back to top
Home Blog Pagina 339

Solubilizzazione di precipitati ionici. Esempi svolti

Solubilizzazione dei precipitati ionici: tecniche e esempi

La solubilizzazione dei precipitati ionici può avvenire attraverso reazioni acido-base, complessazione o ossidoriduzione.

Un sale poco solubile può essere solubilizzato attraverso la partecipazione di uno dei suoi ioni a una reazione in soluzione. L’equilibrio di dissoluzione del precipitato ionico MqAp può essere spostato a destra secondo il coinvolgendo uno dei due ioni M^p+ o A^q- in una reazione. Ciò comporta la diminuzione della concentrazione di uno dei due ioni e la dissoluzione del precipitato per ripristinare l’equilibrio. Continuando a sottrarre uno dei due ioni, il sale continua a sciogliersi fino alla completa dissoluzione.

Solubilizzazione in seguito a reazione acido-base

La solubilizzazione per reazione acido-base avviene quando l’anione o il catione presentano proprietà basiche o acide, rispettivamente.

Le proprietà basiche dell’anione si manifestano generalmente nei confronti dello ione H+ (anione come ); le proprietà acide del catione sono estese a tutte le specie che possono formare un complesso stabile (catione come acido di Lewis).

La solubilizzazione avviene attraverso l’aggiunta di acidi forti o di un legante specifico che reagisce con l’ione del sale poco solubile.

Solubilizzazione in seguito a ossidoriduzione

La solubilizzazione in seguito a ossidoriduzione avviene quando uno dei ioni costituenti il sale manifesta capacità riducenti o ossidanti ed è suscettibile di ossidoriduzione in presenza di un opportuno reagente.

Ad esempio, il solfuro di mercurio (II) si scioglie in acido nitrico concentrato perché lo ione NO3- è in grado di ossidare lo ione S2- a SO42- e il solfato mercurico HgSO4 è un sale solubile.

Decadimento alfa e beta. Esercizi svolti

Decadimento Alfa e Beta: Esercizi Svolti

Il decadimento radioattivo è un processo con cui alcuni radionuclidi decadono nel , emettendo una particella alfa costituita da due protoni e due , che corrisponde a un atomo di elio. Questo fenomeno avviene per nuclidi instabili e radioattivi con numero atomico maggiore di 83. In seguito al decadimento alfa, l’elemento si sposta di due posizioni nella tavola periodica passando da Z a Z-. La scrittura delle reazioni di decadimento alfa richiede l’utilizzo della tavola periodica.

Esercizi Sui Decadimenti Alfa
Di seguito sono riportate le reazioni di decadimento alfa per alcuni :

) 256103 Lr → 42He + 252101 Md
2) 23191 Pa → 42He + 22789 Ac
3) 22589 Ac → 42He + 22187 Fr
4) 21187 Fr → 42He + 20785 At
5) 18579 Au → 42He + 18177 Ir
6) 23392 U → 42He + 22990 Th
7) 14964 Gd → 42He + 14562 Sm
8) 23290 Th → 42He + 22888 Ra
9) 17578 Pt → 42He + 17176 Os
10) 23793 Np → 42He + 23391 Pa

Il decadimento beta avviene con la trasformazione di un nuclide instabile in un altro nuclide. Un tipo di decadimento beta, chiamato decadimento beta meno, comporta la trasmutazione di un neutrone in una coppia protone-elettrone più un antineutrino, aumentando il numero atomico di una unità e mantenendo invariato il numero di massa.

Esercizi Sui Decadimenti Beta
Di seguito sono riportate le reazioni di decadimento beta per alcuni isotopi:

1) 6He → 00 ῡ + 0-1 e + 63Li
2) 2411Na → 00 ῡ + 0-1 e + 2412Mg
3) 20179Au → 00 ῡ + 0-1 e + 20180 Hg
4) 5226Fe → 00 ῡ + 0-1 e + 5227Co
5) 4219 K → 00 ῡ + 0-1 e + 4220 Ca
6) 9038 Sr → 00 ῡ + 0-1 e + 9039 Y
7) 23993 Np → 00 ῡ + 0-1 e + 23994 Pu
8) 24795 Am → 00 ῡ + 0-1 e + 24796 Cm
9) 8235 Br → 00 ῡ + 0-1 e + 8236 Kr
10) 9943 Tc → 00 ῡ + 0-1 e + 9944 Ru

Questi esercizi forniscono un’esercitazione pratica per comprendere e applicare i concetti di decadimento alfa e beta, consentendo agli studenti di sviluppare competenze e abilità nel campo della chimica nucleare.

