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Regola di Hund: configurazione elettronica

Questo articolo esamina il principio della massima molteplicità, noto anche come regola di Hund, enunciato per la prima volta nel 1925 dal fisico tedesco Friedrich Hund. Questo principio gioca un ruolo fondamentale nella determinazione della configurazione elettronica degli atomi, in particolare per la disposizione degli elettroni in . Vengono discussi i fondamenti teorici, l’applicazione pratica e le implicazioni in termini di stabilità energetica.

Spiegazione Configurazione elettronica della regola di Hund

La regola di Hund, o principio della massima molteplicità, rappresenta una delle linee guida fondamentali nella costruzione della configurazione elettronica degli atomi. In sistemi in cui sono presenti orbitali degeneri – come quelli appartenenti ai sottolivelli p, d e f – la regola prevede che gli elettroni occupino il maggior numero di orbitali possibili con spin parallelo, al fine di massimizzare la molteplicità totale del sistema e conseguentemente abbassare l’ complessiva.

2. Fondamenti Teorici

2. Configurazione Elettronica e Principi Correlati
La determinazione della configurazione elettronica di un atomo si basa sull’applicazione combinata del principio di Aufbau e del principio di esclusione di Pauli. Mentre il primo stabilisce l’ordine di occupazione degli orbitali, il secondo impone che due elettroni in uno stesso orbitale debbano avere spin opposto. La regola di Hund si integra in questo quadro, specificando che, in presenza di orbitali degeneri, la distribuzione degli elettroni avviene in maniera da massimizzare il numero di elettroni spaiati con spin parallelo.

2.2 Applicazione agli Orbitali Degeneri
Consideriamo un sottolivello p, composto dagli orbitali pxp_x, pyp_y e pzp_z. Supponiamo di dover disporre tre elettroni in questi orbitali. Le possibili configurazioni di distribuzione degli elettroni possono essere rappresentate schematizzando i singoli stati di spin:

  • ↑↑↑\uparrow \quad \uparrow \quad \uparrow
  • ↓↓↓\downarrow \quad \downarrow \quad \downarrow
  • ↑↑↓\uparrow \quad \uparrow \quad \downarrow
  • ↑↓↓\uparrow \quad \downarrow \quad \downarrow
  • Altre configurazioni in cui alcuni orbitali risultano doppiamente occupati mentre altri rimangono vuoti.

In accordo con la regola di Hund, la configurazione più stabile è quella in cui ogni orbitale è occupato da un singolo elettrone con spin parallelo, ossia la prima configurazione, in cui la somma degli spin risulta massimizzata.

La regola si applica quando gli elettroni vanno a occupare orbitali degeneri come gli orbitali p, d e f.

Si supponga che 3 elettroni vadano ad occupare un orbitale p costituito dagli orbitali px, py e pz. Le possibilità con cui questi tre elettroni vanno ad occupare questi orbitali sono:

  1. ↑ ↑ ↑
  2. ↓ ↓ ↓
  3. ↑ ↑ ↓
  4. ↑ ↓ ↓
  5. ↑↓    ↑
  6. ↑↓    ↓

Molteplicità di spin

La molteplicità di spin, definita come:

Molteplicitaˋ=2S+1\text{Molteplicità} = 2S + 1

dove SS rappresenta il numero quantico totale di spin, è un parametro critico per valutare lo stato energetico di un sistema elettronico. Nel caso in esame, con tre elettroni ciascuno avente spin +12+\frac{1}{2}, il valore totale dello spin è:

S=+12+12+12=32S = +\frac{1}{2} + \frac{1}{2} + \frac{1}{2} = \frac{3}{2}

di cui la molteplicità diventa:

Molteplicitaˋ=2(32)+1=4.\text{Molteplicità} = 2\left(\frac{3}{2}\right) + 1 = 4.

Questa configurazione, avente la molteplicità massima, risulta associata allo stato energetico più basso, in conformità con la regola di Hund.

La molteplicità di spin è data da 2S + 1 dove S è il numero quantico totale di spin e il suo valore è dato dalla somma di i numeri di spin. In accordo con la regola di Hund l’energia più bassa viene raggiunta quando la molteplicità di spin è massima.

Nel caso in oggetto il massimo valore di S si ha nel primo e nel secondo caso ed è dato da:

S = + ½ + ½ + ½ = 3/2
E la molteplicità di spin è data da:
molteplicità = 2(3/2) + 1 = 4

3. Giustificazioni Fisiche ed Energetiche

La spiegazione della regola di Hund si fonda su due aspetti principali:

3.1 Repulsione Elettronica e Distribuzione degli Elettroni
La distribuzione degli elettroni in orbitali differenti, ciascuno occupato singolarmente, minimizza la repulsione coulombiana fra cariche identiche. Tale disposizione, riducendo l’interazione repulsiva, contribuisce a una maggiore stabilità del sistema.

