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Polimeri: classificazione, elastomeri e fibre

I , composti ad alto peso molecolare formati da numerosi monomeri legati tra loro attraverso legami chimici, possono essere classificati in diversi modi.

Classificazione dei polimeri

I polimeri possono essere classificati in base a diversi criteri, tra cui:
– Origine: naturale, semisintetica, sintetica
– Struttura: lineare, ramificata, reticolata
– Meccanismo di polimerizzazione: , policondensazione, radicalica
– Tipologia delle forze molecolari presenti

Le proprietà meccaniche dei polimeri, come la resistenza alla trazione, l’elasticità e la tenacità, sono influenzate dalle forze intermolecolari come i legami di van der Waals e i legami a idrogeno. In base a tali forze, i polimeri possono essere categorizzati come , fibre, polimeri termoplastici e .

Elastomeri

Gli elastomeri sono polimeri che possono subire grandi deformazioni elastiche e tornare alla loro forma originale quando la forza applicata cessa. Questi materiali, simili alla gomma naturale, sono composti da catene polimeriche amorfe legate da deboli forze intermolecolari e caratterizzate da elevata flessibilità molecolare. Tuttavia, a basse temperature, un elastomero può diventare rigido e fragile.

La transizione da comportamento elastomerico a comportamento rigido è legata alla capacità delle molecole di scorrere e muoversi su lunghe distanze. La temperatura di transizione vetrosa rappresenta il limite inferiore per l’utilizzo degli elastomeri come tali. Nei casi di gomme reticolate, la presenza di ponti di zolfo tra le catene riduce la mobilità, rendendo il materiale più rigido e meno deformabile.

Fibre

Le fibre sono caratterizzate

Caratteristiche delle Fibre Tessili

Le fibre tessili presentano proprietà come alta resistenza e alto modulo di elasticità, attribuite a forti forze intermolecolari come il legame a idrogeno che contribuiscono alla loro struttura cristallina. Le proprietà delle fibre tessili dipendono dalla struttura chimica, dal grado di polimerizzazione, dall’orientamento delle molecole, dalla cristallinità, dalla densità e dal collegamento trasversale tra le molecole.

È importante notare che il prodotto ottenuto dalla polimerizzazione non presenta le caratteristiche di una fibra fino a quando non subisce operazioni di filatura e stiro. Alcuni esempi di fibre includono quelle acriliche, poliammidiche, poliviniliche, poliuretaniche, polipropileniche e poliestere.

Polimeri Termoplastici

I polimeri termoplastici si distinguono per avere forze intermolecolari intermediate tra gli elastomeri e le fibre. Sono composti da lunghe catene lineari unite da forze di Van der Waals. Il riscaldamento dei polimeri termoplastici provoca il loro rammollimento, poiché l’ termica assorbita avvicina la forza delle Van der Waals che tengono unite le catene polimeriche. La fusione avviene con un ulteriore riscaldamento, mentre il raffreddamento riporta il polimero allo stato iniziale, consentendo il ripetersi del processo.

La presenza di ramificazioni rende il polimero termoplastico più rigido, mentre un solvente adeguato è in grado di separare le catene polimeriche unite da legami deboli. Esempi di polimeri termoplastici includono il polietilene, il polivinilcloruro e il polistirene.

Polimeri Termoindurenti

I polimeri termoindurenti si contraddistinguono per avere lunghe catene polimeriche unite da legami chimici trasversali. Essendo caratterizzati da un elevato numero di tali legami, sono stabili al calore e non fondono. Inoltre, non subiscono influenze significative dalle basse temperature a causa dell’impedimento della cristallizzazione data dalla fitta rete di legami trasversali.

Le proprietà meccaniche dei polimeri termoindurenti dipendono dal numero di legami trasversali, che determinano la flessibilità del materiale. Esempi di polimeri termoindurenti sono la bachelite, le resine epossidiche e le resine urea-formaldeide.

Il lago killer: morte 1746 persone nella valle del lago di Nyos

Il Disastro del Lago di Nyos: Cause e Conseguenze

Il 21 agosto 1986, nel nord-ovest del Camerun, la valle del Lago di Nyos fu teatro di una tragedia in cui persero la vita 1746 persone. Il lago, di origine vulcanica, si trova nel cratere di un vulcano inattivo. Dopo il disastro, numerosi sopravvissuti furono trasportati all’ospedale di Yaoundé, la capitale del Camerun.

La Catastrofe del Lago di Nyos e i Sintomi dell’Asfissia

I medici inizialmente attribuirono i sintomi manifestati dalla popolazione all’inalazione di gas sulfurei, considerando l’area coinvolta da attività vulcaniche. I sintomi tipici dell’asfissia riportati includevano dolori agli occhi, bruciore al naso, tosse e sensazione di strangolamento. Le acque del lago, solitamente limpide, erano diventate marroni a causa di un evento improvviso e le onde alte causate da una sorta di mini-tsunami.

Cause del Disastro e la Formazione dello Strato di CO2

La tragedia fu attribuita a cause chimiche, in particolare alla stratificazione del Lago di Nyos, in cui le acque superficiali non si mescolano con quelle più profonde. Questa stratificazione ha portato all’accumulo di biossido di (CO2), causando una condizione chiamata “meromissi”. Le fonti di CO2 includevano sorgenti sotterranee di acque con ioni , emissioni di gas vulcanici dal fondo del lago e la decomposizione di sostanze organiche depositate sul fondo.

Il Rilascio Incontrollato del Biossido di Carbonio

A causa dell’alta pressione sul fondo del lago e delle minori temperature rispetto alla superficie, la concentrazione di CO2 aumentava gradualmente, creando strati sovrapposti con condizioni diverse. Qualsiasi evento come un terremoto, uno smottamento o un forte vento che disturbasse questo equilibrio avrebbe potuto causare il rilascio incontrollato del CO2, con effetti devastanti simili a una “eruzione limnica”.

Conseguenze e Azioni Preventive

L’eruzione limnica del Lago di Nyos ha sprigionato .2 chilometri cubici di gas in circa 20 secondi, soffocando un intero villaggio situato a 15 miglia di distanza. Dopo l’incidente, gli scienziati hanno proposto di rimescolare l’acqua del lago per liberare il CO2 disciolto e prevenire un’altra tragedia. Tuttavia, questa soluzione rimane controversa poiché potrebbe innescare un rilascio incontrollato del gas.