Velocità media di un gas. Esercizi svolti

La velocità media di un gas dipende dalla radice quadrata della temperatura e dal peso molecolare del gas. La relazione per calcolare la velocità media di un gas è data da: v = √3 RT/M, essendo R la costante universale dei gas, T la temperatura espressa in gradi Kelvin e M il peso molecolare del gas espresso in kg/mol.

Esercizio

: Calcolare la velocità media delle molecole di O2 a 0°C e a 100 °C. Convertendo la temperatura da gradi centigradi a gradi Kelvin, si ottiene T1 = 273 K e T2 = 373 K. Il peso molecolare dell’ è 32 g/mol, che convertito in kg/mol diventa 0.032 kg/mol. A 0°C si ha v = 461.3 m/s, mentre a 100 °C si ha v = 539. m/s.

Esercizio 2

: Calcolare la velocità media di CH4 e N2 a 273 K e a 546 K. Il peso molecolare del metano e dell’azoto è rispettivamente 0.016098 kg/mol e 0.0280134 kg/mol. A 273 K, la velocità media del metano è 650 m/s e quella dell’azoto è 493 m/s. A 546 K, la velocità media del metano è 920 m/s e quella dell’azoto è 697 m/s.

Esercizio 3

: Calcolare il rapporto tra le velocità del kripton rispetto all’azoto nelle stesse condizioni di e temperatura. Fissata la temperatura a 273 K, il peso atomico del kripton è 0.083798 kg/mol e la sua velocità è di 285 m/s. La velocità dell’azoto, con peso molecolare 0.0280134 kg/mol, è di 493 m/s. Il rapporto tra le velocità del kripton rispetto all’azoto vale 0.578.

Esercizio 4

: Determinare quale tra O e , nelle stesse condizioni di pressione e temperatura, si muove più velocemente. Il peso atomico dell’ossigeno è 0.016 kg/mol e la sua velocità è di 652 m/s a 273 K. Per l’azoto, con peso atomico 0.014 kg/mol, la velocità è 697 m/s. Quindi, l’azoto si muove 1.07 volte più velocemente dell’ossigeno.

Terzo principio della termodinamica

Il significato e l’applicazione del terzo principio della termodinamica

La termodinamica, parola che deriva dall’unione di due parole greche termos () e dynamis (forza), è una branca della chimica fisica che si occupa delle relazioni quantitative tra il calore e altre forme di durante le trasformazioni. Tra i principi fondamentali di questa disciplina, il terzo principio della termodinamica riveste un ruolo significativo, pur essendo meno noto del primo e del secondo.

# Formulazioni del terzo principio della termodinamica

Una delle formulazioni più comuni del terzo principio della termodinamica afferma che “ogni sostanza pura ha un valore positivo di che diviene pari a zero allo zero assoluto quando essa, in queste condizioni, è un solido cristallino perfetto”. Questa affermazione è legata al concetto di entropia residua, secondo il quale l’entropia di un sistema si avvicina a un valore costante quando la temperatura si avvicina allo zero assoluto.

# Applicazione pratica e esempio

Un esempio intuitivo che aiuta a comprendere il terzo principio della termodinamica è quello del vapore acqueo, che passa da uno stato di elevato disordine a una fase più ordinata all’avvicinarsi dello zero assoluto. Matematicamente, questo principio può essere espresso come limite di entropia (S) che tende a zero quando la temperatura (T) si avvicina allo zero assoluto.

# Conseguenze e calcolo dell’entropia

Dal terzo principio discende l’importante conseguenza che l’entropia di un sistema a una determinata temperatura può essere calcolata conoscendo l’equazione che esprime la dipendenza del dalla temperatura. Questo calcolo è essenziale per comprendere il comportamento dei materiali a diverse temperature e fornisce informazioni cruciali per varie applicazioni in diversi campi scientifici e tecnologici.

