante entrambi appartenenti al blocco s, presentano differenze significative sia nelle proprietà fisiche che chimiche.

Configurazione elettronica

– I metalli alcalini hanno un solo elettrone nell’orbitale s con configurazione ns1, mentre i metalli alcalino-terrosi hanno due elettroni nell’orbitale s con configurazione ns2.

Proprietà fisiche

– I metalli alcalini sono teneri, con bassa temperatura di fusione e paramagnetici, mentre i metalli alcalino-terrosi sono più duri, con elevata temperatura di fusione e diamagnetici.

Valenza

– I metalli alcalini sono monovalenti, mentre i metalli alcalino-terrosi sono bivalenti.

Elettronegatività

– I metalli alcalini sono meno elettronegativi rispetto ai metalli alcalino-terrosi.

Varie Proprietà Chimiche

– I metalli alcalini formano basi forti, solubili e stabili al , mentre i metalli alcalino-terrosi formano basi deboli, meno solubili e instabili al calore.
– I metalli alcalini esistono come bicarbonati allo stato solido, mentre i metalli alcalino-terrosi esistono solo in soluzione.
– I metalli alcalini mostrano solubilità in nei carbonati, mentre i metalli alcalino-terrosi sono poco solubili e si decompongono con il calore.
– I metalli alcalini non si combinano direttamente con l’azoto, mentre i metalli alcalino-terrosi si combinano con l’azoto per formare nitruri.
– I metalli alcalini non si combinano direttamente con il carbonio, mentre i metalli alcalino-terrosi si combinano con il carbonio per formare carburi.

Conclusione

In definitiva, i metalli alcalini e i metalli alcalino-terrosi presentano differenze significative nelle loro proprietà fisiche e chimiche, nonostante siano elementi appartenenti allo stesso blocco nella tavola periodica. La comprensione di tali differenze è fondamentale per comprendere il comportamento chimico di questi elementi e la loro interazione con altri composti.

Promezio: storia, proprietà, reazioni, usi

Il promezio è un elemento appartenente alla famiglia dei , contrariamente agli altri metalli delle , è ottenuto sinteticamente. Presenta esclusivamente isotopi radioattivi, e quantità di questo metallo si trovano nei minerali di uranio, risultato della fissione nucleare. È stato anche rilevato nello spettro di una stella nella costellazione di Andromeda.

Scoperta

Nel 1902, il chimico Bohuslav Branner ipotizzò l’esistenza di un elemento tra il neodimio e il samario, predendo l’esistenza del promezio. La prova della sua esistenza venne ottenuta nel 1944 dai chimici statunitensi Jacob Akkiba Marinsky, Lawrence Elgin Glendenin e Charles DuBois Coreyell, che confermarono la loro scoperta nel 1946 attraverso analisi tramite cromatografia a scambio ionico.

Ottenimento

Attualmente, il promezio può essere ottenuto bombardando con neutroni il neodimio 146 che si trasforma in neodimio 147. Quest’ultimo, con un tempo di dimezzamento di 11 giorni, si trasforma poi in promezio 147 con emissione di un elettrone e un antineutrino elettronico.

Aspetto e proprietà

Il promezio è un metallo grigio-argenteo con proprietà intermedie tra neodimio e samario. Ha numeri di ossidazione +2 e +3, con il secondo più frequente. Tra i suoi isotopi, i più noti sono 145Pm, 146Pm e 147Pm, di cui il più stabile è 145Pm, che decade emettendo particelle α per trasformarsi in praseodimio 141.

Proprietà chimiche

Gli studi sulla reattività del promezio sono ancora in corso, e sono stati sintetizzati pochi composti del promezio, la maggior parte di colore rosa o rosato, come l’ossido di promezio (III) Pm2O3.

Proprietà chimiche del Promezio

Il Promezio, un elemento metalloide raro appartenente alla serie dei lantanidi, forma differenti composti tra cui PmCl₃ e il fluoruro PmF₃, di cui il secondo è poco solubile in e reagisce con il per produrre fluoruro di litio e promezio metallico:

PmF₃ + 3 Li → 3 LiF + Pm

Quando un’acqua contenente ioni Pm^3+ viene mescolata con ammoniaca, si forma idrossido di promezio, che precipita:

Pm^3+(aq) + 3 OH^-(aq) → Pm(OH)₃(s)

Il promezio, in presenza di acido solforico, produce una soluzione rosa contenente ioni Pm^3+, con di idrogeno gassoso:

2 Pm(s) + 3 H₂SO₄(aq) → 2 Pm^3+(aq) + 3 SO₄^2-(aq) + 3 H₂(g)

Usi del Promezio

Il Promezio viene principalmente impiegato a fini di ricerca. L’isotopo prevalente è il Promezio-147, che non emette raggi gamma e possiede un lungo tempo di dimezzamento.

