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Orbitali di tipo d: forma, separazione del campo dei leganti

Orbitali di tipo d si distinguono dagli orbitali di tipo s e p per il numero quantico secondario pari a 2. Questo numero quantico secondario ha un massimo valore di n-, dove n è il numero quantico principale, quindi gli atomi che possiedono orbitali di tipo d devono avere un numero quantico principale di almeno 4. Gli elementi del 4° Periodo, ad eccezione di potassio e calcio, presentano elettroni negli orbitali d.

Caratteristiche degli Orbitali d

Poiché gli orbitali d hanno l = 2, il assume valori da -2 a +2. Si possono individuare 5 di tipo d, ovvero dz2, dxy, dxz, dyz, dx2-y2. Questo implica che possono esserci al massimo 10 elettroni nei orbitali d.

Per gli orbitali dxy, dxz, dyz, la massima probabilità di trovare gli elettroni è a 45° rispetto agli assi cartesiani. Mentre per gli orbitali dx2- y2, dz2, la massima probabilità è lungo gli assi.

Effetti del Campo dei Leganti

Quando un ione è circondato da un campo di cariche negative di simmetria sferica, gli orbitali d subiscono un aumento di energia a causa dell’effetto repulsivo. In un campo di simmetria ottaedrica, gli elettroni d vengono respinti dalle cariche puntiformi, causando un effetto destabilizzante che dipende dalla del complesso e dalla direzionalità degli orbitali d.

Gli elettroni d, inizialmente degeneri, si suddividono in due gruppi:
– un gruppo costituito dagli orbitali dx2- y2, dz2, doppiamente degeneri ad energia maggiore (eg).
– un secondo gruppo tre volte degeneri costituito dagli orbitali dxy, dxz, dyz, a energia minore (t2g).

L’aumento dell’energia degli orbitali dx2- y2, dz2, corrisponde a un abbassamento di energia degli orbitali dxy, dxz, dyz, mantenendo costante l’energia media complessiva degli orbitali.

Il concetto di separazione del campo dei leganti

La separazione del campo dei leganti, indicata comunemente con Δ e nel caso di simmetria ottaedrica con Δo, rappresenta la misura della repulsione elettrostatica tra gli elettroni dell’ione metallico e le cariche puntiformi dei leganti.

Fattori che influenzano il valore di Δ

Ci sono diversi fattori che influenzano il valore di Δ:

– Tipo e dimensioni del legante
– Forza di legame tra il legante e l’ione metallico
– Geometria e numero di coordinazione del complesso
– Numero di ossidazione del catione metallico

Classificazione dei leganti

I leganti possono provocare diverse intensità nella separazione del campo cristallino. Quelli che generano un alto valore di Δ sono definiti leganti a campo forte, mentre quelli che causano un Δ inferiore sono considerati leganti a campo debole.

Serie spettrochimica

In base alla loro capacità di indurre una separazione nel campo cristallino, i leganti vengono classificati in varie categorie all’interno della serie spettrochimica. Questa serie offre un modo per organizzare e comprendere meglio il comportamento dei leganti in relazione alla separazione del campo cristallino.

Esercizi sulle leggi dei gas

Leggi dei gas: concetti fondamentali della stechiometria chimica

Le leggi dei gas, come la , la prima e la seconda , l’equazione di stato dei gas e la , sono fondamentali per risolvere i problemi di stechiometria in chimica.

Esercizio 1: calcolo del numero di molecole di azoto in un recipiente

Per esempio, se dobbiamo calcolare il numero di molecole di azoto in un recipiente di 985 mL alla temperatura di 0 °C e alla pressione di 1.00 × 10-6 mm Hg, possiamo applicare l’equazione di stato dei gas. Dopo le opportune conversioni, il calcolo porta a un risultato di 3.49 × 1013 molecole di azoto.

Esercizio 2: calcolo del volume occupato da un gas in condizioni standard

Un’altra situazione comune è calcolare il volume occupato da un gas in condizioni standard. Ad esempio, se un campione di anidride solforosa occupa un volume di 652 mL alla temperatura di 40°C e alla pressione di 720 mm Hg, il volume occupato dal gas in condizioni standard è calcolato essere di 0.539 L.

Esercizio 3: calcolo del volume di gas in condizioni di pressione e temperatura costanti

In un altro scenario, se 2.45 moli di argon occupano un volume di 8.90 L, possiamo calcolare il volume occupato da 2.10 moli dello stesso gas nelle stesse condizioni di pressione e temperatura. Applicando l’equazione di stato dei gas ideali, si ottiene che il volume occupato è di 7.63 L.

Esercizio 4: calcolo del numero di palloni di gas riempibili

Infine, possiamo calcolare il numero di palloni di gas da 5.0 L che possono essere riempiti partendo da un contenitore di 20.0 L riempito con alla pressione di 150 atm e alla temperatura di 30°C. Applicando la , si arriva al risultato di 288 palloni riempibili.

