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Acido malonico

Sintesi dell’acido malonico

L’acido malonico, noto come acido propandioco, è un acido bicarbossilico con formula HOOC-CH2-COOH. Si presenta come un solido bianco cristallino facilmente solubile in , alcol ed etere. Fu preparato per la prima volta nel 1858 dal chimico francese Victor Dessaignes attraverso l’ossidazione dell’acido malico.

Attualmente, viene sintetizzato a partire dall’acido cloroacetico, che viene neutralizzato con carbonato di sodio per produrre il cloroacetato. Successivamente, il cloroacetato reagisce con il cianuro di sodio, formando il sale dell’acido cianoacetico tramite una reazione di sostituzione nucleofila. In ambiente basico, il gruppo nitrile viene idrolizzato per formare il malonato di sodio, che, tramite acidificazione, si trasforma in .

Sintesi dell’acido malonico

Per ottenere l’acido malonico si può procedere con l’ossidazione dell’1,3-propandiolo mediante acido nitrico secondo la seguente reazione:

3 HO-CH2-CH2-CH2-OH + 8 HNO3 → 3 HOOC-CH2-COOH + 8 NO + 10 H2O

L’acido malonico è il precursore della sintesi malonica. Il primo passo consiste nell’esterificare l’acido malonico con un alcol, come ad esempio l’etanolo, per ottenere il dietilmalonato, noto anche come estere malonico. Questa reazione avviene attraverso gli idrogeni α-metilenici del dietilmalonato che partecipano a reazioni di sostituzione nucleofila o addizione nucleofila.

Tramite l’uso di una base forte come il NaOH, si sfrutta l’acidità degli α-idrogeni nel gruppo carbonilico per generare un carbanione. Questo carbanione, stabilizzato attraverso la formazione di un enolato che si stabilizza per , può attaccare un’altra molecola per dar luogo a reazioni di sintesi malonica.Utilizzi dell’Acido Malonico in Chimica Organica e Industria

L’acido malonico, un alogenuro alchilico, può essere impiegato per ottenere un estere malonico monoalchilato, che a sua volta può subire trasformandosi in un acido acetico alchilato.

Reazioni Chimiche

L’acido malonico, riscaldato, subisce una reazione di decomposizione producendo acido acetico e biossido di carbonio secondo la seguente equazione:

HOOC-CH2-COOH → CH3-COOH + CO2

Inoltre, può reagire con l’urea dando vita all’acido barbiturico. Quest’ultimo rappresenta un importante composto utilizzato in vari settori.

L’acido malonico ha applicazioni industriali diverse, come ad esempio la produzione di resine alchidiche, l’utilizzo come reticolante per rivestimenti, il controllo dell’acidità degli alimenti, l’utilizzo come eccipiente nelle preparazioni farmaceutiche, la creazione di aromi e fragranze e come adesivo chirurgico.

Utilizzo in Industria e Green Chemistry

Negli ultimi anni, l’acido malonico è stato oggetto di attenti studi poiché permette di ottenere l’1,3-propandiolo. Questa sostanza è impiegata insieme all’acido tereftalico per produrre il poliestere politrimetilentereftalato, molto utilizzato nell’industria tessile.

In ambito di Green Chemistry, l’acido malonico viene ottenuto da processi di fermentazione di zuccheri derivanti da biomasse, scarti agricoli o trucioli di legno. Queste metodologie sostenibili contribuiscono a ridurre l’impatto ambientale delle produzioni chimiche.

Bronzo: composizione, corrosione

La storia del bronzo, la prima lega metallica conosciuta dall’umanità, risale a circa 7000 anni fa, quando veniva utilizzato per la fabbricazione di armi e utensili. In Europa, l’età del bronzo iniziò nel 3500 a.C., sostituendo il per la sua maggiore resistenza e durabilità. Il bronzo è stato ampiamente impiegato anche per la realizzazione di opere d’arte preziose, come i bronzi di Riace, la statua di Zeus e l’auriga di Delfi, che hanno resistito all’usura del tempo.

La maestosità del bronzo nell’arte e nella storia

Il bronzo è stato un simbolo di maestosità, regalità e durevolezza nel corso dei secoli. Citato dal poeta Orazio, che lo definì un monumento più duraturo del bronzo, questo metallo è stato utilizzato per adornare mobili di lusso a partire dal 1700. La doratura in bronzo, ottenuta mediante l’applicazione di una soluzione di e mercurio, conferiva un’eleganza senza tempo agli oggetti realizzati con questa lega.

