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Addizione nucleofila ai nitrili: idrolisi, riduzione

Le reazioni dei : addizione nucleofila, idrolisi e riduzione

Quando si tratta di nitrili, le reazioni di addizione nucleofila al gruppo ciano (-C≡N) sono cruciali. Questi processi sono simili a quelli che coinvolgono il gruppo carbonilico, ma con l’eccezione che le addizioni nucleofile ai nitrili tendono ad essere irreversibili.

L’addizione di nucleofili forti, come i reagenti organometallici e il litio alluminio idruro, ai nitrili avviene rapidamente, producendo i prodotti con l’aggiunta di un equivalente di nucleofilo. La reazione differisce notevolmente da quella che coinvolge aldeidi e dato che il prodotto della reazione contiene ancora un legame π.

I nucleofili anionici si legano direttamente al gruppo ciano, formando un sale di imminio intermedio che viene successivamente protonato per formare un’immima. D’altro canto, i nucleofili neutri deboli possono legarsi a un nitrile solo se è attivato in ambiente acido.

Un’altra reazione di interesse è l’idrolisi dei nitrili. L’addizione di a un nitrile, in condizioni sia acide che basiche, produce inizialmente un’ammina. A seconda delle condizioni di reazione, l’ammina ottenuta può essere isolata o può ulteriormente reagire, formando un acido carbossilico e ione ammonio in condizioni acide, o un anione carbossilato e ammoniaca in condizioni basiche.

I nitrili reagiscono anche con nucleofili organometallici, producendo chetoni in modo simile ai composti contenenti il gruppo carbonilico. Il prodotto iniziale è un sale di imminio che viene successivamente idrolizzato.

Infine, i nitrili possono essere ridotti tramite in ambiente acido, producendo un’ammina primaria.

In , le reazioni dei nitrili offrono un campo di studio complesso e ricco di possibili applicazioni in diversi settori.

Percentuale di carattere ionico. Esercizi svolti

Carattere ionico nei legami covalenti: spiegazione e esempi

Il concetto di carattere ionico nelle molecole legate da legame covalente è stato introdotto da Pauling. Questa caratteristica si verifica in quasi tutte le molecole con legami covalenti. Si tratta di una percentuale di carattere ionico che si presenta come proposta da Pauling. Possiamo identificare due tipi di legami chimici: il legame ionico e il legame covalente. Il legame covalente implica la condivisione di elettroni tra due atomi, mentre il legame ionico è causato dall’attrazione elettrostatica tra particelle cariche di segno opposto.

Il legame ionico si forma quando almeno due atomi di elementi diversi si legano mediante il trasferimento di elettroni. In questo processo, l’atomo che cede elettroni diventa un ione positivo, mentre quello che li acquisisce diventa un ione negativo, assumendo entrambi la configurazione esterna di un gas nobile.

Legame covalente

Nel legame covalente, gli atomi si legano condividendo reciprocamente gli elettroni di valenza anziché trasferirli. Questo tipo di legame chimico può portare alla formazione di singole molecole indipendenti nello stato gassoso, come ad esempio H2, O2, H2O, NH3, oppure alla formazione di solidi cristallini come il e la .

Per esempio, nella molecola di H2, i due atomi di idrogeno sono legati tramite la condivisione dell’elettrone presente nell’orbitale atomico 1s. Nel caso della molecola di HCl, si verifica una condivisione di elettroni; tuttavia, a causa della maggiore elettronegatività del cloro rispetto all’idrogeno, si forma un legame noto come legame covalente polare, con una distribuzione asimmetrica della carica elettrica, generando un permanente.

Pauling ha determinato la componente covalente delle molecole, come ad esempio HCl, attraverso le energie di legame associate alle specie molecolari H2 e Cl2. Dalle energie di legame di queste molecole è stato possibile determinare l’ di legame di HCl.