In sintesi, sebbene meno noto rispetto agli altri principi, il terzo principio della termodinamica gioca un ruolo fondamentale nell’analisi dei processi termodinamici e nel comprendere il comportamento dei materiali in relazione alle variazioni di temperatura.

Tensione di vapore e soluti volatili: esercizi svolti

Tensione di vapore e soluti volatili: calcolo della e della composizione

La pressione esercitata dal vapore del solvente su una soluzione è determinata dalla frazione molare del solvente e la tensione di vapore del solvente puro a quella temperatura. Secondo la , la pressione esercitata dal vapore del solvente sopra una soluzione ideale, PA, è uguale al prodotto della frazione molare del solvente nella soluzione XA per la tensione di vapore del solvente puro a quella temperatura P°A:

PA = P°A XA

In presenza di soluti volatili, bisogna tener conto sia della pressione esercitata dal soluto volatile che della pressione del solvente, la cui somma dà la tensione di vapore della soluzione.

Esercizi svolti

1)

Alla temperatura di 25.0 °C sono mescolati 30.0 mL di pentano avente 0.626 g/mL e tensione di vapore di 511 torr con 45.0 mL di esano avente densità 0.655 g/mL e tensione di vapore di 150 torr. Supponendo un comportamento ideale, si calcola la tensione di vapore della soluzione e la composizione espressa in termini di frazione molare del vapore in equilibrio con la soluzione.

La massa del pentano è 18.8 g, mentre la massa dell’esano è 29.5 g. Calcolando le moli dei due componenti si ottiene 0.260 per il pentano e 0.338 per l’esano, con un totale di 0.598 moli. Le frazioni molari risultano essere 0.435 per il pentano e 0.565 per l’esano. La tensione di vapore della soluzione è di 307.1 Torr, mentre le frazioni molari nel vapore sono 0.724 per il pentano e 0.276 per l’esano.

)

Alla temperatura di 333 K, la sostanza A ha una tensione di vapore pari a 1.0 atm e la sostanza B ha una tensione di vapore pari a 0.20 atm. Dopo aver preparato una soluzione mescolando A e B e trovato che il vapore contiene lo stesso numero di moli di A e di B, si calcola la frazione molare di A nella soluzione che risulta essere 0.17.

3)

In una soluzione di ciclopentano e cicloesano contenuti in rapporto 1:3 e con tensioni di vapore rispettivamente di 331 mm Hg e 113 mm Hg a 25 °C, si calcola la frazione molare del ciclopentano nel vapore in equilibrio con la soluzione. La frazione molecolare del ciclopentano è pari a 0.494 mm Hg.

4)

Una soluzione al 18.2% m/m contiene un elettrolita avente peso molecolare pari a 162.2 g/mol. Dopo aver calcolato che l’elettrolita si dissocia in 4 ioni, si trova che la frazione molare del soluto è 0.0241 e che la frazione molare dell’ è 0.904.

In conclusione, la comprensione della tensione di vapore e della composizione delle soluzioni è fondamentale per comprendere il comportamento dei soluti volatili. La risoluzione di esercizi come quelli qui discussi consente di applicare le leggi della chimica e di acquisire competenze pratiche importanti.

Solubilità e formazione di complessi. Esercizi

e formazione di complessi: esempi pratici

La solubilità di alcuni deboli è influenzata dalla capacità di formare complessi solubili con costanti elevate. Alcuni cationi metallici formano frequentemente , ad esempio con l’ammoniaca o con lo ione cianuro.

Esercizio : Previsione della formazione di precipitato
Se consideriamo una soluzione contenente nitrato di nichel (II) 0.0010 M, NaOH 1.00 M e NaCN 1.00 M, calcoliamo anche la concentrazione dello ione nichel. Si parte assumendo che la reazione vada a completamento e si costruisce un I.C.E. chart. Successivamente, si determina la concentrazione dello ione nichel all’equilibrio e si confronta il valore con la constante di formazione.