Alcune luci di segnalazione sfruttano una vernice luminosa che contiene il Promezio-147, in grado di assorbire le radiazioni beta emesse e di emettere luce.

L’isotopo 147 è utilizzato nelle batterie nucleari, dove le particelle beta emesse inducono il fosforo a emettere luce, convertita successivamente in energia elettrica.

Il Promezio è oggetto di potenziali sviluppi futuri come fonte:

– Di raggi X portatili
– Nei generatori termoelettrici di radioisotopi per la fornitura di elettricità a sonde spaziali e satelliti
– Come fonte di radioattività per calibri utilizzati nella misurazione dello spessore dei materiali
– Per la creazione di laser impiegati nella comunicazione con sottomarini.

Poliurea: proprietà, sintesi, usi

Poliurea: caratteristiche e utilizzi

La poliurea è un elastomero derivante dalla reazione tra un diisocianato e una diammina primaria o secondaria. Questo materiale presenta una bassa permeabilità all’ ed è comunemente utilizzato per proteggere le superfici dall’umidità.

Proprietà della poliurea

Le proprietà della poliurea variano in base al tipo, alifatico o aromatico. La poliurea alifatica è resistente ai e meno soggetta a ossidazione e degradazione, sebbene i costi siano più elevati. D’altra parte, la poliurea aromatica è più tenace ma meno resistente ai raggi U.V.

Le caratteristiche della poliurea la rendono ideale per applicazioni che richiedono impermeabilità, protezione e durata. Grazie alla sua adattabilità e adesione, la poliurea trova impiego in diverse applicazioni, come l’impermeabilizzazione e la protezione dalla corrosione su vari tipi di supporti, dall’acciaio al calcestruzzo.

Sintesi della poliurea

La formazione della poliurea avviene attraverso la reazione delle con i diisocianati, che porta alla creazione di legami del tipo [-NH-CO-NH-].

Utilizzi della poliurea

Le poliuree sono comunemente impiegate come barriera contro l’umidità grazie alla loro bassa permeabilità all’acqua. Trovano impiego nei rivestimenti industriali, anche in ambienti esposti a idrocarburi, acqua salata, acidi, basi diluiti, oli per motori e .

Queste resine vengono utilizzate per proteggere tubi e condutture dalla corrosione, isolare acciaio e calcestruzzo in ponti e gallerie, per l’isolamento acustico di imbarcazioni e la protezione di carrozzerie automobilistiche. La poliurea può sostituire le guaine tradizionali nel settore edile, in quanto può essere applicata a spruzzo per ottenere una membrana continua senza giunzioni, aderendo perfettamente a una vasta gamma di materiali come metalli, calcestruzzo, ceramica, legno e plastica.

Idrossido di alluminio: reazioni, preparazione, usi

Benefici e Utilizzi dell’Idrossido di Alluminio

L’idrossido di alluminio, con formula Al(OH)3, è una sostanza inorganica versatile utilizzata in vari settori grazie alle sue proprietà uniche. Questo composto è comunemente noto per le sue applicazioni come antiacido, retardante di fiamma e precursore di altri composti dell’alluminio.

Reazioni dell’Idrossido di Alluminio

L’idrossido di alluminio è un elettrolita poco solubile in ma, poiché è un idrossido anfotero, può solubilizzarsi reagendo con acidi e basi. Quando reagisce con gli acidi, agisce da base secondo la teoria di Brønsted-Lowry, producendo cloruro di alluminio secondo la reazione: Al(OH)3 + 3 HCl → AlCl3 + 3 H2O. Con le basi, si comporta da acido di Lewis, formando il complesso tetraidrossialluminato: Al(OH)3 + OH- → [Al(OH)4]-.

Il dell’idrossido di alluminio si manifesta nelle sue quattro forme cristalline, che possono influenzare le sue proprietà e applicazioni.

Preparazione e

L’idrossido di alluminio viene principalmente ottenuto da minerali come la bauxite, dove è presente come ossido di alluminio impuro. Trattando l’ossido di alluminio con una soluzione concentrata di idrossido di sodio, si forma il tetraidrossialluminato: Al2O3 + 2 OH- + 3 H2O → 2 Al(OH)4-. Aggiungendo un acido, il tetraidrossialluminato si trasforma nuovamente in idrossido di alluminio: Al(OH)4- + H+ → Al(OH)3 + H2O.