Percentuale di carattere ionico

Pauling ha elaborato una scala delle elettronegatività relative per gli elementi e ha proposto un’equazione che relaziona la percentuale di carattere ionico alla differenza di elettronegatività tra due elementi. L’equazione per calcolare la percentuale di carattere ionico è: % di carattere ionico = (1 – e^-0.25(xA – xB)^2)∙ 100, dove xA e xB sono le elettronegatività rispettive degli elementi A e B.

Esempi

Per calcolare la percentuale di carattere ionico in TiO2, dalle elettronegatività dei due elementi, xTi = 1.5 e xO = 3.5 si applica l’equazione (1) ottenendo un risultato del 63.2%. Un altro esempio riguarda il calcolo della percentuale di carattere ionico in ZnTe, dove si ottiene un risultato del 6.1%.

In conclusione, la presenza di carattere ionico nei legami covalenti può essere determinante nella comprensione delle proprietà e dei comportamenti delle molecole. Questo concetto è fondamentale per la chimica e la comprensione dei legami molecolari.

Idrato di cloralio: sintesi, effetti

e Effetti dell’Idrato di Cloralio

L’idrato di cloralio, conosciuto anche come tricloroacetaldeide monoidrato, è un composto organico con formula C2H3Cl3O2, noto per le sue proprietà sedative e ipnotiche. Originariamente scoperto nel 1832, questo composto ha avuto un utilizzo diffuso nel XIX secolo, ma è stato successivamente associato a gravi effetti collaterali, tra cui dipendenza, cancro e danni genetici.

Effetti dell’Idrato di Cloralio

L’idrato di cloralio è noto per il suo e ipnotico, simile a quello dei , e fu inizialmente utilizzato come sonnifero e ansiolitico. Tuttavia, se usato per periodi prolungati, può causare danni significativi all’organismo, tra cui assuefazione, eruzioni cutanee, disturbi gastrici e gravi problemi cardiaci e renali. Un’elevata dose di idrato di cloralio può portare a nausea, vomito, convulsioni e persino coma.

Altre Considerazioni sull’Idrato di Cloralio

Combinato con l’alcol, l’idrato di cloralio può causare incoscienza e intossicazione, ed è noto con il nome gergale di “Mickey Finn”. Trattandosi di cristalli instabili, l’idrato di cloralio si decompone facilmente con il calore, producendo fumi tossici e corrosivi.

Sintesi dell’Idrato di Cloralio

La sintesi dell’idrato di cloralio avviene mediante la reazione tra e l’aldeide corrispondente, ovvero il 2,2,2-tricloroetanale. La costante di equilibrio di questa reazione è influenzata dai sostituenti in α al carbonile, con i sostituenti che favoriscono la formazione del diolo.

In conclusione, sebbene in passato l’idrato di cloralio abbia avuto un utilizzo diffuso come sonnifero e ansiolitico, oggi è noto per i suoi gravi effetti collaterali e i danni che può causare all’organismo umano. Pertanto, è fondamentale prestare attenzione e evitare l’uso non autorizzato di questo composto.

Test per l’analisi qualitativa organica: di solubilità, comportamento alla combustione

Analisi qualitativa organica: importanza della solubilità e del comportamento alla

L’analisi qualitativa organica fornisce informazioni fondamentali per identificare la classe di composti a cui una specie chimica appartiene. Si possono eseguire test specifici per individuarne le caratteristiche fisiche e chimiche.

L’identificazione e la caratterizzazione delle sostanze organiche costituiscono un aspetto fondamentale della chimica organica. L’analisi strumentale con tecniche come spettroscopia I.R., U.V., risonanza magnetica nucleare e spettrometria di massa fornisce un valido contributo, ma l’utilizzo di tali tecniche è subordinato alla conoscenza dei dati ottenuti attraverso la metodologia classica.

