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Argento tiocianato

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Il tiocianato di argento, con formula chimica AgSCN, è un sale derivato dall’acido tiocianico, la cui formula è HSCN. Questo composto presenta una struttura che consente la tautomeria con l’acido isotiocianico, H−N=C=S. Come molti altri composti a base d’argento, anche il tiocianato di argento possiede proprietà antimicrobiche.

Meccanismo d’azione

Il tiocianato di argento esercita la sua azione principale tramite il rilascio di ioni d’argento. Questi ioni interagiscono con le cellule microbiche, causando la loro distruzione. Tuttavia, l’efficacia di questo meccanismo è modulata da vari fattori ambientali, come il pH, le concentrazioni saline, la presenza di enzimi e la temperatura.

Il tiocianato di argento si presenta come cristalli bianchi. È sensibile alla luce e mostra una bassa solubilità in solventi come alcoli, acetone e acidi. Tuttavia, è solubile in ammoniaca grazie alla formazione di un complesso, il diamminoargento Ag(NH3)2+, che è solubile in acqua.

Solubilità del tiocianato di argento

Questo composto ha una solubilità limitata in acqua, con un prodotto di solubilità pari a .0 ·10–12. L’equilibrio eterogeneo di dissoluzione del tiocianato di argento è rappresentato dalla seguente reazione:

AgSCN(s) ⇄ Ag+(aq) + SCN–(aq)

L’espressione per il prodotto di solubilità è:

Kps = [Ag+][SCN–]

Definendo x come la solubilità all’equilibrio, abbiamo [Ag+] = [SCN–] = x. Sostituendo nell’espressione del prodotto di solubilità, otteniamo:

Kps = 1.0 ·10–12 = (x)(x) = x²

Da questo si deduce che x, ovvero la solubilità molare, è √1.0 ·10–12, risultando in 1.0 ·10–6 mol/L. Considerando la massa molecolare del tiocianato di argento, pari a 165.95 g/mol, la solubilità in g/L è circa 1.7·10–4 g/L.

Sintesi

La sintesi del tiocianato di argento può avvenire attraverso diverse reazioni di precipitazione. Un metodo comune prevede la reazione tra un composto solubile di argento e un composto che contiene ioni tiocianato. Tra le reazioni più utilizzate ci sono:

nitrato di argento e tiocianato di potassio:
AgNO3(aq) + KSCN(aq) → AgSCN(s) + KNO3(aq)

nitrato di argento e tiocianato di ammonio:
AgNO3(aq) + NH4SCN(aq) → AgSCN(s) + NH4NO3(aq)

È possibile ottenere il tiocianato di argento anche partendo da sali poco solubili, come il cloruro di argento, a condizione che il sali di tiocianato siano più solubili. Ad esempio, il valore del prodotto di solubilità per il cloruro di argento è di 1.8 ·10–10, da cui si evince che, all’equilibrio, la concentrazione degli ioni argento è da √1.8 ·10–10 = 1.3 ·10–5 mol/L.

In presenza di ioni tiocianato, lo ione argento è in grado di formare AgSCN, spostando l’equilibrio di dissociazione del cloruro di argento a destra, il principio di Le Chatelier. Dall’interazione con ferrocianuri, il ferrocianuro d’argento Ag4[Fe(CN)6] e il ferricianuro d’argento Ag3[Fe(CN)6] possono essere convertiti in tiocianato d’argento, mentre si formano ioni ferrocianuro o ferricianuro.

Un altro metodo per sintetizzare un fotocatalizzatore a base di argento/tiocianato d’argento (Ag/AgSCN) prevede una semplice precipitazione, seguita da una riduzione indotta da luce UV.

Usi

Il tiocianato di argento trova impiego nella produzione di materiali fotoluminescenti, come i quantum dots di perovskite, utilizzati in dispositivi optoelettronici come celle solari e diodi a emissione luminosa. Inoltre, è importante nella sintesi di nanoparticelle d’argento, che hanno applicazioni nella catalisi, nell’elettronica e nella dei materiali.

Le nanoparticelle d’argento generate attraverso questo composto mostrano proprietà antimicrobiche, rendendole utili dispositivi medici, nelle medicazioni per ferite e nei rivestimenti. Inoltre, le soluzioni di AgSCN sono utilizzate in contesti elettrochimici per generare rivestimenti in argento con caratteristiche specifiche, come una maggiore conducibilità.

Grazie al suo band gap di 3.4 eV, il tiocianato di argento può essere sfruttato anche come semiconduttore di tipo p. Le sue applicazioni si estendono alla preparazione di tiocianati non metallici, come reagente analitico, nelle emulsioni fotografiche, come intermedio organico, oltre a fungere da fungicida, erbicida e microbiocida.

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Reazione di Landolt: Un processo chimico interessante e sorprendente nel campo delle scienze.

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La reazione di Landolt, scoperta nel 1886 dal chimico svizzero Hans Heinrich Landolt, rappresenta un fenomeno affascinante nel campo della chimica. Questa reazione oscillante allo iodio, spazia tra le spettacolari e sorprendente manifestazioni chimiche, che suscitano stupore non solo non addetti ai lavori, ma anche tra gli esperti. Insieme alla reazione di Landolt, altri esempi intriganti comprendono il serpente del Faraone, il giardino chimico, e il dentifricio dell’elefante.