In conclusione, il disastro del Lago di Nyos del 1986 ha rappresentato una tragica dimostrazione degli effetti devastanti di un’eruzione limnica. Gli sforzi per prevenire un’altra catastrofe sono in corso, ma resta sempre presente il timore di un’altra esplosione incontrollata di CO2.

Stibina: struttura, reazioni, sintesi

La Stibina: e Proprietà

La stibina, conosciuta anche come idruro di antimonio, è un gas incolore altamente tossico con un odore pungente di marce. Scoperta da Alfred Stock nel 1901, la stibina ha formula SbH3 ed è simile ad altri composti gassosi come l’, la e l’, presentando una struttura piramidale.

Reazioni della Stibina

La stibina si decompone all’aria formando Sb2O3 e, a temperature superiori a 200°C, si decompone nei suoi elementi di antimonio e idrogeno. Questa instabilità impedisce l’uso della stibina come agente fumigante.

Sintesi e Applicazioni

La stibina può essere ottenuta tramite reazioni che coinvolgono ioni Sb3+ in presenza di agenti riducenti come il litio alluminio idruro e il sodio boroidruro. È impiegata nell’industria dei semiconduttori per drogare il silicio mediante la deposizione chimica in fase vapore, fungendo da agente dopante.

In sintesi, la stibina è un composto di antimonio adoperato per scopi industriali e chimici, che richiede attenzione per la sua pericolosità e reattività.

Litio: proprietà, reazioni, usi

Il litio fa parte del ° Gruppo, noto come Gruppo dei metalli alcalini. Il suo nome deriva dalla parola greca “λίθος”, che significa pietra. Con numero atomico 3 e configurazione elettronica 1s2,2s1, il litio è il metallo più leggero e ha la minore densità tra i metalli alcalini, nonché il punto di fusione più alto.

Questo metallo morbido, di colore argenteo, altamente reattivo e infiammabile, viene conservato in oli minerali per proteggerlo dall’ossidazione. A causa della sua elevata reattività, non si trova allo stato puro in natura, ma in minerali come spodumene, trifilite, petalite, lepidolite e ambiglonite. Fu isolato per la prima volta dalla petalite dal chimico svedese Johan August Arfvedson nel 1817.

Il litio, come altri metalli alcalini, non può essere estratto con i metodi usuali a causa della sua elevata reattività. È possibile ottenerlo tramite elettrolisi di sali fusi, principalmente cloruri. È l’unico metallo alcalino in grado di reagire direttamente con l’azoto per formare il nitruro di litio.

Il nitruro di litio, composto ionico di colore rosso, si decompone in litio e azoto con il riscaldamento. Può reagire con l’acqua per formare idrossido di litio e . Le proprietà del litio sono diverse da quelle degli altri metalli alcalini a causa della relazione diagonale con il magnesio, condividendo molte proprietà con quest’ultimo.

La relazione diagonale si basa sulla somiglianza nel rapporto carica/raggio tra i due elementi, con il litio che presenta un raggio atomico di 152 pm e un di 76 pm, mentre per il magnesio sono rispettivamente 160 pm e 72 pm. La somiglianza tra litio e magnesio è una caratteristica di questa relazione diagonale che influisce sulle proprietà di entrambi gli elementi.

In conclusione, il litio è un metallo alcalino con caratteristiche uniche rispetto agli altri elementi del suo gruppo, grazie anche alla sua relazione diagonale con il magnesio che condivide alcune proprietà con questo metallo.

Reazioni chimiche del litio e del magnesio

Il litio e il magnesio sono due elementi che reagiscono lentamente con l’acqua e i loro ossidi e idrossidi sono poco solubili. Entrambi formano nitruri tramite la combinazione diretta con l’idrogeno. Gli ossidi Li₂O e MgO non si trasformano in con un eccesso di ossigeno. I carbonati Li₂CO₃ e MgCO₃ si decompongono facilmente in ossidi e .

Decomposizione degli ossidi e nitrati

Gli idrossidi e nitrati di litio e magnesio si decompongono per riscaldamento, generando rispettivamente ossido e acqua. Mentre il nitrato di litio produce ossido, altri metalli alcalini formano nitriti durante la decomposizione. Ad esempio, KNO₃ si decompone in KNO₂ e ossigeno.

Solubilità e cristallizzazione dei cloruri

Entrambi il cloruro di litio e di magnesio sono solubili in solventi organici, mentre sono deliquescenti e cristallizzano come sali idrati. Il comportamento anomalo del litio è dovuto alle sue dimensioni atomiche particolarmente ridotte e al suo alto potere polarizzante, che conferisce ai suoi composti un carattere covalente e la solubilità in solventi organici.

Usi del litio

L’ossido di litio viene impiegato come fondente nella produzione del vetro per abbassarne il punto di fusione e la viscosità. Il litio è ampiamente usato nelle batterie al litio per via del suo basso potenziale di riduzione, che ha portato alla sua diffusione sul mercato, soppiantando altre tecnologie.

Applicazioni specifiche

L’idrossido di litio, riscaldato con un grasso, è utilizzato per produrre sapone di stearato di litio, impiegato come addensante per oli e lubrificante ad alte temperature. In forma metallica, il litio viene utilizzato durante i processi di saldatura per favorire la fusione dei metalli e prevenire la formazione di ossidi.

Applicazioni industriali

I composti litio-organici sono utilizzati nell’industria dei polimeri come iniziatori e catalizzatori per reazioni specifiche. Questi composti contribuiscono alla produzione di una vasta gamma di materiali polimerici.

Reazioni dell’azoto con elementi dei gruppi 1, 2, 13, 14

Le Reazioni dell’Azoto con Altri Elementi e la Sintesi dell’

L’azoto, appartenente al Gruppo 15 della Tavola periodica e rappresentato dalla molecola biatomica N2 con un triplo legame, è noto per la sua relativa inertività. Tuttavia, una volta che il triplo legame si rompe, gli atomi di azoto diventano molto reattivi, formando vari composti con diversi tipi di legame. Dalla formazione di ioni nitruro N3- a composti come i con formula R-N=N-R e i cianuri con tripli legami RC≡ N, l’azoto mostra una vasta gamma di reattività dovuta alla sua configurazione elettronica 1s2, 2s2, 2p3, con tre elettroni spaiati e un doppietto elettronico solitario.

