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Storia e caratteristiche del Kolumbo analizzate

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Santorini, nel Mar Egeo, è parte del campo vulcanico Christiana-Santorini-, una delle aree vulcaniche globalmente più pericolose. Questo campo comprende anche il vulcano estinto Christiana, il vulcano Kolumbo e oltre 24 vulcani sottomarini. Il Kolumbo, il più esteso di questi vulcani sottomarini, è posizionato a circa 8 km a nord-est di Santorini, con un diametro di circa 3 km e un cratere di circa 1,5 km. Scoperto nel 1650, il vulcano ha prodotto eruzioni esplosive e flussi piroclastici, generando uno tsunami che colpì le coste di Santorini causando circa 70 vittime. Questo vulcano, dotato di una camera magmatica contenente una significativa quantità di magma, è oggetto di monitoraggio costante tramite un osservatorio sottomarino.

Dove si trova e com’è fatto il vulcano Kolumbo

Il vulcano Kolumbo, situato nel Mar Egeo a circa 8 km a nord-est di Santorini, è un vulcano sottomarino parte dell’arco vulcanico ellenico, che si estende per più di 450 km. Questa catena vulcanica si è formata a seguito dello sprofondamento della placca africana sotto la microplacca dell’Egeo, portando alla fusione della placca sprofondata nel mantello e alla risalita di magma in superficie, origine dei vulcani. Questo processo ha anche generato le faglie che provocano i avvertiti recentemente a Santorini.

Il vulcano Kolumbo fa parte del campo vulcanico Christiana-Santorini-Kolumbo, che include il vulcano estinto Christiana, la caldera di Santorini e il vulcano interno Nea Kameni con i suoi 24 vulcani sottomarini. Il diametro del Kolumbo è di circa 3 km, mentre quello del cratere è di circa 1,5 km, con i bordi più elevati situati circa 10 m sotto il livello del mare. Il cratere presenta pendii ripidi, specialmente nelle aree nord, est e sud-est, mentre la porzione settentrionale contiene camini idrotermali, strutture formate da depositi di metalli che rilasciano acqua molto calda.

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Le eruzioni esplosive del 1650

Il campo vulcanico Christiana-Santorini-Kolumbo è noto per la pericolosità, avendo registrato oltre 100 eruzioni esplosive negli ultimi 650.000 anni. Le prime eruzioni documentate del Kolumbo si verificarono nel 1650, evento che portò alla scoperta del vulcano. Le eruzioni, precedute da attività sismica prolungata, furono esplosive e si protrassero per mesi, mostrando un’intensità inferiore rispetto alla catastrofica eruzione minoica del 1613 a.C. Le esplosioni generarono un’imponente espulsione di magma, portando all’emergere del Kolumbo dalle e a flussi di gas e materiali piroclastici che raggiunsero la costa orientale di Santorini, provocando uno tsunami. Questi eventi causarono circa 70 vittime.

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Vulcano Kolumbo: i rischi per l’isola di Santorini

Gli esperti riconoscono al Kolumbo la potenziale pericolosità, con possibilità di emissioni di gas tossici, ricadute di ceneri, flussi piroclastici e tsunami. Attraverso tecniche basate su onde sonore per la visualizzazione del sottosuolo, è stata individuata una vasta camera magmatica con un accumulo di circa 4 milioni di cubi di magma all’anno dal 1650. Se tale accumulo dovesse continuare, in 150 anni si potrebbe raggiungere la quantità di magma presente al momento dell’eruzione del 1650. Un rischio significativo derivante dall’instabilità dei ripidi fianchi del cratere, composti da materiali poco coerenti, è il potenziale perina di frane che potrebbero generare tsunami, incentivando il costante monitoraggio da parte di un osservatorio sottomarino.

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Cos’è, come funziona e a cosa serve il cavo

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L’impianto di messa a terra costituisce un collegamento elettrico tra il terreno e le parti di un impianto che potrebbero accidentalmente andare in tensione a seguito di un guasto. La legislazione vigente, in particolare il D.P.R. n. 462 del 22 ottobre 2001, prevede che ogni impianto elettrico debba essere dotato di un impianto di messa a terra. Tale sistema di protezione è progettato per limitare danni e rischi, garantendo la sicurezza dell’impianto e delle persone coinvolte.

