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Antracite: proprietà, usi

Antracite: il carbone fossile più pregiato

L’antracite è un tipo di carbone fossile con un elevato contenuto di carbonio, compreso tra il 93% e il 95%. Questo minerale, la cui parola deriva dal termine greco che significa “simile al carbone”, è ampiamente utilizzato come combustibile grazie al suo di circa 30000 kJ/kg. Paesi come la , gli Stati Uniti, la Pennsylvania, l’Ucraina e l’Indocina vantano significative riserve di antracite.

Proprietà distintive dell’antracite

L’antracite rappresenta uno stadio di transizione tra il carbone bituminoso e la grafite, ottenuta attraverso la parziale o totale eliminazione dei componenti volatili del carbone bituminoso. Questo minerale, di colore nero lucente e con una durezza compresa tra 2,75 e 3 nella scala di Mohs, è caratterizzato da un contenuto estremamente basso di impurità e un elevato potere calorifico.

L’antracite brucia con una fiamma corta dal colore blu, con una scarsa emissione di e sostanze volatili, generando poco fumo e poche scorie.

Applicazioni dell’antracite

L’antracite ha trovato impiego in svariati settori. In passato, le locomotive a vapore utilizzavano questo minerale come combustibile. Oggi, l’antracite è largamente impiegata per la produzione continua di calore in di edifici residenziali e uffici, così come in applicazioni industriali specializzate che richiedono a bassa emissione di fumo.

Grazie alle sue proprietà, l’antracite viene utilizzata anche nel trattamento delle acque industriali, nelle piscine e negli impianti di scarico, dove, associata alla sabbia, aiuta ad eliminare le sostanze solide in sospensione.

In conclusione, l’antracite rappresenta una risorsa preziosa con molteplici utilizzi, che spaziano dal riscaldamento all’industria, confermando la sua importanza nel panorama energetico globale.

Ftalati: sintesi, usi, interferenti endocrini

Tutto quello che c’è da sapere sugli Ftalati

Gli

ftalati

sono esteri dell'[acido ftalico](https://chimica.today/chimica-organica/acido-ftalico), ossia dell’acido 1,2-benzendicarbossilico, utilizzati principalmente come [plastificanti](https://chimica.today/chimica-organica/plastificanti) per polimeri come il [PVC](https://chimica.today/chimica-organica/polivinilcloruro) e le resine cellulosiche, conferendo loro flessibilità ed elasticità.

Sintesi e Tipologie di Ftalati

La sintesi degli ftalati avviene tramite la reazione di tre [anidridi ftaliche](https://chimica.today/chimica-organica/anidride-ftalica) con un [alcol](https://chimica.today/chimica-organica/alcoli-e-le-relative-reazioni) in presenza di un [catalizzatore](https://chimica.today/chimica-generale/catalizzatori). A seconda dell’alcol utilizzato, lineare o ramificato, alchilico o arilico, si ottengono ftalati dialchilici, alchilarilici e diarilici.

Gli ftalati più utilizzati derivano da alcoli con 6-13 atomi di carbonio, garantendo una flessibilità anche a basse temperature e una minore volatilità.

Applicazioni degli Ftalati

I ftalati a basso peso molecolare come il

dietilftalato

o il

dibutilftalato

trovano impiego in prodotti per la cura personale come profumi, lozioni, cosmetici, solventi per l'[acetato di cellulosa](https://chimica.today/chimica-organica/acetato) e vernici. Tuttavia, sono rilasciati facilmente nell’ambiente a causa del loro debole legame con il composto.

Questi composti, che hanno sostituito la canfora nella plastificazione della nitrocellulosa negli anni ’20, possono essere presenti in giocattoli, lubrificanti, adesivi e vernici.

Effetti degli Ftalati sugli Ormoni

Essendo considerati [interferenti endocrini](https://chimica.today/chimica-fisica/i-legami-chimici-secondari), gli ftalati sono soggetti a restrizioni in Europa, dove il loro utilizzo nei giocattoli e nei prodotti per l’infanzia non è consentito per concentrazioni superiori allo 0.1%. L’unico ftalato usato in piccole quantità come fragranza nei cosmetici europei è il dietilftalato (DEP).