Reazioni dell’Azoto con Altri Elementi

Tra le reazioni più significative dell’azoto, vi è quella con l’idrogeno per la sintesi dell’ammoniaca secondo l’equazione:
N2 + 3 H2 → 2 NH3 (ΔH = – 15 kcal/mol). Questa reazione, messa a punto da Haber, è esotermica e presenta variazioni nel numero di moli che favoriscono la sintesi ad alte pressioni e basse temperature. Tuttavia, l’aspetto cinetico della reazione varia con la temperatura, richiedendo un equilibrio tra fattori termodinamici e cinetici.

Sintesi dell’Ammoniaca e Ruolo dei Catalizzatori

La sintesi dell’ammoniaca presenta sfide legate alla cinetica e alla termodinamica della reazione. La presenza di catalizzatori come il tetrossido di osmio ha permesso di migliorare la velocità della reazione a temperature contenute, ma i costi e la disponibilità limitata di questo catalizzatore hanno spinto alla ricerca di alternative. Haber e i suoi collaboratori hanno identificato il ferro come catalizzatore efficace per la sintesi dell’ammoniaca, risolvendo così parte delle problematiche legate al processo di produzione.

In sintesi, le reazioni dell’azoto con altri elementi evidenziano la complessità della sua chimica e l’importanza di metodi e catalizzatori adeguati per ottenere rese ottimali nei processi di sintesi.

Reazioni degli elementi con l’azoto: un mondo da esplorare

L’azoto è un elemento versatile che reagisce con diversi metalli creando legami e composti interessanti. Vediamo come avvengono queste interazioni con i diversi gruppi di metalli.

Metalli del 1° Gruppo

Le reazioni dell’azoto con i metalli del 1° Gruppo sono limitate al Litio. Questo metallo reagisce a temperatura ambiente con l’azoto producendo il secondo la seguente reazione:

6 Li(s) + N2(g) → 2 Li3N(s)

Il nitruro di sodio, invece, si può preparare sotto vuoto usando fasci atomici di sodio e azoto depositati su un substrato di zaffiro a una temperatura di -196°C. Questi composti presentano interessanti proprietà chimiche, come la capacità del nitruro di litio di agire da base di Brønsted e Lowry, reagendo con l’acqua per formare idrossido di litio e ammoniaca.

Metalli del 2° Gruppo

Le reazioni dell’azoto con i metalli alcalino-terrosi avvengono ad alte temperature, producendo con la formula generale M3N2 (M = Be, Mg, Ca, Sr, Ba). Questi composti sono ionici e solidi, ad eccezione del nitruro di berillio che è covalente. La loro reattività rispetto ai metalli del 1° Gruppo è dovuta all’alta tra gli ioni M2+ e N3-. Analogamente ai nitruri dei metalli alcalini, anche quelli dei metalli alcalino-terrosi reagiscono con l’acqua formando idrossidi e ammoniaca.

Elementi del Gruppo 13

Gli elementi del Gruppo 13, con un’elettronegatività maggiore rispetto ai gruppi precedenti, formano idruri con l’azoto. Questi composti hanno carattere covalente e la formula generale MN (M = B, Al, Ga, In, Tl).

Elementi del Gruppo 14

Il Silicio, elemento del Gruppo 14, reagisce con l’azoto a circa 1300-1400 °C in presenza di ferro come catalizzatore, producendo il nitruro di silicio. Questo composto trova svariate applicazioni industriali, dall’industria automobilistica alla produzione di cuscinetti a sfera, utilizzo in ambito ortopedico e nell’elettronica come isolante e barriera chimica nei circuiti integrati.

Alogenuri alchilici: usi, DDT, CFC

Applicazioni e Benefici degli Alogenuri Alchilici

Gli alogenuri alchilici sono composti organici che giocano un ruolo fondamentale in vari settori industriali e agricoli grazie alle loro diverse proprietà e funzionalità. Conosciuti anche come aloalcani, fanno parte della famiglia degli idrocarburi alogenati e presentano la formula generale CnH2n+X, dove X rappresenta un atomo di alogeno.

Utilizzi degli Alogenuri Alchilici

Questi composti versatile sono impiegati in svariati settori, che vanno dall’industria all’agricoltura, grazie alle loro diverse caratteristiche. Gli alogenuri alchilici trovano impiego come solventi, , agenti estinguenti, , , e vengono utilizzati anche nella produzione di prodotti farmaceutici, fungicidi ed erbicidi.

Attualmente, oltre 15.000 composti organici alogenati vengono prodotti e utilizzati per scopi industriali, trovando impiego anche come materia prima per la produzione di PVC, lubrificanti industriali, pesticidi, erbicidi, insetticidi e solventi.

Diclorometano

Il diclorometano CH2Cl2, il cloroformio CHCl3 e il tricloroetilene Cl2C=CHCl vengono comunemente impiegati come solventi in vari settori. In passato, il tetraclorometano CCl4 veniva utilizzato come sgrassante e solvente per la pulizia a secco, ma a causa della sua tossicità è stato eliminato da tali utilizzi.

Il diclorometano, per esempio, trova impiego nel processo di decaffeinazione del caffè, dove viene utilizzato per estrarre la caffeina dal caffè, rendendolo decaffeinato. Tuttavia, l’uso di alogenuri alchilici come solventi è stato limitato a causa della loro tossicità e del loro impatto ambientale.

Triclorometano

Il cloroformio, o triclorometano CHCl3, è stato utilizzato sin dal 1840 come anestetico generale per la chirurgia. Tuttavia, l’uso prolungato del cloroformio ha evidenziato effetti tossici e rischi per la salute, portando alla sua progressiva sostituzione con anestetici più sicuri.

Oggi, l’alotano, conosciuto come 2-bromo-2-cloro-1,1,1-trifluoroetano, è uno degli anestetici più utilizzati, grazie alla sua non infiammabilità e alla sua tollerabilità sulle mucose. Nonostante la sua tossicità, l’alotano rimane una scelta popolare per le procedure anestetiche.

