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Acido shikimico: usi, via dello shikimato

L’importante ruolo dell’acido shikimico nella natura

L’acido shikimico, noto anche come acido 3R,4S,5R-triidrossicicloes-1-encarbossilico, è un composto organico naturale il cui nome deriva dalla pianta da cui fu estratto per la prima volta, l’Illicium anisatum o Anice giapponese, nota in giapponese come Shikimi.

Acido shikimico e le sue proprietà

Questo composto si presenta come una sostanza cristallina bianca, altamente solubile in acqua ma poco solubile in come il benzene e il cloroformio. Si tratta di un acido debole con una costante di dissociazione di 6.5 · 10^-6 e possiede tre atomi di carbonio asimmetrici, rendendolo una molecola chirale con una di -157°.

Metodi di ottenimento

L’acido shikimico può essere ottenuto tramite diverse metodologie, tra cui l’estrazione con acqua dall’anice stellato a temperature di 120°C, la sintesi chimica, la fermentazione microbica e l’estrazione da alcune piante. Una via alternativa prevede la biotrasformazione dell’acido chinico più facilmente reperibile.

Via dello shikimato e le sue implicazioni

La via dello shikimato, studiata da Bernhard Davis, rappresenta un percorso metabolico cruciale presente in diversi organismi, dai batteri alle piante, che porta alla formazione dell’acido shikimico e del corismato, precursori di aromatici e molecole vitali come l’.

Applicazioni e utilizzi dell’acido shikimico

L’acido shikimico trova impiego nell’industria farmaceutica come materia prima per la sintesi di utilizzati nel trattamento e nella prevenzione dell’influenza. Le sue applicazioni farmaceutiche includono l’utilizzo come agente antipiretico, antiossidante, anticoagulante, antitrombotico, antinfiammatorio e analgesico.

Inoltre, i derivati dell’acido shikimico sono di grande interesse nell’agricoltura, poiché vengono impiegati come erbicidi e agenti antibatterici. L’acido shikimico rappresenta un importante precursore per la sintesi di sostanze utilizzate in vari settori industriali, come quello farmaceutico, chimico e cosmetico.

Processo di Fischer-Tropsch: reazioni, usi, catalizzatori

Fischer-Tropsch Process: Produzione di Idrocarburi Liquidi da Syngas

Il è un metodo industriale che converte syngas, una miscela di monossido di carbonio e idrogeno, in idrocarburi liquidi. Questo processo ha acquisito importanza come alternativa al petrolio per la produzione di idrocarburi liquidi e ha svolto un ruolo fondamentale durante la Seconda Guerra Mondiale fornendo combustibili liquidi essenziali per la Germania durante il conflitto bellico.

Reazioni nel Processo di Fischer-Tropsch

Il processo di Fischer-Tropsch si basa sulla reazione tra monossido di carbonio e idrogeno, che produce una varietà di idrocarburi liquidi. La reazione può essere schematizzata come segue: (2n +1) H2 + n CO → CnH2n+2 + n H2O, dove n è un numero intero. Le condizioni del processo sono ottimizzate per la formazione di idrocarburi liquidi di peso molecolare elevato, che sono i prodotti di maggiore valore.

I catalizzatori in Fischer-Tropsch

I catalizzatori utilizzati nel processo sono tipicamente composti da metalli di transizione. La progettazione e lo dei catalizzatori si sono concentrati sulla produzione di alcani lineari ad alto peso molecolare e di combustibili diesel. Questi catalizzatori svolgono un ruolo cruciale nel facilitare le reazioni di conversione del syngas in idrocarburi liquidi.

Reazioni Collaterali nel Processo

Nel corso del processo di Fischer-Tropsch si verificano anche reazioni collaterali, come la reazione tra il monossido di carbonio e il vapore acqueo: CO + H2O → H2 + CO2. A seconda del catalizzatore, della temperatura e del tipo di processo impiegato, si possono ottenere idrocarburi con diversi numeri di atomi di carbonio.

Formazione di Prodotti Ossigenati

Oltre agli idrocarburi, il processo di Fischer-Tropsch può generare piccole quantità di prodotti ossigenati a basso peso molecolare, come alcoli e acidi organici. Questi composti possono essere considerati sottoprodotti della reazione di sintesi e la loro formazione dipende dalle condizioni specifiche del processo.