Paesi come Stati Uniti e Canada hanno limitato l’uso degli ftalati, che spesso sono etichettati come “fragranza” in altri Paesi. È consigliabile acquistare prodotti per l’infanzia provenienti da nazioni che regolamentano l’uso degli ftalati.

Tensione di vapore: forze intermolecolari, temperatura


La Tensione di Vapore e i suoi Fattori

La è definita come la pressione del vapore prodotto dall’ di un liquido o dalla sublimazione di un solido in equilibrio con la fase condensata. Questo equilibrio si verifica quando la velocità di evaporazione è pari alla velocità di condensazione.

Forze Intermolecolari

Le forze intermolecolari giocano un ruolo determinante nella formazione della tensione di vapore. Quando queste forze sono deboli, le molecole tendono a passare allo stato di vapore più facilmente rispetto a quando sono forti. Ad esempio, l’etere dimetilico, con forze molecolari deboli, ha una tensione di vapore a 25 °C di 520 torr, mentre l’etanolo, con legami ad , ha una tensione di vapore di 75 torr alla stessa .

Temperatura

Con l’aumentare della temperatura, aumenta l’energia cinetica delle molecole, favorendo la transizione allo stato di vapore. Tuttavia, l’incremento della tensione di vapore non è direttamente proporzionale all’aumento di temperatura, come indicato dall’equazione di Clausius-Clapeyron.

Tensione di Vapore e Temperatura di Ebollizione

In un contenitore aperto, la tensione di vapore corrisponde alla pressione parziale del gas nell’aria. La temperatura alla quale la tensione di vapore uguaglia la pressione atmosferica rappresenta la temperatura di ebollizione. Ad esempio, l’acqua bolle a 100 °C a 1 atm di pressione.

La temperatura di ebollizione varia con la pressione atmosferica: maggiore pressione porta a una temperatura di ebollizione più elevata, mentre una minore pressione riduce la temperatura di ebollizione. Ad esempio, in una la temperatura di ebollizione è superiore a 100 °C, mentre ad alte altitudini è inferiore.

Le specie con alta tensione di vapore hanno una bassa temperatura di ebollizione, come l’etere dimetilico a 34.6 °C, mentre quelle con bassa tensione di vapore hanno una temperatura di ebollizione più alta, come l’etanolo a 78.4 °C.

Per ulteriori informazioni sull’evaporazione e la sublimazione, puoi consultare questo articolo su evaporazione e questo sulla sublimazione.

Nitrocellulosa o fulmicotone: usi

La : e Caratteristiche

La nitrocellulosa, conosciuta anche come nitrato di cellulosa o fulmicotone, rappresenta uno dei materiali polimerici termoplastici più antichi. La sua sintesi fu ottenuta per la prima volta nel 1855 dal chimico inglese Alexander Parkes.

La nitrocellulosa è prodotta attraverso la reazione tra le fibre di cellulosa e una soluzione di acido nitrico, spesso in presenza di acido solforico. Durante questa reazione, i gruppi -OH presenti nella cellulosa vengono sostituiti da gruppi -ONO2, formando un estere nitrico della cellulosa.

Tipologie di Nitrocellulosa

A seconda della composizione del processo di sintesi e delle condizioni di reazione, si possono ottenere nitrocellulose con diversi gradi di nitrazione. Le varianti più comuni sono la mono-, di- e trinitrocellulosa, caratterizzate rispettivamente da uno, due o tre gruppi nitro legati ad ogni unità di glucosio presente nella cellulosa.

La differente composizione chimica determina le varie proprietà della nitrocellulosa, dando ad ognuna specifiche applicazioni: dalla dinitrocellulosa impiegata in materie plastiche e lacche, alla trinitrocellulosa usata per la produzione di .

Applicazioni della Nitrocellulosa

La nitrocellulosa trova svariate applicazioni industriali, come nella produzione di inchiostri per rotocalco e flessografia, grazie alla sua disponibilità, economicità e alle sue proprietà in miscele di alcoli, eteri, esteri e idrocarburi.