Funzionamento dell’impianto di messa a terra

Un impianto elettrico tipico richiede la circolazione di corrente elettrica per il suo funzionamento. In caso di guasto, per esempio a causa di un isolamento difettoso, un dispositivo elettrico potrebbe diventare una massa e risultare in tensione, creando rischio di scosse elettriche per chi lo utilizza. L’impianto di messa a terra ha la funzione di creare una percorso preferenziale per la corrente, trasferendola in sicurezza verso il terreno, che presenta la minor resistenza al passaggio elettrico. Questo meccanismo è essenziale per preservare la sicurezza dell’impianto e delle persone ad esso collegate.

Componenti dell’impianto di messa a terra

Un impianto di messa a terra è costituito principalmente da tre componenti:

  • Conduttori di protezione, ovvero i cavi che collegano le masse al sistema di terra;
  • Elementi dispersori, come barre di acciaio zincato o rame infisse nel terreno, che disperdono la corrente elettrica nel suolo;
  • L’interruttore differenziale, noto come salvavita, che interrompe il flusso di corrente in caso di guasto, accertandosi che la corrente in entrata sia uguale a quella in uscita.

È importante notare che l’impianto di messa a terra potrebbe non essere efficace al 100%. Anche se una parte significativa di corrente viene deviata verso la terra, una minima frazione potrebbe seguire percorsi alternativi. Pertanto, è fondamentale effettuare controlli periodici dell’impianto per rilevare eventuali malfunzionamenti.

Identificazione della messa a terra

All’interno di un impianto elettrico, il di messa a terra è generalmente contrassegnato da una guaina di color giallo-verde. Questo cavo raccoglie le diramazioni delle masse e, al termine del suo percorso, effettua il contatto fisico con il dispersore nel terreno, che è spesso situato all’interno di un pozzetto. In alcune situazioni, la presenza della messa a terra è segnalata da un cartello con il simbolo appropriato.

Riferimenti:

CNI – Impianto di Terra

CEI 64-8/5 – Impianti elettrici a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua

Fonte Verificata

un pesce abissale avvistato in acque superficiali

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Il Diavolo Nero. Credit: David Jara Boguñá

Un raro esemplare di pesce abissale noto come Diavolo Nero (Melanocetus johnsonii) è stato avvistato a pochi chilometri dalla costa di Tenerife, immortalato dal fotografo David Jara Boguñá. Le immagini, che hanno suscitato grande interesse tra gli studiosi e gli appassionati del settore, ritraggono un pesce di circa sei centimetri, tipicamente residente in profondità marine comprese tra i 200 e i 2000 metri, dove raramente viene visto in superficie. Il comportamento insolito di questo pesce ha spinto a formulare diverse ipotesi: tra queste, si considera la possibilità che il Diavolo Nero stesse tentando di fuggire da un predatore o che fosse stato trasportato da una corrente d’acqua calda, nonostante quest’ultima opzione sembri poco probabile. Nonostante fosse innocuo per gli esseri umani, l’esemplare è deceduto poco dopo l’incontro, dimostrando quanto le siano un ambiente ostile per questa specie.

Caratteristiche del Diavolo Nero

Il Diavolo Nero appartiene alla famiglia delle Melanocetidae e all’ordine dei Lophiiformes. Questa specie è un lontano parente delle rane pescatrici e condivide con esse un aspetto peculiare, caratterizzato da una esca bioluminescente situata sulla testa e da un significativo dimorfismo sessuale. Le femmine di alcune specie possono raggiungere dimensioni a tre metri, mentre i maschi raramente superano i pochi centimetri, spesso attaccandosi al corpo delle femmine per la durata della vita, diventando una sorta di appendice.

L’esemplare filmato rappresenta dimensioni nella media per le femmine di questa specie. Essendo animali abissali, si sono adattati a vivere nelle profondità marine, dove la pressione è elevata e la luce è praticamente assente. Nel loro habitat naturale, i Diavoli Neri sono predatori stazionari, attendendo pesci o invertebrati attratti dalla luce della loro esca. La presenza di un Diavolo Nero in superficie è quindi un episodio molto raro, suscitando curiosità e interrogativi tra i ricercatori.

Immagine L’esemplare di Diavolo Nero ritrovato al largo di Tenerife.