3.2 Effetto Schermante ed Energia di Scambio
L’effetto schermante, derivante dall’attenuazione dell’attrazione nucleo-elettroni esterni a causa degli elettroni interni, porta a una percezione ridotta della carica nucleare da parte degli elettroni periferici. Di conseguenza, gli orbitali esterni si espandono, aumentando l’energia del sistema. Una distribuzione simmetrica degli elettroni, ottenuta mediante la massimizzazione degli spin paralleli, riduce l’effetto schermante e contribuisce a una stabilità energetica maggiore. Inoltre, l’energia di scambio, che si manifesta quando elettroni con lo stesso spin occupano orbitali degeneri, comporta uno scambio energetico favorevole che ulteriormente abbassa il livello energetico del sistema.

4. Conclusioni
Il principio della massima molteplicità, o regola di Hund, rappresenta un concetto cardine nella chimica quantistica e nella fisica atomica. Attraverso la distribuzione degli elettroni in orbitali degeneri con spin parallelo, il sistema raggiunge una configurazione energeticamente favorevole. Tale comportamento è spiegabile in termini di riduzione della repulsione elettronica, effetto schermante e contributo energetico dell’energia di scambio. In , la regola di Hund non solo facilita la previsione della configurazione elettronica degli atomi, ma fornisce anche una chiave interpretativa per la comprensione della stabilità degli stati elettronici.

Teoria del campo cristallino: ipotesi, orbitali

La teoria del campo cristallino è stata formulata dai fisici Hans Bethe e John Hasbrouck van Vleck rispettivamente nel 1929 e nel 1935. Questa teoria parte dall’assunzione che l’interazione tra un ione di un metallo di transizione e i sia di natura elettrostatica, trascurando gli effetti del legame covalente.

Ipotesi della teoria del campo cristallino

– L’ione metallico è al centro.
– I leganti sono considerati come cariche puntiformi disposte secondo geometrie precise, creano un campo elettrostatico attorno all’ione metallico.
– Le interazioni tra l’ione metallico e i leganti sono trattate solo da un punto di vista elettrostatico, senza considerare interazioni covalenti, anche se in certi casi le interazioni covalenti sono rilevanti.
– I leganti sono considerati come cariche negative che si avvicinano agli orbitali d degeneri dell’ione metallico centrale lungo gli assi cartesiani.

Orbitali d

Per comprendere la teoria del campo cristallino, è importante conoscere la disposizione dei cinque orbitali d: dxy, dxz, dyz, dx² – y², dz².

Complessi ottaedrici

In un complesso ottaedrico, sei leganti si avvicinano all’ione metallico lungo gli assi cartesiani. Gli orbitali dx² – y² e dz², con una maggiore densità elettronica orientata lungo gli assi, subiranno una maggiore repulsione dai leganti rispetto agli altri orbitali. Gli orbitali dxy, dxz e dyz, con una minore densità elettronica orientata tra gli assi, subiranno una minore repulsione.

La teoria del campo cristallino, applicata attraverso la teoria dei gruppi e la meccanica quantistica, permette di prevedere varie proprietà chimiche, fisiche, magnetiche e spettrali, nonché i meccanismi di reazione e i dati termodinamici. Familiarizzare con questa teoria è cruciale per comprendere il comportamento dei in vari complessi chimici.

La dei Composti di Coordinazione

Nella chimica dei composti di coordinazione, esistono due tipi di orbitali: i

t2g

che ospitano gli orbitali

dxz, dyz, dxy

e gli

eg

che comprendono gli orbitali

dz2 e dx2-y2.

La differenza di tra questi due gruppi orbitali è denominata Δo, nota come la forza del campo cristallino, che può essere determinata tramite spettroscopia UV-Vis.

Principio di Aufbau

Gli elettroni si dispongono negli orbitali seguendo il principio di Aufbau, riempiendo quelli a energia più bassa. Nei metalli con , 2 o 3 elettroni, vige il principio di massima molteplicità per gli orbitali t2g.

Per i metalli con 4 elettroni, si presentano due casi:
– Due elettroni occupano un orbitale t2g e gli altri due vanno a riempire gli altri orbitali t2g, configurando un

complesso a basso spin

.
– Tre elettroni si distribuiscono ciascuno negli orbitali t2g, mentre il quarto occupa un orbitale eg, definendo un

complesso ad alto spin

.

Energia di Accoppiamento

L’energia di accoppiamento, indicata con

p

, rappresenta l’energia necessaria per accoppiare due elettroni nello stesso orbitale, e dipende dalla natura dei leganti. Se

p

è maggiore di Δo, si ottiene un complesso ad alto spin in cui il quarto elettrone si colloca negli orbitali eg. Al contrario, se

p

è minore di Δo, si ha un complesso a basso spin dove il quarto elettrone occupa gli orbitali t2g.