Usi e Applicazioni

L’idrossido di alluminio trova ampio impiego in diversi settori:
– Nell’industria cosmetica per ombretti, , lozioni, creme idratanti e prodotti abbronzanti come agente opacizzante.
– Nell’industria farmaceutica come antiacido e additivo in alcuni vaccini e farmaci.
– Come riempitivo in materiali polimerici ed , nonché come ritardante di fiamma.
– Come precursore dell’ossido di alluminio utilizzato per la produzione di alluminio metallico.

In conclusione, l’idrossido di alluminio rappresenta un ingrediente versatile con numerose applicazioni che spaziano da settori come cosmetica e farmaceutica a quello industriale. La sua capacità di reagire con acidi e basi, insieme al suo polimorfismo, ne fanno una sostanza di grande interesse per la scienza e l’industria.

Indicatori metallocromici: caratteristiche

Gli indicatori metallocromici sono composti organici che vengono impiegati nelle titolazioni complessometriche poiché sono in grado di formare complessi stabili con determinati ioni metallici.

Caratteristiche degli indicatori metallocromici

Gli indicatori metallocromici devono soddisfare diversi requisiti necessari per il corretto svolgimento delle titolazioni:
– Devono formare complessi con l’analita.
– La costante di formazione dell’indicatore con l’analita deve essere inferiore rispetto a quella tra analita e titolante.
– Devono presentare una colorazione differente quando si trovano nella forma libera rispetto a quella complessata.
– Devono essere selettivi.
– La reazione di complessazione tra indicatore e analita deve essere rapidamente reversibile.

Poiché gli indicatori metallocromici sono influenzati dal pH, è fondamentale operare in un intervallo di pH adeguato per garantirne il corretto funzionamento.

Indicatori metallocromici e loro caratteristiche

Di seguito sono riportati alcuni esempi di indicatori metallocromici, insieme alle informazioni sulla variazione di colore, l’intervallo di pH e gli ioni metallici rilevati:
– Nero eriocromo T: rosso-blu, Intervallo di pH 6-7, Ioni metallici rilevati: Ca, Ba, Mg, Zn, Cd, Mn, Pb, Hg.
– Muresside: violetto-blu, Intervallo di pH 12, Ioni metallici rilevati: Ca, Cu, Co.
– Arancio xilenolo: rosso-giallo, Intervallo di pH 5-6, Ioni metallici rilevati: Cd, Hg.
– Violetto catecolo: viola-rosso, Intervallo di pH 8-10, Ioni metallici rilevati: Mn, Mg, Fe, Co, Pb.
– Alizarina: rosso-giallo, Intervallo di pH 4.3, Ioni metallici rilevati: Pb, Zn, Co, Mg, Cu.
– Arancio xilenolo: rosso-giallo, Intervallo di pH 1-3, Ioni metallici rilevati: Bi, Th.
– Arancio xilenolo: rosso-giallo, Intervallo di pH 4-5, Ioni metallici rilevati: Pb, Zn.

Determinazione del punto finale nelle titolazioni

Prima di iniziare la titolazione, si aggiungono alcune gocce di indicatore alla soluzione contenente l’analita. L’indicatore formerà complessi con alcuni ioni metallici presenti, assumendo una specifica colorazione. Durante la titolazione, il titolante si lega agli ioni metallici fino al raggiungimento del punto finale, competendo con l’indicatore e provocando una variazione di colore dalla forma complessata alla forma libera.

Titolazioni con EDTA

Nelle titolazioni con EDTA per la determinazione della durezza dell’acqua, vengono impiegati due indicatori specifici: il Nero eriocromo T e il Muresside. Questi indicatori sono fondamentali per rilevare la presenza di determinati ioni metallici nell’acqua e determinarne la durezza complessiva.

Per saperne di più sulle titolazioni con EDTA, puoi consultare questo articolo: [titolazioni con EDTA](https://chimica.today/chimica-analitica/titolazioni-con-edta).

Diborano: struttura, sintesi, reazioni, usi

La struttura del diborano (B2H6) è stata oggetto di numerosi studi condotti da chimici di fama, come il tedesco Alfred Stock, noto per essere un pioniere nella chimica dei borani. Inizialmente, si ipotizzava una struttura analoga all’etano, teoria supportata anche da Linus Pauling. Solo nel 1942, grazie all’intervento di Hugh Christopher Longuet-Higgins, si è risolto il dilemma. La struttura proposta da Longuet-Higgins è stata definitivamente confermata negli anni ’50 del secolo scorso tramite misure di diffrazione dei raggi X.

