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Vodka: storia, ottenimento, cocktail

La della Vodka

La storia della vodka è avvolta nel mistero di antichi rituali di fermentazione da cui ha origine. Una delle prime bevande menzionate è l’idromele, conosciuto come “bevanda degli dei”, prodotto dalla fermentazione del miele nell’antichità. La è un processo chimico che trasforma gli zuccheri in alcol etilico e attraverso l’azione di lieviti, funghi e batteri.

Origini Contese

Le origini della vodka sono fonte di controversia tra Russia e Polonia. La produzione documentata più antica risale al IX secolo in Russia, mentre la Polonia rivendica una tradizione che risalirebbe al VIII secolo. Tuttavia, sembra che le prime distillazioni polacche fossero più simili al brandy derivato dal vino. Nel XIV secolo, la vodka diventò la bevanda nazionale russa e rimase diffusa principalmente nell’Europa dell’Est.

L’Evolvere della Produzione

In passato, la produzione della vodka era piuttosto rudimentale, con metodi di distillazione approssimativi che producevano distillati impuri. È stato solo alla fine del XVIII secolo, grazie al di Dmitri Mendeleev, considerato il padre della , che le regole produttive furono codificate per garantire standard qualitativi costanti. L’introduzione degli alambicchi continui e miglioramenti nelle tecniche di distillazione hanno portato alla produzione di vodka più pura e raffinata.

Il Processo di Ottenimento

La vodka può essere prodotta da una varietà di sostanze fermentabili, ma la versione moderna utilizza principalmente il grano. Dopo la fermentazione e la distillazione con l’aggiunta di acqua, la vodka ha generalmente una gradazione alcolica di circa il 40% in volume. Un singolo “shot” di vodka contiene circa 20 ml di alcol puro.

*La Diffusione della Vodka*

Fino agli anni ’50, la vodka era principalmente diffusa nei paesi di origine ed era considerata la bevanda dei lavoratori in Russia. Durante la guerra fredda, ostacoli politici limitarono la sua presenza nel mondo occidentale. Tuttavia, emerse sul grande schermo quando James Bond, nel film Casino Royale, ordinò un famoso cocktail Vesper Martini, con vodka come ingrediente principale, diventando una sorta di ambasciatore involontario della vodka.

Il Ruolo nei Cocktail

Negli ultimi decenni, la vodka è diventata un ingrediente chiave in molti cocktail popolari, come il Bloody Mary, lo Screwdriver, il Cosmopolitan, e il Long Island Iced Tea. Oltre ai cocktail classici, le versioni alla frutta come limone, pesca, fragola e melone sono diventate particolarmente popolari tra i consumatori più giovani.

Gel per capelli: composizione, meccanismo di azione

La Scienza Dietro ai Gel per Capelli: Come Funzionano e Quali Sono i loro Componenti

I gel per capelli sono prodotti ampiamente utilizzati per fissare i capelli in modo duraturo, garantendo una tenuta superiore rispetto alla lacca tradizionale. Sebbene siano diventati un must tra i giovani, un curioso parallelo storico può essere tracciato fino all’antico Egitto, dove, da analisi sulle mummie, è emerso che i capelli venivano fissati utilizzando grassi per ottenere un effetto simile.

Il Funzionamento dei Gel per Capelli

Un gel è essenzialmente una dispersione colloidale di particelle di varie dimensioni, che si muovono tra nanometri e micrometri, all’interno di un mezzo liquido. Nei gel per capelli, queste particelle solide, spesso di natura polimerica, si organizzano come una rete all’interno del liquido, creando una consistenza gelatinosa.

Al contrario di ciò che possa sembrare, i gel appaiono solidi ma, una volta applicati e “attivati” dalla temperatura corporea, diventano fluidi e si distribuiscono facilmente sui capelli.

Quando il gel viene applicato, i polimeri contenuti si aderiscono alla superficie dei capelli, permettendo loro di attaccarsi l’un l’altro e formare ciuffi ben definiti.

Composizione dei Gel per Capelli

I gel per capelli sono composti principalmente da acqua, che costituisce il componente principale, polimeri, emulsionanti, e modificatori della viscosità, come il polimero carbomer derivato dall’acido acrilico.

Inoltre, sono presenti anche profumi, conservanti, emollienti e altri additivi che conferiscono idratazione, brillantezza e protezione dai raggi UV ai capelli.

Studio dei Polimeri

L’elemento chiave dei gel sono i polimeri, che determinano la tenuta, la lucentezza e la rimovibilità del prodotto. Tra i polimeri più comuni troviamo il PVP (poli-N-vinil-2-pirrolidone), che forma un film protettivo sui capelli, consentendo di modellarli a piacimento. Tuttavia, il PVP è sensibile all’umidità, assorbendo rapidamente acqua e rendendo i capelli opachi e crespi in condizioni di elevata umidità.

Attualmente, la ricerca si concentra su polimeri che garantiscono una tenuta duratura, resistente all’umidità e che mantengono le proprietà del gel indipendentemente dal clima. Inoltre, si cerca di sviluppare polimeri che conferiscano lucentezza ai capelli e che siano facilmente rimovibili con il lavaggio.

In conclusione, i gel per capelli sono prodotti complessi il cui funzionamento si basa sulla scienza dei polimeri e dei colloidali, offrendo un modo efficace per mantenere in ordine i capelli per lungo tempo, con una formula che viene costantemente migliorata per soddisfare le esigenze dei consumatori moderni.

I diversi tipi di polimeri nei gel per capelli

Nei gel per capelli è possibile trovare diversi tipi di polimeri che conferiscono caratteristiche diverse al prodotto e influenzano la tenuta e il look dei capelli. Vediamo di seguito alcuni esempi:

Polivinilacetato (PVA)

Il PVA è un polimero resistente all’umidità ma che non offre una forte tenuta ai capelli, rimanendo flessibile in ambienti asciutti.

Copolimero PVP/PVA

Il copolimero PVP/PVA rappresenta un compromesso tra le proprietà dei due polimeri presi singolarmente, offrendo una combinazione unica di caratteristiche.

