Struttura, meccanismo di azione e usi dell’eparina
L’eparina, il cui nome deriva dal greco ἧπαρ che significa fegato perché è stata per la prima volta isolata dal fegato di cane, è un polisaccaride altamente solfatato, scoperto nel 1916 dal medico statunitense Jay McLean e impiegato come anticoagulante sin dagli anni ’30.
Struttura
Conosciuta anche come eparina non frazionata (UFH) e con una massa molare compresa tra 3000 e 30000 Da, l’eparina appartiene alla famiglia dei glicosaminoglicani e è costituita da unità solfatate di D-glucosammina, 2-desossi-2-sulfamino-D-glucosio, 2-acetamido-2-deossi-D-glucosio, acido glucuronico e acido iduronico. Grazie alla presenza di gruppi solfato, ha la più alta densità di carica negativa rispetto ad altre biomolecole.
Meccanismo di azione
L’eparina produce il suo principale effetto anticoagulante inattivando la trombina e attivando il fattore X (protrombinasi), un enzima della cascata della coagulazione. Si lega a diverse proteine, in particolare all’antitrombina, una proteina prodotta dal fegato che regola la formazione del coagulo nel sangue. Questo legame provoca un cambiamento che, inattivando la trombina, blocca la conversione del fibrinogeno in fibrina, prevenendo la formazione di coaguli e prolungando il tempo di coagulazione del sangue. Inibisce anche l’attivazione indotta dalla trombina delle piastrine e dei fattori V e VIII.
Usi
L’eparina è indicata per la prevenzione e il trattamento di eventi trombotici come la trombosi venosa profonda, l’embolia polmonare e la fibrillazione atriale. È impiegata anche per prevenire l’eccessiva coagulazione durante interventi cardiochirurgici o dialisi, nonché per prevenire trombi murali dopo un infarto del miocardio. È fondamentale sottolineare che l’uso di eparina è soggetto a prescrizione medica.