Esercizio 2: Solubilità di AgCl
Calcoliamo la solubilità molare di AgCl in distillata e in una soluzione 0.100 M di NH3. Si parte considerando l’equilibrio di AgCl e si calcola la solubilità molare. Successivamente, si considera l’effetto della formazione di complessi con l’ammoniaca, modificando l’equilibrio e osservando un aumento della solubilità.

In entrambi gli esercizi, si evidenzia l’importanza della formazione di complessi nella modulazione della solubilità di composti. Questa comprensione pratica del concetto di solubilità e formazione di complessi è fondamentale agli studi di chimica.

Determinazione del Kps da dati di titolazione

Come determinare il Kps da dati di titolazione
Tra i metodi per determinare il Kps ci si può avvalere di dati di titolazioni eseguite su soluzioni sature o da metodi elettrochimici. Alcuni solidi sono poco solubili in acqua e la loro debole dissoluzione avviene secondo il processo: AX (s) ⇌ A+(aq) + X-(aq). La costante di o prodotto di solubilità, indicato con Kps, regola questo equilibrio eterogeneo ed è pari a: Kps = [A+][X-]. Tale relazione può essere ottenuta per qualsiasi elettrolita tenendo conto del numero e della quantità degli ioni che partecipano all’equilibrio.

Ad esempio, per l’elettrolita debole AX2 la cui dissoluzione avviene secondo il processo: AX2 (s) ⇌ A2+(aq) + X-(aq), il prodotto di solubilità è pari a: Kps = [A2+][X-]2.

Tra i vari metodi per la determinazione del Kps ci si può avvalere da dati di titolazioni eseguite su soluzioni sature.

Esercizi svolti sulla determinazione del Kps:

Un campione solido di idrossido di viene mescolato con una soluzione di CaCl2 0.0100 M. Una volta raggiunto l’equilibrio, la soluzione presenta corpo di fondo di idrossido di calcio. Tale soluzione, è filtrata e un campione di 25.00 mL di essa è titolato con 22.50 mL di HCl 0.0250 M. Calcolare il valore del prodotto di solubilità.

La reazione di dissociazione dell’idrossido di calcio è Ca(OH)2(s) ⇄ Ca2+(aq) + 2 OH-(aq). L’espressione del prodotto di solubilità è Kps = [Ca2+][OH-]2. Le moli di HCl necessarie per la titolazione sono: 0.02250 L ∙ 0.0250 M = 0.0005625, che sono pari a quelle di OH-. La concentrazione dello ione OH- è data da: [OH-] = 0.0005625 / 0.02500 L = 0.0225 M. Poiché nella dissoluzione dell’idrossido di calcio il rapporto stechiometrico tra Ca2+ e OH- è di :2, la concentrazione dello ione calcio è pari alla metà di quella dello ione OH-, ovvero 0.0225/2 = 0.01125 M. Sostituendo i valori ricavati nell’espressione del Kps si ottiene: Kps = 0.01125 (0.0225)2 = 5.70 ∙ 10-6.

Una soluzione satura di idrossido di piombo (II) è filtrata e 25.00 mL di tale soluzione sono titolati da 6.70 mL di HCl 0.000050 M. Calcolare la concentrazione di OH-, Pb2+ e il valore del Kps.

Le moli di HCl sono pari a 0.00670 L ∙ 0.000050 mol/L = 3.35 ∙ 10-7. La reazione tra l’idrossido di piombo (II) e l’acido cloridrico è: Pb(OH)2 + 2 HCl → PbCl2 + 2 H2O. Il rapporto stechiometrico tra idrossido di piombo (II) e acido cloridrico è di 1:2. Le moli di idrossido di piombo (II) sono pari a 3.35 ∙ 10-7/ 2 = 1.67 ∙ 10-7, mentre le moli di OH- sono pari a 2 ∙ 1.67 ∙ 10-7 = 1.34 ∙ 10-5. Essendo il volume pari a 25.00 mL, le rispettive concentrazioni sono: [Pb2+] = 1.67 ∙ 10-7 / 0.0250 L = 6.68 ∙ 10-6 M, [OH-] = 1.34 ∙ 10-5/ 0.0250 L = 1.34 ∙ 10-5 M. L’espressione del Kps è: Kps = [Pb2+][OH-]2. Sostituendo i valori ricavati si ottiene: Kps = 6.68 ∙ 10-6 (1.34 ∙ 10-5 )2 = 1.19 ∙ 10-15.