In sintesi, gli alogenuri alchilici sono composti versatili con molteplici applicazioni, che vanno dalla produzione industriale alla medicina, nonostante le sfide legate alla loro tossicità e all’ambiente.Alogenuri Alchilici e il loro Contributo alla Salute Umana

I composti alogenurati, tra cui il cloroetano CH3CH2Cl, hanno diversi utilizzi, compreso quello nel campo odontoiatrico come anestetico locale. Tuttavia, il loro impiego più significativo è stato come insetticidi, contribuendo alla salvaguardia della salute umana in molteplici situazioni.

DDT: L’Insetticida Rivoluzionario

Il Dicloro-Difenil-Tricloroetano, noto come DDT, rappresentò una svolta nella lotta contro le malattie trasmesse dagli insetti. Introdotto nel 1939, il DDT si dimostrò efficace nel contrastare la malaria, parassitosi che ha afflitto l’umanità per millenni. Grazie al suo impiego, molti paesi riuscirono a eradicare la malaria e a salvare milioni di vite umane.

Tuttavia, nonostante i benefici iniziali, l’uso massiccio del DDT sollevò preoccupazioni sulla sua tossicità a lungo termine per l’uomo e per l’ambiente. Questo portò al divieto del suo impiego agricolo negli Stati Uniti nel 1972 e in Italia nel 1978. Nonostante ciò, il DDT è ancora utilizzato in alcune aree dove le malattie trasmesse dagli insetti rappresentano una minaccia per la vita umana.

CFC: Fluoroclorocarburi nell’Industria Frigorifera

Un altro gruppo di composti alogenurati ampiamente utilizzati sono i fluoroclorocarburi, noti come CFC. Questi composti, introdotti negli anni ’30, trovarono vasta applicazione nell’industria frigorifera, in particolare come refrigeranti nei cicli di compressione. Il CFC-12, uno dei membri più comuni della famiglia dei CFC, fu utilizzato diffusamente dopo la Seconda Guerra Mondiale per le sue eccellenti proprietà refrigeranti.

Tuttavia, l’enorme successo industriale dei CFC si scontrò con le preoccupazioni circa il loro impatto sull’ambiente, in particolare sullo strato di ozono. Questo portò alla progressiva regolamentazione e riduzione dell’uso dei CFC, culminando nel Protocollo di Montreal del 1987 che sancì il divieto dell’uso di molti di questi composti.

In conclusione, gli alogenuri alchilici hanno giocato un ruolo significativo nella storia della salute umana, sia come insetticidi salvavita che come refrigeranti industriali. Tuttavia, la consapevolezza dei loro potenziali rischi ha portato a una regolamentazione più rigorosa del loro impiego, bilanciando i benefici con la protezione dell’ambiente e della salute pubblica.

Impatto dei CFC sull’ambiente e la salute

I fluidi refrigeranti a base di

freon

sono conosciuti per il loro

calore latente

di evaporazione e per la capacità di ridurre la temperatura di ebollizione dei fluidi. Queste caratteristiche li rendono ideali per i cicli frigoriferi a compressione, offrendo sicurezza e stabilità nei confronti di diversi agenti chimici.

Riduzione dell’ozono stratosferico

Tuttavia, l’ampio utilizzo di questi composti ha causato un impatto significativo sull’ambiente, in particolare per quanto riguarda lo

strato di ozono

all’interno dell’ozonosfera. I CFC, rilasciati nell’atmosfera, reagiscono con la luce ultravioletta nella stratosfera, generando atomi di cloro che danneggiano l’ozono stesso. Questo danneggiamento porta alla riduzione dello strato di ozono, causando problemi di salute come l’aumento dei casi di melanoma e altri tumori a causa dell’esposizione diretta alle radiazioni ultraviolette.

Ruolo degli ODS

I CFC sono considerati tra le sostanze definite come ODS (Ozone Depleting Substances), composto che svolgono un ruolo significativo nell’assottigliamento dello strato di ozono. Queste sostanze sono estremamente stabili nella troposfera e si degradano solo quando esposte alla luce ultravioletta in stratosfera. La reazione chimica che ne deriva porta alla trasformazione dell’ozono in ossigeno, comportando conseguenze negative sull’ambiente e sulla salute umana.

Implicazioni positive e scelte responsabili

L’implicazione dei CFC nello sviluppo del buco nell’ozono ha portato a costose revisioni e cambiamenti nel settore industriale, con l’adozione di alternative più sostenibili e rispettose dell’ambiente. È importante sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di ridurre l’utilizzo di sostanze dannose per lo strato di ozono e sull’adozione di comportamenti responsabili per preservare l’equilibrio ambientale e la salute globale.

Per saperne di più su come preservare l’ambiente e adoptare scelte economiche e sostenibili, visita il sito di [chimica.today](https://chimica.today/).

Fosfina: struttura, sintesi, reazioni

La Caratteristiche della Fosfina e le sue Applicazioni

La sostanza chimica nota come fosfina, o PH3, è un gas inodore, incolore e infiammabile. A contatto con l’aria, brucia formando pentossido di fosforo secondo l’equazione 2 PH3 + 4 O2 → P2O5 + 3 H2O. È importante notare che la fosfina commerciale spesso contiene impurità di fosfano sostitutivo e difosfano, che conferisce un odore pungente simile ad aglio e pesce in decomposizione.

La Struttura della Fosfina

La struttura della fosfina è piramidale, simile a quella dell’ammoniaca, con un angolo di legame H-P-H di 93.5°, inferiore a quello dell’ammoniaca (107.5°). La fosfina è meno solubile in acqua e ha un momento dipolare minore rispetto all’ammoniaca.

La fosfina è un composto infiammabile, altamente tossico e corrosivo. È stato utilizzato come arma chimica e in agricoltura per il controllo dei parassiti. Intrigantemente, la fosfina può essere prodotta da alcune specie di organismi anaerobici che metabolizzano minerali fosfatici e li espellono sotto forma di fosfina.