Questo approccio permette di analizzare e comprendere le proprietà dei composti di coordinazione in base alla disposizione degli elettroni e all’energia del campo cristallino.

Acido antranilico: proprietà, sintesi, reazioni, usi

Acido Antranilico: Scoperta e Proprietà

L’acido antranilico, conosciuto anche come acido 2-amminobenzoico, è presente in natura nel batterio Gram-positivo Paenibacillus polymyxa e nella pianta Isatis tinctoria della famiglia delle Brassicacee. Questa sostanza si caratterizza per la sua struttura molecolare, con un e un gruppo carbossilico legati al gruppo benzenico.

E’ importante notare che l’acido antranilico si presenta come un solido bianco quando è puro, ma i campioni commerciali possono apparire di colore giallo. Dal punto di vista della solubilità, è poco solubile in acqua ma può essere solubile in come benzene, etanolo, etere etilico, cloroformio e piridina. Data la presenza di gruppi funzionali acidi e basici, l’acido antranilico si comporta come anfotero.

Sintesi dell’Acido Antranilico

La prima descrizione dell’acido antranilico risale al XIX secolo, quando il chimico tedesco Carl Julius Fritzsche lo ottenne per la prima volta dalla degradazione dell’indaco. Questa sostanza può essere sintetizzata attraverso diverse vie, tra cui la reazione tra anidride ftalica e urea seguita dall’ottenimento di , e la reazione tra N-(2-metilfenil)acetammide, permanganato di potassio e HCl.

Reazioni dell’Acido Antranilico

L’acido antranilico è coinvolto in varie reazioni chimiche, tra cui alchilazioni e acilazioni al gruppo amminico, esterificazioni e accoppiamenti con ammine al gruppo carbossilico. La sua versatilità lo rende un composto di interesse in ambito chimico e farmaceutico per la sua capacità di partecipare a diverse reazioni.

Acido Antranilico e i suoi Derivati: Strutture e Applicazioni

L’acido antranilico è una molecola che può reagire con varie sostanze, dando origine a differenti derivati. Ad esempio, in presenza di metanolo e in ambiente acido, si ottiene il metilantranilato. Allo stesso modo, se trattato con nitrito di sodio e acido solforico a basse temperature, si forma un sale di diazonio, che, reagendo con ioduro di potassio a caldo, porta alla di acido 2-iodobenzoico.

Un’altra reazione importante coinvolge il nitrito di sodio e l’acido solforico a basse temperature: in questo caso si ottiene un sale di diazonio che, reagendo con acqua a caldo, conduce alla formazione di acido 2-idrossibenzoico, noto anche come acido salicilico.

Usi dell’Acido Antranilico e dei suoi Derivati

L’acido antranilico e i suoi derivati trovano diverse applicazioni industriali e commerciali:

Industria Tessile:

Utilizzati come materia prima per la produzione di coloranti.

Profumeria:

Sono impiegati per conferire fragranze di gelsomino o arancia ai .

Produzione di Saccarina:

Vengono impiegati come intermedio nella sintesi di questo dolcificante artificiale.

Settore degli Inchiostri e delle Tinture:

Utilizzati nella produzione di inchiostri e tinture per capelli.

Farmaceutica:

Trovano impiego nella produzione di farmaci.

Repellenti per insetti:

Sono presenti in alcune formulazioni di repellenti per insetti.

Queste molteplici applicazioni evidenziano l’importanza dell’acido antranilico e dei suoi derivati in svariati settori industriali e commerciali. Per ulteriori approfondimenti sulle reazioni di sostituzione elettrofila aromatica e sugli usi di queste sostanze, è possibile consultare i link forniti nei riferimenti.

Fluidi supercritici: diagrammi di fase

I fluidi supercritici, noti anche come SCF, sono sostanze che si trovano a una temperatura e pressione superiori a quelle critiche, presentando proprietà simili sia a un liquido che a un gas. Questo straordinario comportamento delle sostanze fu osservato per la prima volta nel lontano 1822 dall’ingegnere francese Charles Cagniard de La Tour, mentre il chimico irlandese Thomas Andrews coniò successivamente la locuzione “fluido supercritico”.

Impatto ambientale dei fluidi supercritici

Lo sviluppo di tecnologie alternative a basso impatto ambientale per la produzione di sostanze con proprietà speciali su misura è di fondamentale importanza. Ridotto consumo di energia, minori residui tossici, maggiore efficienza nella conversione dei reagenti e prodotti finali di migliore qualità e sicurezza sono obiettivi primari per i processi futuri. Le tecnologie ad alta pressione si rivelano essere strumenti innovativi per soddisfare tali esigenze, permettendo lo sviluppo di processi in grado di generare nuovi prodotti con caratteristiche uniche.