Equazioni del moto di un fluido

Le equazioni del moto di un fluido

Per derivare le equazioni che governano il moto di un fluido, si parte da un modello teorico in cui il fluido è ideale, incomprimibile e non viscoso. In questo contesto, una massa fluida in movimento può essere considerata un mezzo continuo in cui il vettore velocità è definito in ogni punto. Quando il moto è stazionario, il suo stato fisico e la sua velocità in un punto fisso rispetto a un sistema di riferimento non cambiano nel .

Considerando il moto stazionario di un fluido tra due lastre piane, è possibile isolare un elemento di volume e uguagliare la forza di inerzia (massa per accelerazione) alla somma delle forze applicate. Le equazioni del moto di un fluido possono essere scritte in questo modo, assumendo che il fluido sia incomprimibile e che la sua interna sia esprimibile tramite la legge di Newton.

Equazioni del moto di un fluido

La forza di inerzia è espressa come la variazione della massa rispetto al tempo moltiplicata per la velocità lungo l’asse x, tuttavia in presenza di moto stazionario e assumendo che la massa sia uguale alla del fluido moltiplicata per il volume, la forza di inerzia assume una forma diversa. Le forze esterne includono la , l’attrito interno nel fluido e l’azione di un campo esterno come la forza gravitazionale.

La forza dovuta alla pressione e la forza di attrito agiscono su facce parallele e possono essere espresse in relazione all’elemento di volume. Uguagliando la somma delle forze esterne alla forza di inerzia e semplificando, si ottiene l’equazione del moto del fluido. Questo tipo di equazione è tipico dei moti viscosi o laminari nei quali le forze di attrito interne al fluido si possono esprimere mediante l’equazione di Newton.

Conclusione sulle equazioni del moto di un fluido

Il risultato ottenuto mostra che il profilo di velocità è parabolico, caratteristica peculiare dei moti viscosi o laminari. Queste equazioni sono fondamentali per comprendere e analizzare il comportamento dei fluidi in movimento, con particolare attenzione alle forze che ne influenzano il moto e la deformazione.

Frequenza, lunghezza d’onda e energia. Esercizi svolti

, lunghezza d’onda e energia: esempi e calcoli

La relazione tra la frequenza di una e la sua lunghezza d’onda è data da ν = c/λ, dove c è la velocità della luce pari a 3.00 ∙ 10^8 m/s e λ è la lunghezza d’onda. Inoltre, l’energia trasportata da una radiazione elettromagnetica può essere espressa come E = hν, dove h rappresenta la costante di Planck pari a 6.626 ∙ 10^-34 Js e ν è la frequenza della radiazione.

Esercizio : Calcolo dell’energia di una mole di

Per esprimere la lunghezza d’onda di 500.0 nm in metri, si ottiene 5.000 ∙ 10^-7 m. Utilizzando la formula ν = c/λ, dove c è la velocità della luce, si ottiene ν = 6.00 ∙ 10^14 s^-1. Successivamente, calcolando l’energia E = hν, si ottiene 3.98 ∙ 10^-19 J, corrispondente all’energia di un fotone con lunghezza d’onda di 500.0 nm. L’energia di una mole di fotoni può essere calcolata come .40 ∙ 10^5 J = 2.40 ∙ 10^2 kJ.

Esercizio 2: Determinazione della lunghezza d’onda ionizzante dell’oro

Dato che l’energia di ionizzazione dell’oro è di 890.1 kJ/mol, si può calcolare la minima lunghezza d’onda in grado di ionizzare un atomo di oro utilizzando λ = 1.34 ∙ 10^-7 m = 134 nm, situata nel campo dell’ultravioletto.

Esercizio 3: Calcolo della massima lunghezza d’onda necessaria alla ionizzazione di un metallo

Dato l’energia necessaria per allontanare un elettrone dalla superficie di un metallo, pari a 3.36 ∙ 10^-19 J, la frequenza della radiazione può essere calcolata come 5.07 ∙ 10^14 s^-1. Applicando l’equazione λ = c/ν, si ottiene una lunghezza d’onda di 592 nm.