In conclusione, il processo di Fischer-Tropsch è un importante metodo per la produzione di idrocarburi liquidi da syngas, offrendo un’alternativa sostenibile e flessibile alla produzione di combustibili convenzionali. Attraverso lo sviluppo continuo dei catalizzatori e l’ottimizzazione delle condizioni di reazione, questo processo ha il potenziale per contribuire in modo significativo alla transizione verso una economia basata su energie rinnovabili.

Processo di sintesi di Fischer-Tropsch: catalizzatori e caratteristiche

Il processo di sintesi di Fischer-Tropsch, utilizzato per la produzione di combustibili sintetici, fa largo uso di diversi tipi di catalizzatori, tra cui il ferro, il , il e il . Tuttavia, mentre il nichel tende a formare principalmente metano e il rutenio ha costi elevati, i catalizzatori a base di cobalto e ferro sono quelli maggiormente impiegati. Questi ultimi sono spesso arricchiti con promotori come potassio e rame, e supportati da materiali ad alta area superficiale come la silice o l’allumina.

I catalizzatori a base di ferro possono funzionare sia a temperature elevate (300-350 °C) che a temperature più basse (220-270 °C), mentre quelli a base di cobalto sono adatti solo a temperature basse, ma sono più costosi rispetto a quelli a base di ferro. Entrambi i tipi di catalizzatori sono sensibili alla presenza di composti di zolfo, che possono disattivarli.

Usi del processo di Fischer-Tropsch

Il processo di Fischer-Tropsch, sviluppato negli anni ’20 del secolo scorso, rappresenta ancora oggi una valida alternativa per la produzione di combustibili sintetici, costituendo un’alternativa al petrolio, una risorsa non rinnovabile. Il syngas utilizzato nel processo può derivare da fonti come il gas naturale, il carbone o la biomassa. La gassificazione della biomassa sta guadagnando sempre più interesse per la sua capacità di produrre combustibili puliti a zero emissioni, contribuendo a soddisfare la crescente domanda energetica globale e a rispettare le normative ambientali più stringenti.

Acido caffeico: proprietà, biosintesi, fonti

Acido Caffeico: Proprietà e Biosintesi

L’acido caffeico è un acido carbossilico appartenente alla classe dei composti organici noti come acidi idrossicinnamici, caratterizzati dalla presenza di un anello benzenico ossidrilato dell’. Questo composto svolge un ruolo fondamentale nel meccanismo di difesa delle piante contro predatori, parassiti e infezioni, in quanto ha un effetto inibitorio sulla crescita di insetti, funghi e batteri, oltre a promuovere la protezione delle foglie dalle radiazioni UV.

Proprietà dell’Acido Caffeico

L’acido caffeico è un solido di colore giallo che contiene un gruppo fenolico e un gruppo acrilico. Questo composto si trova nelle piante e rappresenta un intermedio nella biosintesi della lignina. Ha una scarsa solubilità in acqua e una costante di equilibrio Ka pari a 2.40 × 10-5. A causa della presenza di un doppio legame nella catena laterale, può presentarsi in due isomeri, cis e trans, anche se in natura prevale la forma trans, che è la più stabile.

L’acido caffeico, con nome I.U.P.A.C. acido 3-(3,4-diidrossifenil)prop-2E-enoico, si trova naturalmente nella corteccia di Eucalyptus globulus, nei chicchi d’orzo Hordeck vulgare e nell’erba Dipsacus asperoides.

Biosintesi dell’Acido Caffeico

La biosintesi dell’acido caffeico nelle piante avviene attraverso la via endogena dello shikimato, che è responsabile della produzione di amminoacidi aromatici a partire dal glucosio. Questo processo inizia con l’acido shikimico e subisce tre reazioni enzimatiche:

– Fosforilazione mediata dall’enzima shikimato-chinasi.
– Coniugazione di una molecola di fosfoenolpiruvato mediata dalla 5-enolpiruvilshikimate-3-fosfato sintasi.
– Trasformazione dell’acido corismico in acido prefenico tramite l’enzima corismato mutasi, precursori della fenilalanina.

