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Corrosione galvanica: reazioni, potenziale di riduzione

Corrosione galvanica nei metalli: reazioni e potenziali di riduzione

La corrosione galvanica si presenta quando metalli differenti vengono a contatto fisico o elettrico in presenza di un elettrolita.

Reazioni e potenziali di riduzione

Ogni ione metallico ha il proprio relativo alla semireazione. Ad esempio, l’ione cadmio si riduce con un potenziale di riduzione di -0.40 V, mentre l’ione con un potenziale di riduzione di +0.34 V.

Significato dei potenziali di riduzione

Il confronto dei valori dei potenziali di riduzione indica che l’ione rame tende ad acquistare elettroni, mentre l’ione cadmio tende a cederli. Ciò permette di costruire una serie galvanica basata sulla tendenza dei metalli a corrodersi e a perdere elettroni.

Conseguenze dei potenziali di riduzione

Alcuni metalli come l’ e l’argento non presentano una tendenza significativa alla corrosione. Al contrario, metalli come il magnesio e lo mostrano una notevole reattività e tendono ad essere facilmente corrosi.

Impatto nella pratica

Quando due metalli si trovano a contatto l’uno con l’altro, la distanza tra di essi nella serie galvanica influisce sulla probabilità di corrosione galvanica. Ad esempio, quando un tubo in acciaio è in contatto con l’, il rischio di corrosione è basso a causa della vicinanza nella serie galvanica.

Cause e conseguenze della corrosione galvanica

Quando avviene la corrosione galvanica, il metallo più attivo funge da anodo, mentre quello più nobile funge da catodo. Viene generata una differenza di potenziale e gli elettroni migrano dall’anodo al catodo, generando l’ossidazione del metallo meno nobile. Questa reazione avviene nella zona di contatto tra i due metalli.

Questo processo è di fondamentale importanza per evitare la corrosione nei manufatti metallici che trovano utilizzo quotidiano, come ad esempio le tubazioni e i raccordi metallici. La comprensione dei potenziali di riduzione e delle reazioni che avvengono tra i metalli è cruciale per prevenire danni da corrosione galvanica.

Composti idrati: acqua di cristallizzazione, nomenclatura, esempi

Composti idrati: caratteristiche, nomi e esempi

I composti idrati sono caratterizzati dalla presenza di un numero specifico di molecole di associate a ogni unità chimica. Questa acqua, che può essere facilmente eliminata mediante riscaldamento, è conosciuta come acqua di . Un esempio è il cloruro di (CoCl2), che può manifestarsi sotto forma di blu come anidro, o sotto forma di cristalli rosa come idrato, in cui ogni molecola di cloruro di cobalto è circondata da sei molecole d’acqua con la formula CoCl2∙ 6 H2O.

In generale, questi composti presentano un’affinità verso un numero specifico di molecole d’acqua, e per indicare questa quantità si utilizzano prefissi come semi-, mono-, di-, tri-, tetra-, penta-, esa-, epta-, otta-, nona-, deca- undeca- e dodeca-.

A titolo esemplificativo, alcuni composti idrati includono il solfato di calcio semiidrato CaSO4∙ ½ H2O, il nitrato di mercurio (II) monoidrato Hg(NO3)2∙ H2O, il cloruro di calcio diidrato CaCl2∙ 2 H2O e l’acetato di sodio triidrato CH3COONa ∙ 3 H2O.

Un’importante considerazione riguarda i sali semiidrati come il CaSO4∙ ½ H2O, che in realtà presentano due molecole di sale per ogni molecola di acqua, quindi possono essere scritti anche come 2 CaSO4∙ H2O.

Offrendo una prospettiva più ampia, è interessante evidenziare che molti composti ionici tendono ad associarsi con un numero specifico di molecole d’acqua a causa di fattori energetici e aspetti termodinamici. I sali, ad esempio, sono più stabili quando organizzati in strutture cristalline, con un’ inferiore rispetto a un solido amorfo.

Gli idrati sono quindi termodinamicamente più stabili dei composti anidri; questi ultimi, esposti all’aria, assorbono rapidamente acqua, portando alla formazione di cristalli ordinati. Inoltre, i composti ionici anidri tendono ad assorbire acqua dall’ambiente sotto forma di vapore, risultando altamente igroscopici.

