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Calore di fusione. Esercizi svolti

Il calore di fusione molaire: esempi svolti

Il calore di fusione molaire rappresenta la quantità di calore necessaria per trasformare una di una sostanza dallo stato solido a quello liquido, a temperatura costante.

L’unità di misura del calore di fusione molaire è il kJ/mol, ma può essere indicato anche in J/mol, J/g o cal/g. Ad esempio, il di fusione dell’acqua è di 6.02 kJ/mol.

Il valore del calore molare di fusione può essere determinato sperimentalmente e applicato per risolvere utilizzando la relazione:

q = ∆Hfus (massa / peso molecolare)
Dove q indica la quantità totale di calore coinvolta, ∆Hfus rappresenta il calore molare di fusione e il rapporto tra massa e peso molecolare indica le moli di sostanza.

Calcolare l’energia richiesta per fondere 31.5 grammi di acqua a 0°C:
Applicando l’equazione q = ∆Hfus (massa / peso molecolare) – ricordando che ∆Hfus dell’acqua è di 6.02 kJ/mol e che il peso molecolare dell’acqua è di 18.02 g/mol – otteniamo:
q = 6.02 kJ/mol ∙ 31.5 g / 18.02 g/mol = 10.5 kJ

Calcolare il calore di fusione dell’acqua in J/g:
Poiché il calore molare di fusione dell’acqua è di 6.02 kJ/mol, equivale a 6020 J/mol.
6020 J/mol / 18.02 g/mol = 334.16 J/g, denominato calore di fusione.

Usando il calore di fusione trovato nel precedente esercizio, calcolare il calore richiesto per fondere 50.0 g di acqua alla sua temperatura di fusione:
334.16 J/g ∙ 50.0 g = 1.67 ∙ 10^4 J

Calcolare il calore richiesto per portare 30.0 g di ghiaccio da 0°C a 37°C, conoscendo il calore di fusione dell’acqua (6.02 kJ/mol) e il dell’acqua (4.18 J/g°C):
Questo tipo di problema deve essere suddiviso in due passaggi:
1) q = 6.02 kJ/mol ∙ 30.0 g / 18.02 g/mol = 10.0 kJ
2) q = 4.18 J/g°C ∙ 30.0 g (37-0) = 4640 J = 4.640 kJ
Quindi, il calore totale richiesto è 10.0 + 4.640 = 14.64 kJ

Calcolare il peso molecolare di una sostanza, sapendo che il suo calore molare è di 4.27 kJ/mol e 61.3 g di essa assorbono 8.68 kJ per la fusione:
Applicando la relazione q = ∆Hfus (massa / peso molecolare), otteniamo:
8.68 = 4.27 ∙ 61.3 / peso molecolare
Da cui, peso molecolare = 30.1 g/mol

Reazione di addizione di Michael

La Reazione di Addizione di Michael e i suoi principi

La reazione di Michael, definita come una 1,4 di un enolato ad un composto carbonilico α-β insaturo, rappresenta un importante metodo per la formazione dei legami C-C nella organica. È un processo fondamentale che offre un modo efficace per la costruzione di molecole complesse.

La condensazione aldolica è un’importante reazione che produce un composto carbonilico α-β insaturo, che costituisce il substrato principale per la reazione di addizione di Michael. Questi composti sono caratterizzati dalla presenza di un doppio legame coniugato e un , che può essere rappresentato da un chetone, un’aldeide, un estere, e altro ancora.

Durante la reazione di Michael, il nucleofilo può attaccare sia il carbonio carbonilico (1,2) che il carbonio in beta (1,4), generando un enolo in equilibrio tautomerico. I composti α-β insaturi sono noti come accettori di Michael mentre il nucleofilo è il donatore di Michael, e il prodotto finale è chiamato addotto di Michael.

Di solito, la reazione di Michael è catalizzata da una base come l’idrossido di sodio, l’etilato di sodio o un’ammina. Il meccanismo della reazione comprende diversi stadi, inclusa la deprotonazione del composto di partenza, la formazione di un carbanione stabilizzato per risonanza e la successiva reazione di addizione coniugata.

