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Reazioni di riarrangiamento: intramolecolari, pericicliche, esempi

Reazioni di riarrangiamento: significato e esempi

Le reazioni di riarrangiamento implicano lo spostamento di un atomo o di un legame all’interno di una molecola da un punto all’altro. Questi processi sono cruciali in diverse tipologie di reazioni chimiche, come addizioni, eliminazioni e sostituzioni, al fine di generare composti più stabili dal punto di vista termodinamico.

Le reazioni di riarrangiamento possono verificarsi sia in molecole a base di carbonio che in eteroatomi come ossigeno e azoto.

Reazioni intramolecolari

Le reazioni di riarrangiamento intramolecolari sono esempi fondamentali di ristrutturazione molecolare. In queste situazioni, il prodotto finale rappresenta un isomero strutturale del reagente, dopo uno shift ,2 che coinvolge di solito ioni idruro o gruppi alchilici.

Reazioni pericicliche

Le reazioni pericicliche sono reazioni concertate che avvengono in un’unica fase, senza formare prodotti intermedi. Esse sono caratterizzate da uno stato di transizione ciclico e includono le , che portano a un riarrangiamento molecolare attraverso la creazione di un nuovo legame σ e la rottura di un legame σ preesistente.

Un’altra reazione di riarrangiamento di rilievo è la , che comporta lo scambio di gruppi su diverse molecole di olefine.

Esempi

Alcuni esempi significativi di reazioni di riarrangiamento sono la trasposizione di Beckmann, che converte un’ossima in un’ammina, e il riarrangiamento di Curtius, che trasforma un azide acilico in composti diversi, a seconda delle condizioni di reazione.

Oltre a queste reazioni, esistono altri esempi di riarrangiamento che prendono il nome dai chimici che le hanno descritte. Nucleofili comuni in sintesi organica includono ammine primarie, carbammati o derivati dell’urea. La converte un’ammina primaria in un’altra ammina primaria. Il Riarrangiamento di Lossen consente di convertire un estere e un’ossidrilammina in un acido idrossiamico. La Reazione di Schmidt permette di ottenere un’ammina o un’ammide da un azide e un composto carbonilico. Infine, il trasforma un glicole in un composto carbonilico.

Per ulteriori approfondimenti sull’argomento, puoi visitare il link relativo ai nucleofili. Per informazioni dettagliate sulle ammine primarie, ti invitiamo a consultare l’articolo su chimica.today.

La reazione di degradazione di Hofmann: meccanismo e applicazioni

La reazione di è un processo che converte un’ammina primaria in un’ammide primaria attraverso un complesso meccanismo che coinvolge l’ossidazione dell’azoto e un riarrangiamento molecolare. Questa trasformazione avviene in condizioni calde, in un ambiente basico e con la presenza di un alogeno, generando diversi prodotti tra cui le alchiliche.

Durante la reazione, i gruppi alchilici o arilici migrano verso gli atomi di azoto carenti di elettroni, consentendo la formazione di ammine primarie.

Il processo inizia con la deprotonazione dell’azoto da parte di una base, seguita dall’attacco dell’alogenuro per formare una N-bromoammide. Successivamente, avviene la deprotonazione del residuo ammidico, generando un anione che subisce un riarrangiamento. Il gruppo R legato al carbonio carbonilico si lega all’azoto, mentre l’alogenuro si separa formando un isocianato.

L’isocianato subisce un’idrolisi producendo , che a caldo si trasforma in un’ammina primaria e tramite .

La degradazione di Hofmann trova applicazione in vari settori, inclusa la sintesi dell’acido antranilico e della 3-amminopiridina, utilizzati in ambito industriale e farmaceutico per diverse applicazioni.

Anfotero: comportamento di metalli, ossidi, idrossidi e amminoacidi

Metalli, ossidi, idrossidi e amminoacidi con comportamento anfotero

Il concetto di comportamento anfotero si riferisce alla capacità di una sostanza di agire sia da acido che da base. Questa caratteristica è chiaramente evidente nell’acqua, che può comportarsi da base in presenza di acido e da acido in presenza di base.

Un altro esempio di sostanza anfotera è rappresentato da alcuni sali di acidi poliprotici come l’ione H2PO4–, che può manifestare sia caratteristiche acide che basiche secondo la teoria di Brønsted e Lowry.