Non esiste una sistematica definita per l’analisi qualitativa organica, ma un valido approccio può essere fornito seguendo lo schema seguente:

Test preliminari

Caratteristiche fisiche

Si procede al rilevamento delle caratteristiche fisiche come lo stato di aggregazione, il colore e l’odore. Ad esempio, il colore può fornire informazioni utili, ad esempio i nitrocomposti, i nitrosocomposti e i dichetoni sono gialli, mentre i chinoni e le olefine policoniugate hanno colori differenti.

Costanti fisiche

La determinazione della temperatura di ebollizione se il composto è liquido, o della temperatura di fusione se è solido, è fondamentale. Si possono determinare inoltre la densità, l’ e il potere ottico rotatorio.

Comportamento alla combustione

Dall’osservazione di come brucia una sostanza si possono ottenere informazioni preliminari sulle sue caratteristiche. Si esamina il comportamento di una piccola quantità di sostanza posta su un coccio di porcellana e esposta alla fiamma di un Bunsen a temperature crescenti.

Test di solubilità

Il test di solubilità consente di individuare le interazioni tra i composti e i solventi. Composti polari si scioglieranno in solventi con interazioni di legame dello stesso tipo, mentre i composti non polari si dissolveranno in solventi con interazioni diverse.

Questi test preliminari forniscono informazioni fondamentali per l’identificazione delle sostanze organiche, e costituiscono un passo importante nell’analisi qualitativa organica.Come determinare la natura di un composto sconosciuto attraverso test di solubilità

La solubilità dei composti in diversi solventi rappresenta un importante strumento per identificarne la natura. Le misure di solubilità vengono eseguite a temperatura ambiente, usando 1 goccia di composto liquido o 5 mg di composto solido disciolti in 0.2 mL di solvente.

Il primo test coinvolge l’uso dell’ come solvente. Se il composto è solubile in acqua, viene sottoposto a un ulteriore test usando l’etere. Se il composto è solubile in etere, viene verificato il pH del composto.

Un pH acido può indicare la presenza di un acido carbossilico monofunzionale con circa 5 atomi di carbonio, mentre un pH basico può suggerire la presenza di un’ammina con un massimo di 6 atomi di carbonio. Un pH neutro potrebbe indicare la presenza di alcol, aldeide, estere, chetone o nitrile.

Se il composto è solubile in acqua ma insolubile in etere, potrebbe essere un sale di acido organico, un amminoacido, o un composto polifunzionale con idrofili come un carboidrato o un poliidrossicomposto. Se il composto è insolubile in acqua, si effettua un test con una soluzione di NaOH al 5%. Se è solubile in NaOH, si conduce un ulteriore test valutando la sua solubilità con NaHCO3 al 5%. Se invece è insolubile, potrebbe trattarsi di fenolo, enolo, ossima, immide, solfonammide, o tiofenolo, ciascuno con più di 5 atomi di carbonio.

Se il composto è insolubile sia in acqua che in NaOH, si procede con un test usando HCl al 5%. In caso di solubilità, potrebbe essere identificato come un’ammina alifatica con 8 o più atomi di carbonio, o un etere. Se invece è insolubile, viene testato con acido solforico concentrato.

Infine, se il composto si rivela solubile sia in acqua che in HCl, potrebbe trattarsi di alcol, aldeide, chetone, estere con un numero specifico di atomi di carbonio, epossido, alchene, alchino, o un composto aromatico con gruppi attivanti. Se rimane insolubile, potrebbe essere un idrocarburo saturo, alogenuro alchilico, etere diarilico, o un composto aromatico con gruppi disattivanti.

Questi test di solubilità forniscono quindi informazioni preziose per determinare la composizione di un composto sconosciuto.