Polimeri cationici

I polimeri cationici neutralizzano le cariche negative presenti sulla superficie del capello grazie alla loro carica positiva. Tra questi, il polyquaternium è particolarmente conosciuto per la sua capacità di formare film trasparenti, ridurre l’elettricità statica e conferire morbidezza ai capelli.

Poliquaternium-4 e Poliquaternium-11

Il Poliquaternium-4 forma un film persistente e resistente all’umidità, mentre il Poliquaternium-11 è un copolimero che offre una buona resistenza all’umidità e una tenuta intermedia.

Altri polimeri e additivi

Oltre ai polimeri sopra elencati, esistono molte altre combinazioni di polimeri e additivi utilizzati nei gel per capelli, sia quelli già presenti sul mercato che quelli ancora in fase di sviluppo nei laboratori.

Questi ingredienti contribuiscono a conferire alle formulazioni dei gel per capelli le caratteristiche desiderate, garantendo una tenuta ottimale e uno stile duraturo. Se sei interessato a saperne di più sulla chimica dei polimeri utilizzati nei prodotti per capelli, dai un’occhiata a [chimica.today](https://chimica.today/).

Prosecco: composizione, vinificazione, metodo Charmat

Il Meraviglioso Mondo del Prosecco: Origini e Varie Tipologie

Il Prosecco è un rinomato vino italiano che ha la sua zona di produzione situata in cinque province del Veneto (Treviso, Venezia, Vicenza, Padova, Belluno) e in quattro province del Friuli Venezia Giulia (Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine).

Le denominazioni più conosciute del Prosecco includono il DOC di Conegliano e Valdobbiadene e il DOC del Montello e dei Colli Asolani.

Le varietà di Prosecco presenti nella regione della DOC di Conegliano e Valdobbiadene comprendono il Prosecco Tondo e il Prosecco Lungo. Queste varietà si distinguono per differenze morfologiche nei grappoli e negli acini.

Composizione del Prosecco:

La composizione media del succo d’uva di Prosecco include:
. Zuccheri (glucosio e fruttosio) 150-240 g/L
2. pH = 3.1-3.4
3. Acidità totale 7-9 g/L
4. 3.5-4 g/L
5. Acido tartarico 4-4.5 g/L
6. Azoto prontamente assimilabile 150-210 mg/L

Il Prosecco è noto per la presenza di sostanze aromatiche nelle uve, che variano a seconda della varietà. Il Prosecco Tondo, ad esempio, contiene una maggiore quantità di composti aromatici come il linalolo, il geraniolo e il nerolo, conferendogli un profilo aromatico distintivo. Al contrario, il Prosecco Lungo ha un contenuto meno pronunciato di sostanze aromatiche.

Per la produzione del Prosecco, è essenziale estrarre i mosti e chiarificarli prima di avviare la fermentazione alcolica con lieviti selezionati.

Vinificazione:

Una volta ottenuto il vino, è necessario stabilizzarlo sia dal punto di vista chimico-fisico che biologico attraverso un processo di chiarificazione utilizzando caseinato di potassio e bentonite per eliminare e catechine e garantire la qualità del prodotto finale.

Produzione del Prosecco: dal processo di fermentazione alla stabilizzazione

La produzione del Prosecco è un processo complesso e articolato che richiede tecnologia e competenze specializzate. Dopo la fase di fermentazione del mosto d’uva, si passa alla fase di chiarifica. Durante questa fase, sono impiegati coadiuvanti come il bitartrato di potassio che favorisce la precipitazione di eventuali residui presenti nel vino.

Successivamente, il vino viene sottoposto a refrigerazione a -4°C per alcuni giorni per favorire la precipitazione. In aggiunta, si procede con la filtrazione e la conservazione del vino a una temperatura di 8-10°C per preservarne le caratteristiche organolettiche.

Metodo Charmat

Il Prosecco viene sottoposto al metodo Charmat per ottenere le caratteristiche bollicine. Questo processo prevede una rifermentazione in autoclave a temperatura controllata, al fine di mantenere la CO2 disciolta nel vino e garantire l’effervescenza tipica dello spumante.

Durante la rifermentazione, si aggiunge una dose calibrata di zucchero e lievito attivo per avviare nuovamente la fermentazione. Si controlla la pressione all’interno dell’autoclave, mantenendola intorno a 5 atm per circa 10 giorni a una temperatura di 14-16°C. Una volta raggiunta la pressione desiderata, si blocca la fermentazione a -4°C per la stabilizzazione tartarica.

Il Prosecco nel mondo

Il Prosecco è uno dei italiani più celebri a livello internazionale, rappresentando un’eccellenza dell’enologia italiana. È consigliato in abbinamento a piatti di pesce o crostacei, oltre ad essere apprezzato come aperitivo o per la preparazione di cocktail iconici come Rossini, Cosmopolitan, e il famoso Bellini a base di prosecco e polpa di pesca bianca.

In conclusione, il Prosecco è un prodotto che incarna l’arte e la tradizione vinicola italiana, apprezzato in tutto il mondo per la sua qualità e versatilità.

Aloe vera: rimedio per le scottature

Benefici dell’Aloe Vera per il Trattamento dell’Eritema Solare

Origini e Proprietà Curative dell’Aloe Vera

L’Aloe Vera è una pianta succulenta appartenente alla famiglia delle Aloeaceae, originaria della penisola arabica e ampiamente coltivata in aree calde e secche. Le sue proprietà benefiche sono conosciute sin dai tempi antichi, e la pianta è stata utilizzata per secoli in varie culture come l’antico Egitto, la Grecia, l’India, il Messico, il Giappone e la Cina. Citata anche nella Bibbia, l’Aloe Vera è stata celebrata per le sue straordinarie capacità curative.

Nel 1959, lo statunitense Bill Coats iniziò a studiare scientificamente le potenzialità dell’Aloe Vera, sviluppando un processo per stabilizzare la polpa della pianta e preservarne le proprietà senza incorrere in processi ossidativi o fermentativi. Il governo americano in seguito riconobbe ufficialmente le proprietà curative della pianta, in particolare nel trattamento delle ustioni.