La formazione di fenilalanina è mediata dal piridossal fosfato come coenzima nel processo di deaminazione, e dalla nicotinammide adenina dinucleotide come scambiatore di elettroni.

Per ulteriori approfondimenti sui composti organici e la loro biosintesi, è possibile consultare il sito [chimica.today](https://chimica.today/).

Acido Caffeico: Caratteristiche, Estrazione e Utilizzi

Caratteristiche dell’Acido Caffeico

L’acido caffeico è un composto organico presente in diverse piante ed è un importante precursore nella biosintesi di molecole fenoliche. È ottenuto dall’acido cinnamico, tramite la cinnamato-4-idrossilasi, che lo converte in acido p-cumarico, il quale a sua volta viene trasformato in acido caffeico attraverso l’enzima 4-cumarato 3-idrossilasi.

Estrazione dell’Acido Caffeico

Per ottenere l’acido caffeico, è possibile estrarlo dalle piante utilizzando solventi come il metanolo e l’acetato di etile ad alte temperature. Tuttavia, questa metodologia di estrazione ha un basso rendimento, motivo per il quale a livello industriale si preferisce produrlo sinteticamente.

Reazioni e Sensibilità dell’Acido Caffeico

L’acido caffeico e i suoi analoghi sono suscettibili alla degradazione in ambienti acidi. In presenza di acidità, l’acido caffeico subisce un processo di ossidazione, trasformando i gruppi alcolici presenti nell’anello benzenico in gruppi chetonici, che danno origine a una forma di chinone.

Fonti di Acido Caffeico

L’acido caffeico si trova comunemente nel caffè, ma è presente anche in varie verdure, frutta ed erbe aromatiche come cavolfiori, ravanelli, funghi, mele, fragole, pere, basilico, timo, rosmarino, salvia e origano. Solitamente si trova sotto forma di semplici derivati come ammidi, esteri e glicosidi, oppure in forme più complesse quali acido rosmarinico, acido litospermico e flavonoidi.

Usi dell’Acido Caffeico

L’acido caffeico è noto per le sue proprietà antiossidanti e viene impiegato per prevenire lo stress ossidativo, proteggere il DNA dai radicali liberi, favorire la produzione di collagene e per le sue attività antimicrobiche e antinfiammatorie.

In generale, l’acido caffeico svolge un ruolo significativo nella salute e nel benessere, offrendo numerosi benefici per l’organismo.

Difenilammina: proprietà, sintesi, reazioni

La difenilammina, conosciuta anche come N-fenilanilina, è una ammina secondaria che presenta due gruppi fenilici legati all’azoto con formula (C6H5)2NH. Questa sostanza è spesso presente nelle acque reflue dei processi industriali e nel latte di animali come bovini, ovini, caprini e bufali.

Caratteristiche

Questo composto si presenta sotto di un solido cristallino incoloro, marrone chiaro, ambrato o marrone con un odore floreale. È poco solubile in acqua ma si scioglie facilmente in solventi come , metanolo e ottanolo.

La difenilammina ha una costante basica K_b dell’ordine di 10^-14 ed è meno basica dell’anilina a causa della presenza di due gruppi fenilici che rendono il doppietto elettronico solitario meno disponibile alla protonazione.

Sintesi

Questo composto può essere sintetizzato attraverso diverse vie, come la deamminazione termica dell’anilina in presenza di un catalizzatore oppure tramite la reazione tra acetanilide e bromobenzene con la formazione di N, N-difenilacetammide che, reagendo con acido cloridrico, porta alla formazione della difenilammina.

Reazioni

La difenilammina reagisce con il 3-idrossi, 4-oxo pentanale ottenuto dalla reazione del desossiribosio presente nel DNA con gli acidi, producendo un assorbimento a 595 nm, fungendo così da test per il DNA. Inoltre, reagisce con lo zolfo dando luogo alla formazione di , un composto triciclico.

Usi

Questo composto viene utilizzato principalmente come antiossidante e trova impiego nella produzione di coloranti, nell’industria della , nella produzione di , come stabilizzante nelle materie plastiche, negli esplosivi nitrocellulosici, nei propellenti per razzi a combustibile solido e nell’industria alimentare per la conservazione e il controllo di parassiti. La difenilammina è ampiamente impiegata anche nella protezione delle mele durante lo stoccaggio e come agente antiossidante, fungicida e antielmintico.