Entalpia di combustione: metodi di calcolo, legge di Hess

Metodi di calcolo dell’entalpia di e

L’entalpia standard di combustione rappresenta il sviluppato in condizioni standard di pressione e temperatura durante la combustione di una mole di sostanza in presenza di . Prendiamo ad esempio la reazione di combustione del metanolo:

2 CH3OH + 3 O2 → 2 CO2 + 4 H2O

Per calcolare l’entalpia di combustione di questa reazione, è possibile utilizzare diversi metodi. Un approccio comune è quello di assicurarsi che il coefficiente stechiometrico del combustibile sia pari a uno, al fine di semplificare i calcoli. Dividendo per due i coefficienti della reazione, otteniamo:

CH3OH + 3/2 O2 → CO2 + 2 H2O

I dati forniti di solito riguardano l’entalpia standard di formazione di CH3OH, CO2 e H2O. Poiché gli elementi nello stato standard hanno un valore di pari a zero, l’entalpia di formazione dell’ossigeno non è fornita. I valori tabulati per il metanolo, il biossido di carbonio e l’acqua sono rispettivamente: -239 kJ/mol, -393 kJ/mol e -286 kJ/mol.

Un metodo comune per calcolare l’entalpia di combustione è utilizzare la legge di Hess. Si parte dal presupposto che se l’entalpia di formazione del metanolo relativa alla reazione C + 2 H2 + ½ O2 → CH3OH è pari a -239 kJ/mol, allora l’entalpia della reazione CH3OH → C + 2 H2 + ½ O2 è di +239 kJ/mol. Utilizzando la legge di Hess, possiamo considerare la reazione come:

C + 2 H2 + ½ O2 + O2 → CO2 + 2 H2O

Dai dati a nostra disposizione, possiamo calcolare l’entalpia dei reagenti e dei prodotti e determinare che l’entalpia standard di combustione è di -726 kJ/mol.

Un altro metodo è calcolare l’entalpia di combustione dalla legge di Hess. Scrivendo le reazioni relative e sommandole si ottiene un risultato simile al metodo precedente, confermando il valore di -726 kJ/mol.

In alternativa, se sono note le entalpie di formazione, è possibile utilizzare l’espressione ΔH = Σ Hf(prodotti) – Σ Hf(reagenti), tenendo conto dei coefficienti stechiometrici, per ottenere lo stesso risultato di -726 kJ/mol.

Infine, un ulteriore metodo prevede l’uso delle entalpie di legame per valutare i legami che si rompono nei reagenti e quelli che si formano nei prodotti, portando anche in questo caso al valore di -726 kJ/mol, sebbene le considerazioni termodinamiche siano leggermente diverse.

In conclusione, esistono diversi metodi per calcolare l’entalpia di combustione, tutti con l’obiettivo di determinare il valore di questa grandezza termodinamica fondamentale per le reazioni di combustione.

Resa percentuale in una reazione. Esercizi svolti e commentati

Calcolo della in una reazione: esempi pratici

La resa percentuale di una reazione è un indicatore fondamentale per valutarne l’efficienza industriale. Si può ottenere conoscendo le quantità dei reagenti e dei prodotti, e viene calcolata come rapporto tra la e la moltiplicato per 100. Questo valore adimensionale permette di valutare l’efficienza di una reazione e decidere se è vantaggioso proseguire con essa.

Esercizio 1

Si vuole calcolare la resa percentuale della reazione CaCO3(s) → CaO(s) + CO2(g) sapendo che da 60.0 g di CaCO3 si ottengono 15.0 g di CO2. Per prima cosa convertiamo i grammi in moli per il CaCO3: 60.0 g/100.0869 g/mol = 0.599 mol. Il rapporto stechiometrico tra CaCO3 e CO2 è 1:1, quindi le moli teoriche di CO2 sono 0.599. La massa teorica di CO2 è quindi 0.599 mol * 44.01 g/mol = 26.4 g. La resa percentuale della reazione è quindi 15.0 * 100/26.4 = 56.8%.

Esercizio 2

Dato che si ottengono 417 g di prodotto e la resa è del 94.1%, si può calcolare la resa teorica come 417 * 100/94.1 = 443 g, che rappresenta la massa di prodotto ottenibile con una resa del 100%.