In sintesi, la reazione di addizione di Michael è un importante strumento nella sintesi di composti organici complessi, consentendo la costruzione di legami C-C in modo selettivo e efficiente. La comprensione e l’applicazione di questo processo sono cruciali nel campo della organica sintetica.

Calcolo delle costanti di equilibrio dai potenziali redox

Il calcolo delle costanti di equilibrio in può essere effettuato attraverso i potenziali redox, poiché essi sono collegati all’energia libera di Gibbs. Le di ossidoriduzione sono composte da almeno due : in una specie acquista elettroni e si riduce, nell’altra specie perde elettroni e si ossida.

In linea di principio, è possibile combinare due reazioni qualsiasi e, sulla base dei potenziali normali di riduzione, determinare la della reazione. Le grandezze coinvolte sono legate dall’equazione: – ΔG°= RT ln K = F n E°, dove E° rappresenta il potenziale standard della reazione globale e ΔG°è la variazione di energia libera.

Nel primo esempio, per bilanciare la reazione SO2(g) + Cr2O72-→SO42- + Cr3+ a 25°C, con dati E°SO42-/SO2 = 0.20 V e E°Cr2O72-/Cr3+ = + 1.33 V, dobbiamo tenere conto dei potenziali standard delle reazioni chimiche coinvolte. Allo stesso modo, nel secondo esempio, per la reazione Ce4+ + Fe2+ → Ce3+ + Fe3+, con dati E° Ce4+/Ce3+ = + 1.63 V e E°Fe3+/Fe2+ = + 0.77 V, ciò che bisogna fare è calcolare il potenziale della reazione complessiva.

Per entrambi i casi, il calcolo delle costanti di equilibrio può essere ottenuto applicando l’ oppure – ∆G° = RT ln K = F n E°, utilizzando i valori noti dei potenziali e il numero di elettroni scambiati. Da qui, si può determinare la costante di equilibrio delle reazioni attraverso i risultati dei calcoli precedenti.

Diagramma di vaporizzazione

Il diagramma di vaporizzazione nei sistemi a due componenti individua le fasi presenti a diverse composizioni e temperature a pressione costante. La temperatura di ebollizione di una miscela di due liquidi ideali A e B a una data pressione esterna è relazionata alla composizione della soluzione.

Ad esempio, se P°A e P°B sono le pressioni di vapore di A e B a una certa temperatura, quando la miscela di A e B bolle a questa temperatura, la sua pressione di vapore, che è la somma delle due pressioni parziali, è uguale a quella esterna. Per ottenere la composizione della miscela che soddisfi questa condizione, supponiamo che la miscela bolle a 1 atmosfera: P°A*XA + P°B*XB = 1 (*). Essendo P°A e P°B le pressioni di vapore dei due componenti puri e XA e XB le rispettive frazioni molari, e poiché la somma delle frazioni molari è pari a 1 (ovvero XA + XB = 1), si ottiene XA = 1 – XB. Sostituendo il valore di XB in (*) si ha: P°A*XA + P°B*(1 – XA) = 1. Da tale equazione si può ricavare la frazione molare XA, che risulta essere XA = 1 – P°B / P°A – P°B. Conoscendo XA, si può calcolare XB e quindi la composizione della miscela che bolle a una data temperatura.

Ripetendo questo procedimento per diverse temperature e riportando le temperature di ebollizione in funzione della composizione del liquido in un grafico, si ottiene il diagramma di vaporizzazione o . In tale diagramma, TA e TB rappresentano le temperature di ebollizione dei liquidi puri, mentre le varie miscele bollono a temperature intermedie tra TA e TB, corrispondenti alla curva inferiore del grafico ().

La parte superiore del grafico rappresenta la curva del vapore, che fornisce la composizione del vapore in equilibrio con il liquido alla temperatura di ebollizione. Tale composizione si può ricavare combinando la con quella di Dalton. Per ricavare dal grafico la composizione del vapore, è sufficiente congiungere con un segmento orizzontale la curva del liquido con quella del vapore: gli estremi di tale segmento rappresentano rispettivamente la composizione del liquido e del suo vapore alla temperatura di ebollizione.