Altro impiego rilevante è nella formulazione di lacche a rapida asciugatura per la lavorazione del legno, poiché garantisce una finitura durevole e brillante. Gli smalti alla nitrocellulosa modificati con resine alchidiche sono preferiti in ambito industriale per la rapida asciugatura e la finitura di alta qualità su macchinari e pannelli metallici.

Inoltre, la nitrocellulosa può essere utilizzata in combinazione con additivi come la e stabilizzanti per ottenere specifiche proprietà desiderate nei diversi settori di impiego.

L’utilizzo della celluloide nella produzione di oggetti di vario genere

Negli anni passati, la celluloide è stata utilizzata per la produzione di diversi oggetti, come penne stilografiche, manici di ombrelli e giocattoli. Addirittura, è stata impiegata come supporto per le pellicole fotografiche e cinematografiche. Nonostante l’avvento dei polimeri, alcune lavorazioni come montature di occhiali, contenitori, plettri per chitarra e tasti per pianoforti sono ancora realizzati con questo materiale.

La lacca nitrocellulosica nella rifinitura delle chitarre

Nel passato, la lacca nitrocellulosica era ampiamente utilizzata per la rifinitura delle chitarre, in particolare per modelli iconici come le Gibson, Fender e Martin. Anche se oggi vengono impiegati materiali più moderni come il poliuretano, la lacca nitrocellulosica rimane ancora in uso. Questo tipo di lacca, grazie alla sua porosità rispetto al poliuretano, secondo i chitarristi farebbe “respirare” maggiormente lo strumento, garantendo risultati sonori migliori.

La versatilità della celluloide e delle lacche nitrocellulosiche

La celluloide è stata fondamentale per la produzione di vari oggetti nel corso degli anni, mentre le lacche nitrocellulosiche hanno dimostrato di essere insostituibili nel settore della lutheria per il loro particolare effetto sul suono degli strumenti musicali. Nonostante i progressi tecnologici, queste materie prime mantengono ancora oggi un ruolo significativo in determinati ambiti.

Canfora: proprietà, sintesi, reazioni, usi

Il Cristallo di Canfora e le Sue Proprietà

La canfora è un solido cristallino ceroso trasparente di colore bianco, con un intenso e penetrante odore, estratto dal Cinnamomum camphora, conosciuto anche come l’albero della canfora, originario dell’Asia orientale.

Composizione e Caratteristiche

La canfora è poco solubile in ma solubile in , etere, cloroformio e acido acetico. Essa emette vapori infiammabili a circa 66°C e sublima a una certa temperatura. Si tratta di un terpenoide ciclico con un gruppo funzionale chetonico, con formula C₁₀H₁₆O. Presenta due centri chirali e si trova nella conformazione a barca. La canfora naturale è otticamente attiva, con l’isomero più comune di tipo (R), mentre quella sintetica è spesso racemica.

Processo di Sintesi della Canfora

La canfora viene prodotta avviando una reazione a -10°C tra l’ e l’acido cloridrico per ottenere il pinene idrocloruro. Questo composto subisce un’isomerizzazione a bornilcloruro, il quale, trattato con idrossido di potassio, forma il borneolo. L’ossidazione di quest’ultimo mediante acido nitrico porta alla produzione di canfora.

Reattività e Applicazioni

La canfora reagisce violentemente con forti, intensi e solventi clorurati. Alcune reazioni tipiche includono la bromurazione e l’ossidazione con acido nitrico.

Utilizzi della Canfora

In passato, la canfora veniva impiegata come rimedio per varie patologie, dalla reumatismi ai problemi cardiaci. Attualmente, viene utilizzata come sedativo della tosse e analgesico locale. L’uso topico di lozioni e creme a base di canfora può alleviare pruriti e irritazioni cutanee. Dal punto di vista storico, la canfora ha avuto un ruolo significativo nella produzione della celluloide, materiale plastico attingente alla nitrocellulosa e canfora. Questo materiale è stato utilizzato come base per le pellicole fotografiche e cinematografiche fino agli anni ’50 per la sua infiammabilità.