Composizione dell’Aloe Vera e Benefici

L’Aloe Vera è commercializzata in varie forme come lozioni, gel e spray, e la sua composizione comprende una vasta gamma di componenti, tra cui vitamine, , minerali, zuccheri, antrachinoni, acidi grassi, amminoacidi e lignina. Questa ricca composizione conferisce alla pianta proprietà lenitive, idratanti, antinfiammatorie e rigenerative.

Trattamento dell’Eritema Solare con l’Aloe Vera

L’eritema solare, causato da un’eccessiva esposizione ai raggi UV, può manifestarsi con arrossamento, sensibilità cutanea e bollicine piene di siero. In caso di danni alla pelle, è essenziale intervenire prontamente. Oltre alle terapie convenzionali, l’Aloe Vera si è dimostrata efficace nel lenire l’irritazione cutanea, accelerare il processo di guarigione e idratare la pelle danneggiata.

Conclusioni

L’Aloe Vera rappresenta una valida opzione naturale per il trattamento dell’eritema solare e di altri problemi cutanei legati all’esposizione al sole. Le sue proprietà curative e la sua composizione ricca la rendono un alleato prezioso per la salute della pelle, offrendo benefici senza gli effetti collaterali spesso associati ai farmaci convenzionali.

I benefici dell’Aloe Vera per la cura della pelle dopo l’esposizione ai raggi solari

In natura esistono diversi componenti con proprietà benefiche, tra cui le saponine, gli e l’acido salicilico. Questi elementi agiscono in sinergia per offrire effetti curativi, come ad esempio nella cicatrizzazione delle ferite, proprietà immunostimolanti, antinfiammatorie, depurative, nutrienti e remineralizzanti, lenitive, coagulanti, antimicrobiche, antidolorifiche e per la cura della pelle, capelli e denti.

Trattamento della pelle danneggiata dal sole con Aloe Vera

L’Aloe Vera è uno dei rimedi più noti per trattare la pelle danneggiata dal sole. Grazie alle sue proprietà astringenti, l’applicazione di gel di Aloe Vera può immediatamente raffreddare, ridurre il dolore e il gonfiore causati dalle scottature solari, limitandone i danni permanenti dovuti ai raggi UV. Mescolato con un olio come l’olio di cocco o di avocado, l’Aloe Vera mantiene la pelle idratata e previene la disidratazione.

Meccanismo d’azione dell’Aloe Vera contro le scottature solari

Nonostante il meccanismo d’azione non sia completamente chiaro, l’applicazione di Aloe Vera sulla pelle danneggiata genera una proteina antiossidante chiamata metallotioneina. Questa proteina aiuta a distruggere i , protegge la e favorisce la rigenerazione dei tessuti, contrastando i danni causati dai liberi.

Validazione scientifica delle proprietà dell’Aloe Vera

Gli antichi benefici attribuiti all’Aloe Vera trovano conferma anche in studi scientifici. L’efficacia di questa pianta non è solo dovuta ai suoi singoli costituenti, ma soprattutto al sinergismo tra di essi. Gli studi dimostrano che le molteplici proprietà dell’Aloe Vera sono frutto di questa combinazione unica offerta dalla natura.

In conclusione, l’Aloe Vera rappresenta un prezioso alleato nella cura della pelle danneggiata dal sole, grazie alle sue proprietà lenitive, rigeneranti e antiossidanti. Utilizzare il gel di Aloe Vera può contribuire a ridurre l’infiammazione, accelerare il processo di guarigione e proteggere la pelle dai danni causati dai raggi solari.

Protezione solare: composizione, fattore di protezione

L’importanza dell’utilizzo di una protezione solare in climi caldi e durante le ore più intense della giornata per prevenire eritemi e scottature è fondamentale per mantenere la salute della pelle.

Durante il 7500 a.C., i pastori egiziani e i cacciatori della valle del Nilo utilizzavano l’olio ricavato dai semi di ricino per proteggere la pelle dall’esposizione solare. Nel corso dei secoli, sono stati impiegati vari prodotti naturali per questo scopo. Solo nel 1928 sono stati sviluppati i primi prodotti solari sintetici, con l’obiettivo di offrire una protezione efficace.

Negli anni successivi, diversi chimici si sono dedicati alla ricerca di formulazioni migliori. Nel 1944, un aviatore statunitense convertitosi in chimico creò un prodotto chiamato Red Vet Pet per proteggere i soldati esposti al sole, anche se la sua efficacia era limitata.

Fu solo nel 1946 che il chimico svizzero Franz Greiter sviluppò la prima protezione solare efficace chiamata Gletscher Crème e introdusse il concetto di fattore di protezione solare (SPF), che è diventato uno standard globale per valutare l’efficacia delle creme solari.

Fattore di Protezione Solare

Il fattore di protezione solare indica la frazione delle radiazioni ultraviolette che raggiungono la pelle. Ad esempio, un SPF 15 significa che solo /15 delle radiazioni raggiunge la pelle. Moltiplicando il SPF per il tempo di esposizione, è possibile determinare la durata di protezione effettiva.

Classificazione delle Radiazioni UV

Le radiazioni ultraviolette sono classificate in tre categorie in base alla loro lunghezza d’onda e all’energia:
– UVA (315-399 nm): con minore energia e solo il 5% filtrato
– UVB (280-314 nm): maggiore energia, parzialmente assorbito dallo strato di ozono
– UVC (100-279 nm): completamente assorbito dallo strato di ozono

Proprietà delle Protezioni Solari

Un buon protettore solare deve garantire diversi requisiti:
– Protezione efficace dalle radiazioni
– Prevenzione delle scottature
– Resistenza al sudore e all’acqua
– Stabilità alla luce
– Mantenimento dell’efficacia anche dopo diverse ore dall’applicazione.

La Scienza dell’Abbronzatura e dei Filtri Solari

L’esposizione ai raggi solari può portare a un’abbronzatura della pelle, risultato del rilascio di da parte dei melanociti per proteggere il derma dai raggi ultravioletti. Tuttavia, è fondamentale proteggere la pelle dall’eccessiva esposizione ai raggi solari, evitando le ore più intense e applicando regolarmente una protezione solare.