Proprietà dei fluidi supercritici

I fluidi supercritici presentano una serie di proprietà fisico-chimiche uniche: simili alla viscosità e diffusività dei gas, alla densità e costante dielettrica dei liquidi, e con proprietà di solvatazione controllabili attraverso pressione e temperatura. Queste caratteristiche li rendono eccellenti solventi per diverse applicazioni. In natura, ad esempio, si possono trovare dell’acqua supercritica nelle vicinanze delle eruzioni dei vulcani sottomarini.

Acqua come esempio di fluido supercritico

Un esempio è rappresentato dall’acqua, che sotto determinate condizioni di pressione e temperatura può assumere lo stato supercritico. Aumentando la temperatura, la pressione del vapore dell’acqua aumenta seguendo il diagramma di fase dell’acqua. A temperature elevate, come 374°C a 218 atm, l’acqua passa in uno stato supercritico, caratterizzato da proprietà intermedie tra liquido e gas.

I fluidi supercritici, comportandosi in modo simile ai gas ma con una densità più elevata, possono agire come solventi. In questo stato, le molecole acqua non presentano legami ad idrogeno, permettendo loro di muoversi liberamente e aumentare la capacità solvente. L’acqua supercritica, pertanto, offre interessanti prospettive nell’ambito delle tecniche di lavorazione e soluzione di sostanze.

L’utilizzo dell’anidride carbonica in acqua supercritica

L’acqua supercritica ha una bassa costante dielettrica simile a quella dei composti organici, rendendo le reazioni organiche più omogenee e accelerando la velocità di reazione.

Anidride carbonica come fluido supercritico

L'[anidride carbonica](https://chimica.today/chimica-generale/biossido-di-carbonio/) è uno dei fluidi supercritici più utilizzati per diversi motivi, tra cui il basso costo, l’inerzia chimica, l’assenza di tossicità e infiammabilità. È disponibile in elevato grado di purezza e il suo punto critico a 31°C e 73 atm rende facile il suo utilizzo.

L’anidride carbonica supercritica è un solvente comune nell’industria alimentare, impiegato per operazioni come la decaffeinazione del [caffè](https://chimica.today/tutto-chimica/il-caffe-c%e2%80%99era-una-volta-il-qahwah/), la rimozione dei grassi dalle patatine e l’estrazione di composti aromatici dagli oli di agrumi. Questo lo rende un solvente green, altamente riciclabile e sicuro per l’ambiente. La CO2 supercritica ha proprietà simili ai solventi fluoroorganici, ma presenta vantaggi aggiuntivi in termini di sostenibilità e impatto ambientale.

Riduzione termica: alluminotermia, magnesiotermia

Processi di riduzione termica e loro vantaggi

Una reazione di riduzione termica è una reazione di scambio semplice in cui un composto metallico come un ossido o un alogenuro si trasforma in metallo in presenza di un metallo con un normale di riduzione minore, con produzione di calore. Questi processi sono utilizzati per ottenere metalli con un elevato grado di purezza rispetto all’utilizzo del carbonio come riducente, evitando la formazione di carburi indesiderati.

Hans Goldschmidt, nel 1898, ha scoperto che l’ può essere impiegato come riducente per ottenere metalli puri come il cromo e il manganese, oltre a leghe metalliche come leghe cromo-alluminio, titanio-alluminio e ferro-cromo. Un esempio di riduzione termica con alluminio come riducente è:
“ossido metallico + Al → metallo + Al2O3”
Uno dei processi alluminotermici più conosciuti è la reazione di termite tra ossido di ferro (III) e alluminio, che produce ossido di alluminio e ferro.

La magnesiotermia è un processo di riduzione termica in cui il magnesio viene utilizzato come riducente per ottenere metalli come l’uranio a partire dal tetrafluoruro di uranio. Questo processo genera una reazione altamente esotermica con produzione di calore che consente la fusione dei prodotti per la formazione del lingotto di uranio. Un altro esempio è la reazione tra l’ossido di titanio e il magnesio per ottenere titanio e ossido di magnesio.

In conclusione, le di riduzione termica offrono un metodo efficace per ottenere metalli e leghe metalliche ad alto grado di purezza, sfruttando la produzione di calore come vantaggio aggiuntivo.

Nitrito di sodio: proprietà, sintesi, reazioni

Utilizzi e Applicazioni del Nitrito di Sodio

Il nitrito di sodio, noto anche con la formula NaNO2, rappresenta uno dei sali inorganici più rilevanti grazie alle sue numerose applicazioni in campo chimico. Questo composto svolge un ruolo fondamentale come reagente nelle organiche.