Proprietà colligative: esercizi svolti

Le proprietà colligative delle soluzioni diluite sono caratterizzate da particolari effetti che dipendono esclusivamente dal numero di particelle del soluto presenti. Queste proprietà forniscono informazioni utili sul soluto, come ad esempio il suo peso molecolare.


L’innalzamento della temperatura di ebollizione di una soluzione rispetto al solvente puro è proporzionale alla molalità della soluzione e all’indice di van’t Hoff. Questo effetto è quantificato dalla costante Keb specifica per ogni solvente.

Abbassamento crioscopico

L’abbassamento della temperatura di solidificazione di una soluzione rispetto al solvente puro è proporzionale alla molalità della soluzione e all’indice di van’t Hoff. Questo fenomeno è regolato dalla costante Kf caratteristica di ciascun solvente.

Pressione osmotica

La pressione osmotica si verifica quando due soluzioni con diverse concentrazioni e separate da una membrana semipermeabile tendono a equilibrare le concentrazioni migrando il solvente dalla soluzione più diluita a quella più concentrata. La pressione osmotica è la pressione necessaria per evitare il passaggio del solvente attraverso la membrana.


Le soluzioni mostrano un’abbassamento della rispetto al solvente puro. Questo abbassamento è proporzionale alla tensione di vapore del solvente tramite la frazione molare del solvente.

Esercizi sulle proprietà colligative

– Per determinare la molalità di NaCl in un campione di di mare con una temperatura di congelamento di -2.15 °C, possiamo utilizzare la formula ΔT = m · Kf · i e calcolare che la molalità è di 0.578.

– Per calcolare la massa molare di una proteina presente in una soluzione acquosa, sappiamo che la pressione osmotica è di 0.00360 atm a 20.0 °C. Utilizzando la formula π = CRT, possiamo determinare che la massa molare è di 1.67 · 104 g/mol.

Calcolo della massa molare di un composto non volatile

Legge di Raoult e calcolo della massa molare

La legge di Raoult ci permette di calcolare la pressione di vapore di una soluzione in base alla frazione molare del solvente. Nel caso specifico, considerando una soluzione di bromoetano CH3CH2Br, conosciuta la tensione prima (5.26 · 10^4 Pa) e dopo (4.42 · 10^4 Pa) la solubilizzazione del composto, è possibile determinare la frazione molare di questa soluzione. Con la massa molare del bromoetano pari a 108.96 g/mol e le moli calcolate di bromoetano e del composto incognito, è possibile giungere alla massa molare del composto non volatile, che risulta essere di 313 g/mol.

Calcolo della pressione osmotica di una soluzione

Calcolo della concentrazione e pressione osmotica

Considerando una soluzione ottenuta da diversi soluti quali cloruro di sodio, citrato di sodio, cloruro di potassio e glucosio, solubilizzati in un di 1.0 L, è possibile calcolarne la pressione osmotica a 37°C. Calcolando le moli di ciascun soluto e considerando l’indice di van’t Hoff per ciascuno, si determina la concentrazione totale della soluzione, che risulta essere di 0.31 M a una temperatura di 310 K. Applicando la formula della pressione osmotica, si ottiene un valore di 8.0 atm.

Problemi di stechiometria svolti e commentati

I passaggi della stechiometria possono presentare delle sfide, ma con una buona comprensione dei concetti chiave e la capacità di correlarli, è possibile risolverli con successo. Alcuni degli aspetti fondamentali che è essenziale conoscere e saper applicare per affrontare gli esercizi di stechiometria includono la mole, le reazioni chimiche, i , le e la .

Concetti fondamentali per risolvere problemi di stechiometria

– La

mole


– Le

reazioni chimiche


– I

coefficienti stechiometrici


– Le

leggi dei gas


– La

concentrazione delle soluzioni

Problema 1: Calcolo della massa di ossido di mercurio (I)

In questo esercizio, una miscela di ossido di mercurio (I) e di ossido di piombo (IV) di massa 10.0 g viene decomposta. Il gas prodotto viene raccolto sull’acqua a una certa pressione e temperatura. Dato il volume e la dell’acqua, l’obiettivo è calcolare la massa di ossido di mercurio (I) presente nella miscela iniziale.