Esercizio 3

Per ottenere 1.50 × 10^5 kg di HCN con una resa del 97.5%, si calcolano le moli di HCN. Il rapporto tra metano e cianuro di idrogeno è 1:1, pertanto le moli teoriche di CH4 necessarie sono 5.55 × 10^6. La massa di CH4 necessaria, tenendo conto della resa percentuale, è quindi 9.13 × 10^4 kg.

Esercizio 4

Facendo reagire 50.0 g di AgNO3 con 50.0 g di HCl si ottengono 39.6 g di AgCl. Le moli teoriche di AgCl sono 0.295, pertanto la resa percentuale è 39.6 * 100/42.3 = 93%.

Questi esercizi forniscono una panoramica pratica e dettagliata su come calcolare la resa percentuale in una reazione, evidenziando l’importanza di questo parametro in ambito industriale.

Titolazione mercurimetrica: determinazione dei cloruri

Titolazione mercurimetrica per la determinazione dei cloruri

La titolazione mercurimetrica è un metodo complessometrico utilizzato per determinare i cloruri e altri ioni metallici. Le titolazioni complessometriche sono impiegate nell’ambito dell’analisi quantitativa per la determinazione di ioni metallici come Ca2+, Mg2+, Zn2+ e Cu2+ e talvolta anche di come , , e .

Questo approccio trova applicazione nell’analisi di medicinali contenenti questi ioni. Il complesso più comunemente usato è l’EDTA, che forma complessi con numerosi ioni metallici in un rapporto 1:1. È significativo sottolineare l’importanza della titolazione mercurimetrica nella determinazione dei cloruri.

Condizioni essenziali per la titolazione complessometrica

Al fine di condurre con successo una titolazione complessometrica, è fondamentale che la reazione tra il titolante e l’analita sia stoechiometrica e quantitativa. Inoltre, la costante di formazione del complesso deve essere superiore a 108, la formazione del complesso deve avvenire rapidamente e non devono esserci reazioni competitive sotto le condizioni della titolazione.

I legami nelle sostanze di coordinazione possono essere sia covalenti, con il metallo e il legante che contribuiscono con un elettrone ciascuno, sia di tipo dativo, in cui entrambi gli elettroni sono forniti dal legante.

Titolazione mercurimetrica per la determinazione dei cloruri

La determinazione dei cloruri avviene in un intervallo di pH compreso tra 2.3 e 2.8, utilizzando una soluzione di nitrato di mercurio (II) Hg(NO3)2, in presenza dell’indicatore misto difenilcarbazone-blu di bromofenolo. La fine della titolazione è evidenziata dall’apparizione di una colorazione porpora, dovuta alla formazione del complesso derivante dall’eccesso di ioni mercurio (II) con il difenilcarbazone.

La determinazione dei cloruri e degli alogenuri in generale si basa sulla reazione con il nitrato di mercurio (II). Inoltre, sono descritte le reazioni e i precipitati formati dopo il punto di equivalenza per la determinazione degli ioni cloruro, ioduro e tiocianato.

In conclusione, la titolazione mercurimetrica si rivela un metodo analitico efficace per determinare i cloruri e altri ioni metallici, fornendo informazioni preziose nell’ambito dell’analisi chimica quantitativa.

Disolfuri: sintesi, cisteina

Sintesi e Ruolo dei Disolfuri nei Sistemi Biologici

I disolfuri, contenenti il gruppo funzionale –S-S- con il numero di ossidazione del solfuro pari a -1, sono presenti in composti organici e inorganici. Mentre esistono disolfuri inorganici come il dicloruro di dizolfo S2Cl2, la maggior parte si trova nei composti organici sotto forma di R-S-S-R, noto anche come ponte disolfuro.