Caratteristiche principali

Il nitrito di sodio si presenta sotto forma di cristalli bianco-giallastri, facilmente solubili in acqua e moderatamente solubili in metanolo ed etanolo, ma scarsamente solubili in etere etilico. Esso tende ad ossidarsi gradualmente a contatto con l’aria e, se riscaldato a una temperatura di 330°C, produce fumi tossici di ossido di azoto. Le soluzioni di nitrito di sodio sono poco stabili e devono essere preparate appena prima dell’utilizzo.

Processi di Sintesi

Il nitrito di sodio può essere ottenuto attraverso diverse sintetiche, tra cui:

– La reazione tra nitrato di sodio e piombo: NaNO3 + Pb → NaNO2 + PbO
– La riduzione termica del nitrato di sodio con solfito di calcio: NaNO3 + CaSO3 → NaNO2 + CaSO4
– La combinazione di nitrato di sodio con carbonio e idrossido di sodio: NaNO3 + C + 2 NaOH → 2 NaNO2 + Na2CO3 + H2O

Reazioni e Applicazioni

A 330°C, il nitrito di sodio subisce una decomposizione termica producendo ossido di sodio, monossido di azoto e biossido di azoto in una reazione di disproporzione: 2 NaNO2 → Na2O + NO + NO2. Inoltre, in presenza di acido solforico, genera acido nitroso: 2 NaNO2 + H2SO4 → 2 HNO2 + Na2SO4.

Il nitrito di sodio trova ampia applicazione nelle reazioni organiche, ad esempio nella nitrosazione delle ammine primarie aromatiche per la sintesi di nitrosammine.

In conclusione, il nitrito di sodio si conferma come un composto chimico versatile e di fondamentale importanza nell’ambito delle applicazioni chimiche e sintetiche.I sono composti chimici ampiamente impiegati in diversi settori industriali e farmaceutici. Queste sostanze sono utilizzate principalmente come , tra cui il noto E250, impiegato nella produzione di prodotti a base di carne. Questo conservante è efficace nell’inibire la crescita di microrganismi dannosi come la Listeria monocytogenes e nel prevenire l’ossidazione dei lipidi, conferendo inoltre gusto e colore alla carne.

Uno dei principali utilizzi dei sali di diazonio è nella produzione di azoici, nitrocomposti e altri composti organici. Queste sostanze chimiche vengono impiegate anche nel settore tessile, in particolare nella tintura e nella stampa dei tessuti, dove agiscono come inibitori della corrosione.

Data la sua tossicità, la concentrazione massima consentita di nitriti nei prodotti a base di carne è di 200 ppm. I sali di diazonio trovano impiego anche come antidoti nell’avvelenamento da cianuro, quando utilizzati insieme al tiosolfato di sodio.

In generale, i sali di diazonio sono composti chimici versatili che svolgono un ruolo cruciale in diversi settori industriali, dall’alimentare all’farmaceutico, contribuendo alla conservazione e alla sicurezza dei prodotti.

Acido solfanilico: proprietà, sintesi, reazioni, usi

Acido Solfanilico: Proprietà e Sintesi

L’acido solfanilico, noto anche come acido 4-amminobenzensolfonico secondo la nomenclatura IUPAC, è un acido solfonico, un composto organico contenente zolfo con un gruppo alchilico o arilico legato ad esso. La sua formula è C6H7NO3S.

Proprietà

Questo composto si presenta come una polvere bianca con sfumature viola ed è poco solubile in acqua, etanolo, benzene ed etere etilico, parzialmente solubile in metanolo e solubile in acido cloridrico concentrato. La sua scarsa solubilità nei solventi organici è dovuta alla formazione di uno zwitterione, che comporta forze di attrazione intermolecolari. Presenta un punto di fusione elevato di 288°C e si decompone a questa temperatura emettendo vapori tossici di ossidi di azoto e ossidi di zolfo.

Sintesi

L’acido solfanilico si trova naturalmente nel percolato delle discariche ed è ottenuto tramite la reazione dell’anilina con acido solforico concentrato a 205°C per un tempo prolungato. Successivamente, l’acido solfanilico impuro viene solubilizzato in acqua calda con l’aggiunta di idrossido di sodio per formare una soluzione alcalina contenente il solfanilato di sodio. Dopo una successiva fase di bollitura e filtraggio, l’acido solfanilico cristallizza quando la soluzione è acidificata con acido cloridrico.

Reazioni

Trattando l’acido solfanilico con carbonato di sodio, si ottiene il suo sale sodico. Aggiungendo nitrito di sodio e acido cloridrico si forma un composto, utile per ulteriori reazioni chimiche.

Applicazioni e Utilizzi dell’Acido Solfanilico

L’acido solfanilico è una sostanza chimica estremamente versatile con svariate applicazioni nella chimica e nell’industria farmaceutica. In particolare, la sua reazione con nitrito dà origine alla formazione di un sale di diazonio. Successivamente, l’aggiunta di 1-naftilammina porta alla azocopulazione, che genera un colorante azoico rosso utilizzato in diverse applicazioni.