In termini pratici, è consigliabile utilizzare un sale idrato stabile all’aria piuttosto che un sale anidro in fase di preparazione di una soluzione, poiché la composizione di quest’ultimo può variare e influenzare il peso molecolare. Pertanto, l’uso di sali idrati conosciuti per composizione e peso molecolare stabile risulta preferibile in ambito di laboratorio.

Riscoprendo l’importanza dei composti idrati, emerge chiaramente come essi siano soggetti a processi termodinamici e abbiano un ruolo significativo nelle applicazioni pratiche e nell’ambito della chimica in generale.

Tosilato: funzioni, tosilazione

Tosilato: pratica della tosilazione e funzionalità

Il tosilato è un gruppo funzionale con formula CH3C6H4SO3-, indicato spesso come TsO- e costituisce l’anione dell’acido p-toluenossulfonico CH3C6H4SO3H.

Supponiamo di voler condurre una reazione di , in cui un nucleofilo forma un nuovo legame con un atomo di carbonio che ha una parziale carica positiva, sostituendo così un gruppo uscente. La natura del gruppo uscente determina la possibilità che la reazione accada. Un buon gruppo uscente deve essere stabile una volta che è fuoriuscito dalla molecola e pertanto può essere considerato come la base coniugata di un acido forte.

Consideriamo, ad esempio, la dissociazione dell’acido cloridrico:
HCl + H2O → H3O+ + Cl-
All’acido forte HCl corrisponde la base coniugata debole Cl- che risulta essere un buon gruppo uscente. Gli ad eccezione del fluoro sono quindi buoni gruppi uscenti.

Funzioni del tosilato

Può accadere che si voglia condurre una reazione di sostituzione in presenza di un cattivo gruppo uscente. Ad esempio, l’ione OH- è un cattivo gruppo uscente in quanto è una base forte e pertanto se si vuole realizzare una reazione di sostituzione a partire da un alcol essa non avviene. Per condurre una reazione di sostituzione nucleofila si può trasformare il gruppo –OH in una base più debole che è un buon gruppo uscente.

Ciò può essere fatto tramite tosilazione facendo reagire l’alcol con il p-toluensolfonil cloruro (TsCl). Tale reazione è condotta in presenza di che neutralizza l’HCl che si forma nel corso di essa con formazione del cloruro di piridinio C5H5N∙HCl. Esso è insolubile nel benzene, solvente utilizzato nella reazione, e la sua precipitazione garantisce che è avvenuta la conversione dell’alcol in tosilato.

Tosilazione

Una volta che è avvenuta la reazione di tosilazione un cattivo gruppo uscente come –OH viene sostituito con il tosilato che è un buon gruppo uscente a causa della sua stabilizzazione per . Il p-toluensolfonil cloruro può reagire con le che, analogamente agli alcoli, conducono un attacco nucleofilo con l’azoto per dare p-toluene solfonammide. Questa sostanza è usata come plastificante.

La solfonammide è molto stabile e pertanto il tosilato può costituire un gruppo protettore delle ammine. La sua rimozione richiede condizioni molto drastiche: acidi concentrati (HBr o H2SO4) o energici riducenti (sodio in ammoniaca liquida).

Principio di Curtin-Hammett: studio di un meccanismo di reazione

Il Principio di Curtin-Hammett nello studio dei meccanismi di reazione

Il Principio di Curtin-Hammett trova impiego nell’ambito della chimica fisica organica per esaminare un di reazione. Consideriamo due conformazionali, A e B, che si interconvertono rapidamente tra loro in un equilibrio di reazione. Quando reagiscono, producono un prodotto dal primo isomero e un altro prodotto dal secondo isomero. Se questi prodotti non si convertono ulteriormente, la composizione del prodotto non sarà direttamente proporzionale alle concentrazioni relative degli isomeri conformazionali di partenza.
Per comprendere meglio questo concetto, consideriamo il seguente schema:
C ← (kAC) A (kAB)⇄( kBA)B (kBD) → D
Dove A e B rappresentano i due isomeri conformazionali in equilibrio tra loro, con costanti cinetiche rispettivamente kAB e kBA. Dopo la reazione, A si trasforma in C con una costante cinetica kAC e B si trasforma in D con una costante cinetica kBD.