Sintesi della Fosfina

La fosfina può essere ottenuta dalla reazione di fosfuri con l’acqua. Il fosfuro di calcio o di sodio, quando a contatto con l’acqua, generano fosfina rispettivamente secondo le seguenti reazioni:
– Ca3P2 + 6 H2O → 2 PH3 + Ca(OH)2
– Na3P + 3 H2O → 2 PH3 + 3 NaOH

Un altro metodo per ottenere la fosfina è la decomposizione del fosfuro di alluminio in presenza di acido solforico:
– 2 AlP + 3 H2SO4 → 2 PH3 + Al2(SO4)3

A livello industriale, la fosfina viene sintetizzata partendo da fosforo bianco e idrossido di potassio attraverso la seguente reazione:
– P4 + 3 KOH + 3 H2O → 3 KH2PO2 + PH3

La fosfina può essere purificata dalle impurità di difosfano tramite una reazione tra idrossido di potassio e ioduro di fosfonio:
– PH4I + KOH → PH3 + KI + H2O

La solubilità della fosfina in acqua è bassa, ma è più solubile in solventi organici come CS2 e CCl3COOH. Inoltre, le soluzioni acquose di fosfina sono neutre, poiché PH3 ha una bassa propensione a protonarsi o deprotonarsi.

Costanti di Equilibrio in Chimica

Nel mondo della chimica, le costanti di equilibrio giocano un ruolo fondamentale nel determinare la direzione di una reazione chimica. Due significativi sono:

PH3 + H2O ⇄ PH4+ + OH

: con una costante di equilibrio di Kb pari a 4 · 10-28.

PH3 + H2O ⇄ PH2.-  + H3O+

: dove Ka è 1.6 · 10-29.

Reazioni della Fosfina

La fosfina può reagire con acidi forti a basse temperature, tra cui gli acidi alogenidrici come l’HCl, per formare sali di fosfonio come il cloruro di fosfonio PH4Cl. Questa reazione è simile a quella che trasforma l’ammoniaca in sali di , anche se il carattere basico della fosfina è meno pronunciato.

La presenza del doppietto elettronico solitario sul fosforo permette alla fosfina di agire come legante con numerosi , creando come [BH3(PH3)], [Cr(CO)2(PH3)4], [Cr(CO)3(PH3)3], [Ni(PF3)(PH3)2].

Applicazioni della Fosfina

La fosfina trova impiego in diversi settori, tra cui:

Industria Tessile

: L’idrofosforilazione della formaldeide in presenza di produce un prodotto chiamato cloruro tetrakis o idrossimetilfosfonio, che rende il cotone ingualcibile e ignifugo.

Controllo dei Parassiti

: Ampiamente utilizzata come fumigante per prodotti immagazzinati come grano e tabacco. La sua tossicità è efficace nel combattere i parassiti senza danneggiare i prodotti.

Durante l’applicazione, la fosfina viene generata per idrolisi dal fosfuro metallico, offrendo vantaggi quali la rapida diffusione all’interno dei prodotti, la facilità d’uso e l’assenza di residui, rendendo possibile la ripetizione della fumigazione.

Reazioni acido-base e fisiologia: respirazione, acidi metabolici

L’importanza delle reazioni acido-base nell’organismo umano

Le reazioni acido-base giocano un ruolo essenziale nella fisiologia sia a livello cellulare che sistemico nell’organismo umano. Molti dei componenti del corpo possono agire sia come acidi che come basi, come nel caso delle proteine che contengono gruppi acidi e basici la cui conformazione e funzionalità dipendono dal . I processi metabolici fondamentali coinvolgono reazioni acido-base che comportano l’assorbimento o il rilascio di ioni H+.

L’80% del corpo umano è costituito da acqua, di cui due terzi si trovano all’interno delle cellule e il restante terzo nel liquido interstiziale e nel plasma sanguigno. Il plasma sanguigno, che rappresenta circa il 5% del peso corporeo, svolge diverse funzioni cruciali come il trasporto di sostanze nutritive ai tessuti, l’eliminazione dei prodotti metabolici attraverso organi come i polmoni e i reni, nonché il supporto della coagulazione del sangue.

Il plasma sanguigno contiene una varietà di componenti come proteine, nutrienti, metaboliti e ormoni, oltre a elettroliti inorganici come il cloruro di sodio (NaCl) e il bicarbonato (HCO3-).

Respirazione e reazioni acido-base

La respirazione è uno dei processi più cruciali della vita cellulare, in cui si verificano reazioni acido-base con la produzione di ioni H+ provenienti dalla metabolizzazione dei carboidrati e degli acidi grassi.

I carboidrati vengono metabolizzati secondo la reazione C(H2O)n + O2 → CO2 + n H2O, così come gli acidi grassi, producendo biossido di . Quest’ultimo, in equilibrio con l’acqua, può trasformarsi in acido carbonico attraverso una reazione acido-base:

CO2 + H2O ↔ H2CO3 ↔ H+ + HCO3-

Il corpo umano elimina l’, considerata un “acido volatile”, attraverso i polmoni, mantenendo così l’equilibrio. Allo stesso , l’assunzione di cibi contenenti sali derivanti da acidi deboli e basi forti può generare reazioni basiche nel corpo.

In conclusione, le reazioni acido-base svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’omeostasi fisiologica nell’organismo umano, influenzando sia il funzionamento delle singole cellule che il benessere generale del corpo.Il ruolo del bilancio di carica nel mantenimento del pH fisiologico

Il processo metabolico dei cibi produce CO2, che viene convertita in bicarbonato (HCO3-) nel corpo. Gli ioni idrogenocarbonato HCO3- sono essenziali sia come vettori per trasportare la CO2 attraverso i tessuti, come muscoli, cuore e cervello, sia per regolare il pH. Per mantenere il valore del pH entro i limiti normali, il sangue necessita di circa 24 mEq/litro di bicarbonato.

Gli equilibri acido-base nel corpo umano sono regolati da meccanismi complessi che includono la reazione acido-base secondo il . Questi equilibri sono fondamentali per mantenere il pH dei fluidi cellulari all’interno di un intervallo ottimale.

Acidi metabolici e meccanismi di regolazione del pH

L’organismo umano produce ogni giorno una vasta gamma di acidi, inclusi gli acidi fissi derivanti dal metabolismo di proteine, zuccheri e grassi. Questi acidi fissi vengono regolati attraverso l’azione dei reni. Il mantenimento dell’equilibrio acido-base avviene tramite l’escrezione selettiva di acidi o basi e l’azione dei sistemi tampone presenti nei fluidi corporei.