Esercizio 4: Determinazione della massima lunghezza d’onda della luce per la reazione AgCl

Calcolando l’energia di un fotone e utilizzando le formule, si ottiene una massima lunghezza d’onda in nanometri pari a 386 nm, corrispondente al campo dell’ultravioletto.

Esercizio 5: Calcolo dei fotoni che attraversano un foro al secondo

Per calcolare quanti fotoni attraversano un foro al secondo, vengono eseguiti i seguenti passaggi:

– Espressione della lunghezza d’onda di 532 nm in metri, ottenendo 5.32 ∙ 10^-7 m.
– Calcolo dell’energia di un fotone, ovvero 3.74 ∙ 10^-19 J.
– Determinazione del numero di fotoni che attraversano il foro in 1 secondo, pari a 4.01 ∙ 10^17.

Attraverso questi esempi svolti, è possibile comprendere come vengano utilizzate le relazioni tra frequenza, lunghezza d’onda e energia nelle applicazioni pratiche della fisica e della chimica.

Esterificazione: applicazioni

Applicazioni dell’Esterificazione in Industria Chimica

L’esterificazione degli acidi carbossilici con gli alcoli ha numerose applicazioni industriali, ad esempio nella produzione di solventi, plastificanti, monomeri per materie plastiche e resine poliestere. Un esempio è rappresentato dall’esterificazione dell’acido tereftalico a dimetiltereftalato, utilizzato per la sintesi del polietilentereftalato appartenente alla famiglia dei poliesteri.

La reazione di esterificazione tra un acido organico e un alcol è una reazione di equilibrio, la cui trasformazione completa a estere può essere realizzata eliminando l’acqua prodotta. Esaminando il caso specifico dell’esterificazione dell’acido tereftalico con metanolo, si osserva che la reazione è lievemente esotermica e la conversione a dimetiltereftalato è molto elevata alla temperatura di 25°C.

Catalisi

I adatti per l’esterificazione possono essere acidi minerali come acido cloridrico, solforico, acidi di Lewis come il trifluoruro di boro, o anche metalli come lo zinco. Nell’esterificazione dell’acido tereftalico, vengono utilizzati l’acido solforico o lo zinco in combinazione con ossidi metallici.

Meccanismo e Cinetica di Reazione

Studi effettuati con la tecnica del hanno dimostrato che nell’esterificazione il legame -alchile rimane intatto nel processo. La reazione è catalizzata da acidi e la velocità è proporzionale alla concentrazione dell’acido organico, dell’alcol e dell’acido usato come catalizzatore. Pertanto tutti e tre i componenti devono essere coinvolti nello stato di transizione della reazione.

Condizioni di Reazione

Nell’esterificazione dell’acido tereftalico a dimetiltereftalato, con acido solforico come catalizzatore, si opera con un rapporto acido solforico-acido tereftalico di 4:1 o di 6:1. A 105°C e a 4-5 atm con un di permanenza di circa 30 minuti, si ottiene una conversione pressoché completa di acido in estere. Molto usati sono anche i catalizzatori a base di ossidi metallici o a base di zinco associato a ossidi metallici. Con questi catalizzatori si opera con un rapporto metanolo/acido tereftalico di 4:1 con quantità di catalizzatore dello 0.25-1% in peso rispetto alla massa dei reagenti, con temperature di reazione di 200-300 °C e pressioni di circa 130-150 atm. La conversione dell’acido tereftalico a dimetiltereftalato è del 93-97% con un tempo di permanenza di 10-20 minuti.

Sintesi dell’etanolo: aspetti cinetici e termodinamici

Sintesi dell’etanolo: analisi cinetica e termodinamica

La sintesi dell’etanolo attraverso l’idratazione dell’ avviene secondo una reazione di equilibrio con una resa piuttosto limitata. La reazione, reversibile ed esotermica, è la seguente: CH2=CH2(g) + H2O(g) ⇄ CH3CH2OH(g) ΔH = – 45 kJ/mol. Solo il 5% di etene si converte in etanolo attraverso ciascun passaggio attraverso il reattore. Per migliorare la resa, si applica il , rimuovendo l’etanolo prodotto per spostare l’equilibrio a destra e ottenere una resa fino al 95%.