Tra i metalli che mostrano comportamento anfotero troviamo il berillio, l’alluminio, lo zinco, lo stagno e il piombo. Ad esempio, il berillio può reagire sia con acido cloridrico, producendo cloruro di berillio e idrogeno, sia con idrossido di sodio, producendo sodio berillato e idrogeno.

Gli ossidi e gli idrossidi di alcuni metalli, come rame, berillio, alluminio, zinco, stagno e piombo, possono anche manifestare comportamento anfotero. Ad esempio, l’ossido di alluminio può agire sia da base in presenza di acido, producendo cloruro di alluminio e acqua, sia da acido in presenza di base, producendo esaidrossocromato (III).

Nel caso degli amminoacidi, essi sono un altro esempio di composti anfoteri. In soluzione acquosa, gli amminoacidi possono assumere una forma zwitterionica, caratterizzata da una carica netta neutra e due cariche opposte all’interno della molecola. In presenza di un ambiente acido, il gruppo -COO- si protona, mentre in un ambiente basico il gruppo -NH3+ si deprotona.

Per ulteriori approfondimenti su concetti come l’autoionizzazione dell’acqua, gli acidi diprotici e la teoria di Brønsted e Lowry degli acidi e delle basi, ti invitiamo a consultare i seguenti link:

– [Autoionizzazione dell’acqua](https://chemistry.stackexchange.com/questions/10929/what-is-the-autoionization-of-water)
– [Acidi diprotici](https://pubs.acs.org/doi/10.1021/jp080385e)
– [Teoria di Brønsted e Lowry degli acidi e delle basi](https://chem.libretexts.org/Bookshelves/Physical_and_Theoretical_Chemistry_Textbook_Maps/Supplemental_Modules_(Physical_and_Theoretical_Chemistry)/Acids_and_Bases/Acids_and_Bases_in_Aqueous_Solutions/Bronsted-Lowry_Acids_and_Bases)

L’effetto dell’acido beenico sui livelli di colesterolo nell’uomo

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L’acido beenico, o acido docosanoico, è un acido grasso saturo a catena lunga presente nell’olio behen. In passato si credeva che non influenzasse i livelli lipidici nel sangue a causa della sua scarsa assimilazione. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che l’acido beenico può aumentare i livelli di colesterolo nell’uomo, suscitando interesse nell’ambito della ricerca scientifica.

Proprietà e utilizzo dell’acido beenico

L’acido beenico è un acido carbossilico con una catena carboniosa lunga che lo rende poco solubile in acqua. Può essere ottenuto dall’acido erucico mediante idrogenazione catalitica. In ambito alimentare, vengono impiegati trigliceridi strutturati che includono l’acido beenico per migliorare le proprietà fisico-chimiche di grassi e oli.

Fonti alimentari e usi industriali dell’acido beenico

L’acido beenico si trova in diverse fonti alimentari come l’olio di arachidi, le noci di macadamia e altri alimenti. Viene utilizzato in vari settori industriali, tra cui la produzione di cosmetici, saponi, imballaggi alimentari e prodotti farmaceutici. Grazie alle sue proprietà idrofobe, viene impiegato anche in cosmesi per la produzione di creme idratanti, shampoo e altri prodotti per la cura della pelle e dei capelli.

In ambito cosmetico, l’acido beenico agisce come lubrificante ed emolliente, migliorando l’idratazione della pelle e dei capelli. Trova impiego anche come agente opacizzante in diversi cosmetici. Per ulteriori informazioni sull’argomento, puoi approfondire leggendo l’articolo sul [burro di cacao](https://chimica.today/chimica-organica/composizione-del-burro-di-cacao/).

Liasi: sottoclassi, reazioni

Le liasi sono enzimi fondamentali che svolgono un ruolo cruciale nella catalisi di reazioni biochimiche mediante la rottura di diversi tipi di legami chimici. Questi enzimi sono distinti per la loro capacità di formare nuovi doppio legami o strutture ad anello che hanno importanti funzioni biologiche.

Le liasi vengono classificate nel sistema degli enzimi in base al numero EC, appartenendo alla categoria EC 4 e presentano diverse sottoclassi che includono:

EC 4.1:

che comprende enzimi come le decarbossilasi, responsabili della rottura di legami carbonio-carbonio. Un esempio è la piruvato decarbossilasi.