Condizioni del Principio di Curtin-Hammett

Le possibili condizioni che possono verificarsi includono:
) kAC, kBD >> kAB, kBA
Se si verifica questa condizione, l’interconversione tra i due isomeri conformazionali A e B è lenta, mentre la reazione A → C e B → D è veloce. In tal caso, la distribuzione dei prodotti C e D dipende dalla distribuzione iniziale tra i due isomeri conformazionali.
2) kAC, kBD << kAB, kBA
Se si verifica questa condizione, l’interconversione tra i due isomeri conformazionali A e B è veloce, mentre la reazione A → C e B → D è lenta. Questo è il caso che si verifica più frequentemente, poiché generalmente l’interconversione tra due isomeri conformazionali è sempre veloce.
3) kAC, kBD ≈ kAB, kBA
In tal caso, la distribuzione dei prodotti C e D dipende dalla distribuzione iniziale tra i due isomeri conformazionali.

Applicazione del Principio di Curtin-Hammett

Secondo il Principio di Curtin-Hammett, se la velocità di interconversione tra i due isomeri conformazionali è maggiore rispetto a quella della formazione dei prodotti, le quantità relative dei prodotti che si formano sono indipendenti dalle quantità dei reagenti e dipendono solo dalla differenza di degli stati di transizione. Questo principio può essere dimostrato tramite due approcci.

Approccio alle costanti cinetiche

Considerando le velocità di formazione di C e di D, è possibile dimostrare che il rapporto tra le concentrazioni dei prodotti dipende solo dalle loro costanti cinetiche di formazione.

Approccio tramite l’equazione di Arrhenius

Dall’equazione di Arrhenius, si ottiene che il rapporto tra i prodotti non dipende dalle concentrazioni dei reagenti ma dalla differenza di libera tra i due stati di transizione.

In conclusione, il Principio di Curtin-Hammett fornisce importanti risultati nello studio dei meccanismi di reazione chimica, mostrando come i rapporti tra i prodotti possano essere indipendenti dalle concentrazioni dei reagenti. Tale principio può essere esteso anche a reazioni che seguono una cinetica del primo o del secondo ordine.

Composti eterociclici: aromatici, non aromatici

Composti Eterociclici: Conosciamoli Meglio

I composti ciclici che hanno come elementi dell’anello atomi di almeno due diversi elementi sono noti come composti eterociclici. La maggior parte di essi contiene almeno un atomo di e uno o più elementi come zolfo, ossigeno o azoto all’interno della struttura ad anello. Gli elementi diversi dal carbonio sono considerati come sostituti del carbonio e sono chiamati eteroatomi.

Gli eterocicli possono essere suddivisi in due categorie principali: aromatici e non aromatici.

Eterocicli Aromatici

I composti eterociclici aromatici come la piridina, il pirrolo, il furano e il tiofene, contengono uno o più eteroatomi nell’anello e seguono la regola di Hückel, comportandosi in modo simile al benzene. Questi composti hanno un’importanza significativa in quanto molte molecole biologiche appartengono a questa classe, come ad esempio gli acidi nucleici.

Eterocicli Non Aromativi

Gli eterocicli non aromatici, come il tetraidrofurano, il ,4-diossano e il 1,3,5-triossano, sono composti ciclici analoghi alle , agli eteri e ai tioeteri, le cui proprietà sono influenzate dalla tensione dell’anello e sono utilizzati in diversi settori, dalla produzione di pigmenti naturali e vitamine, agli antibiotici, fino alla sintesi di farmaci e prodotti fitosanitari.

I composti eterociclici sono ampiamente utilizzati per la sintesi di prodotti chimici e materiali plastici. Il furano, ad esempio, è utilizzato per la sintesi di altre sostanze, compreso il pirrolo, mentre il tiofene è impiegato nella sintesi di farmaci e prodotti fitosanitari.