Composizione e caratteristiche del bronzo

Il bronzo è una lega di rame e stagno, ma può contenere anche altri elementi come , alluminio, , fosforo, , arsenico e zinco. Attualmente, la sua composizione standard prevede circa l’88% di rame e il 12% di stagno, anche se a seconda degli utilizzi possono essere aggiunti altri elementi per ottenere determinate caratteristiche fisiche.

Utilizzi e proprietà del bronzo

Grazie alla sua resistenza e durezza, il bronzo è impiegato in vari settori industriali per la produzione di boccole, cuscinetti, ingranaggi, ruote dentate e componenti per l’arredamento. La presenza di stagno conferisce al bronzo una maggiore durezza, ma riduce la sua malleabilità, rendendolo ideale per applicazioni che richiedono resistenza e durabilità.

La lega di bronzo è una lega di sostituzione, in cui gli atomi di rame e stagno presentano dimensioni atomiche simili. Questa caratteristica fa sì che il bronzo sia un materiale resistente e affidabile, adatto a sfide meccaniche e strutturali.

Insomma, il bronzo rappresenta una parte importante della storia dell’umanità e continua a essere un materiale prezioso per molteplici applicazioni industriali e artistiche.

Impatto della Struttura del Bronzo sulla sua Resistenza

La struttura cristallina del bronzo ha un impatto significativo sulle sue proprietà meccaniche. La presenza di impurezze e inclusioni nel reticolo cristallino ostacola il flusso degli elettroni, rendendo più difficile lo scorrimento dei piani atomici. Questo porta a una maggiore durezza e resistenza del materiale, anche se a discapito della sua conduttività termica ed elettrica.

Da un punto di vista chimico, il bronzo è suscettibile alla corrosione, soprattutto in presenza di sostanze come ammoniaca e cianuri. Tuttavia, mostra una buona resistenza alle atmosfere industriali e marine, e può essere protetto da acidi deboli con opportuni rivestimenti. Al contrario, l’esposizione a agenti inquinanti come gli ossidi di azoto e i composti contenenti zolfo può accelerare il deterioramento del bronzo.

Corrosione del Bronzo: Fasi e Processi

Il processo di corrosione del bronzo avviene in diverse fasi, influenzate dalla composizione della lega e dalle condizioni ambientali. Nella prima fase, si ha l’ossidazione del rame con la formazione di un sottile film di ossido di rame, che può agire da barriera protettiva contro agenti esterni. Tuttavia, la presenza di solfuri può danneggiare questo film protettivo.

Nelle fasi successive, si forma il solfato di rame sulla superficie esposta, seguito dalla creazione di una crosta nera. L’azione dei cloruri accelera ulteriormente il processo corrosivo, portando infine alla formazione di una crosta bluastra porosa che favorisce la progressione della corrosione.

Un fenomeno degno di nota è la “malattia del bronzo” che colpisce antichi manufatti, principalmente a causa del cloruro di rame (I). Questo composto, a contatto con umidità e ossigeno, genera acido cloridrico che attacca il bronzo, riniziando il ciclo di corrosione.

Nonostante le sue proprietà uniche, il bronzo non è immune ai danni causati dall’inquinamento ambientale e dalla corrosione. Le conoscenze chimiche moderne ci permettono di comprendere meglio i processi di deterioramento di questo materiale, evidenziando l’importanza di adeguate misure protettive per preservare le opere in bronzo nel tempo.

Iridio

Iridio: un metallo di transizione appartenente al gruppo del platino

L’iridio è un metallo di transizione appartenente al Gruppo 9 e al 6° Periodo con configurazione elettronica [Xe] 4f^14 5d^7 6s^2. Insieme al platino, rutenio, rodio, palladio e osmio, che occupano posizioni contigue nella Tavola Periodica, fa parte dei metalli del gruppo del platino. Questi metalli condividono proprietà fisiche e chimiche simili e sono presenti negli stessi giacimenti minerari.

Proprietà dell’iridio

L’iridio è un metallo duro ma fragile, di colore bianco-argenteo con venature giallastre. Risulta essere resistente alla corrosione ed è l’unico metallo a mantenere buone proprietà meccaniche anche a temperature superiori ai 1600°C. Diventa duttile e facilmente lavorabile a una temperatura compresa tra i 1200 e i 1500 °C. È praticamente insolubile negli acidi e resistente all’acqua regia ma può essere solubilizzato in acido cloridrico concentrato in presenza di perclorato di sodio tra i 125 e i 150°C.

Scoperta e denominazione

L’iridio fu scoperto nel 1803 dal chimico britannico Smithson Tennant insieme all’osmio. Il metallo fu chiamato iridio in onore della dea Iride, personificazione dell’arcobaleno nella mitologia greca, a causa dei colori dei suoi sali.