Cos’è la reazione di Landolt

Si inserisce tra le cosiddette “reazioni chimiche dell’orologio”, un gruppo speciale in cui avvengono cambiamenti periodici di colore e concentrazione. Anche se simili alle reazioni oscillanti tradizionali, la reazione di Landolt ha caratteristiche uniche, i cui meccanismi variare in base ai substrati e alle condizioni di reazione.

Un aspetto notevole della reazione di Landolt è il passaggio di colore, da incolore a blu scuro, che avviene quando lo iodio reagisce con l’amido, formando un complesso. Questo fenomeno frequentemente impiegato nei corsi di chimica per illustrare i principi della cinetica chimica.

Meccanismi e varianti della reazione

La reazione di Landolt non è solo un semplice effetto visivo, ma consente anche di misurare la velocità della reazione stessa. Determinando la legge di velocità tramite il metodo delle velocità iniziali, si osserva come cambi la velocità di reazione al variare delle concentrazioni dei reagenti. Fondamentalmente, la reazione coinvolge perossido di idrogeno e ioduro di potassio in un ambiente acido, dove si verifica l’ossidazione dello ione ioduro a iodio.

È importante notare che, iniziando a cronometrare il necessario per generare una specifica quantità di iodio, si comprende meglio come questa reazione progredisce. L’aggiunta di tiosolfato di sodio è essenziale in questo processo, poiché essa compete con lo iodio nella reazione, impedendo una variazione di colore fino a quando il tiosolfato non è esaurito.

Quando il tiosolfato viene completamente consumato, lo iodio inizia a reagire con l’amido e il colorante blu diventa visibile. Questa transizione segna il punto in cui si può calcolare la concentrazione di iodio prodotto nella reazione.

Per il corretto svolgimento dell’esperimento, è necessario preparare delle soluzioni specifiche, tra cui una soluzione di ioduro di potassio e salda d’amido, unita a una soluzione acida e acqua ossigenata. L’interazione di queste sostanze durante la reazione permette di osservare le variazioni nel tempo e di determinare aspetti cruciali della cinetica chimica.

Applicazioni e prospettive futuri

I fenomeni biochimici periodici sono comuni nei sistemi viventi e sono fondamentali per il corretto funzionamento dei processi biologici come i cicli ormonali e l’omeostasi. La reazione di Landolt, con la sua storicità e la sua rilevanza, può offrire spunti per future applicazioni nella programmazione temporale dei sistemi chimici. Le reazioni dell’orologio, come quella di Landolt, possono essere usate come modelli per sviluppare nuovi materiali o sistemi di autoassemblaggio.

In conclusione, la reazione di Landolt non è solo un esempio di bellezza chimica, ma anche una fonte pregiata di conoscenze e applicazioni future nella dei materiali e nella cinetica chimica. Con il suo potenziale per dimostrazioni educative e sviluppo di test analitici, il suo studio rimane di attualità e offre una vasta gamma di opportunità di esplorazione.

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PLGA, un polimero utilizzato in applicazioni biomediche

Il PLGA, acronimo di acido poli(lattico-co-glicolico), è un polimero biodegradabile derivato dall’acido lattico e dall’acido glicolico, utilizzato in dispositivi per la somministrazione di farmaci e in ingegneria tissutale. Questa disciplina si occupa dello sviluppo di sostituti ossei finalizzati al ripristino e al miglioramento della funzionalità dei tessuti ossei malati o danneggiati.

Proprietà e Limitazioni del PLGA

Il PLGA presenta elevate proprietà di biocompatibilità e biodegradabilità, sebbene l’acido polilattico, nonostante la sua diffusione, soffra di limitazioni in termini di capacità barriera rispetto alle plastiche a base di petrolio. L’acido poliglicolico, d’altro canto, ha una velocità di biodegradazione comparabile alla cellulosa, ma è caratterizzato da fragilità e difficoltà di lavorazione a causa dell’elevato grado di cristallinità e temperatura di fusione. Inoltre, la suscettibilità alla degradazione idrolitica del poliglicolico riduce la sua durata negli imballaggi, compromettendo le proprietà meccaniche e di barriera.

Sintesi del PLGA

Il PLGA è ottenuto tramite polimerizzazione ad apertura di anello dei monomeri di acido lattico e glicolico, con variazioni nel rapporto tra di essi che influenzano le caratteristiche fisico-chimiche del polimero. Per usi biomedici, è fondamentale mantenere il contenuto residuo di stagno sotto 20 ppm, richiedendo un’attenta gestione della sintesi e delle fasi di purificazione. Il PLGA è noto per la sua alta solubilità in solventi organici e per la capacità di incapsulare biomolecole di diverse dimensioni.

Applicazioni del PLGA

Le applicazioni del PLGA nel campo biomedico includono il suo come impalcatura per la ricostruzione ossea e la rigenerazione del tessuto cardiaco. Questo polimero è utilizzato anche nella somministrazione controllata di farmaci e vaccini, grazie alla sua capacità di rilasciare i principi attivi a durate e concentrazioni controllate. Inoltre, il PLGA si dimostra efficace nell’aderenza e proliferazione cellulare, potendo essere caricato con fattori bioattivi per favorire la rigenerazione dei difetti ossei.

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Materiali ceramici biocompatibili per applicazioni mediche e odontoiatriche.