I meccanismi di regolazione del pH includono i sistemi tampone intra- ed extra-cellulari, l’attività respiratoria e l’attività renale. Deviazioni significative dal pH ottimale di 7.4 possono causare gravi patologie, come il coma acidosico a pH inferiore a 7.0 e l’alcalosi a pH superiore a 7.8. Pertanto, è fondamentale mantenere il pH entro un range di variazione di ± 0.4 per evitare possibili conseguenze per la salute.

Equazione di Born-Landé: energia potenziale elettrostatica, interazione repulsiva

L’equazione di Born-Landé, proposta da Max Born e Alfred Landé nel 1918, permette di calcolare l’ reticolare di un composto ionico cristallino considerando l’energia potenziale elettrostatica e l’interazione repulsiva.

Contributi dell’equazione di Born-Landé

L’energia potenziale elettrostatica tra due ioni è determinata dalla formula: Eel = – │Z+││Z│e2/ 4 πεor, dove le cariche dei cationi e degli anioni sono indicate rispettivamente con Z+ e Z. Nella cristallina, l’interazione tra un ione e gli altri ioni del reticolo è data da: Eel = – MNA│Z+││Z│e2/ 4 πεor, con NA numero di Avogadro e M costante di Madelung.

Interazione repulsiva e equazione di Born-Landé

Il secondo termine dell’equazione di Born-Landé rappresenta l’interazione repulsiva tra gli ioni nel , proporzionale a /rn: ER = NAB/rn. Questo termine dipende dal coefficiente di repulsione B, dalla distanza tra i centri degli ioni r e dal coefficiente di Born n.

Ottimizzazione dell’

L’equazione di Born-Landé combina i due contributi per calcolare l’energia reticolare complessiva: E = – MNA│Z+││Z│e2/ 4 πεor + NAB/rn. Per ottenere il minimo di energia reticolare, si calcola la derivata rispetto a r e si ottiene la distanza ottimale ro.

Conclusioni

L’equazione di Born-Landé è un importante strumento per calcolare l’energia reticolare dei composti ionici cristallini, considerando sia le interazioni elettrostatiche che le forze repulsive. Mediante la sua formulazione, è possibile studiare le proprietà energetiche dei materiali e comprendere meglio il comportamento dei cristalli.

Costante di equilibrio: determinazione spettrofotometrica

Determinazione della Costante di Equilibrio tramite Spettrofotometria

Gli indicatori acido-base sono sostanze deboli che presentano diverse colorazioni a seconda del dell’ambiente in cui si trovano. Queste sostanze vengono utilizzate nelle titolazioni acido-base per la rilevazione del punto di equivalenza tramite variazioni cromatiche. Grazie a queste caratteristiche, gli indicatori acido-base sono ideali per la determinazione spettrofotometrica della costante di equilibrio.

Equilibrio di Dissociazione degli Indicatori Acido-Base

L’equilibrio di dissociazione di un indicatore acido-base è descritto dalla reazione:
HIn(aq) ⇄ H^+(aq) + In^-(aq)
dove HIn rappresenta la forma acida dell’indicatore e In^- la sua base coniugata. La costante di equilibrio Ka è espressa da:
Ka = [H^+][In^-]/[HIn]

Calcolo della pKa

Trasformando la precedente equazione in logaritmi in base 10, otteniamo:
pKa = pH + log [HIn]/[In^-]

Quando [In^-]/[HIn] = , il che indica che le concentrazioni della forma acida e della sua base coniugata sono uguali, abbiamo pKa = pH.

per la Determinazione della Costante di Equilibrio

Per determinare la costante di equilibrio di reazioni che coinvolgono specie con diverse colorazioni a seconda del pH, si può ricorrere alla spettroscopia di assorbimento. Utilizzando una specifica lunghezza d’onda a cui una delle due specie assorbe fortemente, è possibile ottenere l’assorbanza in funzione del pH al variare della concentrazione della soluzione.

Variazione dello Spettro in Base al Cambiamento di pH

Secondo il , un aumento della concentrazione di ioni H^+ (e quindi una diminuzione del pH) sposta l’equilibrio verso la forma indissociata. Ad esempio, considerando il blu di bromotimolo, a pH minori di 6 assume una colorazione gialla, tra pH 6 e 7.6 diventa verde, e oltre pH 7.6 si presenta blu.

Quando si passa da un ambiente acido a uno basico, si nota una variazione nello spettro di assorbimento, con picco a 430 nm in ambiente acido (λ1) e a 630 nm in ambiente basico (λ2).

Con la spettrofotometria è possibile analizzare queste variazioni spettrali per determinare la costante di equilibrio di reazioni che coinvolgono indicatori acido-base con proprietà cromatiche diverse in base al pH.

Interpretazione dello spettro

Nell’ dello spettro, si individua una lunghezza d’onda in cui l’assorbanza non dipende dal pH, denominata

punto isosbestico

. A questo punto, le concentrazioni di [HIn] e [In] hanno la stessa assorbività molare. Quando la soluzione è molto acida, l’indicatore si trova principalmente come HIn, con un’elevata assorbanza a una certa lunghezza d’onda (λ1) e una minore a un’altra (λ2). Al contrario, ad elevati valori di pH, l’indicatore è prevalentemente presente come In, con una maggiore assorbanza a λ2 e una minore a λ1.

Variazioni dell’equilibrio con il pH

All’aumentare del pH, l’equilibrio tra HIn e In si sposta, causando una diminuzione dell’assorbanza a λ1 e un aumento dell’assorbanza a λ2. Il pH raggiunge il valore di pKa quando [In] = [HIn], corrispondente alla metà dell’indicatore come HIn e l’altra metà come In, con un punto di flesso per entrambe le specie.

Utilizzo della retta per la misurazione

Per una misurazione più accurata, è preferibile lavorare con una retta anziché con una curva. L’equazione pKa = log [In]/[HIn] + pH si rappresenta graficamente come una retta con pendenza +1, intercettando l’asse delle y nel punto in cui [In] = [HIn], ovvero al pH corrispondente a pH = pKa.