Ad esempio, per calcolare la composizione di una miscela benzene-toluene che bolle a 88°C a pressione atmosferica, sapendo che a questa temperatura la pressione di vapore del benzene è 957 mm Hg e quella del toluene è 376 mm Hg, è possibile applicare l’equazione XA = 1 – P°B / P°A – P°B. Con questi dati, si ottiene la composizione della miscela e la composizione del vapore in equilibrio con il liquido alla stessa temperatura. Ad esempio, la composizione della miscela sarebbe Xbenzene = 0.661 e Xtoluene = 0.339, mentre la composizione del vapore in equilibrio con il liquido sarebbe Ybenzene = 0.83 e Ytoluene = 0.17.

Misura potenziometrica del pH

La misura potenziometrica del : principi elettrochimici e applicazioni

La misura potenziometrica del pH si basa sull’analisi del potenziale in specifiche celle elettrochimiche mediante l’impiego di elettrodi dedicati. L’equazione di Nernst correla il potenziale di un elettrodo con le concentrazioni delle specie ioniche coinvolte nella reazione elettrochimica del semielemento. L’valutazione sperimentale del potenziale di un semielemento galvanico consente, in soluzioni diluite, di determinare alcuni componenti di una soluzione, inclusa la concentrazione dello ione H+ e quindi il pH.

Per effettuare tale determinazione, è necessario utilizzare un elettrodo il cui potenziale sia influenzato dalla concentrazione dello ione H+. La determinazione della concentrazione dello ione H+ e del pH può essere eseguita per via potenziometrica mediante l’utilizzo di elettrodi specifici come l’elettrodo a calomelano e l’elettrodo a o ad antimonio, il cui potenziale dipende direttamente dalla concentrazione dello ione H+.

Elettrodo

L’elettrodo a equilibrio chinone idrochinone sfrutta una reazione di ossido-riduzione tra il chinone (Q) e l’idrochinone (QH2). Inserendo un elettrodo inerte di platino in una soluzione contenente sia chinone (Q) che idrochinone (QH2) si ottiene un semielemento galvanico, il cui potenziale a 25°C è determinato dall’equazione E°Q/QH2 = E°Q/QH2 + 0.059/2 log [Q][H+]^2/[QH2]. Questa metodologia consente di ricavare il pH dal potenziale del semielemento, ma presenta limiti operativi quando il pH supera il valore di 9 o in presenza di ossidanti o riducenti.

Un altro elettrodo utilizzato per la misura potenziometrica del pH è l’elettrodo ad antimonio, particolarmente indicato per soluzioni contenenti acido fluoridrico, in quanto non presenta parti in vetro che potrebbero degradarsi a contatto con l’acido. Il suo funzionamento si basa su una reazione elettrodica complessa, ed è limitato a un intervallo di pH compreso tra 2 e 8, richiedendo inoltre una costante standardizzazione con soluzioni tampone a pH noto.

Queste metodologie potenziometriche offrono una valutazione affidabile del pH in varie soluzioni, consentendo di ottenere informazioni cruciali per numerose applicazioni in ambito chimico, biologico e industriale.

Interpretazione di uno spettro di massa

Interpretazione di uno spettro di massa: principi e procedure

L’interpretazione di uno spettro di massa offre una chiave importante per identificare la formula , i modelli caratteristici dei e gli ioni possibili dei frammenti. La spettrometria di massa si basa sul principio fisico della separazione degli ioni atomici o molecolari con cariche positive attraverso campi elettrici e magnetici accoppiati. Questa tecnica analitica di delucidazione strutturale si basa sulla ionizzazione di una molecola e sulla sua successiva frammentazione in ioni con diversi rapporti massa/carica (M/z).