Componenti dell’Abbronzatura

Le protezioni solari contengono sia sostanze organiche che inorganiche. Tra le sostanze inorganiche più comuni troviamo il biossido di titanio e l’ossido di zinco, che assorbono e dissipano la radiazione ultravioletta. Le moderne formulazioni delle creme solari combinano questi ingredienti con componenti idratanti ed antiossidanti per proteggere, idratare ed evitare danni alla pelle.

Composizione delle Creme Solari

Le creme solari protettive contengono una vasta gamma di componenti, tra cui:

1.

Acido Ialuronico

: idratante per la pelle.
2.

: mantiene l’elasticità della pelle.
3.

Ectoina

: protegge le cellule cutanee dalle radiazioni.
4.

: regolano l’idratazione epidermica.
5.

Nicotinammide

: contrasta l’immunosoppressione e i tumori cutanei.
6.

: ammorbidiscono e nutrono la pelle.
7.

Pantenolo

: idratante e lenitivo per la pelle.
8.

Estratto di Tè Verde

: antiossidante.
9.

Squalene

: emolliente e nutriente per la pelle.
10.

Magnesio Ascorbilfosfato

: combatte l’iperpigmentazione e agisce come antiossidante.
11.

Vitamina E

: potente antiossidante contro lo stress ossidativo.
12.

Vitamina F

: stimola la rigenerazione delle cellule cutanee.

Assicurarsi di scegliere una protezione solare in base al proprio tipo di pelle, al tempo di esposizione e alla qualità del prodotto è essenziale per una corretta protezione.

Quindi, godetevi le vacanze estive proteggendo la vostra pelle in modo efficace e sicuro! Buon divertimento al sole!

Gin: storia, composizione

Il Gin: , Composizione e Curiosità

Il gin è una bevanda alcolica che ha le sue origini nei Paesi Bassi nel 1600 grazie al medico e farmacista olandese Franciscus Sylvius. La prima preparazione chiamata Jenever era composta da alcol di grano e bacche di ginepro, utilizzata per curare i soldati olandesi malati di febbre nelle Indie Orientali.

Storia del Gin

Il gin ha rapidamente conquistato il mercato britannico, tanto che alla fine del 1600, con il divieto di importare distillati stranieri, iniziò a essere prodotto in grandi quantità utilizzando i cereali disponibili. La ricetta originale è stata modificata aggiungendo altre erbe e spezie per conferire il caratteristico sapore e aroma che lo contraddistingue.

Difatti, il gin divenne così popolare in Gran Bretagna che veniva dato agli operai come parte del loro salario, causando un aumento dell’alcolismo popolare. Successivamente, si diffuse negli Stati Uniti durante il proibizionismo, dove era prodotto artigianalmente.

Composizione del Gin

Il gin è composto principalmente da bacche di ginepro di colore blu-verde e semi di coriandolo. Oltre a questi ingredienti base, possono essere presenti altri elementi che conferiscono aroma e sapore, come scorza d’arancia, bergamotto, limone, radici di giglio, cannella, coriandolo, e molti altri. La variazione degli ingredienti dipende dal produttore e dalle condizioni degli essenziali delle piante utilizzate.

Alcuni Terpeni nel Gin

Le bacche di ginepro contengono diversi terpeni, come l’α-, con effetti broncodilatatori. Altri composti presenti nel gin includono il β-mircene, il p-cimene, il stabinene, l’acetato di bornile e il ,4-terpineolo, ciascuno con le proprie caratteristiche e distintivi.

Il Linalolo nel Gin

I semi di coriandolo comunemente utilizzati nel gin contengono principalmente il linalolo, un composto dall’aroma dolce e delicato, insieme all’acetato di geranile, un estere monoterpenico che conferisce profumo di rosa. Questi ingredienti, insieme ad altri, contribuiscono a definire il profilo aromatico di ogni marca di gin.

In conclusione, il gin è una bevanda dal lungo e affascinante percorso storico, caratterizzata da una ricca varietà di ingredienti che conferiscono un gusto unico e distintivo. I produttori di gin custodiscono gelosamente le loro ricette per creare un prodotto di successo, apprezzato dai consumatori di tutto il mondo.

Macchie e scioglimacchia: proprietà, meccanismo di azione

Sconfiggere le Macchie: Una Guida alla Rimozione Efficace

Le macchie su un abito possono essere una vera seccatura, in quanto rimuoverle può essere una sfida. Fortunatamente, la ci offre una vasta gamma di soluzioni con molecole presenti negli smacchiatori e nei detersivi.

Tipologie di Macchie

Le macchie possono essere classificate in diversi tipi: enzimatiche, ossidabili, grasse e contenenti particolato. Ecco alcuni esempi:

Enzimatiche:

Sangue, Uova, Erba

Ossidabili:

Tè, Caffè, Vino Rosso

Grasse:

Burro, Olio, Olio del Motore

Particolato:

Argilla, Fango, Terreno

Le macchie enzimatiche possono essere trattate con specifici enzimi, quelle ossidabili con agenti ossidanti, le macchie grasse con tensioattivi e le macchie contenenti particolato vanno prima seccate e poi rimosse con agenti .

Smacchiatori: Soluzioni Versatili

Gli smacchiatori sono solitamente una miscela di agenti diversi in grado di sciogliere vari tipi di macchie. Possono essere aggiunti al lavaggio o usati come pretrattamento direttamente sulla macchia. Questi prodotti possono essere spray, liquidi o in polvere, ma il loro obiettivo è comune: eliminare le macchie in modo efficace.

Proprietà degli Smacchiatori

Un buon smacchiatore deve rimuovere la macchia senza danneggiare il tessuto. È consigliabile testare il prodotto in una piccola area non visibile per verificare eventuali effetti indesiderati. Ad esempio, uno smacchiatore ossidante con candeggina potrebbe intensificare il colore delle macchie di ruggine, mentre l’uso di acqua calda potrebbe fissare le macchie di sangue.

Le macchie enzimatiche sono principalmente composte da proteine, quindi gli smacchiatori per questo tipo di macchie dovrebbero contenere enzimi in grado di rompere i legami peptidici. Le proteasi sono enzimi che svolgono questa funzione, riducendo le molecole proteiche in componenti più solubili.