Glicolipidi: funzioni

La Versatilità dei Glicolipidi: Struttura e Funzioni

I glicolipidi sono molecole anfipatiche, composte da una o più unità monosaccaridiche legate tramite un ad una parte idrofobica, come gliceridi o ceramidi. Queste molecole stanno suscitando un crescente interesse di ricerca per i loro processi di produzione eco-friendly e i loro benefici ambientali e applicativi.

Proprietà e Applicazioni dei Glicolipidi

Le proprietà antibatteriche ed emulsionanti dei glicolipidi offrono un enorme potenziale in settori come la pulizia, la cosmetica e la conservazione degli alimenti. Possono quindi fungere da alternative sostenibili ai tensioattivi sintetici, contribuendo alla ambientale.

Ruolo dei Glicolipidi nella Membrana Cellulare

I glicolipidi costituiscono i principali componenti della parte esterna della membrana cellulare. Svolgono un ruolo fondamentale nel facilitare le comunicazioni tra le cellule, regolare la differenziazione cellulare e modulare la trasduzione del segnale. Inoltre, la parte idrofoba dei glicolipidi contribuisce alla stabilità della membrana, influenzandone la fluidità e la coesione strutturale.

Classificazione e Tipologie di Glicolipidi

I glicolipidi sono classificati in base alle differenze nella parte lipidica che li costituisce. Le categorie più diffuse sono i glicerolipidi e gli sfingolipidi.

*Glicerolipidi:

* Questa classe di lipidi è formata da gliceroli mono-, bi- e trisostituiti. I trigliceridi, noti esempi di glicerolipidi, funzionano come riserve energetiche e vengono metabolizzati tramite idrolisi degli esteri, generando e .

*Sfingolipidi:

* Costituiti dalla sfingosina, un insaturo con una catena di tre atomi di carbonio, i sfingolipidi presentano varie tipologie a seconda dell’acido grasso al quale sono legati. Tra essi, le ceramidi si formano dalla reazione tra la sfingosina e un acido grasso, tramite un legame carboammidico.

Acido cinnamico: sintesi, reazioni, usi

L’Acido Cinnamico: Caratteristiche e Applicazioni

L’acido cinnamico è un acido carbossilico insaturo con formula C6H5CH=CHCOOH, simile all’ ma con un gruppo fenilico in posizione 3. Il suo nome è dovuto all’albero di Cinnamomum zeylanicum, da cui si ricava la cannella. Questo composto è presente nell’olio essenziale di cannella, in vari balsami e nel burro di karité.

I chimici sovietici Beilstein e Kuhlberg isolato per la prima volta l’acido cinnamico nel 1872. A causa del doppio legame sulla catena laterale, può esistere in forma cis e trans, con quest’ultima forma prevalente nei naturali. Il suo nome IUPAC è acido 3-fenilprop-2E-enoico.

Proprietà e Caratteristiche

L’acido cinnamico si presenta in cristalli bianchi con un sottile aroma floreale simile a quello del miele. È solubile in etanolo, , etere di petrolio e cloroformio, e facilmente solubile in benzene, etere, acetone, acido acetico, solfuro di carbonio e oli, ma poco solubile in acqua.

Sintesi dell’Acido Cinnamico

L’acido cinnamico può essere sintetizzato attraverso diverse vie. Una delle vie tradizionali è la reazione di Perkin, in cui la benzaldeide reagisce con anidride acetica e acetato di potassio.

Un metodo più efficiente e ecologico è la del malonato di etile con benzaldeide, catalizzata da ossidi misti di magnesio e alluminio o magnesio e alluminio con ossido di disprosio. Questo metodo è una delle soluzioni più semplici e rispettose dell’ambiente per la sintesi dell’acido cinnamico.

Acido Cinnamico: Struttura e Reattività

Il processo chimico in cui il C6H5CHO reagisce con CH3CH2COCH2COCH2CH3 per formare C6H5CH=CHCOOH è fondamentale per la sintesi dell’acido cinnamico.

Reazioni di Acido Cinnamico

L’acido cinnamico può essere sottoposto a diverse trasformazioni chimiche. Quando viene idrogenato selettivamente utilizzando una lega amorfa di nichel e boro, si ottiene l’acido 3-fenilpropanoico.