Esercizio 5: variazione di temperatura di un campione di argon

Un’altra applicazione pratica delle leggi dei gas è calcolare la variazione di temperatura di un campione di argon che passa da una pressione di 720 mm Hg e un volume di 1.00 L alla temperatura di 20°C, alla pressione di 360 mm Hg e un volume di 2.14 L. Il calcolo porta a una variazione di temperatura di 21.0°C.

In conclusione, comprendere e applicare le leggi dei gas è essenziale per risolvere i problemi di stechiometria chimica e comprendere il comportamento dei gas in diversi contesti.

Orbitali di tipo p: numeri quantici

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Orbitali p e i loro caratteri unici

Gli orbitali p presentano una struttura particolare con due lobi e una fase opposta, indicata dai segni + e -, a causa della presenza di un . Questo piano rappresenta l’area in cui non vi è possibilità di trovare l’elettrone. Un orbitale rappresenta la regione in cui esiste una probabilità maggiore del 90% di trovare l’elettrone, secondo calcoli matematici e dati sperimentali.

Numeri quantici che definiscono gli orbitali p

Gli orbitali p sono caratterizzati da un numero quantico secondario l uguale a 1, e quindi l’orbitale con l’ più bassa è il 2p. I numeri quantici magnetici m per gli orbitali p vanno da -1 a +1 (compreso lo zero) quando l = 1, risultando in tre numeri quantici magnetici distinti.

Si distinguono tre orbitali p con lo stesso livello energetico, noti come px, py e pz. Questi orbitali sono ortogonali tra loro, poiché px è simmetrico rispetto all’asse x, py rispetto all’asse y e pz rispetto all’asse z. L’energia di un orbitale 2p è leggermente superiore a quella di un orbitale 2s.

e distribuzione degli elettroni negli orbitali p

Secondo il principio di esclusione di Pauli, un orbitale p può contenere fino a sei elettroni. Ad esempio, un orbitale 2p ha sei possibili configurazioni elettroniche, con differenti valori per i numeri quantici.

La configurazione elettronica del , con 10 elettroni, è 1s², 2s², 2p². Per quanto riguarda l’azoto, i tre elettroni nell’orbitale 2p si distribuiscono uno in px, uno in py e uno in pz, seguendo la . I loro numeri quantici riflettono la distribuzione specifica degli elettroni in questi orbitali.

Cloruri: determinazione, metodo di Mohr, Volhard, Fajans

Metodi di Analisi per la Determinazione dei Cloruri

I cloruri sono comuni nelle acque e la loro presenza può indicare inquinamento da fonti industriali o domestiche. L’elevata presenza di cloruri, oltre i 250 mg/L, può influenzare negativamente le caratteristiche organolettiche dell’acqua, rendendo importante la loro determinazione precisa.

Per analizzare i cloruri, viene impiegata la con AgNO3 come reagente standardizzato. Esistono diversi metodi come il , il e il Metodo di Fajans, ciascuno con specifiche procedure e indicatori per raggiungere il punto finale della titolazione.

Metodo di Mohr

Il Metodo di Mohr utilizza l’indicatore dell’ione cromato per la titolazione. Aggiungendo il titolante alla soluzione di cloruri, si un precipitato di cromato di argento Ag2CrO4, che indica il completamento della reazione.

Metodo di Volhard

Nel Metodo di Volhard, si aggiunge un eccesso noto di nitrato di argento al campione e l’eccesso di ione Ag+ viene titolato all’indietro con tiosolfato di potassio, in presenza di ferro (III) come indicatore.

Metodo di Fajans

Il Metodo di Fajans utilizza il nitrato di argento come titolante, formando un composto poco solubile con il cloruro. L’indicatore di fluoresceina viene impiegato per evidenziare il punto finale della titolazione, con il colore che cambia da giallo-verde a rosso.

Durante le analisi, è possibile monitorare il progresso delle titolazioni utilizzando elettrodi iono-selettivi per titolazioni potenziometriche, che sfruttano la differenza di potenziale tra le soluzioni per tracciare la concentrazione dell’analita.

Questi metodi forniscono una valutazione accurata della presenza di cloruri nelle acque, svolgendo un ruolo essenziale nel monitoraggio della qualità delle risorse idriche e nell’individuazione di potenziali fonti di inquinamento.

Legge di distribuzione di Nernst: limiti e deviazioni

La Legge di Distribuzione di Nernst: concetto e applicazioni

La legge di distribuzione di Nernst, formulata dal chimico tedesco Walther Hermann Nernst nel 1891, descrive come un soluto si distribuisca tra due solventi immiscibili a temperatura costante in assenza di interazioni soluto-solvente, mantenendo un rapporto costante tra le concentrazioni.