Ottenimento

L’iridio viene separato dagli altri metalli del gruppo del platino come esacloroiridato di ammonio [(NH4)2][IrCl6]. Mentre gli altri metalli formano solfuri insolubili quando reagiscono con il solfuro di idrogeno, l’esacloroiridato non dà tale reazione. Viene ridotto a iridio metallico in corrente di idrogeno ad alta temperatura.

Reazioni

L’iridio reagisce con gli alogenati e forma composti in cui presenta il numero di ossidazione +3:

2 Ir + 3 X2 → 2 IrX3

Gli alogenuri di iridio (III) hanno varie colorazioni: IrF3 è nero, IrCl3 è rosso, IrBr3 è rosso-marrone e IrI3 è marrone. Gli alogenuri con numeri di ossidazione diversi da +3 sono i…

Questo metallo di transizione è particolarmente interessante per le sue proprietà uniche e le sue applicazioni in diversi settori industriali.

Scopri i fluoruri di iridio

Gli iridio formano vari fluoruri, tra cui IrF4, IrF5 e anche IrF6, un solido giallo altamente reattivo che si decompone in acqua e può essere ridotto a fluoruro di iridio (IV).

Gli ossidi di iridio

Gli iridio formano diversi ossidi, come l’IrO2 utilizzato per rivestimenti di elettrodi anodici e l’ossido di iridio (III) che è ossidato da HNO2.

Acido esacloroiridico e precursori

L’acido esacloroiridico (IV) H2IrCl4 e il suo sale di ammonio sono precursori di molti composti dell’iridio. L’ione IrCl4^2- di colore marrone scuro può essere ridotto a IrCl4^3-.

Legami con il carbonio

Iridio si lega al carbonio per formare metalli carbonili come il dodecacarbonile di tetrairidio Ir4(CO)12 o il complesso di Vaska.

Scopri i complessi di iridio

I complessi di iridio includono (ppy)2Ir(phen), un complesso cationico utilizzato come fluoroforo, cioè una specie che emette fluorescenza dopo l’assorbimento di fotoni a una determinata lunghezza d’onda.

Utilizzi dell’iridio

L’iridio viene studiato per la sua somiglianza con il platino nella chemioterapia e i suoi composti vengono valutati per la cura del cancro. Viene utilizzato in lega con il platino per conferire durezza e viene impiegato in leghe per contatti elettrici. Inoltre, viene utilizzato nei pennini delle penne stilografiche e nei perni delle bussole, dove in lega con l’osmio conferisce resistenza meccanica.

Se desideri approfondire argomenti correlati, puoi consultare articoli su [leghe](https://chimica.today/chimica-generale/leghe) e [leganti](https://chimica.today/chimica-generale/legante).

Zafferano

Zafferano: la spezia pregiata dalle molteplici proprietà

Lo zafferano è noto come la spezia più costosa al mondo, estratto dagli stimmi della pianta Crocus sativus, coltivata principalmente in Asia Minore e nel bacino del Mediterraneo. Conosciuto fin dall’antichità, il suo utilizzo è stato menzionato anche nella Bibbia, associato alla bellezza e alla preziosità.

Origini e millenaria

Lo zafferano ha una storia millenaria, utilizzato non solo come spezia ma anche per le sue presunte proprietà medicinali e coloranti. Nell’antica Roma, ad esempio, veniva impiegato sia nella cosmesi che come colorante per i tessuti.

Composizione e componenti principali

Lo zafferano è composto da numerosi elementi volatili e non volatili, tra cui i carotenoidi come la , il , l’α e il ß carotene. Il suo colore distintivo è dovuto principalmente alla crocina, mentre il sapore amaro è dato dalla picrocrocina. Quest’ultima, durante il processo di essiccazione, si trasforma in safranale, responsabile dell’aroma unico dello zafferano.

Proprietà e utilizzi

Lo zafferano ha dimostrato di possedere proprietà , antidepressive e molti altri benefici per la salute. Utilizzato in medicina alternativa e nella preparazione cosmetica, il suo impiego principale resta in ambito culinario. Celebrato per il suo sapore inconfondibile, lo zafferano viene utilizzato in piatti rinomati in tutto il mondo, come il risotto alla milanese e la bouillabaisse.

In conclusione, lo zafferano, oltre ad essere una spezia pregiata e costosa, è un prodotto dalle molteplici proprietà che spaziano dalla medicina all’arte culinaria, confermando il suo status di “ rosso” per eccellenza.