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Le bioceramiche si caratterizzano per la loro biocompatibilità e la capacità di formare apatite, che facilita l’interazione e il legame con tessuti come tessuti ossei e dentali. Il loro nel settore biomedico avviene principalmente sotto forma di materiali sia sfusi che porosi, progettati per vari scopi, tra cui impianti, protesi e dispositivi protesici.

Utilizzi delle bioceramiche

Le bioceramiche sono impiegate in polvere per la rigenerazione di spazi difettosi, mentre i processi naturali di riparazione contribuiscono al recupero delle funzioni. Inoltre, essere applicate come rivestimenti su substrati o come fasi secondarie in materiali compositi, per migliorare le prestazioni meccaniche e biologiche, favorendo l’osteoinduzione e l’osteointegrazione. Un aspetto fondamentale è la loro variabilità nella struttura, che presenta porosità multiscala e proprietà antibatteriche, risultando particolarmente adatte per indurre la rigenerazione dei tessuti in situ.

Tipologie di bioceramiche

La classificazione delle bioceramiche comprende tre categorie principali: ceramiche bioinerti, bioattive e bioriassorbibili. Le ceramiche bioinerti, come allumina, zirconia e carbonio, si considerano stabili e prive di dannosi nel corpo umano. In contrapposizione, le ceramiche bioattive si legano direttamente all’osso, escludendo il tessuto connettivo tra il biomateriale e l’osso, con esempi come l’apatite e le vetroceramiche bioattive. Il termine bioattivo è attribuito a Larry Hench, scopritore del bioglass, che ha aperto nuove frontiere nell’interazione dei biomateriali con i tessuti. Infine, le ceramiche bioriassorbibili, come gesso e carbonato di calcio, si degradano gradualmente, rivelandosi estremamente utili nell’ingegneria dei tessuti.

Fosfato di calcio nelle bioceramiche

Le bioceramiche a base di fosfato di calcio (CaP) trovano ampia applicazione nella rigenerazione ossea, tanto in ortopedia quanto in odontoiatria. Questa classe di minerali comprende componenti come cationi di calcio e anioni di ortofosfato, con la possibilità di presentarsi in forma di nanoparticelle, utilizzabili per il trasporto di agenti terapeutici. Inoltre, la preparazione e la funzionalizzazione semplificate dei CaP, unite alle loro proprietà solubili in base al pH, offrono notevoli vantaggi nella somministrazione di composti bioattivi.

Nonostante le loro utili proprietà, i fosfati di calcio presentano limiti in termini di resistenza meccanica, necessitando di combinazioni con polimeri per aumentare la loro durata e capacità di utilizzo. Tra i polimeri naturali si annoverano alginato e gelatina, mentre i polimeri comprendono poli(esteri) e polietilenglicole, ognuno con caratteristiche specifiche che li rendono adatti per determinate applicazioni materiali. Negli anni 2000, sono emerse bioceramiche composte di fosfato di calcio cementizio mescolato con PLGA, al fine di potenziare la resistenza meccanica e creare porosità controllata.

Innovazioni in endodonzia

Il settore dell’endodonzia sta vivendo continui cambiamenti grazie all’evoluzione tecnologica e all’adozione di nuove tecniche. Le bioceramiche sono state integrate in questo campo a partire dagli anni ’90, inizialmente come materiali per otturazioni retrograda e successivamente come cementi per la riparazione delle radici e sigillanti per i canali radicolari. Un’importante innovazione è rappresentata dall’uso dell’MTA, acronimo di Mineral Trioxide Aggregate, un materiale composto principalmente da silice e ossido di bismuto, che facilita l’individuazione radiografica dei materiali di otturazione endodontica.

Nonostante i suoi vantaggi, l’MTA presenta svantaggi come un di presa prolungato e difficoltà di manipolazione. Dall’introduzione della biodentina nel 2009, a base di silicato di calcio, si sono compiuti progressi significativi nelle applicazioni odontoiatriche. Questo materiale si distingue per la sua capacità di formare idrossiapatite e offre eccellenti proprietà antibatteriche. Aggiungendo un ulteriore livello di innovazione, il BioAggregate e il TheraCal LC rappresentano materiali moderni che combinano tratti di alta resistenza e radiopacità, rispondendo efficacemente alle esigenze in ambito endodontico.

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Le articolazioni fanno più male con il freddo secondo ciò che dicono gli studi

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La convinzione che e umidità possano influenzare l’apparato muscoloscheletrico, in particolare le , è diffusa. Molti evidenziano un aumento della percezione del dolore con l’arrivo del freddo, soprattutto in pazienti con condizioni patalogiche preesistenti, come l’artrite reumatoide o l’artrosi. Tuttavia, la relazione tra condizioni meteorologiche e dolore articolare è complessa, rendendo difficile la pianificazione di studi che considerino tutte le variabili, dalla percezione soggettiva del dolore al variegato stile di vita dei pazienti. Anche se sono state avanzate diverse teorie, i meccanismi precisi di interazione tra meteo e dolore non sono ancora ben definiti.