Motivazioni della risalita

Le cause per cui il Diavolo Nero si sia avventurato in superficie sono state esplorate da esperti come Bruce Robison, scienziato del Monterey Bay Aquarium Research Institute. Secondo le sue analisi, l’esemplare avrebbe potuto cercare di sfuggire a un predatore, rimanendo disorientato mentre saliva. Un’altra possibilità è che fosse stato ingoiato da un predatore di grosse dimensioni nelle acque più profonde e successivamente liberato.

Un’altra spiegazione suggerisce che il Diavolo Nero possa aver ingoiato prede con vesciche natatorie gonfiate, portandolo a galleggiare verso l’alto. Inoltre, l’area di avvistamento è nota per la attività vulcanica sottomarina, dove colonnine d’acqua calda potrebbero aver contribuito alla risalita dell’animale. Nonostante l’osservazione non abbia evidenziato segni di barotrauma, le acque superficiali non sono favorevoli alla sopravvivenza del Diavolo Nero, che è deceduto poco dopo l’avvistamento.

Credit: NOAA Fisheries Un esempio degli effetti del barotrauma sui pesci di profondità.

Significato dell’avvistamento

L’avvistamento di questo raro pesce rappresenta un’importante opportunità per la ricerca scientifica. Le immagini raccolte e i resti dell’esemplare saranno utili per accrescere le conoscenze relative a questa specie, che fu descritta per la volta nel 1863 a seguito di ritrovamenti di individui morti. Le osservazioni di esemplari vivi sono state estremamente rare, con appena pochi avvistamenti documentati fino ad oggi. L’ultimo risale al 2014, quando un sottomarino scientifico catturò immagini del pesce nel suo habitat naturale. Questo recente incontro offre, dunque, una rara occasione per studiare un animale che innalza il velo su uno degli angoli più misteriosi dei nostri oceani.

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Il permafrost fondendo porta a conseguenze significative

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Il è un tipo di terreno permanente congelato, in cui si trovano ghiaccio, rocce e sedimenti. Resta sotto zero per almeno due anni consecutivi ed è presente principalmente nelle regioni boreali come la Siberia, l’Alaska, il Canada, la Groenlandia e l’Islanda, coprendo oltre 19 milioni di km². Negli ultimi decenni, tale strato di terreno ha subito una perdita superiore al 10%, contribuendo significativamente ai cambiamenti climatici. La fusione del permafrost rappresenta una problematica di rilevante importanza a causa delle sue molteplici sulla salute dell’ambiente.

Conseguenze ambientali della fusione del permafrost

Il graduale scongelamento del permafrost comporta il rilascio di gas serra, virus e la possibilità di eventi naturali come frane. Questo suolo congelato contiene ingenti quantità di carbonio, che, se liberato, potrebbe aggravare ulteriormente il cambiamento climatico. Secondo studi, le aree di permafrost dell’emisfero boreale potrebbero contenere oltre 1.700 miliardi di tonnellate di carbonio, molto superiore alle emissioni annuali globali di CO2. Se non controllato, il rilascio di questi gas serra potrebbe compromettere gli sforzi per contenere i cambiamenti climatici.

Danni ad infrastrutture e salute umana

Oltre all’impatto sul clima, la fusione del permafrost provoca danni a oltre 120.000 edifici, 40.000 km di strade e 9.500 km di oleodotti nelle zone interessate. Le variazioni della morfologia superficiale possono provocare instabilità del terreno, con fenomeni di erosione e frane, come evidenziato nel 2020 a Norilsk, dove diverse strutture hanno subito danni significativi. Inoltre, il permafrost custodisce antichi virus, alcuni dei quali potrebbero riemergere e rappresentare una minaccia per la salute pubblica. Gli scienziati hanno già registrato un caso di antrace in Siberia, legato allo scongelamento di una carcassa di renna.

Impatto sulla flora e fauna

La fusione del permafrost modifica anche il paesaggio delle regioni polari, trasformando le aree in ambienti più umidi e fangosi. Questa transizione portare alla scomparsa della flora locale, mettendo in pericolo le specie faunistiche che dipendono da essa. In particolare, il cambiamento delle condizioni ambientali può contribuire a fenomeni di siccità, specialmente quando il permafrost si trova sotto i corpi idrici, causando la scomparsa della loro alimentazione idrica.