Misurazione dell’assorbanza

Per la misurazione dell’assorbanza, si scelgono due diverse lunghezze d’onda: una in cui l’indicatore è principalmente HIn e l’altra in cui è principalmente In. Si misura l’assorbanza ad ogni lunghezza d’onda, utilizzando la formula Aλ1 = ε(HIn, λ1)· b·[HIn], dove ε(HIn, λ1) è l’assorbività di HIn a λ1 e b è la lunghezza della cella.

Poiché la quantità di HIn dipende dal pH, è difficile determinare la concentrazione esatta. Tuttavia, è nota la concentrazione totale CT dell’indicatore, definita come CT = [HIn] + [In]. A pH bassi, in cui CT ≅ [HIn], si semplifica la formula dell’assorbanza.

Calcoli spettrofotometrici per determinare l’assorbimento di due sostanze

Nella spettrofotometria, è fondamentale calcolare l’assorbanza di due sostanze in soluzione che rappresentano il massimo dell’assorbanza a lunghezze d’onda specifiche. In particolare, si fa riferimento alle formule matematiche per il calcolo dell’assorbimento di HIn e In a diversi valori di pH.

Relazione tra HIn e In

La relazione tra le concentrazioni di HIn e In può essere determinata mediante l’equazione che lega i massimi di assorbanza alle rispettive costanti di assorbimento molare e alle concentrazioni delle specie chimiche coinvolte.

Correzione delle misure sperimentali

Quando si effettuano misurazioni spettrofotometriche, è importante considerare che l’assorbanza rilevata può derivare da entrambe le specie presenti in soluzione. È necessario correggere i valori dell’assorbanza sottraendo l’assorbanza minima misurata per ottenere valori corretti per ciascuna lunghezza d’onda.

Procedura sperimentale

Per determinare sperimentalmente i valori di assorbanza, si utilizza il blu di bromotimolo in soluzioni con diversi valori di pH. Nello specifico, si preparano soluzioni acide e basiche contenenti il blu di bromotimolo e si misura l’assorbanza a diverse lunghezze d’onda. Successivamente, si preparano soluzioni con diversi pH intermedi e si eseguono le misurazioni spettrofotometriche necessarie per calcolare l’assorbanza corretta delle due specie chimiche.

Esempio pratico

Per eseguire gli esperimenti, si aggiunge blu di bromotimolo in due palloni tarati e si preparano soluzioni acide e basiche. Si misura l’assorbanza delle soluzioni a diverse lunghezze d’onda e si procede con l’aggiunta di soluzioni tampone contenenti il blu di bromotimolo. I volumi di soluzioni tampone vengono regolati per ottenere diverse concentrazioni delle specie chimiche coinvolte.

In conclusione, eseguendo le misure spettrofotometriche su soluzioni con diversi pH e concentrazioni, è possibile determinare con precisione i valori di assorbanza corretti per le due specie chimiche considerate, HIn e In.

Calcolare il pH e l’assorbanza delle soluzioni

Per iniziare l’analisi delle nove soluzioni, è necessario portarle a volume con acqua distillata e successivamente misurare il pH utilizzando un pHmetro. Inoltre, è importante misurare l’assorbanza delle soluzioni a diverse lunghezze d’onda.

Calcoli e risultati

Per ottenere informazioni significative, è fondamentale sottrarre l’assorbanza minima registrata a ogni lunghezza d’onda dall’assorbanza di ciascuna delle nove soluzioni in esame. L’assorbanza minima corrisponde all’assorbanza della soluzione a pH = 1 per la lunghezza d’onda λ2 e all’assorbanza della soluzione a pH = 13 per la lunghezza d’onda λ1.

Successivamente, tramite l’equazione [In]/[HIn] = (Aλ2/ε(In- λ2)·b) / (Aλ1 / ε(HIn, λ1)·b), è possibile calcolare [In]/[HIn] per ciascuna delle soluzioni. I risultati possono quindi essere rappresentati graficamente, mostrando il pH in funzione di [In]/[HIn].

Determinazione del pKa e della costante di equilibrio

L’intersezione della retta ottenuta con l’asse delle y corrisponderà al pKa. A partire dal valore di pKa, sarà possibile risalire alla costante di equilibrio utilizzando la relazione Ka = 10-pKa.

Grazie a questa analisi dettagliata, sarà possibile ottenere informazioni fondamentali sulle nove soluzioni considerate, permettendo di comprendere meglio il loro comportamento in relazione al pH e all’assorbanza. Questi dati sono cruciali per interpretare i processi chimici coinvolti e per caratterizzare le soluzioni in esame.

Potenziale zeta: costante di Hamaker, grafici

Il significato del potenziale zeta, noto anche come potenziale elettrocinetico, è strettamente legato alla formazione del doppio strato elettrico in un sistema colloidale. I colloidi sono costituiti da una sostanza dispersa in un’altra, come liquido o gas, denominata fase disperdente. Al contrario delle soluzioni vere, dove le particelle del soluto e del solvente non sono distinguibili, i colloidi presentano particelle disperse di dimensioni comprese tra 1000 e 10 A°.

La stabilità dei colloidi è determinata dalla struttura elettrica e ionica dell’interfaccia particelle-liquido, che è caratterizzata dal doppio strato elettrico. La resistenza alle variazioni nel tempo della dispersione nel sistema colloidale è essenziale per la sua stabilità.

Il Doppio Strato Elettrico

Nel contesto del doppio strato elettrico, il caso dell’ in acqua è un esempio interessante poiché forma un colloidale molto stabile. Le particelle di AgI assorbono gli ioni in eccesso sulla loro superficie, formando due tipi di aggregati con ioni positivi e negativi presenti in soluzione.

Potenziale Zeta

Il potenziale zeta è il potenziale generato dal doppio strato elettrico all’interfaccia particelle-liquido. Esso dipende dalla natura e dalla struttura del doppio strato elettrico e svolge un ruolo fondamentale nella stabilità dei colloidi.

Teoria DVLO

La teoria DVLO, sviluppata dai fisici Derjaguin, Verwey, Landau e Overbeek, analizza la stabilità dei sistemi colloidali in base all’ potenziale totale VT, data dai contributi competitivi di energia potenziale dovuti al solvente, alle forze attrattive e repulsive. Il potenziale attrattivo è influenzato dalla costante di Hamaker e dalla distanza tra le particelle, mentre il potenziale repulsivo è determinato dalla repulsione del doppio strato elettrico, rappresentato dal potenziale zeta.