In presenza di bromo e acido acetico, l’acido cinnamico si trasforma in 2,3-dibromo acido 3-fenilpropanoico. Mentre in presenza di acido nitrico e acido solforico, subisce una nitrazione per dar luogo all’acido o-nitrocinnamico e l’acido p-nitrocinnamico.

Utilizzi dell’Acido Cinnamico

L’acido cinnamico ha molteplici utilizzi, tra cui la produzione di aromi, coloranti e prodotti farmaceutici. Tuttavia, il suo impiego principale è nella produzione dei suoi esteri metilici, etilici e benzilici, essenziali per i profumi. Inoltre, è un componente fondamentale per la sintesi dell’aspartame, un noto dolcificante.

Proprietà Farmacologiche

Ricerche recenti hanno evidenziato le proprietà farmacologiche dell’acido cinnamico e dei suoi derivati. Queste sostanze sono state associate ad attività epatoprotettive, e antidiabetiche, aprendo nuove prospettive nel campo della ricerca medica e farmaceutica.

In conclusione, l’acido cinnamico riveste un ruolo significativo nell’ambito della chimica organica e trova applicazioni importanti sia nell’industria alimentare che in quella farmaceutica, grazie alle sue caratteristiche reattive e alle proprietà benefiche dimostrate dalla ricerca scientifica.

Idroformilazione: processo oxo


L’Idroformilazione: processo di produzione di aldeidi da alcheni

L’idroformilazione, noto anche come processo oxo, è un procedimento industriale utilizzato per la produzione di aldeidi a partire dagli alcheni. Durante questa reazione avviene la rottura del doppio legame carbonio-carbonio e l’aggiunta di un gruppo aldeidico e di un atomo di idrogeno ai due atomi di carbonio coinvolti.

Storia dell’idroformilazione

Il chimico tedesco Otto Roelen scoprì l’idroformilazione nel 1938 durante uno studio sull’origine dei ossigenati ottenuti nel . Le reazioni sono catalizzate da una miscela contenente cobalto, torio e ossido di magnesio, con l’idrocobaltotetracarbonile come specie attiva.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la costruzione di impianti industriali per la produzione di attraverso il processo oxo fu rallentata. Negli anni ’60, la maggior parte degli impianti utilizzava catalizzatori al cobalto, operando ad alte pressioni e temperature.

In seguito, l’Union Carbide Corporation e un gruppo di ricercatori guidati da Geoffrey Wilkinson, vincitore del Premio Nobel per la Chimica nel 1973, scoprirono che i composti del contenenti fosfine catalizzavano l’idroformilazione a pressioni e temperature minori, con maggiore selettività per le aldeidi lineari.

La reazione di idroformilazione

L’idroformilazione di un alchene asimmetrico può portare alla formazione di due prodotti di reazione. Ad esempio, il propene può produrre butanale e 2-metilpropanale. L’industria si concentra principalmente sulla produzione di aldeidi lineari e sono in corso studi per migliorare la regioselettività della reazione.

I catalizzatori nell’idroformilazione

I catalizzatori giocano un ruolo fondamentale nella resa e nelle condizioni di reazione. Gli studi sono focalizzati sullo di catalizzatori che possano aumentare l’efficienza e la selettività del processo di idroformilazione.L’idroformilazione è un processo chimico che porta alla formazione di aldeidi. Durante questo processo, vengono studiati diversi tipi di catalizzatori, tra cui il cobalto HCo(CO)₄, i cobalto modificati HCo(CO)₃(PR₃), e il rodio come HRh(CO)(PPh₃)₃ e HRh(CO)₂(PPh₃)₂.

Il catalizzatore più antico ancora in uso per l’idroformilazione è l’idrocobaltotetracarbonile, che produce un rapporto di 4:1 tra aldeide lineare e aldeide ramificata. Questo catalizzatore opera a pressioni tra 200 e 300 bar e temperature comprese tra 110 e 180°C, ma si decompone ad alte temperature.