Gli eterocicli aromatici hanno una reattività specifica che li rende soggetti a reazioni di sostituzione piuttosto che di addizione a causa della loro di . La loro reattività può essere generalizzata paragonandola a quella dei chetoni e degli enoli, in quanto contengono parti funzionali analoghe a queste. Inoltre, le reazioni dei composti eterociclici possono essere paragonate a quelle dei fenoli.

In generale, gli eterocicli aromatici seguono reazioni simili ai chetoni, mentre gli eterocicli non aromatici si comportano in modo analogo agli enoli. La loro reattività con nucleofili ed elettrofili può essere paragonata a quella dei chetoni, se sono a sei termini, o degli enoli, se sono a cinque termini.

I composti eterociclici svolgono un ruolo significativo in diversi settori, dalla chimica farmaceutica alla produzione di materiali plastici e coloranti, contribuendo così in modo sostanziale alla nostra vita quotidiana.

Idrogeno in α al carbonile: reazioni

Reazioni dell’idrogeno in posizione α al carbonile

L’idrogeno in posizione α al carbonile mostra proprietà acide dovute alla formazione di un carbanione stabilizzato per risonanza. Il legame -ossigeno nel è di tipo covalente polare ed è comune nei composti organici.

Nel gruppo carbonilico, il carbonio è ibridato sp2, con quattro elettroni di valenza, tre dei quali formano orbitali ibridi sp2. L’atomo di ossigeno subisce un processo di ibridazione sp2, con due orbitali ibridi occupati da un doppietto elettronico.

Il gruppo carbonilico è composto da un legame σ e da un legame π, ottenuti dalla sovrapposizione degli orbitali spdel carbonio e dell’ossigeno. A causa della differenza di tra carbonio e ossigeno, il legame è polare, con il carbonio con parziale carica positiva e l’ossigeno con parziale carica negativa.

Gli atomi di idrogeno in posizione α al carbonile sono debolmente acidi, e la loro acidità varia in base alla stabilità del carbanione formato. La stabilità del carbanione è determinata dalla risonanza e dagli effetti induttivi.

Infine, la reazione del 3,3-dimetil, butan-2-one con Br2 in ambiente basico conduce alla formazione del –bromo, 3,3-dimetil, butan-2-one, in cui si evidenziano gli effetti del carbanione stabilizzato per risonanza con l’enolato.

Gli enolati possono comportarsi da nucleofili in reazioni di SN2 in cui l’idrogeno in posizione α viene sostituito con un gruppo alchilico, formando un nuovo legame C-C. Un esempio di ciò è la reazione tra il propanone e il bromometano in presenza di ammoniuro di sodio per dare il butan-2-one. Se si utilizza una base meno debole rispetto all’ammoniuro di sodio come un alcossido, possono verificarsi polialchilazioni.

Equazione di Antoine: tensione di vapore, esempi

Equazione di Antoine: teoria e applicazioni

L’equazione di Antoine è una relazione fondamentale nella chimica fisica che permette di calcolare la di una sostanza in funzione della temperatura. Derivata dall’, essa offre un metodo preciso per determinare la tensione di vapore di liquidi e solidi.

L’equazione di Clausius-Clapeyron viene utilizzata dai chimici per calcolare la tensione di vapore di una sostanza a una determinata temperatura, nota la tensione di vapore ad un’altra temperatura e noto il ΔH del relativo passaggio di stato (solido-vapore o liquido-vapore).

La forma dell’equazione di Antoine è log P = A – (B/T+C), dove A, B e C rappresentano i coefficienti di Antoine, variabili da sostanza a sostanza e con valori diversi a seconda del passaggio di stato considerato. Questa equazione si è dimostrata accurata per la maggior parte delle sostanze volatili con tensione di vapore oltre i 10 Torr.

L’equazione di Antoine può essere espressa anche in funzione della temperatura e assume la forma: T = (B/A – log P) – C. Inoltre, esiste una forma più semplice in cui compaiono solo due coefficienti, utile per diverse applicazioni pratiche.