Le reazioni di decomposizione degli ossidi sono:
– 2 Hg2O → 4 Hg + O2
– 2 PbO2 → 2 PbO + O2

Alcuni calcoli portano alla determinazione che la massa di ossido di mercurio (I) nella miscela è di circa 4.04 g.

Problema 2: Calcolo della percentuale di carbonato di potassio

In questo secondo esercizio, una miscela di carbonato di potassio e di carbonato di ammonio viene disciolta in acqua. Un campione di questa soluzione viene titolato con di concentrazione nota. L’obiettivo è determinare la percentuale di carbonato di potassio presente nella miscela in base ai volumi e alle concentrazioni delle soluzioni impiegate.

Applicando le formule e i dati noti, è possibile calcolare la percentuale di carbonato di potassio nella miscela.

In conclusione, la stechiometria richiede una comprensione approfondita dei concetti chiave e la capacità di applicarli in modo efficace per risolvere con successo i problemi presentati.Calcolo moli e percentuale di carbonato di potassio

Le moli di HCl necessarie per la titolazione di 25.0 mL di soluzione risultano essere 0.04236. Considerando il rapporto stechiometrico tra il carbonato e l’HCl (1:2), le moli di CO3^2- sono 0.002118. Sostituendo il valore di y = 2.513 – x nell’equazione, otteniamo x = 1.151 g. La percentuale di K2CO3 nella miscela è del 45.8%.

Il combustibile delle navicelle spaziali

Il combustibile solido delle navicelle spaziali è composto da perclorato di ammonio e alluminio che reagiscono secondo lequazione NH4ClO4 + Al → Al2O3 + N2 + HCl + H2. Per calcolare la massa di alluminio necessaria a reagire con 5000 kg di perclorato di ammonio, è necessario bilanciare la reazione considerando le diverse specie chimiche coinvolte.

Le semireazioni di ossidazione dell’alluminio e dell’ione ammonio, insieme alla semireazione di riduzione del clorato, sono bilanciate rispettivamente come segue:

– 2 Al + 3 H2O → Al2O3 + 6 H+ + 6 e-
– 2 NH4+ → N2 + 8 H+ + 6 e-
– 2 ClO4- + 18 H+ + 16 e- → 2 HCl + 8 H2O

Garantendo che il numero di elettroni persi sia uguale al numero di elettroni acquisiti, le tre equazioni vengono moltiplicate rispettivamente per fattori di bilanciamento (5, 3, 3) per ottenere un bilanciamento corretto.

Sommate le equazioni e semplificate si ottiene:
10 Al + 6 NH4ClO4 → 4 Al2O3 + 3 N2 + 6 HCl + 9 H2O

Calcolando le moli di NH4ClO4 come 4.26 · 10^4 e considerando il rapporto tra i coefficienti stechiometrici (6:10), le moli di Al risultano essere 7.10 · 10^4. La massa di Al necessaria sarà pari a 1.91 · 10^3 kg.

Acido urico: proprietà, fonti alimentari, calcoli renali

Acido urico: struttura e caratteristiche generali

L’acido urico è un composto eterociclico aromatico con formula C5H4N4O3, composto da un anello pirimidinico condensato con un anello imidazolico, scoperto nel 1776 dal chimico svedese Carl Wilhelm Scheele nell’urina umana e nei . Si presenta come un solido cristallino bianco e ha scarsa solubilità in acqua.

Proprietà e struttura molecolare dell’acido urico

L’acido urico è un acido diprotico con pKa1= 5.4 e pKa2 = 10.3. A un pH di 7.4, corrispondente a quello fisiologico, si presenta sotto di urato. Presenta cheto-enolica, ma la forma chetonica è la più stabile, nonostante la forma enolica abbia un certo grado di aromaticità.