Nanoparticelle d’oro

Le molteplici applicazioni delle nanoparticelle d’ in campo medico

Le nanoparticelle d’oro vantano diverse forme, come sfere, bastoncini, cubi e calotte, e giocano un ruolo cruciale nel campo medico. L’oro è stato a lungo considerato il metallo più prezioso, simbolo di ricchezza sin dai tempi antichi. Le sue eccezionali proprietà, come la resistenza alla corrosione e la scarsa reattività con altri elementi, hanno portato antiche civiltà a utilizzarlo come cura per varie malattie.

L’utilizzo dell’oro nel trattamento delle malattie nel corso della storia

I Cinesi già nel 2500 a.C. utilizzavano l’oro per curare una serie di malattie, come problemi articolari, febbre, vaiolo, ulcere cutanee e molto altro. Gli antichi Egizi, da circa 5000 anni, lo impiegavano in ambito odontoiatrico, credendo che assumesse proprietà stimolanti per corpo e mente.

Il medico e alchimista Paracelso, nel 1850, formulò una soluzione di oro colloidale ritenuta capace di trattare disturbi fisici, mentali e spirituali, aprendo la strada alla ricerca scientifica sull’argomento.

Oro colloidale: una sospensione di nanoparticelle d’oro

Il di Michael Faraday nel 1850 aiutò a comprendere meglio le proprietà dell’oro colloidale, composto da piccole particelle d’oro in sospensione. Queste nanoparticelle, per le loro dimensioni atomiche, mostrano proprietà fisiche uniche diverse dall’oro massivo.

Per ottenere tali nanoparticelle, si parte da una soluzione di acido cloroaurico HAuCl4. Aggiungendo un riducente, l’oro trivalente viene ridotto a oro metallico, che precipita formando particelle sottili. Per evitare l’aggregazione delle nanoparticelle, si usa un agente stabilizzante.

Il processo di sintesi delle nanoparticelle d’oro

Il metodo sviluppato da J. Turkevich nel 1951 rimane uno dei più semplici per ottenere particelle d’oro sferiche delle dimensioni di 10-20 nm. Dopo l’attacco dell’oro da parte dell’ e la formazione dell’acido cloroaurico, si aggiunge una soluzione di citrato all’1% e si riscalda la soluzione fino all’ebollizione. Il citrato svolge il ruolo di riducente e stabilizzante per le nanoparticelle.

Ruolo degli agenti riducenti e stabilizzanti nelle nanoparticelle d’oro

In alternativa al citrato, si posso impiegare altri agenti riducenti come l’acido ascorbico o il boroidruro. Gli ammine possono fungere da stabilizzanti per evitare l’aggregazione delle nanoparticelle. Grazie a continue ricerche e miglioramenti nella sintesi e nelle applicazioni delle nanoparticelle d’oro, il loro potenziale in campo medico è sempre più promettente.

Sintesi e Applicazioni delle Nanoparticelle d’Oro

Le nanoparticelle d’oro sono particelle di dimensioni nanometriche composte da oro e hanno dimostrato di avere molteplici applicazioni. Tra i vari metodi per la loro sintesi, vi è quello basato sulla reazione tra cloruro d’oro e citrato di sodio, che porta alla formazione di particelle con proprietà uniche.

Reazione di Sintesi

Durante la reazione, si osserva un cambiamento di colore da grigio a rosso, il che è indicativo della formazione di nanoparticelle d’oro. La reazione può essere schematizzata come segue:
2 AuCl4- + C6H5O73- + 2 H2O → 2 Au + 3 CH2O + 3 CO2 + 8 Cl- + 3 H+

Metodo Brust per la Sintesi

Un altro metodo di sintesi, proposto da Brust, prevede l’utilizzo di solventi organici immiscibili in come il toluene. Questo metodo impiega due riducenti, un legante tiolico e , che conducono alla riduzione dell’oro da Au(III) a oro metallico.

Il processo avviene in due fasi: una fase acquosa contenente l’acido cloroaurico e una fase organica con i leganti tiolici. Il trasferimento dell’HAuCl4 dalla fase acquosa a quella organica avviene grazie al tetraottilammonio bromuro (TOABr). I leganti tiolici legano l’oro, riducendolo ad Au(I) e formando legami S-Au(I).

Potenzialità e Applicazioni

Le nanoparticelle d’oro trovano applicazioni come catalizzatori e come substrati per analisi tramite la spettroscopia Raman. Nel campo medico, vengono studiate per il trattamento di patologie come l’artrite reumatoide e il morbo di Alzheimer.