Nello spettrometro di massa, il campione viene introdotto sotto vuoto in una camera di ionizzazione dove avviene la ionizzazione della molecola e la frammentazione dei suoi ioni. I frammenti risultanti sono separabili in base alla diversità del rapporto massa/carica. La velocità delle che provocano la formazione di prodotti neutri, radicalici o ionici dipende dalla concentrazione delle specie ioniche che si decompongono e dalle energie libere di attivazione dei vari processi di decomposizione. Il risultato di questo processo è lo spettro di massa che rappresenta l’abbondanza relativa degli ioni in funzione del loro rapporto massa/carica.

Per l’interpretazione dello spettro di massa, si definisce un , spesso il picco più intenso, e si determina il rapporto delle intensità dei vari picchi rispetto all’intensità del picco di base. Gli isotopi possono causare un numero di picchi maggiore rispetto al numero di frammenti molecolari. L’insieme dei frammenti in cui si suddivide una molecola fornisce informazioni dettagliate sulla struttura molecolare.

La spettrometria di massa da sola potrebbe non essere sufficiente per determinare la formula molecolare di un composto complesso, e spesso richiede l’ausilio di altre tecniche come lo spettroscopia infrarossa (IR) e la risonanza magnetica nucleare (NMR) per un’analisi completa e precisa.

In conclusione, l’interpretazione di uno spettro di massa attraverso la spettrometria di massa fornisce informazioni cruciali per l’identificazione delle molecole, contribuendo così alla comprensione della composizione chimica di una sostanza.

Amminoacidi: calcolo del pH

Gli amminoacidi sono composti caratterizzati da almeno due costanti di equilibrio e permettono di calcolare il conoscendone la concentrazione. Questi composti contengono nella loro struttura almeno un gruppo carbossilico -COOH e almeno un gruppo amminico basico -NH2, che nei composti naturali si trova in posizione α rispetto al gruppo carbossilico. La loro struttura è simile a quella di uno ione dipolare : H3N+ -R-COO.

Equilibri degli amminoacidi

Gli amminoacidi possono comportarsi sia da acido che da . Gli equilibri presenti in soluzione sono i seguenti:

  1. H3N+ -R-COO + H2O ⇌ H2N -R-COOR + H3O+ (comportamento acido)
  2. H3N+ -R-COO + H2O ⇌ H3N+ -R-COOH + OH (comportamento basico)

Esempio pratico: calcolo del pH di una soluzione di glicina

Consideriamo una soluzione 0.250 M di con K1 = 4.47 · 10-3 e K2 = 1.67 · 10-10. Gli equilibri presenti in soluzione sono:

  1. H3N+ -CH2 -COO + H2O ⇌ H2N –CH2 -COO + H3O+
  2. H3N+ -CH2-COO + H2O ⇌ H3N+ -CH2-COOH + OH

La costante relativa all’equilibrio complessivo vale: K = [H2N –CH2 -COO][ H3N+ -CH2-COOH]/ [H3N+ -CH2 -COO]2 = K2/K1 = 1.67 · 10-10/ 4.47 · 10-3 = 3.74 · 10-8

Successivamente, calcoliamo le concentrazioni delle specie in equilibrio, ottenendo [H2N –CH2 -COO] = [ H3N+ -CH2-COOH] = 4.83 · 10-5 e [H3N+ -CH2 -COO] = 0.250 M. Infine, calcoliamo [H3O+] sfruttando la K1 e otteniamo un valore di 8.64 · 10-7 M. Il pH risulta essere 6.06.

Calore di combustione. Esercizi svolti

Calore di combustione: come calcolarlo e quali svolgere

Il calore di combustione può essere calcolato partendo dall’ standard di formazione (ΔHf°) delle sostanze coinvolte nella reazione, valori tabulati e ampiamente disponibili. La combustione, processo chimico che si verifica con sviluppo di calore, è una reazione esotermica in cui la variazione di entalpia (ΔH°c) è minore di zero. Essa avviene tra un combustibile e un comburente, tipicamente ossigeno, e si manifesta con la formazione di CO2 e H2O in una combustione completa, mentre in una combustione incompleta si possono ottenere CO e H2O.