Processo di distribuzione del soluto tra solventi immiscibili

Quando un soluto X viene aggiunto a due solventi immiscibili A e B, si distribuirà tra di essi fino a raggiungere un equilibrio. Il rapporto tra la concentrazione di X in A e in B sarà costante, espresso come C1/C2 = K, dove K è il .

e relazione con la legge di distribuzione

In presenza di soluti in due solventi immiscibili, entrambe le soluzioni sono sature all’equilibrio. La legge di distribuzione può essere espressa come un rapporto tra le solubilità dei soluti nei due solventi: C1/C2 = S1/S2 = K. Conoscendo K e la solubilità del soluto in uno dei solventi, è possibile determinare la solubilità nel secondo solvente.

Condizioni e limitazioni della legge di distribuzione

Perché la legge di distribuzione di Nernst sia valida, devono essere soddisfatte alcune condizioni:
– temperatura costante
– assenza di reazioni o dissociazioni del soluto nei solventi
– rilevamento delle concentrazioni solo dopo che si è instaurato l’equilibrio
– immiscibilità dei solventi

Deviazioni e casi particolari

Alcune deviazioni dalla legge di distribuzione possono verificarsi in presenza di associazioni o dissociazioni del soluto con uno dei solventi. In questi casi, il rapporto C1/C2 potrebbe non essere costante. Si possono distinguere due casi:

Associazione con il solvente

: se il soluto un’associazione nel solvente, il rapporto sarà C1/(C2)^(/n) = K

Dissociazione nel solvente

: se il soluto si dissocia in uno dei solventi, il rapporto sarà C1/C2(1-x) = K, con x come nel solvente considerato.

In conclusione, la legge di distribuzione di Nernst fornisce importanti indicazioni sulla distribuzione dei soluti tra solventi immiscibili, sebbene possano verificarsi deviazioni in presenza di particolari interazioni soluto-solvente.

Principio di esclusione di Pauli: configurazione elettronica

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Il principio di esclusione di Pauli, proposto da Wolfgang Pauli nel 1925, stabilisce che in un atomo non possono esistere elettroni con gli stessi . Questo principio fondamentale della meccanica quantistica ha contribuito alla comprensione della struttura degli atomi e ha guadagnato a Pauli il Premio Nobel nel 1945.

e principio di Pauli

Il principio di esclusione di Pauli, insieme al principio dell’Aufbau e alla regola di Hund, è fondamentale per determinare la configurazione elettronica di un atomo e per riconoscere il numero di elettroni spaiati. Questa regola ci permette di capire come gli elettroni si dispongono negli orbitali atomici seguendo un .

Idrogeno

Nel caso dell’idrogeno, con un solo elettrone, questo si posizionerà nell’orbitale a minore energia, il 1s. I suoi numeri quantici sono n=1, l=0, m=0 e s=+½.

Elio

Per l’elio, con due elettroni, entrambi occupano l’orbitale 1s. I numeri quantici per i due elettroni sono: n=1, l=0, m=0 e s=+½ per il primo e n=1, l=0, m=0 e s=-½ per il secondo.

Litio

Il litio, con tre elettroni, avrà due elettroni nell’orbitale 1s e uno nell’orbitale 2s. I numeri quantici per i tre elettroni sono: n=1, l=0, m=0 e s=+½ per i primi due, e n=2, l=0, m=0 e s=+½ per il terzo.

Numeri quantici del

Considerando il neon con dieci elettroni, i numeri quantici sono diversi per ciascun elettrone negli orbitali disponibili. Questa distribuzione degli elettroni nei diversi orbitali è vincolata dai limiti imposti dai valori di n e l.

Il principio di esclusione di Pauli, insieme ai concetti di Aufbau e Hund, fornisce una guida fondamentale per comprendere la disposizione degli elettroni negli atomi e per interpretare la configurazione elettronica degli elementi.Analisi dei Numeri Quantici e la Distribuzione degli Elettroni negli Orbitali Atomici

I numeri quantici sono parametri che vengono utilizzati per descrivere lo stato quantistico di un elettrone in un atomo. Essi forniscono informazioni cruciali sulla struttura degli orbitali atomici e sulla distribuzione degli elettroni all’interno degli stessi.

Il Numero Quantico Principale (n)

Uno dei numeri quantici fondamentali è il numero quantico principale (n), che definisce il livello energetico in cui si trova l’elettrone. Maggiore è il valore di n, maggiore è la distanza dell’orbitale dall’atomo e maggiore è anche il suo volume. Utilizzando la formula specifica, possiamo calcolare il numero massimo di elettroni presenti in ciascun livello energetico: il numero massimo di elettroni nel livello = 2 n². Ad esempio, se n = 3, il numero massimo di elettroni sarà 2(3²) = 18.