Grazie alla capacità di assorbire la luce nel vicino infrarosso, le nanoparticelle possono essere impiegate nella terapia contro il cancro. Funzionalizzate per il riconoscimento di recettori presenti nei tessuti malati, le nanoparticelle possono accumularsi nei tessuti patologici e, tramite fototerapia, distruggere le cellule malate.

Le nanoparticelle d’oro rappresentano dunque una promettente area di ricerca per le loro eccezionali proprietà e potenzialità in diversi campi, tra cui la medicina e la nanotecnologia.

Platino: proprietà, reazioni, usi

Il platino è uno dei metalli di transizione appartenente al Gruppo 10 e al 6° Periodo della tavola periodica, con configurazione elettronica [Xe] 4f14 5d9 6s1. Insieme al rutenio, rodio, palladio, osmio e iridio, fa parte dei metalli del gruppo del platino, con proprietà fisiche e chimiche simili e presenti negli stessi giacimenti minerari.

Proprietà

Il platino è un metallo di colore bianco-argenteo, nobile, prezioso, brillante, scarsamente reattivo, stabile e resistente alla corrosione. Si trova in alcuni minerali contenenti o , ma è più comunemente rinvenuto allo stato nativo nei depositi alluvionali. Presenta numeri di ossidazione che variano da +6 a -3, sebbene i più comuni siano +2 e +4.

La sua scoperta è stata attribuita all’astronomo Antonio de Ulloa e a Don Jorge Juan y Santacilia durante una spedizione in Perù tra il 1735 e il 1745. Il platino era noto alle popolazioni dell’America Latina in età precolombiana, ma fu considerato un’impurezza dell’argento dai conquistatori spagnoli, che lo chiamarono “platina” in modo dispregiativo.

Reazioni

Nonostante la sua inerzia chimica, il platino può essere attaccato dall’, producendo acido cloroplatinico secondo la seguente reazione:

Pt(s) + 4 HNO3(aq) + 6 HCl(aq) → H2PtCl6(aq) + 4 NO2(g) + 4 H2O(l)

L’acido cloroplatinico può essere utilizzato per ottenere l’ossido di platino (IV), noto come catalizzatore di Adam, mediante reazione con il nitrato di sodio. Il platino viene impiegato in varie reazioni catalitiche, come , , ossidazione e idrogenolisi:

H2PtCl6 + 6 NaNO3 → Pt(NO3)4 + 6 NaCl + 2 HNO3

Il nitrato di platino (IV) così ottenuto può essere sottoposto a una reazione di decomposizione per…

La produzione e gli usi del platino nelle varie industrie

Il platino è un elemento chimico che ha svariate applicazioni in diversi settori industriali. Un metodo comune per ottenere il platino è attraverso la decomposizione termica dell’acido cloroplatinico, che porta alla formazione di varie sostanze tra cui il cloruro di platino (IV) e il cloruro di platino (II).

La sintesi del platino e dei suoi composti

La decomposizione termica dell’acido cloroplatinico dà luogo alla formazione di cloruri di platino, come il cloruro di platino (IV) e il cloruro di platino (II). Questi composti possono reagire con diversi leganti per formare complessi, come il cisplatino PtCl2(NH3)2 utilizzato in chemioterapia.

Usi del platino in diverse industrie

Il platino è ampiamente utilizzato nel settore della gioielleria, in lega con l’oro, grazie alla sua resistenza alla corrosione e alla stabilità ad alta temperatura. Trova impiego anche come catalizzatore, insieme al palladio e al rodio, nei convertitori catalitici delle autovetture per la riduzione delle emissioni inquinanti.

Altre applicazioni del platino

Oltre all’industria automobilistica, il platino è impiegato nella produzione di attrezzature mediche come pacemaker e valvole cardiache, utensili da laboratorio, cavi elettrici, punti di contatto e crogioli in platino per l’analisi termogravimetrica e la calorimetria differenziale a scansione.

Applicazioni speciali del platino

Un uso particolare del platino è nella creazione di metri e chilogrammi campione presso il Conservatoire national des arts et métiers di Parigi, realizzati in lega di platino e iridio per garantire precisione e affidabilità nel campo della metrologia.

In conclusione, il platino rappresenta un elemento di fondamentale importanza per diverse industrie grazie alle sue proprietà uniche e alle sue numerose applicazioni nel campo della gioielleria, della chimica e della medicina.

Chetone del lampone: sintesi, composto anti-obesità?