Influenza del freddo e dell’umidità sulle problematiche articolari

Secondo il 67% degli studi condotti, è emerso che durante l’inverno si registra un incremento dei dolori muscoloscheletrici. È importante notare che questa correlazione è stata osservata prevalentemente in pazienti anziani con patologie articolari, come l’osteoartrite. Un’ del Progetto Europeo sull’Osteoartrite (EPOSA) ha indicato che i partecipanti di paesi come Spagna e Italia riportano una maggiore sensibilità alle condizioni meteo rispetto ai colleghi svedesi. Inoltre, emerge che le condizioni meteo influenzare anche l’umore, il quale, a sua volta, può alterare la percezione del dolore.

Meteo emozioni dolore

Meccanismi d’azione ancora da chiarire

La comprensione dei meccanismi attraverso cui freddo e umidità incidono sulla sensazione di dolore è ancora limitata. Sono state ipotizzate diverse dinamiche che potrebbero operare in sinergia. Quando le temperature scendono, si tende a muoversi meno, causando un irrigidimento delle articolazioni, poiché la circolazione nelle aree periferiche rallenta. Ricerche hanno dimostrato che gli individui con stili di vita più attivi riportano meno episodi dolorosi, a prescindere dall’età. Inoltre, l’abbassamento della temperatura può aumentare la viscosità del liquido sinoviale, essenziale per il corretto movimento delle articolazioni.

La variazione di pressione atmosferica potrebbe influire sulla pressione interna delle articolazioni, contribuendo a gonfiore e dolore. Gli studi condotti su animali hanno messo in luce che cambiamenti di pressione possono alterare l’attività neuronale nell’orecchio interno, aumentando la percezione del dolore tramite il sistema simpatico. Infine, fenomeni infiammatori, caratteristici delle patologie articolari, possono essere esacerbati da basse temperature e umidità, creando un circolo vizioso di aumento di edema e percezione del dolore.

Articolazione struttura liquido sinoviale

Difficoltà nel stabilire correlazioni di causa-effetto

Numerosi studi e metanalisi suggeriscono una correlazione tra temperature abbassate e aumento del dolore articolare. Tuttavia, non esiste un consenso unanime sulla diretta conseguenza di tale relazione. Le imperfezioni metodologiche sono una costante, poiché molte delle ricerche si basano su autovalutazioni del dolore, un ambito altamente soggettivo. Inoltre, gli studi non sempre sono condotti in cieco, il che può influenzare le risposte dei partecipanti a causa della consapevolezza riguardo alla teoria in esame, che postula l’aumento del dolore in relazione al meteo.

Fonti

Horvath, G., Nagy, K., Tuboly, G., & Nagy, E. (2023). Pain and weather associations – Action mechanisms; personalized profiling. Brain research bulletin, 200, 110696
Wang, L., Xu, Q., Chen, Y., Zhu, Z., & Cao, Y. (2023). Associations between weather conditions and osteoarthritis pain: a systematic review and meta-analysis. Annals of medicine, 55(1), 2196439.
Timmermans, E.J., van der Pas, S., Schaap, L.A. et al. Self-perceived weather sensitivity and joint pain in older people with osteoarthritis in six European countries: results from the European Project on OSteoArthritis (EPOSA). BMC Musculoskelet Disord 15, 66 (2014).
McAlindon, T., Formica, M., Schmid, C. H., & Fletcher, J. (2007). Changes in barometric pressure and ambient temperature influence osteoarthritis pain. The American journal of medicine, 120(5), 429–434.
Beukenhorst, A. L., Schultz, D. M., McBeth, J., Sergeant, J. C., & Dixon, W. G. (2020). Are weather conditions associated with chronic musculoskeletal pain? Review of results and methodologies. Pain, 161(4), 668–683.

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Radar jamming e l’influenza del disturbo radar degli aerei militari su quelli civili

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Con l’aumento dei conflitti armati a livello globale, il fenomeno del dei segnali degli aerei ha visto una crescita significativa. Questa tecnica, nota come radar jamming, viene principalmente utilizzata in ambito militare per creare interferenze radar nemici, complicando la localizzazione precisa dei velivoli. Tuttavia, i voli di linea che transitano o si avvicinano a zone di conflitto subire le conseguenze di tali disturbi, comportando rischi per la sicurezza dei passeggeri.

Cosa si intende per radar jamming e come funziona

Il radar jamming consiste nell’emissione di segnali di disturbo radio intensi per confondere o sovraccaricare i radar altrui, generando falsi segnali o annullando del tutto le immagini radar. Esistono diversi tipi di disturbo, tra cui:

  • Noise Jamming, che produce un “rumore” costante per mascherare i segnali radar, impedendo un’identificazione corretta degli aerei.
  • Deception Jamming, che altera i dati radar mediante segnali falsi, creando l’illusione di oggetti inesistenti o nascondendo quelli reali.

Questi sistemi, frequentemente installati su aerei militari o a terra, non fanno distinzione tra velivoli militari e , influenzando tutti i dispositivi radar e di navigazione all’interno della loro portata. Pertanto, anche i voli di linea possono incorrere in problemi relativi alla navigazione quando sorvolano aree in cui è in atto il radar jamming.

radar jamming pilota

Possibili rischi del radar jamming per gli aerei civili

I veicoli commerciali possono affrontare vari problemi in presenza di radar jamming, tra cui:

Indisponibilità della navigazione GNSS

La perdita del segnale GPS rende difficile per gli aerei mantenere la rotta corretta. In mancanza del GPS, il pilota può usare sistemi di backup, ma la navigazione risulta compromessa, in particolare in zone remote. Durante le fasi di atterraggio, l’aereo utilizza spesso il GNSS per seguire procedure di avvicinamento: segnale disturbato può costringere il pilota ad adottare metodi alternativi.