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Il controverso esperimento carcerario di Stanford dimostra cosa

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Nel 1971, lo psicologo Philip Zimbardo della Stanford University condusse un conosciuto come esperimento della prigione di Stanford. Questo studio si è rivelato di grande impatto nel campo della psicologia sociale, illustrando come un ambiente particolare possa influenzare il comportamento umano. L’esperimento ha dato origine al concetto di “effetto Lucifero”, il descrive come individui normali possono assumere comportamenti violenti quando si trovano in determinate condizioni ambientali e sociali.

Dettagli dell’esperimento

L’esperimento coinvolse 24 partecipanti, selezionati tra 75 candidati, che vennero divisi in due : 12 furono designati come guardie e 12 come carcerati. L’obiettivo principale era osservare se i comportamenti fossero influenzati dai ruoli assegnati e dal contesto. La simulazione si svolse in una finta prigione, realizzata in modo meticoloso, e i partecipanti furono arrestati senza preavviso. Le guardie indossavano uniformi e avevano a disposizione strumenti di controllo, mentre i carcerati erano costretti a indossare divise numerate, mirate a ridurre la loro identità personale.

Svolgimento dell’esperimento

Il primo giorno si svolse senza incidenti significativi, ma già dal secondo giorno si verificarono tentativi di ribellione da parte dei carcerati, che furono puniti con esercizi fisici. In pochi giorni, la dinamica di potere tra guardie e carcerati divenne drammatica, con segni di violenza da parte delle guardie e sottomissione da parte dei prigionieri. Gli sperimentatori decisero infine di interrompere l’esperimento dopo soli sei giorni, rispetto ai quattordici previsti, a causa della crescente gravità delle interazioni.

Implicazioni e critiche

L’esperimento di Zimbardo ha dimostrato che il contesto sociale ha un’influenza notevole sui comportamenti individuali. Tuttavia, l’approccio metodologico ha ricevuto numerose critiche per non aver rispettato gli standard etici e scientifici. Le preoccupazioni riguardano la replicabilità del test e la difficoltà di generalizzare i risultati a una popolazione più ampia, dato che l’esperimento si basava esclusivamente su uomini e non considerava altre variabili . Nonostante il dibattito critico, il caso rimane un punto di riferimento fondamentale per lo studio della psicologia sociale e dell’influenza dei gruppi sul comportamento umano.

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I fondali marini sono conquistati dalla Cina con la sua prima stazione spaziale subacquea, ma a quale prezzo?

Pechino ha dato il via libera alla costruzione di una di ricerca sottomarina nel Mar Cinese Meridionale, un’area ricca di risorse naturali ma anche al centro di dispute geopolitiche. Scopriamo le ripercussioni per la biodiversità dei fondali marini e per il delicato equilibrio ecologico dell’area.

@Rappresentazione concettuale della stazione di ricerca sottomarina USA del Proteus Ocean Group, realizzata da Yves Béhar e fuseproject, pubblicata nel luglio 2020

Nel cuore del conteso Mar Cinese Meridionale, la Cina ha annunciato la costruzione di una “stazione spaziale” sottomarina, che sorgerà entro il 2030 a circa 2.000 sotto la superficie oceanica. Progettata per ospitare a sei scienziati per missioni di un mese, la struttura sarà un laboratorio avanzato per l’esplorazione degli ecosistemi marini, in particolare delle zone di “cold seep”, note per la loro biodiversità unica. Questo progetto solleva interrogativi sia sull’ambiente che sulla geopolitica globale.

Un’innovazione tecnologica di confine

La stazione sottomarina cinese sarà una delle installazioni più profonde mai costruite, focalizzandosi sull’osservazione dell’attività tettonica e sul monitoraggio delle risorse minerarie e energetiche, inclusi gli idrati di metano. Si stima che il Mar Cinese Meridionale contenga enormi riserve di metano, che potrebbero incrementare significativamente l’approvvigionamento energetico del Paese. Tuttavia, il progresso tecnologico porta con sé preoccupazioni per le implicazioni ecologiche e geostrategiche.