Lo stesso principio si applica alle macchie grasse, dove le lipasi sono gli enzimi ideali per idrolizzare i grassi, trasformandoli in e acidi grassi.

In conclusione, con la giusta conoscenza dei tipi di macchie e degli smacchiatori più adatti, potrai affrontare con successo qualsiasi macchia ostinata sul tuo abbigliamento.L’importanza del processo di lipolisi nello smacchiare le macchie colorate

Le macchie colorate, come quelle provenienti da tè, caffè e vino rosso, sono considerate macchie ossidabili. Pertanto, negli smacchiatori è fondamentale avere agenti sbiancanti come il perossido di idrogeno, che si trova sotto forma di (Na2CO3 · 3/2 H2O2), il quale rilascia H2O2 al contatto con l’acqua. Tuttavia, a temperature inferiori a 40°C, il perossido di idrogeno diventa inefficace, pertanto viene aggiunta la tetracetiletilendiammina (TAED) che reagisce con il perossido di idrogeno per produrre acido peracetico, un perossido organico con maggior potere ossidante rispetto al perossido di idrogeno.

Meccanismo di azione degli smacchiatori

Gli e i grassi, sebbene possano essere rimossi enzimaticamente, vengono trattati con i tensioattivi, caratterizzati dalla presenza nella molecola di due gruppi: uno idrofobo e uno idrofilo. Questi agenti formano emulsioni in cui le molecole del sapone racchiudono le particelle di sporco nelle micelle, aggregati di molecole in fase colloidale. Grazie a questa azione, lo sporco grasso si discioglie e viene disperso in acqua, facilitando la rimozione completa dello sporco.

Particolato e addolcimento dell’acqua durante i lavaggi

Per le macchie di particolato, i composti presenti negli smacchiatori contribuiscono ad addolcire l’acqua durante i lavaggi, rimuovendo prevalentemente ioni metallici positivi come Ca²⁺ e Mg²⁺ dall’acqua agendo da complessanti. Poiché le macchie di particolato sono costituite da ioni calcio, l’azione degli smacchiatori aiuta a rimuovere tali ioni, eliminando efficacemente le macchie.

Gli agenti complessanti non solo hanno la funzione di addolcire l’acqua, ma anche rafforzano il potere lavante dei tensioattivi, migliorano il processo di rimozione dello sporco e impediscono al sporco rimosso di redepositarsi sulla biancheria o sulle superfici.

In passato, il fosfato di sodio (Na3PO4) veniva utilizzato per questo scopo, ma data la sua tossicità per l’ambiente, oggi vengono impiegati composti più ecologici ed efficaci per preservare sia la pulizia che l’ambiente circostante.L’impatto ambientale del fosfato, principale causa dell’eutrofizzazione, ha portato alla sua sostituzione con alternative come il carbonato di sodio e i policarbossilati, che formano coppie ioniche con l’anione carbonato o bicarbonato. Altri sostituti includono le zeoliti, silicati di alluminio cristallini con pori che possono incorporare ioni calcio e magnesio.

Tuttavia, nonostante la presenza di zeolite in molti detersivi “biologici”, questa sostanza insolubile può provocare problemi agli scarichi e alle fosse biologiche, alterando anche il pH del terreno e danneggiando la flora naturale.

Per quanto riguarda la rimozione delle macchie, esistono vari prodotti specifici per diversi tipi di macchie come ruggine, sangue, vino rosso, inchiostro, grasso, colla e altro. Anche se seguendo le istruzioni si ottengono ottimi risultati, l’acquisto di tutti questi prodotti specifici può essere costoso e poco pratico.

Piercing: metalli e leghe, storia, consigli

Il fenomeno del piercing ha preso piede dagli anni ’70 e ’80 negli ambienti punk e underground, per poi diffondersi rapidamente in tutto il mondo. Tuttavia, va sottolineato che le origini di questa pratica risalgono all’antichità.

Origini del Piercing

Il piercing ha radici antichissime che si perdono nella . Ad esempio, gli antichi Egizi consideravano il piercing all’ombelico come simbolo di regalità, mentre i centurioni romani praticavano il piercing ai capezzoli per simboleggiare il coraggio. Ancora prima, i primi navigatori optavano per il piercing al lobo dell’orecchio.

Durante il regno di Elisabetta I, l’orecchino divenne un status symbol maschile e fu indossato da figure illustri come Shakespeare e Sir Francis Drake.

Materiali per il Piercing

I materiali utilizzati per i piercing nel corso della storia includono oro, ossidiana, vetro vulcanico e osso.

.

Acciaio chirurgico

: Un materiale resistente ma contenente nichel, che può causare allergie.

2.

sterling

: Lega composta per il 92,5% da argento e il resto da altri metalli che possono causare irritazioni.

3.

Niobio

: Metallo anallergico che tende a non ossidarsi, ideale per chi soffre di allergie. Può essere modellato facilmente ed è tollerato dalla maggior parte delle persone.

Riscaldando o anodizzando la superficie del niobio, è possibile ottenere un’ossidazione che garantisce una maggiore resistenza alla corrosione e una variazione di colori.

4.

: Metallo resistente che non si ossida, è leggero e anallergico. Anche il titanio può essere anodizzato, anche se nel la colorazione può svanire.

5.

Oro

: Utilizzato in leghe prive di nichel, l’oro è un metallo morbido spesso usato per i gioielli, anche se può essere troppo tenero per alcune applicazioni.

Conclusioni

Il piercing, benché di antiche origini, continua ad essere una pratica diffusa e popolare. La scelta del materiale per i gioielli da piercing è fondamentale per evitare reazioni allergiche o complicazioni. Tra i materiali più sicuri e popolari vi sono il niobio e il titanio, che garantiscono resistenza, anallergicità e durabilità nel tempo. Optare per materiali di qualità è essenziale per mantenere la salute e la bellezza dei piercing nel lungo termine.Come scegliere il miglior materiale per il tuo piercing
Quando si tratta di scegliere il materiale per il proprio piercing, è importante tenere conto di diversi fattori che vanno oltre l’aspetto estetico. La salute della tua pelle e la prevenzione di reazioni allergiche o irritazioni sono fondamentali per una corretta guarigione del piercing e per evitare problemi futuri.