La velocità di tale reazione è notevole grazie al calore sviluppato, che ne accelera il processo. L’entalpia standard di combustione (ΔH°c), invece, rappresenta la variazione di entalpia per mole di sostanza bruciata in condizioni standard.

:

1) Calcolare la quantità di benzene necessaria per riscaldare 3.00 Kg di acqua dalla temperatura di 30 alla temperatura di 40°C.

Il calore specifico dell’acqua è pari a 4.186 J/g°C. La quantità di calore necessaria è quindi data da: Q = 3000 g ∙ 4.186 ( 40 – 30)= 1.26 ∙ 10^5 J = 126 kJ. Poiché dalla combustione di 1 mole di benzene si ottengono 3268 kJ si ha: moli di benzene necessarie = 126/ 3268 = 0.0386, equivalente a una massa di benzene necessaria di 3.01 g.

2) Calcolare i grammi di ossigeno necessari per produrre, in una reazione di combustione con l’ottano 8000 kJ.

Sappiamo che dalla combustione di una mole di ottano si producono 5471 kJ quindi per ottenere 8000 kJ sono necessarie : 1.46 moli di ottano. In base al rapporto stechiometrico tra ottano e ossigeno (2:25) occorreranno 585.6 g di ossigeno.

3) Calcolare la massa di propano necessaria per ottenere 350 kJ.

Sappiamo che dalla combustione di una mole di propano si producono 2220 kJ quindi per ottenere 350 kJ sono necessarie 6.95 g di propano.

4) Calcolare la massa di acqua che si ottiene dalla combustione dell’ se si sono ottenuti 2000 kJ.

Dalla combustione di una mole di etino si producono 1.54 moli di acqua, equivalenti a una massa di 27.7 g.

5) Calcolare il volume di CO2 alla pressione di 1.20 atm e alla temperatura di 300 K che si ottiene dalla combustione del se si sono ottenuti 4000 kJ.

Dalla combustione di una mole di glucosio si ottengono 8.52 moli di CO2, che a 300 K e pressione di 1.20 atm occupano un volume di 175 L.

Ordine di legame. Esempi svolti

Ordine di legame nella molecolare: esempi e spiegazioni

L’ordine di legame misura il numero di elettroni coinvolti nei legami tra due atomi presenti in una molecola e rappresenta un indicatore della stabilità del legame. Secondo la teoria degli orbitali molecolari, la formazione di una molecola biatomica si studia matematicamente attraverso la combinazione lineare degli orbitali atomici dei due atomi, seguendo precise regole.

Nel caso di orbitali atomici con la stessa energia e orientazione spaziale, vengono sommati o sottratti tra loro, generando due nuove funzioni d’onda denominati orbitali molecolari (OM). Questi orbitali forniscono i valori dell’energia e la distribuzione spaziale della nuvola elettronica associata. L’orbitale molecolare legante è caratterizzato da un’energia minore e densità elettronica simmetricamente distribuita attorno all’asse di legame, mentre l’orbitale molecolare antilegante ha un’energia maggiore e una densità elettronica nulla tra i due nuclei.

I livelli energetici degli orbitali di legame e di antilegame risultanti dalla combinazione atomica di atomi uguali vengono definiti in modo chiaro. Ad esempio, la combinazione degli orbitali atomici 2s e 2p porta alla formazione di orbitali molecolari leganti e antileganti con differenti simmetrie e distribuzioni spaziali.

Il numero di legami esistenti tra una coppia di atomi è definito come l’ordine di legame, che tiene conto delle coppie di elettroni di legame e antilegame. Negli esempi pratici, come la variazione dell’ordine di legame nell’ossigeno, si evidenzia come questa definizione sia applicata nella pratica.

In conclusione, l’ordine di legame gioca un ruolo chiave nella stabilità molecolare e nella formazione dei legami chimici, e la sua definizione è fondamentale ai fini della comprensione della struttura molecolare.