La biodiversità marittima sotto minaccia

Le “cold seep” sono ecosistemi sensibili che dipendono da un equilibrio fra condizioni ambientali. Queste regioni si caratterizzano per la risalita di fluidi e metano dal sottosuolo marino, creando ambienti ricchi di microorganismi e fauna rara. Sebbene il monitoraggio scientifico sia essenziale, l’intervento umano in questo delicato habitat potrebbe avere significative. Le operazioni di estrazione di metano, se non gestite con attenzione, potrebbero disturbare questi ecosistemi e compromettere la biodiversità, minacciando specie che dipendono dalle infiltrazioni di gas.

Scienziati sottolineano l’importanza di un approccio sostenibile nell’esplorazione e sfruttamento delle risorse sottomarine per preservare gli habitat marini. La potenziale accelerazione nell’estrazione di risorse in una così fragile area potrebbe aumentare i rischi di danni ecologici irreversibili, mentre le misure di monitoraggio della stazione potrebbero non essere sufficienti a mantenere intatto l’ecosistema.

Geopolitica e risorse: un mix esplosivo

Il progetto della stazione di ricerca suscita anche interrogativi geopolitici. Il Mar Cinese Meridionale è da tempo al centro di contese territoriali tra diversi Stati della regione, con rivendicazioni su parte di questo bacino ricco di risorse. Le ambizioni cinesi possono rafforzare il controllo sulla regione, aumentando le tensioni internazionali e il rischio di conflitti o di una guerra fredda sul predominio delle risorse.

L’installazione di una stazione così avanzata punta a consolidare il predominio marittimo della Cina, con implicazioni economiche e politiche. La connessione alla rete di fibra ottica sottomarina della Cina non è solo avanzamento tecnologico, ma un chiaro segnale della volontà di monitorare e gestire le risorse marittime.

Un elemento di discussione concerne l’eventuale utilizzo di nucleare per alimentare la stazione. Sebbene non vi siano conferme ufficiali, l’uso di fonti energetiche ad alta intensità sembra plausibile, data la necessità di un sistema energetico potente per le operazioni a tale profondità. Tuttavia, tale scelta potrebbe generare preoccupazioni legate alla sicurezza ambientale e alla proliferazione nucleare in un’area così geopoliticamente delicata.

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Come funziona e cosa si può fare

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Nella serata di lunedì, xAI ha presentato Grok 3, un nuovo modello di intelligenza artificiale, che si configura come «il chatbot più potente al mondo». Questo modello offre la capacità di analizzare immagini e rispondere a domande complesse, integrandosi anche con il social network X. Durante l’evento in diretta streaming, è affermato che Grok 3 supererebbe altri modelli concorrenti, tra cui Google Gemini, il modello V3 di DeepSeek, Claude di Anthropic e GPT-4o di OpenAI.

Per il suo , xAI ha impiegato un data center a Memphis dotato di circa 200.000 unità di elaborazione grafica (GPU), conferendo a Grok 3 una potenza di calcolo dieci volte superiore rispetto al precedente modello, Grok 2. Inoltre, il set di dati di addestramento è stato ampliato includendo documenti legali statunitensi e altre fonti, migliorando così la gamma di domande che il modello gestire.

Innovazioni e funzionalità

xAI ha introdotto nuove funzionalità per le applicazioni Grok su iOS e Web, tra cui “DeepSearch”, uno strumento di ricerca avanzato che analizza Internet e i contenuti di X per fornire risposte dettagliate. Gli utenti abbonati al livello Premium+ di X avranno accesso prioritario a Grok 3, mentre l’introduzione di ulteriori funzionalità avverrà tramite un nuovo piano chiamato “SuperGrok”. xAI prevede inoltre di rendere open source Grok 2 una volta che Grok 3 sarà stabilizzato, con l’intento di favorire la trasparenza e la collaborazione nella comunità dell’intelligenza artificiale.

Caratteristiche di Grok 3

La versione Grok 3 presenta significativi miglioramenti rispetto ai modelli precedenti, inclusi capacità di analisi delle immagini e risposte a domande intricate. Grok 3 mini, una versione più leggera, offre risposte più rapide con una riduzione dell’accuratezza. Sono disponibili anche modelli specifici per il ragionamento, come Grok 3 Reasoning, progettati per affrontare problemi complessi. Secondo xAI, questi modelli supererebbero il modello o3-mini di OpenAI in vari benchmark, tra cui il test matematico AIME 2025.