Il Chetone del Lampone: Origine e Utilizzi

Il chetone del lampone, noto anche come 4-(4-idrossifenil)butan-2-one, è un composto fenolico che conferisce al lampone il suo caratteristico aroma. A differenza di more e mirtilli, nel lampone questo composto prevale sugli altri e contribuisce significativamente al profumo, insieme ad , aldeidi, chetoni e terpenoidi.

Sintesi del Chetone del Lampone

Nella natura, il chetone del lampone si forma attraverso una serie di reazioni a partire dalla condensazione tra 4-cumaroil-CoA e malonil-CoA. Questo composto è ampiamente utilizzato dall’industria alimentare per aggiungere aroma ai prodotti, oltre ad essere impiegato nel campo dei cosmetici e dei .

Per ottenere il chetone del lampone in quantità significative, viene spesso sintetizzato artificialmente. Una via sintetica comune prevede una condensazione aldolica incrociata tra 4-idrossibenzaldeide e , seguita da un processo di idrogenazione catalitica per ottenere il chetone desiderato.

Metodi Sintetici Alternativi

Un’altra metodologia sintetica implica un’ alchilazione di Friedel-Crafts tra fenolo e 4-idrossiburan-2-one, con l’ausilio di un catalizzatore per favorire la reazione.

Potenziali Benefici Anti-Obesità

Il chetone del lampone è stato oggetto di interesse per le presunte proprietà anti-obesità. Studi condotti su ratti nel 2005 hanno indicato che il chetone del lampone potrebbe alterare il , portando alla perdita di grasso. Questa scoperta ha stimolato l’uso del chetone del lampone come brucia-grassi in .

Tuttavia, data la sua somiglianza con la sinefrina, un alcaloide noto per le sue proprietà stimolanti, sono necessarie ulteriori ricerche per valutare eventuali rischi. Al momento, non è escluso che il chetone del lampone possa interagire con il sistema cardiaco, riproduttivo e lo sviluppo, richiedendo ulteriori approfondimenti.

Microplastica e danni all’ambiente: classificazione

La minaccia della microplastica

Le particelle di microplastica, con dimensioni che variano da un millimetro a un micrometro, rappresentano un serio problema ambientale. L’accumulo di rifiuti plastici nei mari ha dato vita a un nuovo ecosistema marino chiamato “plastisfera”. Questo ambiente unico è caratterizzato da una comunità microbica che si sviluppa attorno alla plastica, creando una nicchia ecologica distinguibile dall’ambiente circostante.

Impatto delle microplastiche sull’ambiente marino

Le sostanze polimeriche più comuni trovate nelle acque marine includono , , polietilentereftalato, e polivinilcloruro, derivanti da bottiglie, contenitori, piatti, posate, bicchieri e altro materiale plastico. Paesi come la Cina, le Filippine, la Thailandia, l’Indonesia e il Vietnam sono tra i maggiori contributori globali all’inquinamento marino da plastica.

Il Mediterraneo è particolarmente colpito dall’inquinamento da plastica, con la Turchia che gioca un ruolo significativo in questo contesto. Con tempi di decomposizione della plastica che vanno da 100 a 1000 anni, è fondamentale adottare misure per mitigare lo sversamento e l’accumulo crescente di questi materiali nell’ambiente marino.

Effetti dannosi delle microplastiche

Le microplastiche rappresentano oltre il 90% della plastica presente nei mari. Questi piccoli frammenti, spesso inghiottiti dagli organismi marini, possono compromettere la vita selvatica, con il rischio di causare gravi danni agli ecosistemi marini. È comune che pesci, tartarughe e foche rimangano intrappolati nei rifiuti plastici o li ingeriscano accidentalmente, mettendo a repentaglio la propria sopravvivenza.

Classificazione e gestione delle microplastiche

Le microplastiche sono classificate come secondarie, derivanti dalla frammentazione di rifiuti plastici più grandi, e primarie. Mentre la gestione delle microplastiche secondarie può essere limitata riducendo l’apporto di plastica nei mari, è fondamentale adottare politiche più rigorose per affrontare il problema delle microplastiche primarie. Investire in tecnologie avanzate e pratiche sostenibili potrebbe aiutare a mitigare l’impatto devastante delle microplastiche sull’ambiente marino.

Il Problema Delle Microplastiche

Le microplastiche, derivanti da una vasta gamma di prodotti di uso quotidiano come cosmetici e detergenti per la casa, hanno effetti devastanti sull’ambiente marino. Queste particelle, a causa delle loro dimensioni ridotte, vengono ingerite da pesci e altri organismi marini, finendo così sulle nostre tavole e compromettendo la catena alimentare.