La Struttura del Diborano

Il modello basato sulla prevede che ogni atomo di boro sia legato a due atomi di idrogeno tramite un legame covalente. Un elettrone di valenza dell’atomo di boro forma un legame a tre centri e due elettroni noto come “banana bond”, legandosi a un atomo di idrogeno.

Proprietà del Diborano

Il diborano è un gas incolore, con un odore dolciastro e repellente. È instabile a temperatura ambiente e, se inquinato, può formare miscele esplosive e autoignizione in presenza di aria umida. Anche se puro, il diborano è insensibile agli urti meccanici, ma può diventare sensibile in presenza di impurità come ossigeno, e idrocarburi alogenati.

Processi di Sintesi

Il diborano può essere ottenuto tramite diverse reazioni:
– Reazione tra fluoruro di boro e alluminio idruro, che porta alla formazione di diborano, fluoruro di litio e fluoruro di alluminio in presenza di etere etilico.
– Riscaldamento del boruro di magnesio con acido cloridrico per ottenere diborano e cloruro di magnesio.
– Ossidazione del sodio boroidruro in presenza di per produrre diborano, ioduro di sodio e idrogeno gassoso.

Il diborano può anche essere ottenuto a livello industriale attraverso la reazione tra fluoruro di boro e idruro di sodio a 180 °C.

Le reazioni del diborano

Il diborano reagisce in diverse modalità:

Il diborano reagisce con l’ossigeno a temperatura ambiente quando è impuro, generando anidride borica e vapore acqueo in una reazione fortemente esotermica:

B2H6 + 3 O2 → B2O3 + 3 H2O + 2165 kJ/mol

In presenza di metanolo, reagisce per formare trimetossiborato:

B2H6 + 6 CH3OH → 2 B(OCH3)3 + 6 H2

In presenza di acqua, si ottiene acido borico e idrogeno gassoso:

B2H6 + 6 H2O → 2 H3BO3 + 6 H2

In combinazione con idruro di litio o idruro di sodio, si formano rispettivamente litio boroidruro e sodio boroidruro:

B2H6 + 2 LiH → 2 LiBH4

B2H6 + 2 NaH → 2 NaBH4

Tramite ammonia, in rapporto 1:2 a 180-190 °C, si origina borazina e idrogeno gassoso:

3 B2H6 + 6 NH3 → 2 B3N3H6 + 12 H2

Con idrossido di sodio, si forma metaborato di sodio e idrogeno gassoso:

B2H6 + 2 NaOH + 2 H2O → 2 NaBO2 + 6 H2

Infine, in presenza di alcheni, si ha una reazione di che porta alla formazione di organoborani:

B2H6 + 6 RCH=CHR → 2B(RCHCH2R)3

Usi del diborano

Il diborano è impiegato in svariati settori:

  • Come agente riducente.
  • Nella vulcanizzazione della gomma.
  • Come catalizzatore nella polimerizzazione degli idrocarburi.
  • Come acceleratore della velocità della fiamma.
  • Come intermedio nella produzione di boro ad elevato grado di purezza.
  • Come propellente nei razzi.
  • Come agente dopante per la produzione di semiconduttori.

Cloruro di zinco: proprietà, sintesi, reazioni, usi

Il Cloruro di Zinco: Caratteristiche, Sintesi e Usi

Il cloruro di zinco è un composto inorganico con formula ZnCl2 utilizzato in una vasta gamma di settori, tra cui fumogeni, disinfettanti, agenti antincendio e anche nell’industria cosmetica. Questo composto ha diverse applicazioni, come nei dentifrici, nei collutori, nei prodotti per la cura della pelle e dei capelli, nonché nei balsami per capelli e nei prodotti per il bagno.

Proprietà

Il cloruro di zinco si presenta come un solido bianco, traslucido e deliquescente, caratterizzato da un’elevata igroscopicità e la capacità di formare cinque diversi . Presenta , con quattro forme cristalline con lo ione zinco coordinato a quattro ioni cloruro in una geometria tetraedrica. La sua natura parzialmente covalente è evidenziata dal basso punto di fusione e dalla solubilità in etere etilico.

Sintesi

Il cloruro di zinco può essere sintetizzato tramite una reazione tra zinco e acido cloridrico, o dalla reazione tra solfuro di zinco e acido cloridrico, che produce soluzioni acquose di cloruro di zinco.