Gli utenti possono accedere ai modelli di ragionamento attraverso l’app Grok, dove è possibile richiedere al modello di “pensare” o utilizzare la modalità “Big Brain” per un’elaborazione approfondita di domande relative a matematica, scienza e programmazione. Grok 3 ha anche varie funzionalità ancora in fase beta, poiché il modello è stato rilasciato recentemente.

Accesso a Grok 3

Grok 3 sarà disponibile per gli abbonati al livello Premium+ di X, al costo di 50 dollari al mese (22,27 euro al mese in Italia), con accesso prioritario alle nuove funzionalità. Maggiori dettagli sul piano SuperGrok devono ancora essere rivelati. Maggiori informazioni sono disponibili nella registrazione della diretta streaming della presentazione del modello.

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Terremoti a Crotone, magnitudo fino a 3.7: analizzate le cause geologiche

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Oggi, a partire dalle 13:40, è in corso uno sciame sismico in provincia di , caratterizzato da 10 scosse di superiore a 2.0. La scossa più intensa ha raggiunto una magnitudo di 3.7 alle 14:11. Fortunatamente, non si segnalano danni a persone o cose, ma l’attenzione rimane alta nell’area. L’epicentro delle scosse è situato prevalentemente nei comuni di Scandale e Cutro, a una profondità compresa tra 20 e 30 km circa.

Origini geologiche degli eventi sismici

Dal punto di vista geologico, l’area è collocata in prossimità di una zona di faglie attiva conosciuta come sistema di faglie Crotone-Rossano. Le informazioni fornite dal database DISS dell’INGV indicano anche la presenza di un piano di subduzione, evidenziato da linee di colore viola. Anche se le strutture specifiche coinvolte negli eventi sismici non sono attualmente note, la geologia della zona è riconosciuta come complessa e storicamente sismica.

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In arancione è evidenziato il sistema di faglie responsabile dei in provincia di Crotone. Credit: DISS/INGV

Coesistenza di scosse sismiche nel mondo

Negli ultimi giorni si è registrata una serie di sciami sismici in varie regioni del mondo, comprese aree come Santorini e i Campi Flegrei. È importante sottolineare che, nonostante la contemporaneità di questi eventi, ciascun sciame è indipendente dagli altri. Ogni giorno, nel mondo, avvengono migliaia di terremoti, anche se la maggior parte di essi non è percepibile e viene registrata solo tramite strumenti appositi. Pertanto, la coesistenza di più eventi sismici in diverse aree è una fenomenologia normale e non deve destare preoccupazioni eccessive.

Frequenze sismiche in Italia

La frequente attività sismica in Italia essere spiegata attraverso diversi aspetti geologici. Per un approfondimento sull’argomento, è disponibile un video esplicativo al riguardo:

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Cosa significa e quali sono le cause

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Uno studio pubblicato su Nature Geoscience da ricercatori della University of Southern California (USC), guidati da John Vidale, ha evidenziato che la superficie del nucleo interno della Terra è soggetta a cambiamenti di . Precedentemente considerato completamente solido, il nucleo interno risulta influenzato dinamica del nucleo esterno fluido, portando a variazioni strutturali nel tempo. Queste scoperte sono significative, poiché potrebbero avere implicazioni sulla durata del giorno e sul campo magnetico terrestre.

Dettagli della scoperta

Per rivelare i cambiamenti nel nucleo interno, i ricercatori hanno analizzato onde sismiche generate da terremoti. Queste onde, propagandosi attraverso la Terra, variano a seconda dei materiali incontrati. Sono stati studiati terremoti avvenuti in 42 località vicino alle Isole Sandwich meridionali dell’Antartide tra il 1991 e il 2024. Durante l’analisi delle onde sismiche registrate nella stazione di Yellowknife, in Canada, i ricercatori hanno notato modifiche nelle forme delle onde tra il 2004 e il 2008, correlabili a una deformazione della superficie del nucleo interno. Risultati consistenti suggeriscono la presenza di piccole depressioni e rilievi al confine tra nucleo interno ed esterno. “Per la volta stiamo vedendo che si sta deformando”, ha commentato Vidale.