Materiali da evitare per il tuo piercing
Alcuni metalli e leghe possono causare irritazioni o reazioni allergiche, compromettendo la salute e l’estetica del tuo piercing. Tra i materiali da evitare possiamo citare l’ottone, il bronzo, il cadmio, il cromo e soprattutto il nichel.
Il nichel è un metallo ampiamente usato nelle leghe metalliche per conferire durezza e resistenza, ma oltre il 10% delle donne è allergico ad esso. Indossare gioielli contenenti nichel può portare a sensibilizzazioni cutanee che provocano dermatiti ed eczemi.

Materiali consigliati per il tuo piercing
Per evitare problemi di allergie o irritazioni, è consigliabile optare per materiali di alta qualità e biocompatibili. Alcune opzioni che offrono una maggiore sicurezza sono:

Acciaio chirurgico: è uno dei materiali più utilizzati per i piercing grazie alla sua resistenza e durabilità. È importante assicurarsi che si tratti di acciaio chirurgico di alta qualità per evitare eventuali reazioni cutanee.

Titano: il titano è noto per la sua biocompatibilità e resistenza alla corrosione. È una scelta ideale per chi ha pelli sensibili o è soggetto a reazioni allergiche.

Platino: sebbene sia un metallo costoso, il platino è particolarmente inerte e non provoca allergie. È una scelta di lusso che garantisce la massima sicurezza per il tuo piercing.

Materiali placcati in oro: per chi vuole bilanciare costo ed estetica, i materiali placcati in oro possono essere una soluzione valida. Assicurati che lo spessore del placcaggio sia sufficiente per garantire durata e sicurezza.

Prima di scegliere il materiale per il tuo piercing, assicurati di consultare un professionista esperto che possa consigliarti sulla migliore opzione in base alle tue esigenze e al tipo di piercing che desideri fare.

Infine, ricorda che la corretta sterilizzazione del piercing è fondamentale per prevenire infezioni. Assicurati che il materiale del piercing sia autoclavabile e in grado di resistere alle alte temperature necessarie per la sterilizzazione. Con la giusta cura e la scelta dei materiali adatti, potrai godere del tuo piercing in modo sicuro e senza rischi per la tua salute.

Smalto per unghie: composizione, plastificanti, stabilizzatori U.V., pigmenti

La storia dello smalto per unghie affonda le sue radici in antiche civiltà, ma è negli ultimi tempi che ha raggiunto una diffusione così ampia da diventare un prodotto indispensabile per molte donne. Grazie ai progressi scientifici e alle nuove tecnologie, oggi esistono formulazioni di smalti per unghie sempre più varie ed apprezzate, soprattutto nel mondo occidentale.

Origini e diffusione dello smalto

Secondo gli storici, lo smalto per unghie è stato creato in Cina circa 5000 anni fa e inizialmente era utilizzato come segno distintivo di potere e ricchezza dalla classe sociale più alta. Con il tempo, lo smalto si è diffuso in India, Medio Oriente, Africa del Nord ed Egitto. Dopo essere scomparso dalla moda europea per un certo periodo, ha ritrovato popolarità grazie agli scambi commerciali con l’Oriente e l’India, per poi diventare comune in Francia alla fine del XVIII secolo.

Evoluzione e innovazioni

Nel corso del XX secolo, sono stati introdotti sempre più prodotti sofisticati per il trattamento delle unghie, fino ad arrivare agli smalti attuali che offrono non solo protezione e decorazione, ma anche caratteristiche come resistenza, facilità di stesura, asciugatura rapida e compatibilità con la salute delle unghie. Grazie alla continua ricerca e agli avanzamenti tecnologici, sono stati sviluppati smalti che cambiano colore con la luce o il calore.

Composizione

Gli smalti per unghie sono principalmente costituiti da un filmogeno a base di , sciolto in solventi volatili come l’acetato di etile o l’acetato di butile. Altri solventi utilizzati includono il glicole etilenico, che contribuiscono alla consistenza e alla stesura uniforme dello smalto. Questi ingredienti sono stati studiati e selezionati per garantire un’applicazione facile, un’asciugatura rapida e un risultato brillante e resistente nel tempo.

In conclusione, lo smalto per unghie non è solo un prodotto cosmetico, ma un simbolo di cura personale e di attenzione al dettaglio. Grazie alla continua ricerca e all’innovazione, gli smalti moderni offrono una vasta gamma di colori e caratteristiche che soddisfano le esigenze di un pubblico sempre più amante della bellezza e dell’estetica delle proprie unghie.Materiali Utilizzati nella Produzione dello Smalto per Unghie

Lo smalto per unghie è un prodotto cosmetico amato da molte donne per la sua capacità di dare colore e brillantezza alle unghie. Ma cosa rende possibile la creazione di questo prodotto tanto apprezzato?

Solventi e Odori Caratteristici
Gli smalti per unghie contengono solventi come l’acetone, il toluene, il metilcloroformio, l’alcol etilico e l’alcol isopropilico. Questi solventi sono responsabili del tipico odore che si percepisce durante l’applicazione dello smalto.

Resine per Resistenza e Adesività
Le resine presenti negli smalti conferiscono adesività e resistenza ed sono costituite da copolimeri poliesteri, poliuretani e composti come l’ e l’isobutilmetacrilato.

Composti Grassi per Morbidezza
Gli smalti contengono anche composti grassi come l’olio di jojoba, la vaselina e essenziali che conferiscono morbidezza, fluidità e facilità di applicazione allo smalto.

Plastificanti e Agenti Disperdenti
I plastificanti come la , il citrato, il glicole dibenzoato e il dibutilftalato evitano che lo smalto si sfaldi durante l’asciugatura, aumentando la resistenza alle sostanze grasse e all’acqua. Gli agenti disperdenti, invece, aiutano i pigmenti a miscelarsi con la resina e il solvente.