Il catalizzatore al rodio, invece, è noto per essere da 100 a 1000 volte più attivo rispetto a quello al cobalto, operando a pressioni più basse (15-25 bar) e temperature più moderate (80-120°C). Con questo catalizzatore si ottiene un rapporto di 15:1 tra aldeide lineare e aldeide ramificata.

Le aldeidi formate durante l’idroformilazione possono essere successivamente trasformate in vari prodotti, come alcoli, ammine, acidi carbossilici e molti altri. Questo processo industriale svolge un ruolo fondamentale nella produzione di molecole utilizzate in diversi settori.

Etere di petrolio: proprietà, composizione, usi

Il Significato dell’Etere di Petrolio e le sue Proprietà

L’etere di petrolio è una frazione del petrolio con una temperatura di ebollizione compresa tra i 30 e i 60°C, composta principalmente da idrocarburi alifatici a basso peso molecolare e una piccola quantità di composti aromatici. Questa frazione del petrolio è chiamata etere di petrolio a causa della sua elevata volatilità, caratteristica tipica degli eteri a basso peso molecolare poiché non presentano legami a idrogeno. Può anche essere isolato dall’Abutilon theophrasti, una pianta erbacea della famiglia delle Malvaceae.

Proprietà dell’Etere di Petrolio

L’etere di petrolio è un liquido infiammabile che varia dal incolore al giallo con un tipico odore di . Ha una densità inferiore a quella dell’acqua, ed è poco solubile in essa ma solubile in etanolo. La sua infiammabilità è molto elevata e il suo punto di ebollizione varia in base alla composizione. Le sue proprietà fisiche come , temperatura di fusione ed ebollizione dipendono dalla composizione. Inoltre, reagisce con agenti ossidanti in modo esotermico e, con agenti ossidanti forti, la reazione può essere esplosiva.

Composizione

L’etere di petrolio è costituito principalmente da idrocarburi alifatici saturi con un numero di atomi di carbonio che varia da cinque a tredici, con una prevalenza di idrocarburi a cinque e sei atomi di carbonio. Sono presenti anche piccole quantità di idrocarburi insaturi e aromatici, che possono essere ridotti tramite catalitica.

Usi

Data la sua economicità rispetto ad altri organici, l’etere di petrolio è comunemente impiegato come solvente e per estrarre componenti lipidiche come quelli presenti nei semi di cacao. Spesso viene utilizzato come nelle tecniche cromatografiche, sia da solo che in combinazione con l’acetone. In particolare, è impiegato come eluente nella separazione cromatografica di pigmenti fotosintetici come il β-carotene e la clorofilla.

Monossido di azoto: proprietà, sintesi, reazioni, usi

Ossido Nitrico: Caratteristiche e Utilizzi

Il monossido di azoto, con la formula chimica NO, rappresenta uno dei principali ossidi dell’azoto. Venne scoperto per la prima volta come gas dal chimico inglese Joseph Priestley nel 1772.

Nella struttura del monossido di azoto è presente un doppio legame azoto-ossigeno, con l’azoto che presenta un elettrone spaiato, determinando la natura di radicale libero della molecola.

Dal punto di vista elettronico, il monossido di azoto è considerata paramagnetica, essendo equivalente a livello di elettroni al di sotto di un elettrone alla molecola di azoto N2. Secondo la teoria degli orbitali molecolari, l’elettrone spaiato si trova nell’orbitale π* e l’ tra i due atomi è di 2.5.

La lunghezza di legame tra azoto e ossigeno nel monossido di azoto è di 1.15 Å, un valore intermedio tra la distanza presente nell’ione nitrosonio NO+ (1.06 Å) e tipica di un doppio legame (1.20 Å).

Il monossido di azoto può essere facilmente ossidato, trasformandosi in ione nitrosonio con numero di ossidazione +3, a partire dal +2 iniziale.

Sintesi del Monossido di Azoto

Il monossido di azoto è prodotto nel corpo umano durante il ciclo dell’urea, a partire da ossigeno e arginina, tramite l’azione dell’enzima ossido nitrico sintasi. Quest’ultimo catalizza la reazione di trasformazione di L-arginina, NaDPH, H+, e O2 in , ossido nitrico e NADP+.

A livello ambientale, l’ossido nitrico viene prodotto dalla reazione di sintesi tra azoto e ossigeno, che avviene prevalentemente in presenza di fulmini o nei motori a combustione interna.