Ottenere disolfuri dall’ossidazione dei RSH è una reazione favorita, in cui l’ossidante può essere costituito anche dall’ presente nell’aria.

Un esempio notevole è rappresentato dalla , in cui il gruppo –SH può reagire con un altro gruppo –SH per formare un ponte disolfuro. L’interconversione tiolo-disolfuro è una reazione di ossidoriduzione, in cui il tiolo costituisce lo stato ridotto e il disolfuro quello ossidato.

Nella maggior parte delle , l’agente che media la formazione e la degradazione dei ponti disolfuro è il tripeptide glutatione, un coenzima versatile costituito da cisteina e legate tramite legame peptidico e il glutammato legato alla cisteina con un legame peptidico atipico.

I ponti disolfuro si trovano solo nelle proteine situate al di fuori della cellula. All’interno della cellula, le molecole di cisteina si trovano nel loro stato ridotto per via della presenza dell’enzima glutatione reduttasi, una flavoproteina dimerica.

I disolfuri giocano un ruolo cruciale nelle reazioni ossidative nel metabolismo centrale, come ad esempio nella trasformazione del piruvato ad acetilcoenzima A operata dalla piruvato deidrogenasi.

Inoltre, due molecole di glutatione possono dimerizzare per formare il GSSG in cui è presente un ponte disolfuro. I disolfuri possono influenzare diversi aspetti del metabolismo cellulare e la presenza di ponti disolfuro ha implicazioni significative per la struttura e la funzione delle proteine.

Enammine: formazione, tautomeria

Enammine: e tautomeria

Le enammine si formano dalla condensazione di un’aldeide o di un chetone aventi un idrogeno sul carbonio in α al carbonile con un’ammina secondaria. Queste molecole presentano una struttura con gruppi alchilici o arilici e sono in equilibrio tautomerico con le corrispondenti immine.

Le enammine sono in equilibrio tautomerico con le corrispondenti immine, analogamente a quanto avviene nella tautomeria cheto-enolica. Questa reazione è catalizzata dagli acidi e avviene con la perdita di una molecola di acqua. Le ammine secondarie comunemente utilizzate sono la pirrolidina, la piperidina e la morfolina. Tale reazione è reversibile e le enammine possono essere trasformate nel precursore, ovvero nell’aldeide o nel chetone, per idrolisi catalizzata dagli acidi.

Il meccanismo di formazione delle enammine

La condensazione di un’aldeide o di un chetone con un’ammina secondaria avviene in più stadi. Nel primo stadio avviene la protonazione dell’ legato al gruppo carbonilico, con conseguente attivazione dello stesso in quanto diviene più suscettibile all’attacco di un nucleofilo. Nel secondo stadio, avviene l’attacco dell’azoto al carbonio carbonilico con rottura del del doppio legame carbonio-ossigeno. Nel terzo stadio avviene la rimozione dell’idrogeno legato all’azoto, che quindi diventa neutro con la formazione di una carbinolammina. Durante il quarto stadio avviene la protonazione dell’ossigeno. Infine, nel quinto stadio, è interessato un idrogeno che si trova sul carbonio adiacente al carbonio legato ad –OH e a –NR2, con la formazione di un doppio legame C=N e fuoriuscita di una molecola di acqua.

Reazioni delle enammine

Le enammine agiscono da nucleofili come gli enolati e possono essere utilizzate al loro posto in molte reazioni. Ad esempio, la di un composto 1,5-dicarbonilico avviene tramite la reazione di Stork, in cui si sintetizza l’enammina che reagisce con un’aldeide o chetone α,β-insaturo; l’idrolisi di quest’ultimo composto dà un composto 1,5-dicarbonilico. Inoltre, le enammine reagiscono con gli alogenuri alchilici primari e, a volte secondari, secondo un : il carbonio in β conduce un attacco nucleofilo all’alogenuro alchilico per dare un sale di imminio α-alchilato che può essere successivamente nel suo corrispondente gruppo carbonilico attraverso una reazione di idrolisi catalizzata da un acido. La reazione di alchilazione è reversibile e quindi il prodotto può essere convertito nuovamente in enammina per reazione con un’ammina secondaria in ambiente acido.