Le Sostanze Dannose Coinvolte

La produzione industriale delle plastiche comporta l’utilizzo di sostanze nocive come solventi, stabilizzanti e plastificanti come il , i ftalati e gli . Queste sostanze tossiche e in alcuni casi cancerogene si accumulano negli organismi marini, aumentando il rischio per la salute umana.

Impatto Sull’Ambiente Marino

Gli effetti dell’inquinamento da microplastiche non si limitano agli animali marini di grosse dimensioni, ma coinvolgono anche gli invertebrati filtratori che rischiano di soffocare a causa dell’accumulo di questi rifiuti. È fondamentale intervenire per proteggere gli ecosistemi marini e preservare la biodiversità.

La Responsabilità dell’Essere Umano

L’uomo ha il dovere di agire con responsabilità e consapevolezza, adottando pratiche sostenibili e investendo in ricerca e innovazione per affrontare la sfida dell’inquinamento plastico. Solo un impegno concreto verso la salvaguardia dell’ambiente e il benessere delle generazioni future potrà dare una soluzione a questo grave problema.

Conclusioni

Per contrastare l’inquinamento da microplastiche e proteggere gli ecosistemi marini, è necessario un cambio di mentalità e un’impegno collettivo per ridurre l’uso di plastica e promuovere pratiche sostenibili. Solo attraverso una maggiore consapevolezza e azioni concrete si potrà preservare la bellezza e la ricchezza dei nostri mari per le generazioni future.

Acido cloroaurico: sintesi, usi

L’Acido Cloroaurico e le sue Applicazioni nell’Industria Chimica

L’acido cloroaurico, noto anche come HAuCl4, è un acido monoprotico forte comunemente impiegato nei processi di raffinazione dell’. Questo acido viene utilizzato per dissolvere l’oro, nonostante la sua scarsa reattività come metallo, grazie all’azione combinata dell’, una miscela di acido cloridrico (HCl) e acido nitrico (HNO3). La reazione chimica che avviene è la seguente:

Au + HNO3 + 4 HCl → HAuCl4 + NO + 2 H2O

Il risultato di questa reazione è la formazione di cristalli aghiformi di colore giallo-arancio, noti come acido cloroaurico.

La Sintesi dell’Acido Cloroaurico

L’acido cloroaurico può essere ottenuto in diversi modi, tra cui l’elettrolisi dell’oro in acido cloridrico e l’azione del cloro in presenza di HCl. Queste reazioni sono utilizzate per il recupero dell’oro da componenti elettronici.

Applicazioni Industriali delle d’Oro

L’utilizzo principale dell’acido cloroaurico è nella sintesi di nanoparticelle d’oro (AuNPs) con diametro variabile da 5 a 400 nm. Queste nanoparticelle trovano applicazione in diversi settori, come la biomedicina e l’industria. Nel campo biomedico, le nanoparticelle d’oro vengono impiegate come biomarcatori e nei biovetri per la ricostruzione ossea, mentre nell’industria trovano impiego come catalizzatori e sensori colorimetrici.

Processo di Sintesi delle Nanoparticelle d’Oro

Le nanoparticelle d’oro vengono sintetizzate utilizzando una soluzione di acido cloroaurico, che viene portata all’ebollizione e fatta reagire con . Questa reazione porta alla formazione di acido chetoglucarico e oro colloidale. Il risultato finale è una soluzione di colore rosso vino, che indica la formazione delle nanoparticelle d’oro.

In conclusione, l’acido cloroaurico gioca un ruolo fondamentale nell’industria chimica, sia per la sia per la sintesi delle preziose nanoparticelle d’oro, utilizzate in svariate applicazioni.

Serie spettrochimica: separazione del campo dei leganti

La series spettrochimica identifica una graduatoria di leganti e ioni metallici in base alla loro capacità di generare un campo. Questa serie è stata sviluppata inizialmente da R. Tsuchida nel 1938 attraverso lo studio di spettri elettronici di che coinvolgono .

L’assunzione di base è che il metallo si presenti in forma ionica e i leganti si legano ad esso per attrazione elettrostatica, considerando i leganti come cariche negative puntiformi. A seconda del numero di elettroni nel catione metallico, si forma un diverso campo elettrostatico quando i leganti si avvicinano ad esso.

e serie spettrochimica:

Vi sono cinque orbitali degeneri di tipo d: dxy, dxz, dyz, dx2-y2, dz2. Per gli orbitali dxy, dxz, dyz, la massima probabilità di trovare gli elettroni è a 45° rispetto agli assi cartesiani, mentre per gli orbitali dx2-y2, dz2 è lungo gli assi.