Il Test di Griess e l’Analisi Qualitativa

Questo processo, noto come il “test di Griess”, viene impiegato nell’analisi qualitativa per individuare la presenza di nitrito. Le misurazioni spettrofotometriche vengono impiegate per effettuare una valutazione quantitativa precisa.

Utilizzi dell’Acido Solfanilico

L’acido solfanilico viene impiegato per diverse finalità, tra cui l’uso come additivo per il calcestruzzo, come intermedio nella produzione di coloranti per l’industria tessile e alimentare, nonché come sbiancante ottico. Inoltre, è il precursore di sulfamidici, farmaci ampiamente impiegati nel trattamento delle infezioni batteriche.

Per ulteriori informazioni sulle reazioni e le applicazioni dell’acido solfanilico, si possono consultare i seguenti link:
– [Vai alla scheda sui sali di diazonio](https://chimica.today/chimica-organica/diazocomposti-e-sali-di-diazonio/)
– [Scopri di più sul metilarancio](https://chimica.today/chimica-generale/metilarancio/)
– [Ulteriori dettagli sull’azocopulazione e i coloranti azoici](https://chimica.today/chimica-organica/i-coloranti-azoici-diazocopulazione/)
– [Approfondimenti sulla spettrofotometria visibile e ultravioletta](https://chimica.today/chimica-analitica/la-spettrofotometria-visibile-e-ultravioletta/)

Metilarancio: proprietà, sintesi, usi

Il metilarancio è un composto organico sintetico utilizzato come indicatore nelle titolazioni acido-base. Insieme al rosso metile, fa parte dei . Fu scoperto nel 1875 dal chimico tedesco Johann Peter Griess, mentre nel 1876 fu sintetizzato per la prima volta dai chimici tedesco Otto Nikolaus Witt e francese Zacharie Roussin in modo indipendente.

Proprietà

Il metilarancio è parzialmente solubile in acqua calda, poco solubile in acqua fredda, pirimidina, , glicerolo, isobutanolo, toluene, xilene e debolmente solubile in etanolo. Si tratta di un acido debole con una costante di equilibrio pari a Ka = 4.0 • 10-4. Il metilarancio si presenta rosso a valori di acidi e giallo a valori di pH neutri o basici, con un intervallo di viraggio compreso tra 3. e 4.4.

Il metilarancio si ottiene a partire dall’acido solfanilico (acido 4-amminobenzensolfonico), che viene trattato con il carbonato di sodio per convertirsi nel suo sale sodico. Successivamente, si aggiungono nitrito di sodio e acido cloridrico per formare un sale di diazonio. Infine, reagendo con N,N-dimetilanilina in presenza di idrossido di sodio, si ottiene il metilarancio.

Usi

Oltre all’utilizzo come indicatore nelle titolazioni acido-base, il metilarancio trova impiego nell’industria tessile per la tintura e la stampa dei tessuti, nell’industria cartaria, nell’industria farmaceutica e come colorante alimentare.

Bicarbonato di ammonio: proprietà, sintesi, reazioni, usi

Il bicarbonato di ammonio, noto anche come ammonio idrogenocarbonato, è un composto inorganico con la formula NH4HCO3, composto dall’ione ammonio NH4+ e dall’ione idrogenocarbonato HCO3-. Quando viene sciolto in acqua, si dissocia nei suddetti ioni.

Caratteristiche

Il bicarbonato di ammonio è un solido bianco cristallino con odore di , stabile a temperatura ambiente. È solubile in acqua e poco solubile in metanolo, etanolo, benzene, acetone e in diversi organici. La sua solubilizzazione in acqua è un processo endotermico che porta alla formazione di una soluzione con superiore a 7.

Processo di Sintesi

La produzione di bicarbonato di ammonio richiede attenzione poiché tende a decomporsi in ammoniaca, biossido di carbonio e acqua a temperature superiori a 36°C. Due metodi comuni per ottenerlo sono la solubilizzazione del carbonato di ammonio in acqua a 50°C e l’aggiunta di anidride carbonica, o facendo passare anidride carbonica in una soluzione di ammoniaca.

Storia e Utilizzo

Il bicarbonato di ammonio fu originariamente scoperto dal farmacista e imprenditore tedesco August Oetker alla fine del 1800 per ammorbidire e aumentare il volume dei dolci.

Reazioni

Il bicarbonato di ammonio è coinvolto in diverse reazioni chimiche:
– Con le basi, reagisce producendo ammoniaca: NH4HCO3 + 2 KOH → K2CO3 + NH3 + 2H2O
– Con gli acidi, forma sali di ammonio: NH4HCO3 + HCl → NH4Cl + CO2 + H2O
– Con gli alogenuri metallici e altri composti.