Fonti alimentari e produzione di acido urico nel corpo

Nell’uomo, l’acido urico è il prodotto del metabolismo delle purine, che possono essere sintetizzate nell’organismo o provenire dagli alimenti. Alcuni alimenti ricchi di acido urico includono pesce azzurro, frattaglie, carni, pollame, crostacei, legumi, frutta secca, spinaci, asparagi, funghi e cavolfiori.

L’acido urico è prodotto dalla xantina, che si forma nel metabolismo purinico e dal catabolismo dell’ tramite l’enzima xantina ossidasi, una . Dall’ossidazione dell’acido urico, si ottiene l’allantoina attraverso l’azione dell’enzima urato ossidasi e del 5-idrossiurato idrolasi.

Patologie legate all’accumulo di acido urico

La maggior parte dell’acido urico viene eliminata dal corpo attraverso i reni e escreta nelle urine. Tuttavia, un’eccessiva produzione di acido urico, un aumentato apporto con la dieta o una ridotta escrezione renale possono portare all’accumulo di cristalli di urato monosodico che causano la gotta.

Fattori come predisposizione genetica, scarso apporto di liquidi, dieta iperproteica e urine acide possono favorire la formazione di calcoli renali composti da acido urico. Questi cristalli, che si presentano di solito lisci e marroni, possono causare coliche renali e, in casi più gravi, ostruzione delle vie urinarie, richiedendo interventi chirurgici.

Formammide: sintesi, reazioni, usi

La formammide, conosciuta anche come metanammide secondo la nomenclatura I.U.P.A.C., è la più semplice tra le ammidi disponibili. Si presenta sotto forma di un liquido viscoso, incolore, con un odore simile all’ammoniaca, e ha un punto di fusione di 2°C e un punto di ebollizione di 210°C.

È insolubile in etere e solventi clorurati, poco solubile in benzene ma solubile in acqua, metanolo, etanolo, acido acetico, acetone, 1,4-diossano, glicole etilenico e fenolo.

La formula chimica della formammide è HCONH2, che contiene due gruppi funzionali: il gruppo carbonilico e il gruppo amminico.

Nel 1920 i chimici tedeschi Meyer e Othmer scoprirono che la formammide poteva essere ottenuta facendo reagire ammoniaca e biossido di carbonio a caldo.

Sintesi

La formammide può essere ottenuta attraverso diverse reazioni, tra cui:

– Reazione tra acido formico e ammoniaca per formare il formiato di ammonio, il quale, a seguito di riscaldamento, produce formammide e acqua:
HCOOH + NH3 → HCOONH4+ → HCONH2 + H2O

– Reazione tra formiato di etile e ammoniaca per ottenere formammide e etanolo:
HCOOCH2CH3 + NH3 → HCONH2 + CH3CH2OH

– Reazione tra monossido di carbonio e ammoniaca per produrre formammide:
CO + NH3 → HCONH2

Reazioni

La formammide reagisce in diversi modi, ad esempio:

– Con l’idrossido di sodio per formare formiato di sodio e ammoniaca:
HCONH2 + NaOH → HCOONa + NH3

– Con l’acqua in ambiente acido per generare acido formico e cloruro di ammonio:
HCONH2 + HCl + H2O → HCOOH + NH4Cl

– Con gli acidi che hanno azione catalitica.

La Formammide e i Suoi Usi

La formammide è un composto chimico che può subire una reazione di disidratazione, formando acido cianidrico e acqua secondo l’equazione HCONH2 → HCN + H2O.

Produzione di Coloranti e Altri Materiali

La formammide trova impiego nella produzione di coloranti, vernici e adesivi. Viene utilizzata anche come solvente nel processo di fabbricazione e lavorazione di materie plastiche.

Applicazioni nei Prodotti Farmaceutici e nell’Agricoltura

Oltre a ciò, la formammide è impiegata per la sintesi di prodotti farmaceutici, agenti per la protezione delle colture, fungicidi e pesticidi.