Il (l)

Il numero quantico secondario (l) identifica il sottolivello energetico in cui si trova l’elettrone all’interno del livello principale (n). Esso determina la forma dell’orbitale e, di conseguenza, la sua capacità di tenere gli elettroni. Utilizzando la formula dedicata, possiamo calcolare il numero massimo di elettroni presenti in ciascun sottolivello: numero massimo di elettroni nel sottolivello = (2 l +1)(2). Ad esempio, per l = 1, il numero massimo di elettroni in un sottolivello sarà (2·1+1)(2) = 6.

Attraverso l’analisi dei numeri quantici dei singoli elettroni del neon, possiamo osservare che per n = 1 il numero massimo di elettroni nel livello è 2(1²) = 2, mentre per n = 2 il numero massimo di elettroni nel livello è 2(2²) = 8. Questi calcoli forniscono preziose informazioni sulla distribuzione degli elettroni negli orbitali atomici e sulla loro capacità di occupazione.

Ossido di propilene: proprietà, sintesi, reazioni, usi

L’Utilizzo dell’Ossido di Propilene nell’Ambito della Chimica Organica

L’ossido di propilene, noto anche come metilossirano, è un composto eterociclico facente parte del gruppo degli epossidi, caratterizzato da una elevata reattività. Questa molecola è stata individuata inizialmente grazie ai dati raccolti dal progetto Prebiotic Interstellar Molecular Survey, che fornisce informazioni spettrali precise e dettagliate.

Proprietà dell’Ossido di Propilene

L’ossido di propilene si presenta come un liquido volatile, incolore e infiammabile, con un particolare odore simile all’etere etilico. È solubile in acqua e miscibile con acetone, benzene, tetracloruro di carbonio, metanolo ed etere etilico. Presenta un atomo di carbonio chirale, esistendo quindi in due , con il prodotto commerciale che costituisce una miscela racemica.

Questo composto è noto come reagente universale per la sua elevata reattività dovuta alla tensione di anello sia angolare che torsionale. È utilizzato come solvente basso bollente per solubilizzare acetato di cellulosa, nitrocellulosa e resine.

Sintesi dell’Ossido di Propilene

L’ossido di propilene può essere ottenuto partendo dal attraverso due diverse vie sintetiche. La prima prevede l’ossidazione del propene utilizzando un perossido organico o . Un’altra via sintetica consiste nella reazione del propene con il cloro, che porta alla formazione di due isomeri: l’-cloro-2-propanolo e il 2-cloro-1-propanolo.

Reazioni Chimiche dell’Ossido di Propilene

L’ossido di propilene principalmente dà origine a reazioni di apertura dell’anello, interagendo con diversi composti, tra cui i . Queste reazioni sono di fondamentale importanza nel campo della chimica organica, permettendo la creazione di nuovi composti e la sintesi di materiali utili in varie applicazioni industriali e scientifiche.

Processi chimici per la produzione di poliuretani

Quando si parla di chimica organica, i processi di produzione di diversi composti possono essere affascinanti ed estremamente utili. Ad esempio, per ottenere alcoli secondari si può utilizzare un amalgama di sodio e mercurio. Invece, per ottenere isopropanolo, si può utilizzare l’acqua in presenza di acido solforico come catalizzatore. Allo stesso modo, l’ammoniaca può essere utilizzata per produrre diisopropanolammina.

La reazione che porta alla formazione di glicole propilenico coinvolge l’ossido di propilene in presenza di idrossido di potassio come catalizzatore e un alcol come iniziatore.

Produzione di poliuretani

Una particolare sostanza ottenuta da queste reazioni è il glicole polipropilenico, che può reagire con un isocianato in presenza di specifici catalizzatori per dare vita ai poliuretani.

Usi dell’ossido di propilene

L’ossido di propilene, risultato dei processi chimici descritti, trova svariati utilizzi pratici, tra cui:

Fumigante


Erbicida


Insetticida


Sterilizzante


Additivo alimentare per limitare il deterioramento dovuto alla presenza di microbi


Eccipiente nei sistemi antigelo


Sterilizzante per alimenti confezionati come frutta secca, cacao, spezie e noci

In questo modo, i processi chimici descritti non solo sono interessanti dal punto di vista teorico, ma producono sostanze utili per varie applicazioni pratiche.

Glicole propilenico: proprietà, sintesi, reazioni, usi

Il glicole propilenico, o 1,2-propanediolo, è un composto organico versatil che trova ampio impiego in diversi settori come alimenti, cosmetici e farmaceutica grazie alla sua bassa tossicità e alla sua sicurezza per il contatto con l’uomo.

Scoperto nel 1859 da Charles Adolphe Wurtz, il glicole propilenico è utilizzato in diverse applicazioni come solvente, emulsionante, conservante e umettante. Presente in cosmetici, fragranze e prodotti per la cura della persona, viene impiegato anche in alimenti, bevande, preparati farmaceutici, gel per elettrocardiogrammi, detergenti, prodotti chimici per la fotografia e sistemi di raffreddamento liquidi.