In conclusione, il bicarbonato di ammonio è un composto versatile con diverse applicazioni in ambito chimico e industriale.

Utilizzi e applicazioni del bicarbonato di ammonio

Il bicarbonato di ammonio può essere prodotto tramite la reazione di NH4HCO3 con NaCl, generando NH4Cl e NaHCO3. Analogamente, la combinazione di 2 NH4HCO3 con CaSO4 porta alla formazione di (NH4)2SO4, CaCO3, CO2 e H2O.

Usi industriali del bicarbonato di ammonio

Il bicarbonato di ammonio è impiegato in diverse industrie:
– Nell’industria alimentare come per prodotti da forno, crackers e biscotti, grazie alla in NH3, CO2 e H2O.
– Nel settore della plastica e della gomma.
– Nella produzione di ceramiche.
– Nella concia al cromo delle pelli.
– Come componente in composti antincendio.
– Come fertilizzante.
– Nell’industria dei coloranti e dei pigmenti.
– Nei prodotti farmaceutici.

Questi utilizzi testimoniano la versatilità e l’importanza del bicarbonato di ammonio in svariati settori industriali.

Uracile: sintesi, reazioni, funzioni

L’importanza dell’uracile nella biochimica

L’uracile è una base azotata che, insieme alla citosina, all’ e alla guanina, costituisce una delle quattro basi azotate presenti all’interno dell’RNA. Questo nucleotide fu coniato nel 1885 dal chimico tedesco Robert Behrend durante i suoi studi sulla molecolare. Successivamente, nel 1900, il medico triestino Abramo Alberto Ascoli lo isolò per la prima volta dall’idrolisi dello sperma di aringa.

Struttura e sintesi dell’uracile

La struttura dell’uracile, nota anche come 2,4-diossipirimidina, è un eterociclo aromatico di tipo pirimidinico con due gruppi chetonici in posizione 2 e 4. Questa molecola può essere ottenuta attraverso diverse vie sintetiche, tra cui la condensazione dell’acido malico con urea in presenza di acido solforico concentrato.

Le e le funzioni dell’uracile

L’uracile è soggetto a diverse reazioni chimiche, tra cui , e alchilazione. Inoltre, in presenza di fenolo e ipoclorito di sodio, può essere visualizzato nella regione blu della luce UV. Questa base azotata reagisce con gli alogenati a causa dei gruppi elettrondonatori presenti nella sua struttura.

L’uracile si lega al ribosio per formare il nucleoside uridina tramite un legame β-N1-glicosidico. Da qui, la uridina può aggiungersi a uno o più gruppi fosfato dando origine a derivati come l’uridina-monofosfato, l’uridina-difosfato e l’uridina-trifosfato.

Applicazioni e impieghi dell’uracile

Le cellule utilizzano l’uracile per la biosintesi dei polisaccaridi e nel trasporto degli zuccheri aldosi. Negli animali e nelle piante, questo composto è essenziale per la sintesi di importanti enzimi che supportano le funzionalità cellulari. Inoltre, i derivati sintetici dell’uracile trovano impiego nell’industria farmaceutica e come pesticidi ed erbicidi nel settore agricolo, in grado di inibire la fotosintesi delle piante infestanti in vari tipi di coltivazioni.

Determinazione dell’etanolo nel vino

Metodi per determinare il contenuto di etanolo nei vini

La determinazione dell’etanolo presente nel vino può essere effettuata attraverso una titolazione ossidimetrica, comunemente conosciuta come bicromatometrica, utilizzando il . Questo metodo analitico è ampiamente impiegato nel settore enologico per determinare con precisione la concentrazione di etanolo nei vini.

Origini millenarie del vino

Il vino è una bevanda antica, la cui risale a tempi remoti e ha un profondo legame con la storia dell’umanità. Risalente al 3000 a.C., il vino viene ottenuto dalla fermentazione del frutto della vitis vinifera, ed è considerato uno dei prodotti più significativi della cultura enologica.

per la determinazione dell’etanolo

Il bicromato di potassio ha la capacità di ossidare gli alcoli primari in aldeidi e successivamente in acidi carbossilici. Nel caso dell’etanolo presente nel vino, avviene innanzitutto la formazione di etanale e successivamente di acido etanoico, seguendo una serie di reazioni dipendenti dal della soluzione.

Condizioni ottimali per la reazione

Per garantire che la reazione di ossidazione dell’etanolo si svolga efficacemente, è consigliabile mantenere la soluzione a una temperatura di 60-65°C per almeno 30 minuti. È fondamentale che la soluzione sia opportunamente acidificata e che vi sia un eccesso di bicromato che verrà successivamente titolato per determinare la quantità di etanolo presente.