Indisponibilità del Sistema di Navigazione Inerziale (INS)

In alcune circostanze, il disturbo è talmente potente da ingannare persino i sistemi interni dell’aereo, come il sistema inerziale (INS), il quale offre una rotta precisa anche senza GPS.

Degrado dei sistemi dipendenti dal tempo

Le interferenze al segnale possono influenzare sistemi che richiedono una precisa tempistica, come l’orologio di bordo, il sistema di calcolo del carburante e il Flight Management System (FMS), con possibili errori nei calcoli di autonomia e gestione dei consumi.

Falsi Allarmi EGPWS

Il sistema di prevenzione dell’avvicinamento al terreno (EGPWS) avvisa normalmente i piloti sui rischi di collisione con il suolo. Tuttavia, il radar jamming può generare falsi allarmi, come segnali vocali sintetici che indicano situazioni di pericolo durante il volo, creando stress e confusione ai piloti.

Display HUD Erroneo in Atterraggio

Il sistema HUD (Head-Up Display), essenziale per visualizzare informazioni critiche senza distogliere lo sguardo dalla pista, potrebbe mostrare la posizione errata dell’aereo, suggerendo che esso sia fuori pista quando, di fatto, è allineato correttamente.

Deviazioni di rotta o cambi di direzione improvvisi

Le interferenze e i dati errati possono provocare deviazioni non autorizzate dalla rotta stabilita, aumentando il rischio di entrare in spazi aerei non consentiti o in aree ad accesso limitato (SUA).

Violazione dello spazio aereo

Un aereo potrebbe facilmente oltrepassare accidentalmente il confine di un altro spazio aereo, con il rischio di violare regolamenti militari e essere percepito come una minaccia.

Perdita della separazione con altri velivoli

Gli errori di posizionamento causati dal radar jamming potrebbero far apparire l’aereo in una posizione errata, aumentando il rischio di collisioni o provocando allarmi di “perdita di separazione”.

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Come viene gestito dai piloti il radar jamming

Le aree più frequentemente colpite dal radar jamming includono il Medio Oriente, l’Ucraina e alcune zone del Mediterraneo orientale. Anche la penisola coreana e il Mar Cinese Meridionale sono scenari di disturbi noti. Per contenere i rischi, molte compagnie aeree evitano di sorvolare queste regioni. In caso di interferenze anche a distanza, i piloti possono ricorrere a sistemi di backup come il sistema inerziale (INS) e a metodi tradizionali di navigazione come la dead reckoning tramite radiofari VOR. L’assistenza dei controllori di volo è cruciale per garantire che gli aerei siano avvisati su eventuali deviazioni e possibili perdite di separazione.

Le compagnie aeree e le autorità della sicurezza aerea hanno implementato misure per evitare che i voli commerciali si avvicinino a zone di conflitto attivo. Organizzazioni come l’Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea (EASA) e la Federal Aviation Administration (FAA) degli Stati Uniti forniscono regolarmente avvisi di sicurezza e NOTAM, segnalando ai piloti i rischi lungo le rotte e suggerendo percorsi più sicuri.

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Nonostante le misure preventive, il radar jamming rappresenta una problematica complessa e in continua evoluzione. La tecnologia avanzata e procedure di sicurezza rigorose consentono ai voli commerciali di mantenere standard elevati di sicurezza anche in contesti ad alto rischio. È fondamentale che compagnie aeree e enti di sicurezza aerea sviluppino strategie e tecnologie sempre più sofisticate per garantire voli sicuri in qualsiasi parte del mondo.

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La vetroceramica: produzione e utilizzo nei piani cottura

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La è un materiale policristallino noto per la sua infrangibilità e resistenza alla corrosione. Sviluppato nel 1952, ha avuto origine da un malfunzionamento di un termostato in una fornace che portò il vetro all’interno a superare i 1000 °C. L’osservazione iniziale da parte di un chimico mise in evidenza la presenza di uno strato bianco, privo della tipica fragilità del vetro, dando vita a questo nuovo materiale che unisce le migliori caratteristiche del vetro e della ceramica, grazie alla presenza di fasi amorfe e cristalline. La della vetroceramica avviene tramite una ricristallizzazione controllata.

La produzione della vetroceramica

La vetroceramica si caratterizza per una struttura che combina una parte vetrosa, quindi amorfa, e una parte cristallina. La sua produzione inizia con i processi tipici del vetro, un materiale che è trasparente, duro ma fragile. Successivamente, il vetro viene riscaldato a temperature elevate, tra i 750 e i 1150 °C, per favorire la ricristallizzazione parziale. Si considera vetroceramica quando supera il 50% di fase cristallina, con valori che arrivare fino al 95%. A questo scopo, si possono aggiungere agenti nucleanti che controllano il processo di cristallizzazione.

Durante l’accrescimento dei grani cristallini, vengono aggiunti elementi o composti insolubili che conferiscono proprietà essenziali. Tra i principali tipi di vetroceramica, si possono citare:

  • Ossido di Litio, ossido di Alluminio e ossido di Silicio: LAS, noti per la resistenza agli shock termici e per elevate proprietà chimico-meccaniche;
  • Ossido di Mangnesio, ossido di Alluminio e ossido di Silicio: MAS, caratterizzati da un’alta resistenza meccanica a elevate temperature;
  • Ossido di Zinco, ossido di Alluminio e ossido di Silicio: ZAS, utilizzati nel settore meccanico.