Proprietà

Il glicole propilenico è un liquido igroscopico, limpido, incolore e viscoso. Solubile in acqua, etanolo, , etere etilico e benzina, è in grado di solubilizzare resine, coloranti e oli essenziali. Stabile a temperatura ambiente, ossida a temperature elevate producendo sostanze come propanale, acido lattico, acido acetico e acido piruvico.

Sintesi

Esistono diverse vie di sintesi per ottenere il glicole propilenico:
– Dalla reazione del con idrogeno in presenza di un catalizzatore come il rame.
– Dall’ossido di propilene in soluzione acida acquosa.
– Dalla reazione tra e permanganato di potassio in ambiente basico.

Reazioni

Il glicole propilenico può reagire con diversi composti, tra cui:
– Aldeidi, per formare acetali.
– Chetoni, per formare chetali.
– Acidi carbossilici, producendo…

Applicazioni del Glicole Propilenico

Il glicole propilenico è ampiamente impiegato in diverse industrie grazie alle sue varie proprietà. Sin dagli anni ’30, viene utilizzato nei deodoranti per ambienti per la sua capacità antimicrobica. Inoltre, è comunemente impiegato come solvente e umettante in medicinali, soluzioni antisettiche, liquidi per sigarette elettroniche e liquidi antigelo per motori.

Utilizzo in Alimenti

Nell’ambito alimentare, il glicole propilenico svolge diversi ruoli:
– Come antiagglomerante in zuppe secche o formaggio grattugiato.
– Come antiossidante per prolungare la conservazione degli alimenti.
– Come rinforzante degli impasti, stabilizzando gli amidi e il glutine.
– Come emulsionante, stabilizzante e addensante.

Questo composto è ampiamente presente in molti alimenti confezionati come bevande, condimenti, dolci, bibite analcoliche, , pane e latticini. La sua versatilità lo rende un ingrediente molto apprezzato nell’industria alimentare.

Per ulteriori informazioni sui composti derivanti da acidi carbossilici come gli esteri, ti consiglio di visitare questa pagina. Se desideri approfondire l’argomento dei organici, ti invito a leggere l’articolo su chimica.today. Per scoprire di più sui deodoranti per ambienti e la loro tossicità, puoi consultare questo articolo.

Regola di Hund: configurazione elettronica

Questo articolo esamina il principio della massima molteplicità, noto anche come , enunciato per la prima volta nel 1925 dal fisico tedesco Friedrich Hund. Questo principio gioca un ruolo fondamentale nella determinazione della degli atomi, in particolare per la disposizione degli elettroni in . Vengono discussi i fondamenti teorici, l’applicazione pratica e le implicazioni in termini di stabilità energetica.

Spiegazione Configurazione elettronica della regola di Hund

La regola di Hund, o principio della massima molteplicità, rappresenta una delle linee guida fondamentali nella costruzione della configurazione elettronica degli atomi. In sistemi in cui sono presenti orbitali degeneri – come quelli appartenenti ai sottolivelli p, d e f – la regola prevede che gli elettroni occupino il maggior numero di orbitali possibili con spin parallelo, al fine di massimizzare la molteplicità totale del sistema e conseguentemente abbassare l’energia complessiva.

2. Fondamenti Teorici

2.1 Configurazione Elettronica e Correlati
La determinazione della configurazione elettronica di un atomo si basa sull’applicazione combinata del principio di Aufbau e del principio di esclusione di Pauli. Mentre il primo stabilisce l’ordine di occupazione degli orbitali, il secondo impone che due elettroni in uno stesso orbitale debbano avere spin opposto. La regola di Hund si integra in questo quadro, specificando che, in presenza di orbitali degeneri, la distribuzione degli elettroni avviene in maniera da massimizzare il numero di elettroni spaiati con spin parallelo.

2.2 Applicazione agli Orbitali Degeneri
Consideriamo un sottolivello p, composto dagli orbitali pxp_x, pyp_y e pzp_z. Supponiamo di dover disporre tre elettroni in questi orbitali. Le possibili configurazioni di distribuzione degli elettroni possono essere rappresentate schematizzando i singoli stati di spin:

  • ↑↑↑\uparrow \quad \uparrow \quad \uparrow
  • ↓↓↓\downarrow \quad \downarrow \quad \downarrow
  • ↑↑↓\uparrow \quad \uparrow \quad \downarrow
  • ↑↓↓\uparrow \quad \downarrow \quad \downarrow
  • Altre configurazioni in cui alcuni orbitali risultano doppiamente occupati mentre altri rimangono vuoti.

In accordo con la regola di Hund, la configurazione più stabile è quella in cui ogni orbitale è occupato da un singolo elettrone con spin parallelo, ossia la prima configurazione, in cui la somma degli spin risulta massimizzata.