Reagenti e procedure

Per condurre la determinazione dell’etanolo nel vino, sono necessari reagenti come la soluzione standard di bicromato di potassio 0,115 M e la soluzione di ferro (II) solfato esaidrato. La soluzione di bicromato va preparata dissolvendo bicromato di potassio in acqua e aggiungendo acido solforico concentrato, seguendo una procedura standard.

La retrotitolazione, eseguita con il sale di Mohr e l’indicatore redox 1,10-fenantrolina-solfato di ferro (II), permette di determinare con precisione l’eccesso di bicromato presente nel vino, completando così il processo di analisi dell’etanolo.

In conclusione, la titolazione ossidimetrica bicromatometrica rappresenta un metodo affidabile e ampiamente utilizzato per determinare con precisione il contenuto di etanolo nei vini, fornendo informazioni cruciali sugli standard qualitativi del prodotto finale.

Analisi del vino tramite titolazione

Preparazione delle soluzioni

Per preparare la soluzione di 1,10-fenantrolina-solfato di ferro (II), è necessario solubilizzare 0.348 g di solfato di ferro (II) eptaidrato in circa 25 mL di acqua distillata e aggiungere 0.743 g di o-fenantrolina. Portare il tutto a volume a 50 mL.

Procedimento di analisi

Per effettuare l’analisi del vino, prelevare 20.0 mL di campione e trasferirlo in un pallone da 100 mL, quindi portare il volume a 100 mL. Successivamente, prelevare 5.0 mL di questa soluzione e trasferirla in una bottiglia di vetro borosilicato Schott.

Una volta collocata la bottiglia in un bagno di acqua e ghiaccio, aggiungere 20.0 mL della soluzione di bicromato di potassio mantenendo la temperatura controllata per evitare la formazione di vapori tossici. Chiudere la bottiglia e immergerla in un bagno d’acqua riscaldato a 60-65°C per almeno 30 minuti. In un contenitore separato preparare una soluzione di prova in bianco.

Al termine del tempo di reazione, lasciare raffreddare le soluzioni a temperatura ambiente. Successivamente, trasferire il contenuto della bottiglia in una beuta e diluire adeguatamente. Riempire una buretta con la soluzione di ferro (II) ammonio solfato e titolare la soluzione di prova fino a ottenere un colore verde smeraldo.

Aggiungere 5 gocce di indicatore e continuare la titolazione fin quando la soluzione cambia colore da verde a marrone. Annotare il volume totale di titolante aggiunto. Ripetere lo stesso procedimento per la soluzione contenente il vino e registrare il volume di titolante utilizzato.

Calcolo della percentuale di etanolo

Per calcolare la percentuale volumica di etanolo nel vino, utilizzare la seguente formula:
% V/V = 25 – 25 (VA/VB)

Questa procedura permette di determinare con precisione la quantità di etanolo presente nel campione di vino analizzato.

Lega β-Ti3Au: leghe del titanio, prospettive

Il ruolo delle leghe nel settore metallurgico

Le leghe che combinano titanio e , come la β-Ti3Au, hanno da sempre dimostrato elevate prestazioni in termini di carico di snervamento, resistenza alla trazione e durezza. Queste caratteristiche derivano dalla particolare dei composti intermetallici, come il β-Ti3Au, che rendono il materiale fino a quattro volte più duro rispetto al titanio puro.

Applicazioni biomediche delle

Il titanio, per le sue proprietà uniche come resistenza, bassa densità, biocompatibilità e capacità di legarsi ad altri materiali, ha trovato vasta applicazione nel settore biomedico. Utilizzato in protesi per ginocchio e anca, placche ossee, pacemaker e impianti dentali, il titanio è un materiale versatile e affidabile. Tuttavia, per aumentarne la durezza sono state sviluppate leghe con o , compromettendo la biocompatibilità del materiale.

Solo l’argento e soprattutto l’oro mantengono intatta la biocompatibilità del titanio, come nel caso della lega β-Ti3Au che rappresenta attualmente il materiale biocompatibile più resistente conosciuto. Questo materiale, quattro volte più duro del titanio e con un coefficiente di attrito inferiore, potrebbe incrementare significativamente la durata delle sostituzioni articolari, riducendo la necessità di interventi chirurgici frequenti.

Prospettive future per il β-Ti3Au

Il β-Ti3Au potrebbe trovare in futuro applicazioni anche nel settore industriale, ad esempio per la produzione di macchinari pesanti o componenti soggetti ad elevato stress meccanico. La combinazione di resistenza, biocompatibilità e durezza rendono questa lega un materiale promettente per sfide e necessità diverse, spaziando tra ambiti biomedici e industriali.

In conclusione, le leghe di titanio hanno dimostrato di essere una risorsa preziosa in ambiti diversi, dalla metallurgia all’ortopedia e all’odontoiatria, offrendo soluzioni innovative e performanti per soddisfare le esigenze di settori sempre più esigenti e complessi.

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