Utilizzi della vetroceramica

Le proprietà intrinseche della vetroceramica la rendono un materiale versatile. La capacità di affrontare sbalzi termici estremi senza rompersi la rende ideale per applicazioni in ambienti ad alta temperatura, come i piani a induzione e i caminetti. La sua superficie resistente ai graffi è particolarmente utile in contesti dove l’usura rappresenta un problema, come nella ricostruzione dentale.

Il coefficiente di espansione termica della vetroceramica è quasi nullo, mantenendo stabilità e forma anche in presenza di notevoli variazioni di temperatura, fino a circa 700 °C. Inoltre, la vasta gamma di finiture e colori disponibili contribuisce a una perfetta integrazione nei progetti di design contemporaneo.

Applicazioni in ambito scientifico e industriale

La vetroceramica non è prevalentemente limitata a oggetti di design o alla cucina; trova applicazione anche in campi avanzati come l’astronomia. È utilizzata in strumenti di alta precisione, come il Telescopio Spaziale Hubble, per la sua stabilità dimensionale e resistenza al . Anche l’industria aerospaziale ne fa uso per componenti esposti a temperature estreme. Inoltre, molte vetroceramiche destinate a oggetti comuni sono realizzate riciclando vetro industriale, rendendole una scelta più sostenibile dal punto di vista ambientale.

Il telescopio spaziale Hubble della NASA.

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Il cromosoma Y è in effetti in fase di scomparsa, ma si fa chiarezza

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Recenti studi indicano che il Y, essenziale per il sesso biologico maschile, potrebbe estinguersi entro 10 milioni di anni. Questo fenomeno è attribuito alla continua riduzione delle sue dimensioni e al numero limitato di sequenze geniche utili. Negli esseri umani, la presenza del cromosoma Y, insieme a un cromosoma X, determina il sesso maschile, mentre il sesso femminile è definito dalla presenza di due cromosomi X. La diminuzione del cromosoma Y si deve alla scarsa ricombinazione con il cromosoma X, un processo che accumula sequenze genetiche superflue e suscettibili di degradazione. L’analisi storica mostra che i geni del cromosoma Y sono passati da circa 1700 a soli 45 attuali, evidenziando il rischio di estinzione imminente.

A cosa serve il cromosoma Y ed è vero che lo stiamo perdendo?

I cromosomi sessuali rappresentano l’unica coppia di cromosomi dissimili: ciascun individuo riceve un cromosoma X dalla madre e un cromosoma dall’altro genitore che può essere X o Y. L’abbinamento XX corrisponde al sesso femminile, mentre XY determina il sesso maschile. Il cromosoma Y, a differenza del X, presenta un numero ridotto di geni funzionali, concentrandosi principalmente su quelli necessari per lo sviluppo dei testicoli.

Cromosoma X e Y

La professoressa di scienze molecolari Jenny Graves e altri esperti avvalora l’ipotesi che il cromosoma Y possa sparire tra 4,6 e 10 milioni di anni. Questa tesi trova conferma in diverse evidenze scientifiche, ma la certezza completa resta ancora da raggiungere. Il cromosoma Y, con solo 45 geni attuali a fronte dei 1700 iniziali, è soggetto a una continua perdita di informazioni utili.

Perché il cromosoma Y si sta degradando?

A differenza di altri cromosomi che ricombinare e scambiarsi informazioni durante la meiosi, il cromosoma Y non ha la capacità di farlo a causa delle sue peculiarità strutturali. Questo porta a un accumulo di mutazioni dannose, con una ricombinazione interna limitata grazie alla mancanza di pari omologhi. La degradazione è circoscritta per ora alle regioni con mutazioni dannose, ma vi è incertezza sulla possibilità che alcuni geni possano persistere nel , come il gene SRY, determinante per le caratteristiche maschili.

Ricombinazione genica

La trasmissione del cromosoma Y avviene esclusivamente testicoli, un ambiente soggetto a numerose divisioni cellulari per la produzione continua di spermatozoi. Queste divisioni, sebbene necessarie, aumentano il rischio di danni al DNA, compromettendo la sopravvivenza del cromosoma Y e il trasferimento di varianti sane ai discendenti. L’assenza di ricombinazione e la possibile perdita di cromosomi Y sani per mancanza di prole rappresentano ulteriori minacce alla sua esistenza.

Se scompare il cromosoma Y scompariranno anche i maschi della specie umana?

Nonostante le evidenze sul rimpicciolimento del cromosoma Y, la sua scomparsa non è da considerarsi una certezza immediata, essendo prevista su un arco di milioni di anni. Nel caso in cui il cromosoma Y dovesse effettivamente estinguersi, non implicherebbe necessariamente l’estinzione dei maschi. Diverse specie hanno sviluppato meccanismi alternativi per la determinazione del sesso, come nel caso del ratto giapponese del genere Tokudaia. Pertanto, è possibile che emergano nuovi geni che regolino la differenziazione sessuale, dando origine a nuove strategie genetiche. Inoltre, poiché gli esseri umani non sono una specie partenogenetica, la scomparsa del maschio rimane improbabile, mantenendo sostanzialmente equilibrio tra i sessi nella popolazione.