In laboratorio, l’ossido nitrico può essere ottenuto da diverse reazioni chimiche, ad esempio…

Reazioni dell’ossido nitrico

L’ossido nitrico può partecipare a diverse reazioni chimiche che portano alla formazione di altri composti. Ad esempio, può subire una reazione di decomposizione per trasformarsi in azoto e ossigeno secondo l’equazione:

2 NO(g) → N2(g) + O2(g)

Inoltre, l’ossido nitrico può dimerizzare in un equilibrio chimico secondo la reazione:

2 NO(g) → N2O2(g)

A temperature elevate, si verifica una reazione di disproporzione dell’ossido nitrico che porta alla formazione di monossido di diazoto e biossido di azoto:

3 NO(g) → N2O(g) + NO2(g)

Interazioni con altri composti

L’ossido nitrico può reagire con vari elementi e composti chimici. Ad esempio, reagisce con l’idrogeno per produrre azoto e vapore acqueo:

2 NO(g) + 2 H2(g) → N2(g) + 2 H2O(g)

Inoltre, con il cloro si il cloruro di nitrosile:

2 NO(g) + Cl2(g) → 2NOCl (g)

Simili reazioni avvengono anche con il fluoro, il bromo e l’ossigeno, formando diversi composti nitrosi.

Impatto ambientale e salute

L’ossido nitrico è tra i gas dai veicoli e dalle attività di combustione, e insieme ad altri contribuisce alla formazione di smog atmosferico. Questo rappresenta un rischio per la salute ambientale poiché può reagire con la luce solare e altre sostanze chimiche.

Usi e applicazioni

L’ossido nitrico svolge un ruolo fondamentale nel controllo della circolazione sanguigna e nella regolazione del rilascio di ormoni e neurotrasmettitori come l’adrenalina. Grazie alle sue proprietà, viene utilizzato anche come vasodilatatore polmonare selettivo e per trattare pazienti con problemi respiratori tramite inalazione. Inoltre, integratori a base di precursori dell’ossido nitrico come l’arginina e la citrullina sono comunemente utilizzati dagli sportivi per migliorare le prestazioni fisiche.

Acido gluconico: proprietà, usi

Acido Gluconico: Caratteristiche e Utilizzi

L’acido gluconico, conosciuto anche come acido 2,3,4,5,6-pentaidrossiesanoico, è un idrossiacido con formula chimica HOCH2(CHOH)4COOH. Fu scoperto nel 1870 dai chimici austriaci Heinrich Hlasiwetz e Josef Habermann a seguito dell’ossidazione del glucosio da parte del cloro.

Leon Boutroux, chimico francese, nel 1880 osservò la formazione di un “acido zuccherino” durante lo studio sulla fermentazione dell’acido lattico e notò la produzione di acido gluconico da parte di microrganismi.

Marin Molliard, botanico francese, rinvenne l’acido gluconico nel brodo di coltura del fungo Aspergillus niger nel 1922. Questo portò allo di un processo per la produzione di gluconato di sodio nel 1952, mediante la neutralizzazione dell’acido con idrossido di sodio a un pH di 6.5.

Proprietà dell’ Acido Gluconico

L’acido gluconico è un acido organico debole con un valore di Ka pari a 1.38 · 10^-4. È non corrosivo, non tossico, biodegradabile e solubile in acqua, conferendo un sapore acidulo a alimentari come il vino e i succhi di frutta.

La sua base coniugata, il gluconato, possiede un’azione chelante verso ioni come Ca2+, Al3+ e Fe2+ con una costante di formazione maggiore rispetto a quella dell’. Le soluzioni acquose di gluconato di sodio sono resistenti all’ossidazione e alla riduzione anche ad alte temperature.

In soluzione, l’acido gluconico si trova in equilibrio con il glucono-δ-lattone, che è il suo estere ciclico. Questo equilibrio è influenzato dal pH e dalla temperatura.

Sintesi dell’ Acido Gluconico

L’acido gluconico è ottenuto dall’ossidazione del carbonio aldeidico presente nel glucosio utilizzando perossido di idrogeno su bimetallici come palladio e bismuto supportati da carbonio vetroso.