La regola si applica quando gli elettroni vanno a occupare orbitali degeneri come gli , d e f.

Si supponga che 3 elettroni vadano ad occupare un orbitale p costituito dagli orbitali px, py e pz. Le possibilità con cui questi tre elettroni vanno ad occupare questi orbitali sono:

  1. ↑ ↑ ↑
  2. ↓ ↓ ↓
  3. ↑ ↑ ↓
  4. ↑ ↓ ↓
  5. ↑↓    ↑
  6. ↑↓    ↓

Molteplicità di spin

La molteplicità di spin, definita come:

Molteplicitaˋ=2S+1\text{Molteplicità} = 2S + 1

dove SS rappresenta il numero quantico totale di spin, è un parametro critico per valutare lo stato energetico di un sistema elettronico. Nel caso in esame, con tre elettroni ciascuno avente spin +12+\frac{1}{2}, il valore totale dello spin è:

S=+12+12+12=32S = +\frac{1}{2} + \frac{1}{2} + \frac{1}{2} = \frac{3}{2}

di cui la molteplicità diventa:

Molteplicitaˋ=2(32)+1=4.\text{Molteplicità} = 2\left(\frac{3}{2}\right) + 1 = 4.

Questa configurazione, avente la molteplicità massima, risulta associata allo stato energetico più basso, in conformità con la regola di Hund.

La molteplicità di spin è data da 2S + 1 dove S è il numero quantico totale di spin e il suo valore è dato dalla somma di tutti i numeri di spin. In accordo con la regola di Hund l’energia più bassa viene raggiunta quando la molteplicità di spin è massima.

Nel caso in oggetto il massimo valore di S si ha nel primo e nel secondo caso ed è dato da:

S = + ½ + ½ + ½ = 3/2
E la molteplicità di spin è data da:
molteplicità = 2(3/2) + 1 = 4

3. Giustificazioni Fisiche ed Energetiche

La spiegazione della regola di Hund si fonda su due aspetti principali:

3.1 Repulsione Elettronica e Distribuzione degli Elettroni
La distribuzione degli elettroni in orbitali differenti, ciascuno occupato singolarmente, minimizza la repulsione coulombiana fra cariche identiche. Tale disposizione, riducendo l’interazione repulsiva, contribuisce a una maggiore stabilità del sistema.

3.2 Effetto Schermante ed Energia di Scambio
L’effetto schermante, derivante dall’attenuazione dell’attrazione nucleo-elettroni esterni a causa degli elettroni interni, porta a una percezione ridotta della carica nucleare da parte degli elettroni periferici. Di conseguenza, gli orbitali esterni si espandono, aumentando l’energia del sistema. Una distribuzione simmetrica degli elettroni, ottenuta mediante la massimizzazione degli spin paralleli, riduce l’effetto schermante e contribuisce a una stabilità energetica maggiore. Inoltre, l’energia di scambio, che si manifesta quando elettroni con lo stesso spin occupano orbitali degeneri, comporta uno scambio energetico favorevole che ulteriormente abbassa il livello energetico del sistema.

4. Conclusioni
Il principio della massima molteplicità, o regola di Hund, rappresenta un concetto cardine nella chimica quantistica e nella fisica atomica. Attraverso la distribuzione degli elettroni in orbitali degeneri con spin parallelo, il sistema raggiunge una configurazione energeticamente favorevole. Tale comportamento è spiegabile in termini di riduzione della repulsione elettronica, effetto schermante e contributo energetico dell’energia di scambio. In sintesi, la regola di Hund non solo facilita la previsione della configurazione elettronica degli atomi, ma fornisce anche una chiave interpretativa per la comprensione della stabilità degli stati elettronici.

Teoria del campo cristallino: ipotesi, orbitali

La teoria del campo cristallino è stata formulata dai fisici Hans Bethe e John Hasbrouck van Vleck rispettivamente nel 1929 e nel 1935. Questa teoria parte dall’assunzione che l’interazione tra un ione di un metallo di transizione e i sia di natura elettrostatica, trascurando gli del legame covalente.

Ipotesi della teoria del campo cristallino

– L’ione metallico è al centro.
– I leganti sono considerati come cariche puntiformi disposte secondo geometrie precise, creano un campo elettrostatico attorno all’ione metallico.
– Le interazioni tra l’ione metallico e i leganti sono trattate solo da un punto di vista elettrostatico, senza considerare interazioni covalenti, anche se in certi casi le interazioni covalenti sono rilevanti.
– I leganti sono considerati come cariche negative che si avvicinano agli orbitali d degeneri dell’ione metallico centrale lungo gli assi cartesiani.

Orbitali d

Per comprendere la teoria del campo cristallino, è importante conoscere la disposizione dei cinque orbitali d: dxy, dxz, dyz, dx² – y², dz².