Cromosoma Y scompare

La continua necessità di maschi per la riproduzione umana rende difficile immaginare uno scenario di completa scomparsa di questo sesso, evidenziando ulteriormente l’importanza della salute e della preservazione della diversità genetica all’interno della specie.

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Lattitolo

Il lattitolo, conosciuto con il nome I.U.P.A.C. 4-O-β-L-galattopiranosil-L-glucitolo, è un glicosil alditolo composto da sorbitolo e galattosio, con formula chimica C12H24O11. Questa sostanza si forma da β-L-galattopiranosio e L-glucitolo mediante un legame α →4 glicosidico.

Insieme ad altri polioli come maltitolo (E 965), xilitolo (E 967), isomalto (E 953), sorbitolo (E 420), tagatosio (E 963) e mannitolo (E 421), il lattitolo si distingue per il suo comportamento non igroscopico, una caratteristica che ne facilita l’uso in formulazioni come le gomme da masticare. Non essendo uno zucchero riducente, non contribuisce alla reazione di Maillard e possiede un potere dolcificante e calorico inferiore rispetto al saccarosio. Il lattitolo presenta un grado di dolcezza relativo pari al 40% di quello del saccarosio e al 35% rispetto a una soluzione al 5% m/m di saccarosio.

Proprietà del lattitolo

Il lattitolo può manifestarsi in diverse forme cristalline, comprese tre forme idrate (mono-, di- e tri-idrata), due anidre e una forma amorfa, caratterizzate da differenti punti di fusione. La sua conferisce una stabilità chimica superiore rispetto al lattosio e al saccarosio, grazie all’assenza del gruppo carbonilico, garantendo stabilità su un ampio intervallo di pH (3–9). Il lattitolo si presenta come cristalli bianchi, solubili in acqua e in alcune altre sostanze, mentre risulta scarsamente solubile in etanolo e cloroformio. Inoltre, mostra una buona stabilità all’esposizione al e agli alcali.

Idrogenazione catalitica

La sintesi del lattitolo, un poliolo non presente in natura, utilizza lattosio in soluzione, idrogeno gassoso e un catalizzatore a base di nichel. I miglioramenti apportati dalla tecnologia hanno consentito produzioni ad alta resa. Attraverso un meccanismo di adsorbimento e reazione superficiale, avvengono reazioni elementari che portano alla trasformazione del lattosio in lattitolo.

Usos del lattitolo

Il lattitolo è ampiamente utilizzato come dolcificante a basso contenuto calorico ed ha una vasta gamma di applicazioni nel settore alimentare, lattiero-caseario e farmaceutico. Oltre ai suoi usi come dolcificante, funge da agente tensioattivo ed emulsionante, ed è impiegato in prodotti da forno, cioccolato e gomme da masticare. Inoltre, è in grado di ridurre il contenuto calorico delle ricette fino al 45%, mantenendo proprietà organolettiche comparabili a quelle contenenti saccarosio.

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Death Clock: l’app basata sull’IA predice la tua data di morte e fornisce consigli per posticiparla

Death Clock consente di calcolare la della morte tramite un sistema di intelligenza artificiale, basato su oltre 1200 studi scientifici, dopo aver completato un questionario dettagliato. Con un abbonamento, gli utenti ricevere per migliorare la propria aspettativa di vita.

@Death Clock

Death Clock è un’applicazione che integra intelligenza artificiale e salute, promettendo di stimare la data della morte e fornendo consigli pratici per migliorare lo stile di vita e, di conseguenza, l’aspettativa di vita. Rilasciata inizialmente nel 2006, è stata recentemente aggiornata da Brett Franson, utilizzando un sistema di intelligenza artificiale che si basa su oltre 1200 studi scientifici, coinvolgendo circa 53 milioni di partecipanti. Dal suo lancio aggiornato nel luglio 2024, Death Clock ha ottenuto oltre 125.000 download, scalando le classifiche tra le app di salute.

Come funziona Death Clock

Il funzionamento di Death Clock è semplice: dopo il download dell’app, gli utenti completano un questionario dettagliato, che include domande su vari aspetti della vita, come data di nascita, genere, luogo di residenza, indice di massa corporea (BMI), abitudini relative a fumo e consumo di alcol, stato di salute mentale e presenza di malattie croniche.

Utilizzando queste informazioni, l’intelligenza artificiale una stima “precisa” della data di morte, presentata con un messaggio accompagnato dall’immagine del Triste Mietitore. L’app ha l’obiettivo di suscitare curiosità tra gli utenti e di sottolineare l’importanza di adottare uno stile di vita sano.

Attraverso un abbonamento annuale, gli utenti possono accedere a consigli personalizzati, che comprendono suggerimenti su attività fisica regolare, alimentazione equilibrata, riduzione del consumo di alcol e promozione di un sonno di qualità, insieme a raccomandazioni sulle interazioni sociali per migliorare il benessere generale.

Il countdown prima della data “finale”

Uno degli aspetti più controversi dell’app è il conto alla rovescia, che inizia 24 ore prima della data “finale” prevista. Questo elemento, sebbene inquietante, ha portato molti utenti a riflettere approfonditamente sulla propria salute e a intraprendere azioni concrete per il miglioramento.