Punto isoelettrico: zwitterione, esempi

Il punto isoelettrico negli amminoacidi e nei suoi esempi

Il punto isoelettrico, definito come il pH in cui l’amminoacido esiste solo nella forma zwitterionica, è di fondamentale importanza. Gli amminoacidi sono composti organici anfoteri, contenendo almeno un acido e almeno un basico. La degli amminoacidi solidi è simile a quella di uno ione dipolare (zwitterione): +H3N-R-COO-, con carica netta zero che non dà migrazione elettroforetica.

La carica netta in una molecola anfolitica, come quella di un amminoacido, è influenzata dal pH. Per un amminoacido che presenta solo un gruppo carbossilico e solo un gruppo amminico, il punto isoelettronico è determinato considerando la tendenza del gruppo amminico protonato a deprotonarsi e il gruppo carbossilico deprotonato ad acquistarne uno.

Ad esempio, per la con pKa1 e pKa2 pari a 2.34 e 9.6, il punto isoelettrico è dato da 2.34 + 9.6/2= 5.97. Nel caso in cui la catena R presenti un ulteriore gruppo acido ionizzabile, come nel caso dell’acido aspartico, vi è una terza costante di dissociazione pKa3.

I valori delle pKa sono rispettivamente pKa1 = 1.88 relativa al gruppo carbossilico legato al carbonio in α, pKa2 = 9.60 relativa al gruppo amminico e pKa3 = 3.65 relativa al gruppo carbossilico legato alla catena laterale. Il punto isoelettrico dell’acido aspartico è dato dalla semisomma di pKa2 e pKa3, ovvero è dato da 1.88 + 3.65/2= 2.77.

Nel caso in cui la catena R presenti un ulteriore gruppo basico ionizzabile, come nel caso dell’ che presenta i seguenti valori di pKa: pKa1 = 1.77, pKa2 = 6.10 e pKa3 = 9.18, il punto isoelettrico è dato dalla semisomma tra i valori di pKa2 e pKa3, ovvero è dato da: 6.10 + 9.18 /2 = 7.64.

Amminoacidi e pH: equilibrio, esempi

Amminoacidi e pH: equilibrio, esempi

Gli amminoacidi sono molecole che contengono sia un –COOH che un –NH2, conferendogli proprietà anfotere. La loro e comportamento dipendono dal pH.

Equilibrio

Quando si considera l’equilibrio di dissociazione di un acido debole HA, si osserva che è regolato dalla costante di equilibrio Ka, che rappresenta la forza dell’acido. L’equazione di Henderson-Hasselbalch, pH = pKa + log[A-]/[HA], fornisce informazioni dettagliate sul comportamento dell’acido in relazione al pH della soluzione.

Se il pH diminuisce, rendendo la soluzione più acida, si ottiene un equilibrio a favore della forma protonata HA. Al contrario, se il pH aumenta, rendendo la soluzione più basica, prevale la forma deprotonata A-. Gli amminoacidi, rispetto ai valori del pH, possono presentare diversi equilibri e forme ionizzate.

Istidina

Ad esempio, l’istidina è un α-amminoacido che presenta tre acidi con differenti valori di pKa, determinando quattro diverse forme a seconda del pH. A pH bassi, l’istidina è presente in forma protonata con carica netta +2, mentre a pH più elevati diventa deprotonata con carica netta -1.

In generale, a pH neutro, gli amminoacidi hanno una carica positiva, comportandosi come cationi. A pH più elevati, assumono una carica negativa, agendo come . Ci sono anche valori di pH specifici per ciascun amminoacido, noti come pH del punto isoelettrico, in cui hanno una carica netta di zero e non si comportano né da cationi né da anioni.