Complessi ottaedrici

In un complesso ottaedrico, sei leganti si avvicinano all’ione metallico lungo gli assi cartesiani. Gli orbitali dx² – y² e dz², con una maggiore densità elettronica orientata lungo gli assi, subiranno una maggiore repulsione dai leganti rispetto agli altri orbitali. Gli orbitali dxy, dxz e dyz, con una minore densità elettronica orientata tra gli assi, subiranno una minore repulsione.

La teoria del campo cristallino, applicata attraverso la teoria dei gruppi e la meccanica quantistica, permette di prevedere varie proprietà chimiche, fisiche, magnetiche e spettrali, nonché i meccanismi di reazione e i dati termodinamici. Familiarizzare con questa teoria è cruciale per comprendere il comportamento dei metalli di transizione in vari complessi chimici.

La Struttura dei Composti di Coordinazione

Nella chimica dei composti di coordinazione, esistono due tipi di orbitali: i

t2g

che ospitano gli orbitali

dxz, dyz, dxy

e gli

eg

che comprendono gli orbitali

dz2 e dx2-y2.

La differenza di tra questi due gruppi orbitali è denominata Δo, nota come la forza del campo cristallino, che può essere determinata tramite spettroscopia UV-Vis.

Gli elettroni si dispongono negli orbitali seguendo il principio di Aufbau, riempiendo quelli a energia più bassa. Nei metalli con , 2 o 3 elettroni, vige il principio di massima molteplicità per gli orbitali t2g.

Per i metalli con 4 elettroni, si presentano due casi:
– Due elettroni occupano un orbitale t2g e gli altri due vanno a riempire gli altri orbitali t2g, configurando un

complesso a basso spin

.
– Tre elettroni si distribuiscono ciascuno negli orbitali t2g, mentre il quarto occupa un orbitale eg, definendo un

complesso ad alto spin

.

Energia di Accoppiamento

L’energia di accoppiamento, indicata con

p

, rappresenta l’energia necessaria per accoppiare due elettroni nello stesso orbitale, e dipende dalla natura dei leganti. Se

p

è maggiore di Δo, si ottiene un complesso ad alto spin in cui il quarto elettrone si colloca negli orbitali eg. Al contrario, se

p

è minore di Δo, si ha un complesso a basso spin dove il quarto elettrone occupa gli orbitali t2g.

Questo approccio permette di analizzare e comprendere le proprietà dei composti di coordinazione in base alla disposizione degli elettroni e all’energia del campo cristallino.

Acido antranilico: proprietà, sintesi, reazioni, usi

Acido Antranilico: Scoperta e Proprietà

L’acido antranilico, conosciuto anche come acido 2-amminobenzoico, è presente in natura nel batterio Gram-positivo Paenibacillus polymyxa e nella pianta Isatis tinctoria della famiglia delle Brassicacee. Questa sostanza si caratterizza per la sua struttura molecolare, con un gruppo amminico e un legati al gruppo benzenico.

E’ importante notare che l’acido antranilico si presenta come un solido bianco quando è puro, ma i campioni commerciali possono apparire di colore giallo. Dal punto di vista della solubilità, è poco solubile in acqua ma può essere solubile in come benzene, etanolo, etere etilico, cloroformio e piridina. Data la presenza di gruppi funzionali acidi e basici, l’acido antranilico si comporta come anfotero.

Sintesi dell’Acido Antranilico

La prima descrizione dell’acido antranilico risale al XIX secolo, quando il chimico tedesco Carl Julius Fritzsche lo ottenne per la prima volta dalla degradazione dell’indaco. Questa sostanza può essere sintetizzata attraverso diverse vie, tra cui la reazione tra anidride ftalica e urea seguita dall’ottenimento di ftalimmide, e la reazione tra N-(2-metilfenil)acetammide, e HCl.

Reazioni dell’Acido Antranilico

L’acido antranilico è coinvolto in varie reazioni chimiche, tra cui alchilazioni e acilazioni al gruppo amminico, esterificazioni e accoppiamenti con ammine al gruppo carbossilico. La sua versatilità lo rende un composto di interesse in ambito chimico e farmaceutico per la sua capacità di partecipare a diverse reazioni.

Acido Antranilico e i suoi Derivati: Strutture e Applicazioni

L’acido antranilico è una molecola che può reagire con varie sostanze, dando origine a differenti derivati. Ad esempio, in presenza di metanolo e in ambiente acido, si ottiene il metilantranilato. Allo stesso modo, se trattato con nitrito di sodio e acido solforico a basse temperature, si un sale di diazonio, che, reagendo con ioduro di potassio a caldo, porta alla produzione di acido 2-iodobenzoico.

Un’altra reazione importante coinvolge il nitrito di sodio e l’acido solforico a basse temperature: in questo caso si ottiene un sale di diazonio che, reagendo con acqua a caldo, conduce alla formazione di acido 2-idrossibenzoico, noto anche come acido salicilico.