Nonostante il tono cupo, Death Clock rappresenta un mezzo originale per sensibilizzare gli utenti sulla salute e sull’importanza del a disposizione. Sebbene i consigli forniti siano generalmente noti, la prospettiva della morte imminente pare accentuare il loro impatto, trasformando la paura in un incentivo a uno stile di vita migliore.

Fonte: Death Clock

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La patente e la tessera sanitaria possono essere lasciate a casa, caricate sull’app IO da oggi.

Sull’app IO da si caricare patente, e Carta Europea della Disabilità per averle anche in formato elettronico ugualmente valido.

@IOitaliait/Facebook

A partire da oggi l’app IO si arricchisce di una nuova funzionalità: la possibilità di avere alcuni documenti in formato digitale direttamente sul proprio smartphone. La sezione “Portafoglio” dell’app ospita ora infatti anche la patente di guida, la tessera sanitaria (che include la tessera europea di assicurazione malattia) e la Carta Europea della Disabilità.

Come funziona IT-Wallet?

Per utilizzare questa nuova funzione, basta scaricare o aggiornare l’app IO, disponibile per dispositivi Android e iOS, e autenticarsi tramite SPID o CIE. Una volta effettuato il primo accesso, è possibile impostare un PIN o attivare il riconoscimento biometrico per garantire la sicurezza delle informazioni.

I documenti digitali sono copie autentiche dei corrispettivi fisici, i cui dati sono forniti dagli enti che emettono gli originali, come il Ministero dei Trasporti per la patente o l’INPS per la Carta Europea della Disabilità.

In questa iniziale, i documenti digitali possono essere utilizzati esclusivamente in Italia e solo in contesti fisici, ad esempio durante controlli stradali o per accedere ai servizi del Sistema Sanitario Nazionale. L’obiettivo futuro è estendere la validità dei documenti anche a livello internazionale, aumentando la praticità per i cittadini.

In futuro si potranno caricare altri documenti

Il portafoglio digitale rappresenta infatti solo il primo passo verso una gestione completamente digitale dei documenti personali. Entro il 2025, IT-Wallet integrerà ulteriori elementi, come tessere elettorali, titoli di studio, fascicoli sanitari elettronici e persino abbonamenti o biglietti per i trasporti pubblici.

Questa evoluzione renderà l’app IO un punto di riferimento per la gestione dell’identità digitale e dei diritti personali. La sicurezza dei dati è una priorità assoluta del progetto. Il sistema utilizza metodi di autenticazione avanzati per garantire che solo il titolare possa accedere ai propri documenti. Inoltre, l’iniziativa è stata progettata per essere inclusiva, lasciando agli utenti la libertà di scegliere tra formato digitale e fisico senza obblighi.

Fonte: IO, l’app dei servizi pubblici

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La CO2 viene trasformata in combustibili sintetici (etilene) da un’invenzione “rivoluzionaria” del MIT

Le concentrazioni di anidride carbonica () nell’atmosfera hanno raggiunto livelli record, con picchi di 420 ppm nel 2023, secondo le Nazioni Unite. Per affrontare le conseguenze del surplus di CO2 sul clima globale, risulta fondamentale non solo ridurre le emissioni, ma anche sviluppare metodi efficaci per catturare e riutilizzare questa sostanza. Uno dei progressi significativi in questo ambito è rappresentato dalla tecnologia innovativa elaborata dai ricercatori del , che utilizza un elettrodo a base di teflon e per convertire la CO2 in .

Tecnologia all’avanguardia per la cattura della CO2

Il sistema tecnologico del MIT si basa su un elettrodo di diffusione del gas, formato da una soluzione elettrolitica a base d’acqua e da un materiale catalizzatore. La progettazione di un elettrodo in grado di offrire una combinazione di elevata conducibilità elettrica e proprietà idrofobe ha presentato delle sfide significative. Dopo un periodo di sperimentazioni, il team di ricerca ha trovato la combinazione ideale: l’uso del PTFE, comunemente noto come teflon, per garantire l’idrofobia e l’integrazione di fili di rame per migliorare la conducibilità.

Conversione della CO2 in etilene: opportunità economiche

L’elettrodo sviluppato consente la conversione della CO2 in etilene, un composto chimico fondamentale nella di carburanti e materiali plastici. Questo processo, attraverso un metodo di conversione elettrochimica, potrebbe essere esteso anche alla produzione di altre sostanze come metano, metanolo e monossido di carbonio. Secondo Statista, il prezzo dell’etilene nel 2023 era di circa 850 € per tonnellata, suggerendo un potenziale impatto economico significativo di questa tecnologia rispetto ai costi di stoccaggio del carbonio, che oscillano tra 40 e 200 €/tonnellata, come indicato dall’Ifri.

I primi prototipi di elettrodi, con una dimensione di 2,5 cm, hanno mostrato una correlazione tra le dimensioni del dispositivo stesso e l’efficienza del processo. Esperimenti successivi su elettrodi di dimensioni più ampie hanno rivelato che la conducibilità diminuisce proporzionalmente all’aumentare della scala del sistema. Per affrontare questo problema, i ricercatori hanno calcolato la distanza ottimale tra i fili di rame, identificando una strategia utile per aumentare l’efficienza delle applicazioni su larga scala.

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