Stabilizzatori UV per la Protezione
Gli stabilizzatori UV come il benzofenone e gli antiossidanti come l’acido citrico sono fondamentali per evitare l’alterazione del colore dello smalto esposto ai raggi solari.

Pigmenti per la Colorazione
Il componente che caratterizza uno smalto per unghie è il pigmento, che conferisce la colorazione desiderata. Tra i pigmenti più comuni troviamo ossidi e idrossidi di cromo, ferrocianuro ferrico, ossido stannico, biossido di titanio, ossidi di ferro e molti altri, combinati in varie proporzioni per creare la vasta gamma di colori offerta dalle diverse marche di smalti per unghie.

In conclusione, la chimica gioca un ruolo fondamentale nella produzione degli smalti per unghie, unendo ingredienti come solventi, resine, composti grassi, plastificanti, stabilizzatori UV e pigmenti per creare un prodotto che non solo aggiunge colore e brillantezza, ma che offre anche resistenza e protezione alle unghie.

Mascara: rimmel, oli, cere, pigmenti, tipi di mascara

e evoluzione del mascara

Il mascara è un prodotto cosmetico che ha una lunga storia che affonda le sue radici nei tempi antichi. Già gli Egizi nel 4000 a.C. utilizzavano kohl, una miscela di sostanze come galena, malachite e carbone, per scurire ciglia, sopracciglia e palpebre. Questo utilizzo si diffuse poi tra i Babilonesi, gli antichi greci e i romani. Dopo la caduta dell’Impero Romano, l’uso del mascara in Europa diminuì, ma continuò ad essere utilizzato a fini religiosi nel Medio Oriente. Fu solo nel Rinascimento che tornò ad essere popolare, per poi subire una vera e propria rivoluzione nel 1860 quando Eugéne Rimmel creò un mascara non tossico a base di polvere di carbone e vaselina.

La nascita del rimmel

Il mascara diventò così famoso che il suo nome divenne sinonimo di questo prodotto. Negli Stati Uniti, nel 1913, il chimico Williams creò un mascara in panetti che si applicava bagnando uno spazzolino. Solo nel 1957 apparve la confezione moderna di mascara fluido, pronto per l’applicazione diretta.

Composizione e componenti

Le sostanze chimiche presenti nei mascara possono variare a seconda del produttore, ma generalmente sono costituiti da oli o , e conservanti. Le proporzioni e gli ingredienti dipendono dall’obiettivo del mascara: allungante, volumizzante, resistente all’acqua, ecc.

Oli e cere

Gli oli e le cere sono componenti essenziali del mascara, conferendo e aderenza al prodotto. Gli oli più comuni utilizzati sono oli minerali, di sesamo, eucalipto, ricino, lino e lanolina. Le cere aiutano a mantenere le ciglia separate, lunghe e folte, con la paraffina, cera di carnauba, cera di palma e cera d’api tra le più utilizzate.

Pigmenti

Ogni mascara contiene pigmenti che conferiscono il colore desiderato alle ciglia. Questi pigmenti sono un elemento fondamentale per definire l’aspetto finale del trucco degli occhi.

In conclusione, il mascara non è solo un prodotto per il trucco, ma anche un simbolo di bellezza e fascino che ha attraversato secoli di storia per diventare un elemento imprescindibile nel mondo della cosmetica moderna.

I segreti degli ingredienti nei mascara

I mascara, elementi fondamentali di ogni make-up, nascondono al loro interno una serie di ingredienti che contribuiscono alla loro consistenza e al loro colore. I mascara tradizionali neri, ad esempio, sono composti da ossidi di ferro, catrame, carbone o residui di cenere, opportunamente trattati e purificati. Per quanto riguarda i mascara marroni, solitamente contengono pigmenti estratti dalla corteccia d’albero, resine o prodotti sintetici. Invece, quelli dai colori più eccentrici come il blu, il fucsia, il viola, il verde o il rosso contengono miscele di coloranti artificiali, e più di recente si utilizzano anche pigmenti estratti dalla frutta.

Conservanti

Nei mascara, composti da miscele di cere, oli e pigmenti che tendono a separarsi nel tempo, sono necessarie sostanze conservanti. Queste sostanze contribuiscono a mantenere una consistenza uniforme e a evitare che il prodotto debba essere mescolato prima dell’uso. I conservanti sono principalmente sostanze chimiche stabilizzanti di varie origini, sia naturali che sintetiche. Le case produttrici utilizzano diversi tipi di conservanti, evitando quelli nocivi come il mercurio, il vinilcloruro e il cloroformio.

Tipi di mascara

Negli ultimi anni, grazie ai progressi della e della tecnologia, sono stati introdotti diversi tipi di mascara, ognuno con caratteristiche specifiche:

Mascara ipoallergenici


Trattamenti per ciglia fragili


Mascara incolori per sistemare ciglia e sopracciglia ribelli


Mascara con vibrazione, che grazie a un meccanismo di vibrazione permette di separare le ciglia senza formare grumi.

In conclusione, i mascara non sono semplici prodotti cosmetici, ma vere e proprie formule che uniscono ingredienti per creare un look perfetto per ogni esigenza.

Acido tartarico: struttura, sintesi, usi

: Caratteristiche e utilizzi

L’acido tartarico, con formula HOOC-CH(OH)-CH(OH)-COOH e nome I.U.P.A.C. acido 2,3-diidrossibutandioico, è un acido bicarbossilico ottenuto come derivato ossidrilato in posizione 2 e 3 dell’acido succinico.

Struttura dell’acido tartarico

Questo acido presenta due atomi di carbonio asimmetrici, dando luogo a due : l’acido D-(S,S)-(−)-tartarico, l’acido L-(R,R)-(+)-tartarico e l’acido (2R,3S)-tartarico, che rappresenta il suo stereoisomero meso.

Gli studi condotti da Louis Pasteur sulle proprietà cristallografiche, chimiche e ottiche dell’acido tartarico hanno contribuito alla comprensione della stereoisomeria.

L’acido tartarico e i suoi sali sono solidi cristallini bianchi solubili in acqua e trovano impiego nella preparazione di digestivi effervescenti quando miscelati a bicarbonato di sodio.