Reazioni

In soluzioni acquose, il cloruro di zinco si dissocia in ioni zinco ed è spesso utilizzato per la preparazione di sali poco solubili. Può reagire con sostanze come il carbonato di sodio per produrre altri composti utili. In ambito organico, agisce come acido di Lewis e catalizza varie reazioni, come l’acilazione di Friedel-Crafts. È anche presente nel reagente di Lucas, utilizzato per identificare la classe di un alcol.

Usi

Questo composto trova numerose applicazioni nel settore farmaceutico, nell’industria della carta, come agente per saldature, nell’industria petrolifera e come agente disidratante. Viene utilizzato anche come catalizzatore nella sintesi di prodotti organici, nell’industria tessile e in quella della carta. Le sue proprietà antisettiche e astringenti lo rendono un ingrediente comune in alcuni dentifrici.

In conclusione, il cloruro di zinco svolge un ruolo cruciale in molteplici settori grazie alle sue diverse proprietà e alle sue capacità catalitiche e corrosive, garantendo una vasta gamma di applicazioni che lo rendono un componente versatile e indispensabile in numerosi processi industriali e di .

Composti tra alogeni e ossigeno: sintesi, stabilità

Composti tra Alogeni e Ossigeno: Struttura e Proprietà

I legami tra alogeni e ossigeno sono di tipo covalente a causa della loro simile elettronegatività. La polarità di tali legami aumenta scendendo lungo il gruppo degli alogeni.

Stabilità degli Ossidi di , e

Tra gli ossidi degli alogeni, quelli di iodio sono i più stabili, seguiti da quelli di cloro e infine da quelli di bromo. L’ordine di stabilità degli ossidi degli alogeni è: I > Cl > Br > F.

Ossidi del

Il fluoro forma diversi composti con l’ossigeno, come il difluoruro di ossigeno (OF2) e il difluoruro di diossigeno (O2F2), che presentano caratteristiche strutturali e proprietà specifiche.

Il difluoruro di ossigeno è un energico ossidante gassoso incolore ottenuto dalla reazione tra fluoro e idrossido di sodio. D’altra parte, il difluoruro di diossigeno è meno stabile e tende a decomporsi a -160°C. Entrambi sono utilizzati come agenti fluoruranti in varie reazioni chimiche.

Ossidi del Cloro

Il cloro forma diversi ossidi con l’ossigeno, come l’ossido di dicloro (Cl2O), il biossido di cloro (ClO2), l’esaossido di dicloro (Cl2O6) e l’eptaossido di dicloro (Cl2O7). Questi composti sono altamente reattivi e ossidanti, con una propensione ad esplodere.

L’ossido di dicloro viene ottenuto dalla reazione del cloro con l’ossido di mercurio, mentre il biossido di cloro si ottiene attraverso una reazione tra clorato di sodio, anidride solforosa e acido solforico.

In sintesi, i composti formati dagli alogeni e l’ossigeno sono di grande interesse per la loro natura reattiva e le loro applicazioni in diversi contesti chimici e industriali.

Ossidi del cloro

Il cloro forma diversi ossidi in seguito a reazioni chimiche specifiche. Uno di questi è l’esaossido di dicloro, in cui il cloro ha numero di ossidazione +6, ottenuto reagendo il diossido di cloro con l’ozono secondo la reazione:

2 ClO2 + O3 → Cl2O6 + 2 O2

Un altro esempio è l’eptaossido di dicloro, in cui il cloro ha numero di ossidazione +7, ottenuto dalla reazione tra acido perclorico e pentossido di fosforo:

2 HClO4 + P4O10 → Cl2O7 + H2P4O11

Ossidi del bromo

Il bromo forma diversi composti ossidi, tra cui l’ossido di dibromo, il biossido di bromo, il triossido di dibromo e il pentossido di dibromo. Ad esempio, l’ossido di dibromo, in cui il bromo ha numero di ossidazione +, si ottiene facendo reagire il bromo con l’ossido di mercurio (II) con la seguente reazione:

2 Br2 + 2 HgO → HgBr2·HgO + Br2O

Il diossido di bromo, invece, si ottiene tramite passaggio di corrente elettrica attraverso una miscela gassosa di bromo e ossigeno a basse temperature e pressioni.

Ossidi dello iodio

Anche lo iodio forma diversi ossidi in combinazione con l’ossigeno. Tra questi ossidi vi sono l’ossido di diiodio, il monossido di iodio, il tetraossido di diiodio (non isolabile) e il pentossido di diiodio. Un esempio è il pentossido di diiodio, in cui lo iodio ha numero di ossidazione +5, ottenuto mediante la disidratazione dell’acido iodico a 240 °C.

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