Utilizzo nelle Sintesi Organiche

Nel campo delle sintesi organiche, la formammide è un reagente fondamentale per la sintesi di composti eterociclici come l’imidazolo, la 1,3,5-triazina, la caffeina e la teobromina.

Per ulteriori informazioni sulle reazioni di disidratazione e sui composti organici menzionati, puoi consultare i seguenti articoli:
– [Reazioni di Disidratazione](https://chimica.today/chimica-organica/reazioni-di-disidratazione)
– [Acido Cianidrico](https://chimica.today/chimica-generale/cianuro-di-idrogeno)
– [Composti Eterociclici](https://chimica.today/chimica-organica/composti-eterociclici)
– [Imidazolo](https://chimica.today/chimica-organica/imidazolo)
– [Caffeina](https://chimica.today/chimica-organica/caffeina)
– [Teobromina](https://chimica.today/chimica-organica/teobromina)

Monossido di diazoto

Utilizzo e impatto ambientale del Monossido di Diazoto

Il Monossido di Diazoto, noto anche come ossido nitroso o , ha effetti euforizzanti e dissociativi che ne hanno favorito un uso illecito. Questo composto è stato impiegato fin dal 1700 nelle feste della borghesia britannica e come anestetico, soprattutto in odontoiatria, a partire dalla metà del XIX secolo.

Storia e impatto culturale

L’ossido nitroso ha ispirato Charlie Chaplin, che nel 1914 ha realizzato il famoso cortometraggio “Charlot dentista”. Si tratta di un gas incolore e non infiammabile, con proprietà a elevate temperature.

Impatto ambientale dell’Ossido Nitroso

L’ossido nitroso fa parte del ciclo dell’azoto e deriva da fonti naturali, sebbene le attività umane, come agricoltura e industria, ne abbiano aumentato la presenza nell’atmosfera. È un gas serra che persiste più a lungo dell’anidride carbonica e contribuisce ai danni dello strato di .

Nella stratosfera, sotto l’effetto della luce solare, l’ossido nitroso si trasforma in altri ossidi di azoto che danneggiano lo strato di ozono. Gli ossidi di azoto contribuiscono anche alla formazione dello smog e delle piogge acide insieme ad altri inquinanti.

Sintesi del Monossido di Diazoto

Il Monossido di Diazoto è generalmente sintetizzato per decomposizione termica del nitrato di ammonio secondo la reazione:
NH4NO3(s) → N2O(g) + 2 H2O(g)

Un’altra modalità di sintesi prevede la reazione dell’acido ammidosolfonico con l’:
H2NSO3H + HNO3 → N2O + H2O + H2SO4

Monossido di Azoto: Reazioni e Usi

Il monossido di azoto può reagire con l’idrogeno secondo la seguente reazione:

2 NO(g) + H2(g) → N2O(g) + H2O(g)

.

Un altro metodo per ottenere il monossido di diazoto è la reazione dell’ con ione Fe3+:

4 Fe3+ + 2 NH2OH → 4 Fe2+ + N2O + H2O + 4 H+

.

Reazioni

Il monossido di diazoto subisce decomposizione termica a 565 °C producendo azoto e ossigeno:

2 N2O(g) → 2 N2(g) + O2(g)

.

Inoltre, reagisce con l’ammoniaca per formare azoto e acqua:

3 N2O(g) + 2 NH3(g) → 4 N2(g) + 3 H2O(g)

.

Usi

Anestetico

: oltre a essere utilizzato come anestetico, l’ossido nitroso è impiegato come

comburente nei motori a razzo

e come

propellente nei motori a combustione interna

.

Conosciuto come E942, è un

additivo alimentare

che funge da emulsionante e

propellente negli aerosol

, come le bombolette spray. Grazie alla sua bassa solubilità in acqua e all’alta solubilità in sostanze lipidiche, viene utilizzato nelle panna spray. Quando la bomboletta viene aperta, il monossido di diazoto fuoriesce passando dallo stato liquido a quello gassoso, creando bollicine lipidiche.

Forza degli acidi

La Determinazione della Forza degli Acidi e dei Loro Fattori

La forza degli acidi dipende sia dal legame H-A che dalla stabilità della sua . Questa proprietà è misurata principalmente dalla tendenza dell’acido a cedere protoni all’.