I coefficienti di Antoine sono differenti a seconda che si tratti di tensioni di vapore alla temperatura al di sotto della temperatura di ebollizione o al di sopra di essa. Ad esempio, per l’etanolo al di sotto della sua temperatura di ebollizione (78.32 °C), i coefficienti sono A = 8.20417; B = 1642.89; C = 230.300. Utilizzando l’equazione di Antoine si calcola la tensione di vapore e si ottiene il risultato di 759.98 mm Hg. Al di sopra della temperatura di ebollizione, con coefficienti diversi, si otterrebbe una tensione di vapore di 761.03 mm Hg per lo stesso etanolo.

In conclusione, l’equazione di Antoine rappresenta uno strumento fondamentale per la determinazione accurata delle tensioni di vapore delle sostanze, svolgendo un ruolo cruciale in vari campi della chimica e dell’ingegneria.

Stadio che determina la velocità di una reazione: coordinata di reazione

Il ruolo determinante dello stadio di reazione nella velocità di una reazione chimica

Il processo che regola la velocità di una reazione chimica è noto come stadio determinante. Ad esempio, consideriamo la reazione tra NO2(g) e CO(g) che produce NO(g) e CO2(g).

Determinazione della velocità

La velocità sperimentale di questa reazione è espressa come v = k[NO2]2. Il proposto per la reazione comprende due stadi:
° stadio: NO2(g) + NO2(g) → NO3(g) + NO(g) (stadio lento)
2° stadio: NO3(g) + CO(g) → NO2(g) + CO2(g) (stadio veloce).

Coordinata di reazione e potenziale

Il primo stadio, determinante per la velocità di reazione, può essere identificato tramite un diagramma che mostra l’energia potenziale in funzione della coordinata di reazione. In reazioni di , due meccanismi principali sono SN1 e SN2. Nel meccanismo SN1, la rottura del legame preesistente è il primo stadio lento.

Conseguenze della ionizzazione preliminare

Durante la ionizzazione preliminare, solo la concentrazione del substrato che ionizza influenza la velocità della reazione, rendendo la velocità indipendente dalla concentrazione del nucleofilo. Questo tipo di reazioni avviene tramite meccanismo SN1, noto come sostituzione nucleofila monomolecolare. Nel meccanismo SN2, il nucleofilo agisce contemporaneamente a formazione e rottura dei legami, rendendo entrambi i reagenti influenti sulla velocità di reazione. Questo tipo di reazione è chiamato sostituzione nucleofila bimolecolare (SN2).

La comprensione del ruolo dello stadio di reazione nella determinazione della velocità di reazione è essenziale per studiare e manipolare le reazioni chimiche in laboratorio e nell’industria.

Calcolo della costante di equilibrio da altre costanti: esercizi svolti

Calcolo della da altre costanti: esempi risolti

Il calcolo della costante di equilibrio di una reazione può essere eseguito utilizzando altre costanti, come ad esempio la costante della reazione inversa.
La costante di equilibrio di una reazione di equilibrio può essere calcolata utilizzando l’espressione:
Kc = [C]c[D]d /[A]a[B]b
Questo costituisce un’importante legge chimica conosciuta come o legge dell’equilibrio chimico, scoperta dai chimici Guldberg e Waage.

Esercizi

) A 25°C, la costante K relativa all’equilibrio: ICl(g) ⇄ ½ I2(g) + ½ Cl2(g) vale 2.2 ∙ 10-3. Calcolare: a) la costante relativa alla reazione di decomposizione di ICl in una mole di iodio e una mole di cloro alla stessa temperatura; b) la costante relativa alla formazione di due moli di ICl.