La reazione avviene a 300°C e a una di 60-70 atm, utilizzando l’ come catalizzatore. La distillazione frazionata consente di separare l’etanolo dall’acqua condensata.

L’aspetto cinetico e termodinamico possono essere competitivi. Una temperatura bassa favorisce l’equilibrio, ma rallenta la reazione, non adatta per la sintesi industriale. Pertanto, la temperatura di 300°C rappresenta un compromesso per garantire una resa del 5% ad ogni passaggio sul catalizzatore. Inoltre, lavorare ad alte pressioni è costoso e favorisce la polimerizzazione dell’etene in polietilene.

Il catalizzatore accelera la reazione ma non influisce sulla resa o sull’equilibrio, agendo solo sull’aspetto cinetico. di esso, la reazione avverrebbe in tempi eccessivamente lunghi.

In conclusione, la sintesi dell’etanolo richiede un equilibrio delicato tra diversi fattori cinetici e termodinamici, al fine di massimizzare la resa del processo.

Idrogeno: legami

Legami dell’idrogeno: caratteristiche e comportamenti

L’idrogeno può formare legami attraverso la condivisione del suo elettrone, ma può anche dare origine a composti sotto forma di H+ in seguito alla perdita del suo elettrone o all’acquisizione di uno nuovo.

Perdita dell’elettrone di valenza

Quando l’idrogeno perde il suo elettrone di valenza, si forma l’ione H+, che corrisponde a un protone. La sua piccola dimensione e la scarica minima gli conferiscono la capacità di deformare la nuvola elettronica degli altri atomi. Di conseguenza, il protone esiste principalmente in raggi ionici gassosi, associandosi sempre a altri atomi o molecole nella fase condensata.

Acquisto di un elettrone

L’atomo di idrogeno può assorbire un elettrone per formare lo ione idruro H, raggiungendo la configurazione elettronica 1s di He. Questo tipo di ione è prevalentemente presente negli salini con metalli più elettropositivi.

Formazione di un legame a coppia elettronica

La maggior parte dei composti dell’idrogeno contiene un legame a coppia elettronica. Sono numerosi i composti del carbonio con l’idrogeno, così come quelli di altri elementi con scarso , che formano i loro derivati. Tali composti, in molti casi, sono gassosi o liquidi. Anche se la maggior parte dei metalli non forma idruri covalenti semplici, esistono complessi contenenti legami M-H, come ad esempio HCo(CO)4.

La chimica di molti di questi composti dipende strettamente dalla natura degli elementi a cui l’idrogeno è legato, influenzando il grado di dissociazione del composto in solventi polari e la sua capacità di comportarsi da acido, come nel caso di HX ⇄ H+ + X. Inoltre, la struttura elettronica e il numero di coordinazione della molecola influenzano il suo comportamento chimico.

Comportamento chimico dell’idrogeno

Vari composti di idrogeno presentano legami H-X, con caratteristiche piú o meno polari a seconda della differenza di elettronegatività. Questi legami influenzano significativamente il comportamento chimico dei composti. Ad esempio, HCl si comporta come un acido forte in soluzione acquosa, ma rimane indissociato in solventi non polari.

Tipi di legami particolari

La particolare natura del protone e la sua totale assenza di schermatura da parte di gusci elettronici interni consentono altre forme di attività chimica caratteristiche dell’idrogeno. Queste comprendono la formazione di composti con elementi metallici, chiamati idruri, e di legami a ponte di idrogeno in composti elettron-deficienti come il diborano.

Il costituisce il caso più emblematico di attrazione intermolecolare ed è particolarmente importante nella chimica dell’, delle soluzioni acquose e nei sistemi biologici. Ha un’importanza critica nei sistemi biologici, responsabile dei legami intra- e inter-catene polipeptidiche nelle proteine e dell’accoppiamento delle basi negli acidi nucleici.

è in caricamento