Misura del Potenziale Zeta

Il potenziale zeta può essere determinato sperimentalmente tramite misure di mobilità elettroforetica, fornendo informazioni sulla stabilità potenziale del sistema colloidale. Particelle con valori elevati di potenziale zeta si respingono, contribuendo alla stabilità del sistema colloidale.

Concetto Teorico alla Base della Stabilità dei Sistemi Colloidali

La stabilità di un sistema colloidale dipende dal bilanciamento delle forze attrattive e repulsive tra le particelle. Queste interazioni si manifestano quando le particelle si avvicinano a causa del moto Browniano.

Grafica degli Effetti delle Forze

Tracciando i contributi delle forze attrattive (VA) e repulsive (VR) rispetto alla distanza tra le particelle, si possono individuare due scenari distinti:

1. Nel caso in cui le forze repulsive superano quelle attrattive, si osserva un picco corrispondente a una barriera energetica che impedisce l’aggregazione delle particelle, garantendo la stabilità del sistema colloidale.

2. Se, al contrario, il risultante è negativo, predominano le forze di attrazione, portando all’aggregazione delle particelle e alla formazione di flocculi o coaguli, rendendo il sistema colloidale instabile.

Fattori di Stabilizzazione dei Sistemi Colloidi

Alcuni fattori che contribuiscono alla stabilità dei sistemi colloidali includono:

: l’assorbimento di sulla superficie delle particelle impedisce il contatto diretto, mantenendo le particelle separate grazie alla repulsione tra gli strati polimerici.

Stabilizzazione Elettrostatica

: dipendente dalla presenza di particelle cariche all’interno del sistema colloidale.

Applicazioni dei Colloidi in Diversi settori

L’utilizzo dei colloidi nell’ambito del trattamento delle acque, dell’industria alimentare, farmaceutica, agricola e cosmetica ha stimolato la ricerca e lo sviluppo continuo in questo campo.

La ricerca sull’ottimizzazione dei sistemi colloidali e sulle applicazioni pratiche in settori diversificati continua a evolversi, offrendo nuove opportunità e soluzioni innovative per vari ambiti applicativi.

Coagulanti chimici: proprietà, ausiliari della coagulazione

I benefici dell’utilizzo dei coagulanti chimici nell’acqua per la coagulazione e la rimozione delle particelle sospese sono evidenti. Esistono tre tipi di particelle che possono essere presenti nell’acqua: sostanze chimiche disciolte, soluzioni colloidali e solidi sospesi. La coagulazione è seguita dalla flocculazione, che consente di separare le particelle colloidali e sospese.

La coagulazione è un processo chimico che comporta l’unione di materiali insolubili manipolando le cariche delle particelle. L’aggiunta di sali di ferro o di alluminio, come solfato di alluminio o solfato ferrico, a un flusso di acque reflue favorisce questo processo.

L’obiettivo principale nell’utilizzo dei coagulanti è la riduzione della torbidità dell’acqua, contribuendo a renderla più limpida. Le particelle disciolte in forma ionica non possono essere allontanate con questo metodo poiché sono stabili.

La chimica della coagulazione si basa sulle interazioni tra le cariche delle particelle. I coagulanti neutralizzano le cariche elettriche delle particelle presenti nell’acqua, facilitando la loro rimozione.

I sono essenziali nel processo di coagulazione, seguito dalla flocculazione. Gli ausiliari della coagulazione possono accelerare il processo ma non sono sempre necessari. La scelta del coagulante e della sua concentrazione dipende dalle sostanze presenti nell’acqua.

I coagulanti più comuni sono la calce, l’allume e i sali di ferro. Essi possono essere sia sali metallici che di tipo cationico. I sali metallici di alluminio e ferro sono tra i più utilizzati per la loro efficacia nella coagulazione delle particelle presenti nell’acqua.

Le proprietà coagulanti dei sali metallici di alluminio e ferro sono legate alla loro capacità di formare complessi polinucleari con elevate capacità di coagulazione.

Per valutare il tipo e la dose di coagulante da utilizzare, vengono effettuate prove di Jar-test, che simulano il trattamento delle acque. Queste prove consentono di determinare il coagulante più adatto in base ai risultati ottenuti.

In conclusione, l’utilizzo dei coagulanti chimici è fondamentale per il trattamento delle acque e la rimozione delle particelle sospese, contribuendo a rendere l’acqua più pulita e sicura per il consumo umano e ambientale.L’importanza dell’usare sostanze coagulanti per la depurazione delle acque

La depurazione delle acque è un processo fondamentale per garantire la qualità dell’acqua che consumiamo. Una delle tecniche utilizzate per rimuovere le impurità presenti nell’acqua è la coagulazione, che si basa sull’uso di sostanze chimiche coagulanti. Tra queste sostanze troviamo l’, la cui efficacia può essere influenzata dal dell’acqua.

Sostanze come l’ossido di calcio idrato e il di magnesio possono agire da coagulanti, contribuendo alla rimozione delle particelle sospese nell’acqua. Le sostanze polimeriche sono spesso impiegate come coagulanti in quanto devono essere solubili in acqua. Questi polimeri possono essere di natura sia naturale che sintetica, con i polimeri sintetici che presentano il vantaggio di essere privi di tossine e biodegradabili.

Questi polimeri, grazie alle loro grandi dimensioni, possono favorire la destabilizzazione delle particelle in sospensione tramite la formazione di ponti o la neutralizzazione della carica. Essi possono assumere diverse forme come soluzioni, polveri ed emulsioni e vengono spesso utilizzati in combinazione con sali metallici per ottimizzare il processo di coagulazione.

Ausiliari della coagulazione come l’idrossido di calcio Ca(OH)2 possono essere impiegati per aumentare la concentrazione di ioni Ca2+ e CO32-, rendendo l’ambiente alcalino e favorendo la formazione di carbonato di calcio che aiuta ad inglobare le particelle colloidali presenti nell’acqua. In alternativa, la bentonite, un minerale argilloso, può essere impiegata per aumentare la viscosità dell’acqua, facilitando la formazione di gel e contribuendo al processo di depurazione delle acque.

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