Separazione

La miscela di amminoacidi può essere separata utilizzando la tecnica elettroforetica, in cui i diversi amminoacidi migrano in direzione opposta sotto l’influenza di un campo elettrico, a seconda della loro carica netta. Questa tecnica offre un metodo efficace per separare i diversi amminoacidi presenti in una miscela.

In generale, la comprensione del comportamento degli amminoacidi in relazione al pH è cruciale per comprendere la loro acidità, basicità e proprietà di carica. Queste informazioni sono fondamentali in diversi campi, come la biochimica, la biologia molecolare e la chimica farmaceutica. Comprendere il ruolo del pH nell’equilibrio degli amminoacidi è fondamentale per una vasta gamma di applicazioni scientifiche e biologiche.

Equivalenti e peso equivalente in un acido e in una base

Il concetto di equivalenti e peso equivalente in una reazione acido-base

Per calcolare la di una soluzione, è fondamentale conoscere il numero di equivalenti in base al rapporto tra massa e peso equivalente. Quando si tratta di una reazione di neutralizzazione acido-base, l’acido rilascia ioni H+ mentre la base rilascia ioni OH-.

Indipendentemente dalla reazione acido-base considerata, è importante osservare che l’equazione netta ionica di una reazione di neutralizzazione è data da H+ + OH- → H2O. Ad esempio, se una mole di HCl (36.46 g) rilascia una mole di H+ e reagisce con una mole di NaOH (39.997 g), si verifica una reazione di neutralizzazione poiché il rapporto stechiometrico tra HCl e NaOH è di 1:1.

In generale, è necessario conoscere la quantità di acido che dona una mole di protoni e quanta base è necessaria per reagire. Tale ragionamento forma la base per definire l’equivalente, in quanto in ogni reazione gli equivalenti reagiscono uno con l’altro in rapporto di 1:1.

Un equivalente di acido rappresenta la quantità di acido in grado di fornire una mole di protoni, mentre un equivalente di base è la quantità di base in grado di fornire una mole di ioni idrossido. Considerando acidi come HCl e H2SO4, si osserva che una mole di HCl è equivalente a un equivalente di HCl, mentre una mole di acido solforico è uguale a due equivalenti di ioni H+.

Per quanto riguarda le , ad esempio NaOH e Ba(OH)2, si nota che un equivalente di NaOH coincide con una mole, mentre un equivalente di Ba(OH)2 corrisponde a due moli di OH-. Il numero di equivalenti di una base in una mole è equivalente al numero di ioni OH- presenti nella formula.

Quando si lavora con gli equivalenti, è utile conoscere la massa di un equivalente di ogni reagente. Il peso in grammi di un equivalente è definito peso equivalente e corrisponde al rapporto tra il peso molecolare e il numero di equivalenti.

Ad esempio, se si vuole calcolare il peso equivalente di Al(OH)3, assumendo che sia completamente neutralizzato, il numero di equivalenti è uguale a 3 e il suo peso equivalente è calcolato come 78.0 / 3 = 26.

Il peso equivalente di un acido coinvolto in una reazione acido-base è dato dal rapporto tra il suo peso molecolare e il numero di ioni H+ che partecipano alla reazione. Per gli acidi monoprotici, come HCl e HNO3, il peso equivalente coincide con il peso molecolare.

Nel caso di un acido diprotico come H2S, il peso equivalente nella reazione varia. Ad esempio, nel caso di H2S + 2 OH- ⇄ S2- + 2 H2O, il peso equivalente è dato da 34.082/2 = 17.041, ovvero è la metà del suo peso molecolare, poiché una mole di H2S reagisce con 2 equivalenti di OH-. Nella reazione H2S + OH- ⇄ HS- + H2O, il peso equivalente coincide con il peso molecolare, poiché una mole di H2S reagisce con un equivalente di OH-.

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