Causa e potenziali conseguenze

La causa principale dei cambiamenti di forma è stata identificata nell’interazione tra il nucleo esterno e il nucleo interno. Poiché il nucleo esterno è fluido, è soggetto a moti convettivi che influenzano il nucleo interno, deformandone la superficie. Le anomalie osservate nelle onde sismiche sono anche collegate a variazioni nella velocità di rotazione del nucleo interno, il , pur ruotando inizialmente più velocemente della Terra, ha rallentato nel 2009 e ha avviato una rotazione in direzione opposta. Durante lo studio di queste variazioni, i ricercatori hanno identificato anche i cambiamenti di forma del nucleo interno.

Le alterazioni nel nucleo interno potrebbero avere sul movimento del nucleo esterno e del mantello, con ripercussioni sulla durata del giorno e sul campo magnetico terrestre. Sebbene le scoperte presentino dinamiche interne al pianeta precedentemente sconosciute, ulteriori ricerche saranno necessarie per confermare pienamente tali risultati.

Immagine La rotazione del nucleo interno. Credit: USC Graphic/Edward Sotelo

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Incidente aereo a Toronto, il volo Delta Airlines si è ribaltato in atterraggio e ha preso fuoco: cosa sappiamo

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Credit: John Nelson

Un aereo CRJ-900 di Airlines proveniente da Minneapolis, con 80 persone a bordo (di cui 76 passeggeri), si è ribaltato e incendiato ieri, 17 febbraio 2025, alle 14:45 locali (20:45 italiane), subito dopo l’ all’aeroporto internazionale Pearson di Toronto. Fortunatamente, l’ non ha provocato vittime. Il bilancio è di 18 feriti, tra cui due adulti e un bambino in condizioni gravi. Le indagini sono già in corso per chiarire la dinamica e le cause del sinistro.

Dettagli sull’incidente

Secondo quanto riferito da alcuni passeggeri, l’incidente sarebbe avvenuto immediatamente dopo il contatto delle ruote del carrello con la pista. Video dell’atterraggio mostrano un impatto brusco con il suolo, durante il quale l’aereo ha inclinato una delle ali, che ha fuoco. I testimoni hanno descritto anche il velivolo che si stendeva su un fianco di ribaltarsi completamente. Dopo l’incidente, l’aereo ha perso l’ala destra.

Condizioni di volo

Le indagini si concentreranno sulle circostanze che hanno portato all’incidente. Tra i fattori da considerare ci sono le condizioni meteorologiche avverse, caratterizzate da neve e raffiche di vento fino a 65 km/h, con una temperatura di –8,6 °C. Sebbene il capo dei Vigili del Fuoco canadesi, Todd Aitken, abbia confermato che la pista era asciutta e i venti non preoccupanti al momento dell’atterraggio, la visibilità era limitata a causa della neve sollevata dalle raffiche.

Le comunicazioni radio tra la torre di controllo e l’aereo erano normali fino all’incidente. I controllori di volo avevano informato i piloti delle possibili raffiche di vento, ma non erano emersi indicatori di allerta.

Contesto degli incidenti aerei

Il velivolo coinvolto apparteneva alla stessa famiglia del CRJ-700, già noto per un incidente avvenuto a Washington il 29 gennaio, che aveva provocato 67 vittime a causa di una collisione tra un aereo di linea e un elicottero militare.

L’incidente di Toronto è il quarto in Nord America nelle ultime tre settimane, dopo quelli di Washington del 29 gennaio, Philadelphia del 31 gennaio, che ha causato 6 vittime, e un’ulteriore caduta in Alaska che ha provocato 10 morti.

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Un buco di 6 metri nel sarcofago del reattore nucleare 4 è stato causato dall’attacco di un drone a Chernobyl

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Recenti verifiche al sarcofago protettivo del reattore 4 dell’ex centrale nucleare di Chernobyl hanno rivelato danni conseguenti a un attacco di un drone, presumibilmente armato di esplosivo, avvenuto nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 2025. Un rapporto pubblicato da World Nuclear News riporta che l’incidente ha un’apertura di circa 6 all’interno di entrambi i livelli di rivestimento del reattore, senza alcun danno alla struttura portante e mantenendo i livelli di radioattività sotto controllo. Le squadre di emergenza ucraine sono attualmente impegnate nella riparazione delle strutture danneggiate.