Utilizzi e origine

L’acido tartarico era originariamente estratto dal tamarindo per i suoi effetti positivi sull’apparato digerente, in quanto favorisce l’assorbimento intestinale. Attualmente, è presente in alte concentrazioni in varie fonti naturali come uva, albicocche, banane, mele e semi di girasole.


Una via per ottenere l’acido tartarico è l’ossidazione del glucosio in presenza di acido nitrico ed come la perossidasi. L’acido nitrico può manifestare la sua azione ossidante anche nei confronti del lattosio e dell’amido.

Un’altra metodologia per la sintesi dell’acido tartarico consiste nell’elettrolisi acida dell’acido saccarico o nel trattamento del medesimo acido saccarico. Queste tecniche consentono di produrre l’acido tartarico in modo efficiente e controllato.L’acido tartarico è un composto che può essere ottenuto come sottoprodotto dei processi enologici, presente sia nelle vinacce spremute che nel vino dopo la fermentazione principale. Durante la fermentazione del vino si separano altri materiali tartarici che si accumulano nelle fecce e nei depositi sulle pareti delle botti, noti come tartari di botte. Questi materiali sono utilizzati per produrre prodotti tartarici destinati al consumo.

Processo di ottenimento e caratteristiche dell’Acido Tartarico

In presenza di o perossido di bario, l’acido tartarico può essere separato dai vinaccioli. La presenza di acido tartarico conferisce al vino una sensazione di freschezza, mentre la sua carenza può rendere il vino privo di corpo.

Reazioni e Applicazioni

In ambiente controllato, l’acido tartarico può subire processi di scissione dei legami C-O e di idrogenazione, generando acido succinico. Quest’ultimo, a sua volta, può decomposizione in acido piruvico sotto riscaldamento.

L’acido tartarico trova ampio impiego in diversi settori. Nell’industria alimentare, viene utilizzato come acidificante e conservante in succhi di frutta, conserve, bevande analcoliche e marmellate, nonché come correttore di acidità nel settore enologico. Nel campo farmaceutico, è impiegato per la preparazione di granulati effervescenti insieme all’acido citrico. Le proprietà esfolianti dell’acido tartarico lo rendono un ingrediente comune nei prodotti cosmetici per favorire il rinnovamento cellulare e migliorare l’aspetto della pelle.

Utilizzi dell’Acido Tartarico

Nell’edilizia, l’acido tartarico viene utilizzato per preparare il gesso impiegato su pareti e pannelli prefabbricati, in quanto rallenta la presa del materiale, facilitandone la distribuzione. Nel settore industriale, è impiegato per la pulizia e la lucidatura dei metalli, nella tintura della lana e in alcuni processi di stampa e sviluppo fotografico.

In definitiva, l’acido tartarico è un componente versatile con molteplici applicazioni che vanno dall’industria alimentare al settore cosmetico e farmaceutico, evidenziando la sua importanza in vari ambiti produttivi.

Tartaro dentale: composizione, patologie

Cos’è il Tartaro Dentale e Come si Forma

Il tartaro dentale è una placca batterica mineralizzata che si accumula sulla superficie dei denti, danneggiando l’aspetto dei denti e delle gengive, aumentando il rischio di carie. È fondamentale sottoporsi regolarmente a una detartrasi dal dentista per rimuovere il tartaro.

Quando il tartaro si forma sui denti, crea una superficie ruvida che facilita l’accumulo di residui di cibo, favorendo ulteriormente la formazione di placca e tartaro aggiuntivo. Esistono due tipi di tartaro: sopragengivale e sottogengivale, che possono manifestarsi singolarmente o insieme.

Composizione Chimica del Tartaro Dentale

Il tartaro sopragengivale è composto principalmente da fosfato di calcio, carbonato di calcio, e tracce di fosfato di magnesio. I componenti principali sono calcio, fosforo e magnesio, insieme a tracce di altri elementi come sodio, zinco, stronzio e molti altri.

La maggior parte della componente inorganica del tartaro si presenta sotto forma cristallina, con idrossiapatite, whitlockite, fosfato ottocalcico e brushite come cristalli predominanti. La componente organica del tartaro è una miscela di proteine, polisaccaridi, cellule epiteliali, leucociti e microrganismi, presenti nelle glicoproteine salivari.

Questo processo può essere contrastato attraverso una corretta igiene orale e visite regolari dal dentista per la rimozione del tartaro. La prevenzione è fondamentale per mantenere una corretta salute dentale e prevenire complicazioni future.La componente organica del tartaro, che si trova in una variazione tra l’1.9 e il 9.1, è costituita principalmente da carboidrati come galattosio, glucosio, acido glucoronico, galattosamina, e talvolta anche da acido galatturonico e glucosamina.

Il tartaro sottogengivale ha una composizione simile a quella del tartaro sopragengivale, con una quantità simile di idrossiapatite, una maggiore presenza di whitlockite e una minore quantità di fosfato ottocalcico e brushite.

Importanza della rimozione del tartaro

# Patologie correlate

La pulizia orale quotidiana non è sempre sufficiente a eliminare il tartaro in profondità, specialmente negli spazi interdentali e nelle eventuali sacche gengivali presenti. Il tartaro può causare infiammazione cronica delle gengive ed è spesso responsabile di malattie parodontali come la piorrea e la gengivite.

# Trattamento

Per prevenire la formazione di carie e lo sviluppo di patologie parodontali, è essenziale rimuovere meccanicamente il tartaro presso uno studio odontoiatrico. In presenza di tartaro sottogengivale, particolarmente dannoso in quanto si trova più vicino all’osso alveolare, può essere necessario un trattamento specifico come il curettage sottogengivale.

Per maggiori informazioni sulla chimica organica dei carboidrati, puoi consultare articoli specifici sui seguenti link: [https://chimica.today/chimica-organica/carboidrati/](https://chimica.today/chimica-organica/carboidrati/), [https://chimica.today/chimica-organica/galattosio/](https://chimica.today/chimica-organica/galattosio/), [https://chimica.today/chimica-organica/glucosio/](https://chimica.today/chimica-organica/glucosio/).

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