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L’ordine di legame nelle molecole di ossigeno

In chimica, l’ordine di legame rappresenta il numero di coppie di elettroni condivise tra due atomi. Nelle molecole di ossigeno in diversi stati (neutro, ionico), l’ordine di legame varia, influenzando la lunghezza del legame chimico.

Nella molecola di O2, l’ordine di legame è di 2, poiché sono presenti 6 elettroni in orbitali di legame e 2 in orbitali di antilegame. Questo valore influisce sulla lunghezza del legame.

Nel caso di O2-, lo ione ha un ordine di legame di 1.5, con 6 elettroni in orbitali di legame e 3 in orbitali di antilegame. Questo comporta una differenza nella lunghezza del legame rispetto alle altre forme dell’ossigeno.

Per la forma ionica O2- con 18 elettroni, l’ordine di legame è di 1, con 6 elettroni in orbitali di legame e 4 in orbitali di antilegame. Questo determina un’ulteriore variazione nella lunghezza del legame.

Queste differenze nell’ordine di legame delle molecole di ossigeno influenzano la lunghezza dei legami chimici corrispondenti, contribuendo alle diverse proprietà delle varie forme di ossigeno.

Le reazioni stereospecifiche in cis

stereospecifiche in cis: un’analisi delle syn-addizioni

Le reazioni stereospecifiche in cis, conosciute anche come syn-addizioni, sono caratterizzate da un’addizione di sostanze come , alchini o cicloalcheni. In ambito organico, l’addizione a un doppio o triplo legame può avvenire sullo stesso lato della molecola, determinando un aumento del numero di sostituenti. Una situazione particolare si verifica quando le reazioni coinvolgono un alchene, poiché l’alcano risultante può ruotare liberamente intorno al legame semplice σ nelle condizioni normali. Tuttavia, se la chiralità o l’orientamento dei sostituenti devono essere considerati, diventa essenziale comprendere il meccanismo della reazione stessa.

Le reazioni stereospecifiche in cis più comuni includono l’, la cis-idrossilazione, l’, l’, e altre ancora.

Idrogenazione catalitica

Quasi tutti i composti non saturi possono addizionare idrogeno in presenza di catalizzatori metallici come platino, palladio e nichel. Si ritiene che la reazione avvenga attraverso il legame di atomi di idrogeno alla superficie del catalizzatore seguito dalla cessione dell’idrogeno agli elettroni π della molecola organica. L’addizione di idrogeno al doppio legame avviene in cis e dal lato meno impedito.

Cis-idrossilazione

Il tetrossido di osmio e lo ione permanganato sono capaci di attaccare facilmente gli alcheni, formando un diolo vicinale cis.

Ozonolisi

La scissione degli alcheni con ozono è un processo di degradazione in cui l’ozono rompe entrambi i doppi legami carbonio-carbonio con la formazione di perossidi ciclici detti ozonuri. Questa reazione è utilizzata sia per scopi degradativi che per la preparazione di aldeidi e chetoni da alcheni.

Idroborazione

Gli idruri del boro agiscono come elettrofili a causa degli orbitali vacanti del boro. L’addizione del borano avviene in maniera concertata, con il boro e l’idrogeno che si legano dalla stessa parte del doppio legame (addizione syn), denominata stereospecifica in cis.

In ciascuna di queste reazioni sopra citate, è importante notare che l’addizione avviene esclusivamente secondo la regola di Markovnikov, tenendo conto che il boro, meno elettronegativo dell’idrogeno, svolge il ruolo di elettrofilo.

Mole: esercizi svolti

svolti sulla con spiegazioni dettagliate

rappresenta la quantità di sostanza contenente 6.023 * 10^23 entità elementari e che pesa un numero di grammi pari alla sua massa atomica o molecolare. Il , che è il numero di entità elementari contenute in una mole di sostanza, ha un valore di 6.023 * 10^23. La massa molare, o peso molecolare, corrisponde al numero di grammi equivalenti a una mole di atomi o molecole.