Per l’equilibrio ICl(g) ⇄ ½ I2(g) + ½ Cl2(g), l’espressione della costante di equilibrio è:
K = 2.2 ∙ 10-3 = [I2]1/2[Cl2]1/2/[ICl] (1)
a) La reazione di decomposizione di ICl in una mole di iodio e una mole di cloro è la seguente:
2 ICl(g) ⇄ I2(g) + Cl2(g)
e per questa reazione K = [I2][Cl2]/[ICl]2
Confrontando l’equazione (1) e questa nuova equazione, si può ottenere la risposta.
K = (2.2 ∙ 10-3)2 = 4.8 ∙ 10-6
b) La reazione di equilibrio relativa alla formazione di due moli di ICl è:
I2(g) + Cl2(g) ⇄ 2 ICl(g)
e la costante per questa reazione si ottiene così:
K = 1/4.8 ∙ 10-6 = 2.1 ∙ 105

… (continua con gli esercizi 2, 3, 4 e 5)

Nel preparare queste , abbiamo considerato esempi di calcolo della costante di equilibrio a partire da costanti note di reazioni inverse e trasformazioni di reazioni chimiche. Speriamo che questi esempi siano stati utili per comprendere il metodo di calcolo della costante di equilibrio.

Numeri di ossidazione dei metalli di transizione: eccezioni

Numeri di ossidazione dei metalli di transizione: eccezioni

I numeri di ossidazione dei metalli di transizione sono diversi per ciascun metallo e solitamente presentano più numeri di ossidazione.

I con un solo elettrone di valenza nell’orbitale s tendono a perdere tale elettrone e hanno un unico numero di ossidazione pari a +. Allo stesso modo, i con due elettroni di valenza tendono a perderli e hanno un unico numero di ossidazione pari a +2.

La maggior parte dei metalli di transizione che hanno elettroni di valenza nell’orbitale d presentano più di un numero di ossidazione. Ad esempio, il ha numeri di ossidazione che vanno da -1 a +7. Alcuni stati di ossidazione sono comuni in quanto l’elemento a quello stato di ossidazione è particolarmente stabile, mentre ad altri stadi di ossidazione è meno stabile.

Esempio

Per comprendere meglio gli stati di ossidazione degli elementi di transizione, consideriamo la configurazione elettronica di un elemento come il cobalto: Co ≡ [Ar] 4s², 3d⁷. Sebbene il cobalto presenti numeri di ossidazione da +1 a +5, gli stati di ossidazione più comuni sono +2 e +3, nei quali il cobalto ha perso rispettivamente 2 e 3 elettroni. Gli ioni Co²⁺ e Co³⁺ hanno la seguente configurazione elettronica: Co²⁺ ≡ [Ar] 3d⁷, Co³⁺ ≡ [Ar] 3d⁶.

Ciò significa che quando il cobalto perde due elettroni, questi vengono persi dall’orbitale 4s piuttosto che dall’orbitale 3d. Solo quando gli elettroni dell’orbitale 4s sono stati rimossi, allora può essere allontanato un elettrone dall’orbitale 3d e, in tal caso, si forma lo ione Co³⁺.

La motivazione per la quale gli elettroni che si allontanano per primi sono quelli dell’orbitale 4s risiede nel fatto che per gli elementi del blocco d l’energia degli orbitali 3d risulta essere minore rispetto a quella degli orbitali 4s. Risulta comunque utile tenere in mente gli stati di ossidazione più comuni e le configurazioni elettroniche dei metalli di transizione del quarto periodo.

Tabella

Eccezioni

Dall’analisi della tabella si possono notare delle eccezioni: sia il che il rame hanno un solo elettrone nell’orbitale 4s. In questo modo tali elementi riescono a riempire rispettivamente a metà e completamente l’orbitale 3d.

Il più comune stato di ossidazione per gli elementi della serie 3d è +2, ad eccezione dello scandio, in quanto tali elementi tendono a perdere i due elettroni contenuti nell’orbitale 4s e ciò implica che gli orbitali d sono più stabile degli orbitali s dopo lo scandio.

I legami ionici si formano quando tali elementi hanno numero di ossidazione +2 o +3, mentre se hanno stati di ossidazione maggiori si formano legami covalenti che si formano per la compartecipazione degli orbitali d. Ad esempio, nello ione permanganato MnO⁴⁻ tutti i legami tra il manganese e l’ossigeno sono covalenti.

Lo stato di ossidazione più alto aumenta all’aumentare del numero atomico dell’elemento, raggiunge il valore massimo nel manganese che è l’elemento che si trova a metà e poi inizia a decrescere. Nella serie 3d il massimo numero di ossidazione stabile è dato dalla somma degli elettroni 3d e 4s; infatti, il manganese ha come numero di ossidazione massimo 5+2 = 7.