# Acidi Forti e Acidi Deboli

Gli acidi forti si dissociano completamente al 100%, mentre gli acidi deboli subiscono una dissociazione parziale che avviene in equilibrio, regolato da una costante di equilibrio denotata come Ka.

# Fattori Chiave che Influenzano la Forza degli Acidi

:

La forza degli acidi è direttamente correlata alla loro struttura. Secondo la teoria di Brønsted e Lowry, la forza di un acido è determinata dalla stabilità della sua base coniugata.

Per esempio, considerando CH3OH e NH3, la base coniugata di CH3OH (CH3O) è più stabile dell’equivalente di NH3 (NH2) a causa dell’elettronegatività dell’ossigeno rispetto all’azoto.

:

Analizzando gli acidi appartenenti allo stesso gruppo, come HF, HCl, HBr e HI, si osserva che, nonostante l’ordine di elettronegatività, l’ordine di stabilità delle rispettive basi coniugate segue l’inverso ordine dei raggi atomici. Quindi, la forza degli acidi aumenta all’aumentare delle dimensioni atomiche.

Alcuni esempi di confronti di forza acida basati su questi principi includono CH4 < NH3 < H2O < HF e HF < HCl < HBr < HI.

Acqua: nuovo metodo di decomposizione

La Decisiva dell’Acqua per il Futuro dei Alternativi

Il crescente problema del riscaldamento globale, causato dalle emissioni di gas serra, ha spinto ricercatori a sviluppare combustibili alternativi per ridurre le emissioni dannose nel nostro ambiente. Tra le possibili soluzioni, l’idrogeno emerge come un valido combustibile per motori a zero emissioni. Tuttavia, affinché l’idrogeno possa essere sfruttato su larga scala e a basso costo, è fondamentale trovare un metodo efficiente per ottenere tale gas. La decomposizione dell’acqua attraverso l’elettrolisi si presenta come una soluzione promettente, convertendo l’acqua in idrogeno e ossigeno secondo la reazione 2 H2O → 2 H2 + O2.

Motori a Idrogeno: La Sfida della Decomposizione dell’Acqua

Diversi approcci sono stati esplorati dagli studiosi, tra cui la scissione fotoelettrochimica, la e la radiolisi. L’impiego di catalizzatori come il platino, il fosfato di nichel e il fosfato di potrebbe offrire alternative valide. Tuttavia, l’alto costo dei catalizzatori o la loro bassa resa ha spinto i ricercatori a continuare la loro ricerca per trovare soluzioni più efficienti.

Ultime Scoperte: Titanato di Stronzio per la Fotocatalisi dell’Acqua

Recentemente, un team di scienziati giapponesi ha pubblicato una ricerca innovativa sulla rivista Nature. Rivisitando il titanato di stronzio (SrTiO3), un composto composto da SrO e TiO2, i ricercatori hanno migliorato la cristallinità del materiale e ridotto i difetti chimici nel reticolo cristallino. Depositi selettivi di cocatalizzatori di rodio sulle sfaccettature cristalline, protetti da un involucro di per prevenire reazioni indesiderate, hanno portato a risultati straordinari. Grazie a queste tecniche innovative, è stato possibile raggiungere una resa fino al 96% nella produzione di idrogeno. Ulteriori sviluppi potrebbero rendere questa tecnologia pronta per l’applicazione su larga scala, portando a un futuro più sostenibile per i combustibili alternativi.

Conclusioni

La ricerca sulla decomposizione dell’acqua per ottenere idrogeno si rivela cruciale nella transizione verso combustibili più puliti ed efficienti. L’utilizzo di materiali avanzati e catalizzatori innovativi potrebbe aprire la strada a soluzioni sempre più efficaci nel campo dei motori a idrogeno. Le scoperte recenti, come quelle legate al titanato di stronzio, dimostrano il potenziale di queste tecnologie per ridurre le emissioni dannose e promuovere un ambiente più salubre per le generazioni future.

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