Usi dell’ Acido Gluconico

L’acido gluconico si trova in piante, frutta, vino, aceto, e principalmente nel . Viene utilizzato come regolatore dell’acidità negli alimenti. Trova impiego nella carne, nei latticini e nei prodotti da forno come agente lievitante.

L’acido gluconico e i suoi sali vengono utilizzati come detergenti per la casa, detergenti industriali, inchiostri, vernici, coloranti e per la finitura dei metalli. Alimenti contenenti glucono-δ-lattone includono farina di fave, yogurt, ricotta, pane, dolciumi e carne.

Deidrociclizzazione: esempi, catalizzatori

La Deidrociclizzazione nell’Industria Petrolifera

La deidrociclizzazione è una reazione che si verifica durante il processo di reforming catalitico nell’industria petrolifera, in cui un composto subisce contemporaneamente deidrogenazione e ciclizzazione.

Esempi di Deidrociclizzazione

Un esempio comune di deidrociclizzazione è la conversione del n-eptano in , seguendo la seguente equazione di reazione:

CH3(CH2)5CH3 → C6H5CH3 + 4 H2

. Questa reazione avviene in presenza di come l’ossido di cromo (III) su allumina, producendo anche l’eptene come sottoprodotto.

La reazione avviene in due fasi: la deidrogenazione dell’eptano in eptene e la ciclizzazione dell’olefina. Un altro esempio è la deidrociclizzazione dell’ in metil-ciclopentano, rappresentata dall’equazione

C6H14 → C5H9CH3 + H2

.

Catalizzatori Utilizzati

Oltre all’ossido di cromo, può essere impiegato l’ossido di molibdeno, la cui attività può essere potenziata con l’aggiunta di ossido di o di una combinazione di ossido di neodimio e . In presenza di coke, che può disattivare il catalizzatore, è possibile riattivare il catalizzatore bruciando il carbonio in una corrente di ossigeno o aria diluita con gas inerte.

Le zeoliti vengono utilizzate per creare catalizzatori più attivi e selettivi nell’aromatizzazione degli alcani. Inoltre, i catalizzatori a base di metalli nobili supportati su zeoliti sono più resistenti alla disattivazione causata dal coke.

Propellenti negli aerosol: composizione, funzioni

Gli Utilizzi dei Propellenti Negli Aerosol

I propellenti utilizzati negli aerosol sono sostanze gassose che passano allo stato liquido sotto pressione all’interno di bombolette realizzate in alluminio o banda stagnata. Questa tecnologia è ampiamente impiegata in di uso comune come lacca per capelli, , , , riempitivi per pneumatici e vernici.

Il Funzionamento degli Aerosol

Negli aerosol, un gas liquefatto sotto pressione viene rilasciato attraverso una valvola per diffondere il contenuto della bomboletta nell’ambiente. Quando la valvola è aperta, il propellente liquefatto si trasforma in fase di vapore che spinge il prodotto verso l’esterno. Una volta fuoriuscito, il propellente evapora, lasciando il principio attivo sotto forma di piccole goccioline liquide sospese nell’aria. Con la valvola chiusa, si mantiene un equilibrio tra fase liquefatta e fase vapore, garantendo un rilascio uniforme del prodotto.

La Composizione degli Aerosol

Una formulazione per aerosol è composta da due componenti principali: il prodotto e il propellente. Il prodotto contiene il principio attivo e gli ingredienti aggiuntivi necessari per la sua efficacia. Il propellente fornisce la spinta per espellere il prodotto dalla bomboletta. I propellenti comprendono , idroclorofluorocarburi, idrofluorocarburi e gas compressi. Tuttavia, a seguito del Protocollo di Montreal, i CFC sono stati sostituiti da idrocarburi volatili come propano, n-butano e isobutano. Altri propellenti utilizzati includono biossido di carbonio, monossido di diazoto, dimetiletere e etilmetiletere.

Conclusioni

L’utilizzo degli aerosol con propellenti ha rivoluzionato diverse industrie, consentendo la diffusione di prodotti in modo efficiente e uniforme. Grazie alla costante ricerca e innovazione nel settore, sono stati introdotti propellenti più sicuri e sostenibili, riducendo l’impatto ambientale e rispettando le normative internazionali per la protezione dello strato di ozono.

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