Le stabilità relative degli elementi che hanno più di uno stato di ossidazione possono essere ricavate dai potenziali normali di riduzione.

Reazione di Simmons-Smith: meccanismo, prodotti di reazione

La reazione di Simmons-Smith: e prodotti

La reazione di Simmons-Smith coinvolge la ciclopropanazione di alcheni tramite un reattivo alometilzinco, comunemente noto come I-CH2-Zn-I. È una scoperta di Simmons e Smith, due chimici della du-Pont, risalente al 1958. Questi scoprirono che il reattivo ottenuto dalla coppia di zinco- con diiodiometano CH2I2 in etere poteva essere utilizzato per la conversione stereospecifica degli alcheni a ciclopropani.

Attualmente, la ciclopropanazione di Simmons-Smith è una reazione organica ampiamente impiegata per convertire un’olefina in derivati del ciclopropano, grazie alla stereospecificità della reazione rispetto al doppio legame e alla sua compatibilità con diversi gruppi funzionali.

Il carbenoide metallico si ottiene mediante la reazione: I-CH2-I → I-CH2-Zn ⇄ I-CH2-Zn-I.

I carbenoidi possono essere divisi in due categorie: quelli con formula generale MCH2X e quelli con formula generale M=CH2. Nella reazione di ciclopropanazione vengono usati i carbenoidi della prima specie, in cui M può essere Zn, Sm o Al, anche se altri metalli come Cu, Cd e Hg sono stati impiegati nella reazione di alcune . La reazione tra un alchene e il carbenoide è una reazione chelotropica, sottoclasse delle cicloaddizioni, che comporta una riorganizzazione degli orbitali σ e π in uno a “farfalla”.

Il meccanismo di reazione tra il cicloesene e il carbenoide per dare il biciclo[4..0]eptano prevede la formazione simultanea di entrambi i nuovi legami C-C. Si può considerare che l’attacco nucleofilo del doppio legame C=C porti all’allontanamento del gruppo uscente ioduro, mentre gli elettroni del legame C-Zn sono utilizzati per formare l’altro legame C-C.

Benzaldeide: sintesi, reattività

Benzaldeide: caratteristiche, sintesi e reattività

La benzaldeide è un liquido incolore, con una temperatura di ebollizione di 180°C ed è solubile in etanolo ma insolubile in . Può essere ottenuta dall’ossidazione dell’ C6H5CH2OH e può ossidarsi ad acido benzoico C6H5COOH. La benzaldeide è presente nei semi delle mandorle amare, nei noccioli di pesca, albicocca, susina e ciliegie.

L’uso della benzaldeide è diffuso nell’olio essenziale di mandorle, nei profumi, negli aromi, come solvente e come pesticida.

Sintesi della benzaldeide

La benzaldeide può essere ottenuta in diversi modi:

1. In laboratorio viene preparata facendo bollire il cloruro di benzile in presenza di nitrato di (II) in corrente di CO2.
2. La prevede l’idrogenazione di un cloruro acilico selettivamente ridotto ad aldeide, catalizzata dal palladio su solfato di bario.
3. Dalla distillazione a secco di una miscela di benzoato di calcio e formiato di calcio.
4. Dall’ossidazione dell’alcol benzilico.
5. Dall’ossidazione del per clorurazione del gruppo –CH3 con ottenimento del cloruro di benzile C6H5CHCl2 seguito da idrolisi.

Reattività

Il gruppo –CHO è un disattivante meta-orientante. In presenza di acido solforico e acido nitrico dà la meta-nitrobenzaldeide, mentre in presenza di cloro e AlCl3 dà la m-clorobenzaldeide. La benzaldeide non ha idrogeni in α, pertanto la condensazione della formaldeide e dell’acetaldeide in presenza di idrossido di calcio porta a un intermedio tri(idrossimetil) acetaldeide che, nelle condizioni di reazione, dà una reazione di Cannizzaro incrociata con formaldeide per dare il pentaeritrolo, prodotto importante per le industrie di materie plastiche e di polimeri.

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