Esercizio 1: Calcolo degli in 0.10 moli di nitrato di bario

In 0.10 moli di Ba(NO3)2 sono presenti 6.023 * 10^22 molecole. Poiché ciascuna molecola contiene 6 atomi di ossigeno, il numero totale di atomi di ossigeno presenti in 0.10 moli di Ba(NO3)2 è 3.6 * 10^23.

Esercizio 2: Calcolo degli atomi di ossigeno in 5.22 g di nitrato di bario

Calcolando il peso molecolare del nitrato di bario e la quantità di moli ottenute da 5.22 g, è possibile determinare che ci sono 7.22 * 10^22 atomi di ossigeno.

Esercizio 3: Calcolo del numero di molecole di P2O5

Il calcolo delle moli di fosforo e di ossigeno consente di determinare che, considerando il rapporto tra questi elementi, possono formarsi 0.0323 moli di P2O5.

Esercizio 4: Calcolo del peso di una molecola di chinino

Il peso di una molecola di chinino è uguale a 5.39 * 10^-22 g.

Esercizio 5: Calcolo del numero di molecole di acqua in una goccia

In una goccia d’acqua, equivalente a 0.05 mL, sono presenti 2 * 10^21 molecole di acqua.

Esercizio 6: Calcolo del peso di una mole di X in una miscela

Dall’analisi della massa totale di X e Y in rapporto alle moli, si ottiene che il peso di una mole di X corrisponde a 90.0 g.

Questi esercizi forniscono un’approfondita comprensione della mole e della sua applicazione pratica.

Sintesi del metanolo: aspetti termodinamici e cinetici

La del metanolo: aspetti termodinamici e cinetici

La produzione di metanolo attraverso la reazione del con l’idrogeno è un esempio eloquente dell’importanza dei processi catalitici. All’interno di tale sintesi, il metanolo è uno dei prodotti meno favoriti, pertanto l’utilizzo di catalizzatori selettivi risulta fondamentale per indirizzare il processo nella direzione desiderata, evitando preferenziali che si verificherebbero in assenza di tali catalizzatori.

Aspetti termodinamici

La sintesi del metanolo da monossido di carbonio e idrogeno è un processo esotermico e irreversibile: CO + 2 H2 ⇌ CH3OH ΔH°298 = – 21.68 kcal/mol. I valori della variazione di energia libera e della , calcolati a diverse temperature, mostrano che la formazione del metanolo diventa sempre meno favorita all’aumentare della temperatura. È importante sottolineare che la sintesi avviene ad alte pressioni, poiché nella reazione si verifica una contrazione di volume e diventa necessario calcolare la dipendenza delle composizioni in equilibrio in funzione della pressione.

L’effetto favorevole della pressione sulla concentrazione d’equilibrio del metanolo rende questo processo vantaggioso anche se richiede alte temperature per ottenere una cinetica di reazione accettabile, grazie all’utilizzo di specifici catalizzatori.

Catalisi

I catalizzatori utilizzati per la sintesi del metanolo sono generalmente costituiti da e ossido di rame, sia singolarmente che in combinazione, con l’aggiunta di un promotore, di solito ossido di cromo. Il processo prevede la compattazione e trasformazione dei materiali ridotti in polvere in un composto indivisibile. Inoltre, si stabilizzano le deficienze anioniche presenti nel reticolo cristallino degli ossidi di zinco e di rame dovute alla non stechiometricità dell’ossigeno rispetto al metallo.

La presenza di impurezze può influenzare la sintesi del metanolo, come ad esempio la presenza di ferro e nichel, che favoriscono la formazione di metano anziché di metanolo. Altri agenti che influenzano la reazione includono il torio e l’ossido di alluminio, che favoriscono rispettivamente la formazione di idrocarburi e dimetiletere. Inoltre, vi sono sostanze alcaline che provocano la formazione di alcoli superiori.

Condizioni di reazione
Le massime rese nella sintesi del metanolo sono ottenute mediante un’ottimizzazione delle condizioni di reazione e una specifica composizione dei catalizzatori. Con i catalizzatori a base ternaria di ossidi di zinco, rame e cromo, le temperature di reazione sono di 250-300 °C e le pressioni di 100-150 atm.

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