Usi dell’Acido Antranilico e dei suoi Derivati

L’acido antranilico e i suoi derivati trovano diverse applicazioni industriali e commerciali:

Industria Tessile:

Utilizzati come materia prima per la produzione di coloranti.

Profumeria:

Sono impiegati per conferire fragranze di gelsomino o arancia ai profumi.

Produzione di Saccarina:

Vengono impiegati come intermedio nella sintesi di questo dolcificante artificiale.

Settore degli Inchiostri e delle Tinture:

Utilizzati nella produzione di inchiostri e tinture per capelli.

Farmaceutica:

Trovano impiego nella produzione di .

Repellenti per insetti:

Sono presenti in alcune formulazioni di repellenti per insetti.

Queste molteplici applicazioni evidenziano l’importanza dell’acido antranilico e dei suoi derivati in svariati settori industriali e commerciali. Per ulteriori approfondimenti sulle reazioni di sostituzione elettrofila aromatica e sugli usi di queste sostanze, è possibile consultare i link forniti nei riferimenti.

Fluidi supercritici: diagrammi di fase

I fluidi supercritici, noti anche come SCF, sono sostanze che si trovano a una temperatura e pressione superiori a quelle critiche, presentando proprietà simili sia a un liquido che a un gas. Questo straordinario comportamento delle sostanze fu osservato per la prima volta nel lontano 1822 dall’ingegnere francese Charles Cagniard de La Tour, mentre il chimico irlandese Thomas Andrews coniò successivamente la locuzione “fluido supercritico”.

Impatto ambientale dei fluidi supercritici

Lo sviluppo di tecnologie alternative a basso impatto ambientale per la produzione di sostanze con proprietà speciali su misura è di fondamentale importanza. Ridotto consumo di energia, minori residui tossici, maggiore efficienza nella conversione dei reagenti e prodotti finali di migliore qualità e sicurezza sono obiettivi primari per i processi futuri. Le tecnologie ad alta pressione si rivelano essere strumenti innovativi per soddisfare tali esigenze, permettendo lo sviluppo di processi in grado di generare nuovi prodotti con caratteristiche uniche.

Proprietà dei fluidi supercritici

I fluidi supercritici presentano una serie di proprietà fisico-chimiche uniche: simili alla viscosità e diffusività dei gas, alla densità e costante dielettrica dei liquidi, e con proprietà di solvatazione controllabili attraverso pressione e temperatura. Queste caratteristiche li rendono eccellenti solventi per diverse applicazioni. In natura, ad esempio, si possono trovare dell’acqua supercritica nelle vicinanze delle eruzioni dei vulcani sottomarini.

Acqua come esempio di fluido supercritico

Un esempio è rappresentato dall’acqua, che sotto determinate condizioni di pressione e temperatura può assumere lo stato supercritico. Aumentando la temperatura, la pressione del vapore dell’acqua aumenta seguendo il diagramma di fase dell’acqua. A temperature elevate, come 374°C a 218 atm, l’acqua passa in uno stato supercritico, caratterizzato da proprietà intermedie tra liquido e gas.

I fluidi supercritici, comportandosi in modo simile ai gas ma con una densità più elevata, possono agire come solventi. In questo stato, le molecole acqua non presentano legami ad idrogeno, permettendo loro di muoversi liberamente e aumentare la capacità solvente. L’acqua supercritica, pertanto, offre interessanti prospettive nell’ambito delle tecniche di lavorazione e soluzione di sostanze.

L’utilizzo dell’anidride carbonica in acqua supercritica

L’acqua supercritica ha una bassa costante dielettrica simile a quella dei composti organici, rendendo le reazioni organiche più omogenee e accelerando la velocità di reazione.

Anidride carbonica come fluido supercritico

L'[anidride carbonica](https://chimica.today/chimica-generale/biossido-di-carbonio/) è uno dei fluidi supercritici più utilizzati per diversi motivi, tra cui il basso costo, l’inerzia chimica, l’assenza di tossicità e infiammabilità. È disponibile in elevato grado di purezza e il suo punto critico a 31°C e 73 atm rende facile il suo utilizzo.

L’anidride carbonica supercritica è un solvente comune nell’industria alimentare, impiegato per operazioni come la decaffeinazione del [caffè](https://chimica.today/tutto-chimica/il-caffe-c%e2%80%99era-una-volta-il-qahwah/), la rimozione dei grassi dalle patatine e l’estrazione di composti aromatici dagli oli di agrumi. Questo lo rende un solvente green, altamente riciclabile e sicuro per l’ambiente. La CO2 supercritica ha proprietà simili ai solventi fluoroorganici, ma presenta vantaggi aggiuntivi in termini di sostenibilità e impatto ambientale.

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