Danni specifici al sarcofago

Il Servizio di Emergenza dello Ucraino ha comunicato che, il 17 febbraio, tre gruppi di esperti hanno avviato un’analisi dettagliata delle aree compromesse del sarcofago. Si è constatato che, sebbene i livelli di radiazione restino entro i limiti consentiti, è stata identificata una sezione del rivestimento esterno, di circa 15 metri quadrati, a un’altezza di 87 metri, gravemente danneggiata. In aggiunta, è stato creato un buco di circa 6 metri di diametro che ha colpito alcuni cavi elettrici, oltre a un’area aggiuntiva lievemente compromessa di 200 metri quadrati. Nessun danno significativo è stato accertato sulla struttura portante o sul rivestimento interno.

Informazioni sui sarcofagi di Chernobyl

È importante notare che, a seguito dell’incidente del 1986, fu costruito un sarcofago protettivo attorno al reattore 4, destinato a incapsulare il nocciolo fuso e circa 200 tonnellate di materiale radioattivo. Questo primo sarcofago, non progettato per durare a lungo, ha portato alla realizzazione di una struttura più esterna. Questa seconda costruzione, con dimensioni di 257 metri per 162 e un’altezza di 108 metri, pesa circa 36 mila tonnellate. Essa è caratterizzata da un rivestimento interno ed esterno attorno a una robusta struttura in acciaio, progettata per resistere a terremoti di magnitudo a 6.0, uragani e variazioni estreme di temperatura, con un’aspettativa di vita di circa un secolo.

Immagine Primo sarcofago realizzato a Chernobyl.

Immagine Secondo sarcofago realizzato a Chernobyl.

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Peptoni: strutture base in biologia utilizzate come fonte di nutrienti per colture cellulari.

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I peptoni sono sostanze che si formano degradazione di nutrienti ricchi di azoto, come le albumine. Questi composti vengono poi trasportati attraverso la barriera intestinale e utilizzati per la sintesi di proteine nel sangue. A metà del diciannovesimo secolo, l’albume d’uovo, la del latte, la fibrina del sangue, la gelatina e il dei cereali vennero classificati come nutrienti essenziali, poiché contengono azoto, e sono fondamentali per la vita.

Caratteristiche e utilizzi dei peptoni

La ricerca sulla natura di questi materiali ha rivelato che possono essere degradati da estratti di organismi viventi, come la presente nel succo gastrico e la tripsina prodotta dal pancreas. I peptoni sono miscele idrosolubili di polipeptidi, oligopeptidi e amminoacidi, insieme a grassi, vitamine e zuccheri, oltre a piccole quantità di sali inorganici provenienti dal substrato proteico originale.

Questi composti possono derivare dalla digerimento di latte o carne animale attraverso processi di proteolisi. Il materiale generato non solo è costituito da peptidi, ma include anche una gamma di nutrienti, che lo rendono ideali per i terreni nutritivi destinati alla coltivazione di batteri e funghi.

Peptoni da fonti animali e vegetali

I peptoni di origine animale, derivanti da fonti come bovini, suini e pesci, rivestono un ruolo cruciale nella produzione di alimenti fermentati. Questi nutrienti sono fondamentali per la crescita dei microrganismi, grazie alla crescente preferenza dei per prodotti fermentati, noti per i loro benefici per la salute e i sapori distintivi. I peptoni animali sono utilizzati nei terreni di coltura microbiologica e nei processi biotecnologici, dove la pura qualità è fondamentale.

Le tecniche moderne, come la filtrazione a membrana e l’idrolisi enzimatica, hanno migliorato la purezza dei peptoni, consentendo ai produttori di ottenere prodotti con contaminanti ridotti. Le fonti di proteine animali includono varie parti del corpo, come muscoli e pancreas, provenienti da animali regolamentati per un elevato standard di sicurezza alimentare.

In un contesto di preoccupazioni sanitarie legate a determinate malattie animali, è diventato sempre più necessario esplorare alternative vegetali ai peptoni. Questi, oltre ad eliminare il rischio di contaminazioni, offrono un profilo nutrizionale ricco di aminoacidi, carboidrati e composti liposolubili come vitamine e acidi nucleici.

I peptoni vegetali sono altresì vitali nella produzione di vaccini e nell’industria farmaceutica, in oltre a una varietà di applicazioni, da alimenti funzionali a processi agricoli sostenibili.

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