Se lo ione è circondato da un campo con simmetria sferica di cariche negative, si un aumento dell’energia degli orbitali d a causa dell’effetto repulsivo tra il campo negativo e gli elettroni negli orbitali d. Viceversa, in caso di simmetria ottaedrica, gli elettroni d vengono repulsi dalle cariche puntiformi dei leganti, provocando un’instabilità dipendente dalla forma del complesso e dalla direzionalità degli orbitali d.

:

Questa situazione porta ad una separazione degli orbitali d precedentemente degeneri in due gruppi: orbitali dx2-y2, dz2 a energia più elevata (eg) e orbitali dxy, dxz, dyz a energia inferiore (t2g). L’innalzamento di energia degli orbitali dx2-y2, dz2 corrisponde ad un abbassamento di energia degli orbitali dxy, dxz, dyz.

La differenza di energia, chiamata separazione del campo, influisce sulla stabilità complessiva del complesso e sulla sua reattività.

Fattori che influenzano la separazione del campo cristallino

La separazione del campo cristallino, indicata con Δ e Δo per i complessi ottaedrici, rappresenta la repulsione elettrostatica tra gli elettroni d dell’ione metallico e le cariche puntiformi dei leganti. Questa misura è influenzata da diversi fattori:

Tipo e dimensioni del legante

Il tipo e le dimensioni dei leganti influenzano la repulsione elettrostatica tra gli elettroni d e le cariche puntiformi dei leganti, contribuendo alla separazione del campo cristallino.

Forza di legame tra legante e ione metallico

La forza di legame tra il legante e l’ione metallico ha un impatto diretto sulla separazione del campo cristallino, poiché determina la capacità del legante di influenzare la disposizione degli elettroni d.

Geometria e numero di coordinazione del complesso

La geometria e il numero di coordinazione del complesso metallico-legante influenzano la separazione del campo cristallino, poiché determinano la disposizione spaziale degli elettroni d.

Numero di ossidazione del catione metallico

Il numero di ossidazione del catione metallico può influenzare la separazione del campo cristallino, poiché determina la disponibilità degli elettroni d per interagire con i leganti.

Classificazione dei leganti

I leganti sono classificati in leganti a campo forte e a campo debole in base alla loro capacità di provocare una separazione del campo cristallino. I leganti a campo forte inducono un alto valore di Δ, mentre i leganti a campo debole determinano un Δ più basso.

Serie spettrochimica

I leganti sono classificati in base alla loro capacità di provocare una separazione del campo cristallino in una serie detta serie spettrochimica. Questa serie rappresenta l’ordine dei leganti in base alla loro forza nel separare il campo cristallino, come illustrato nella figura sottostante.

Tricloruro di azoto in piscina

Il Pericolo del Tricloruro di Azoto nelle Piscine Coperte

Il tricloruro di azoto, noto come tricloroammina, è un liquido oleoso giallo con un odore pungente e irritante, scarsamente solubile in . La sua sintesi avviene facendo reagire ammonio cloruro e cloro. Tuttavia, è importante notare che questo composto è un forte ossidante che può provocare esplosioni violente se sottoposto a shock o a temperature superiori a 57°C.

Il Pericolo delle Esplosioni

Le esplosioni causate dal tricloruro di azoto hanno provocato in passato gravi danni fisici a diversi ricercatori, incluso Sir Humphry Dave, che ha subito danni temporanei alla vista a causa di una reazione esplosiva. Le conseguenze di tali esplosioni hanno portato alla perdita di dita e ad altri danni fisici significativi.

Rischi Respiratori

Il tricloruro di azoto è comunemente presente nell’aria delle piscine coperte, causando problemi respiratori e irritazione degli occhi per coloro che frequentano tali ambienti. Questo composto si forma insieme ad altri derivati del cloro usati come disinfettanti nelle piscine e da composti organici dell’azoto provenienti da varie fonti come , sudore e tessuti epiteliari.

Formazione della

La formazione del tricloruro di azoto avviene come risultato della reazione tra l’urea e l’, che porta alla formazione di varie clorammine tra cui la triclorammina. La corretta gestione e delle acque delle piscine sono cruciali per minimizzare la presenza di questo composto potenzialmente nocivo.

Conclusioni

La presenza di tricloruro di azoto nelle piscine coperte rappresenta un rischio per la salute umana, e pertanto è fondamentale adottare misure preventive per ridurre al minimo l’esposizione a questo composto tossico. La corretta aerazione delle piscine e un’attenta gestione delle acque possono contribuire a mantenere un ambiente più sicuro per gli utenti.
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