EC 4.2:

che coinvolge enzimi come le deidratasi, che tagliano legami carbonio-ossigeno. Un esempio è la serina deidratasi.

EC 4.3:

che includono enzimi come l’ammoniaca liasi, che tagliano legami carbonio-azoto. Ad esempio, l’aspartato-ammoniaca liasi.

EC 4.4:

che riguardano enzimi che tagliano legami carbonio-zolfo, come le sulfidrasi. Ad esempio, l’omocisteina desulfurilasi.

EC 4.5:

che comprendono enzimi che tagliano legami carbonio-alogeno, come le deidroclorinasi. Un esempio è la DDT-deidroclorinasi.

EC 4.6:

che coinvolgono enzimi che tagliano legami fosforo-ossigeno, come le adenilato ciclasi, responsabili della trasformazione dell’ATP in adenosinmonofosfato ciclico.

EC 4.99:

che includono le altre liasi.

Queste suddivisioni mettono in luce la diversità e l’importanza delle liasi nella catalisi di reazioni biologiche fondamentali. Per ulteriori informazioni sulle liasi e sulle loro sottoclassi, puoi consultare [questo articolo](https://en.wikipedia.org/wiki/Lyase).

Propene: sintesi, reazioni

Produzione, caratteristiche e utilizzi del propene

Il propene, noto anche come propilene, è un idrocarburo insaturo appartenente alla famiglia degli alcheni con formula CH2=CH-CH3. Si presenta come gas incolore con odore simile a quello del petrolio ed è impiegato principalmente come materia prima per la produzione di .

Per ottenere il propene si utilizzano principalmente due processi: lo steam cracking, che prevede la pirolisi degli idrocarburi del gas naturale in presenza di vapore acqueo, e il . Tuttavia, sono stati sviluppati approcci alternativi per ottenere propene come prodotto principale, come ad esempio il cracking catalitico del propano o il processo MTO (Methanol To Olefine).

Il propene è un composto chimico di grande importanza nell’industria, poiché ha numerose applicazioni come materia prima nella produzione di polimeri e solventi. La sua produzione su vasta scala e i suoi svariati impieghi lo rendono una molecola fondamentale nel contesto industriale contemporaneo.

Il propene, noto anche come propilene, è un alchene asimmetrico che segue la regola di Markovnikov nelle sue reazioni. Tra le reazioni tipiche del propene troviamo l’idrogenazione catalitica, l’alogenazione, l’addizione di acidi alogenidrici e l’idratazione, che avvengono attraverso la formazione di un carbocatione.

Una delle reazioni più rilevanti del propene è la formazione dell’ossido di propilene, ottenuto dalla reazione del propene con cloro e , che porta alla formazione di una miscela di cloridrine isomere come il -cloro-2-propanolo e il 2-cloro-1-propanolo. Le cloridrine ottenute possono essere sottoposte a una reazione di con l’idrossido di sodio per produrre l’ossido di propilene.

Il propene può reagire con perossido di idrogeno o un idroperossido per generare butanale tramite una reazione di idroformilazione, facendo reagire il propene con monossido di carbonio e idrogeno in presenza di un sale solido di cobalto.

Inoltre, il propene reagisce con benzene e ossigeno per produrre fenolo e acetone nel processo di cumene.

Il propene svolge anche un ruolo importante come monomero di base nella sintesi del polipropilene isotattico.

Nitrosammine: generalità

Le nitrosammine: caratteristiche e sorgenti di formazione

Le nitrosammine sono composti organici che includono un gruppo nitroso legato all’atomo di azoto all’interno delle ammine. La loro presenza è riscontrabile nel fumo di sigaretta, derivante dalla combustione della nicotina. Queste sostanze sono inoltre individuabili nell’aria e nell’acqua.

La sintesi delle nitrosammine avviene attraverso la reazione delle ammine con ioni nitrosili, che si generano dalla reazione del nitrito di sodio in condizioni acide. L’acido nitroso così formato si converte in ione nitrosonio, che agisce come agente elettrofilo.

Le ammine primarie, siano esse alifatiche o aromatiche, formano sali di diazonio. Le ammine secondarie reagiscono con l’ione nitrosonio per produrre nitrosammine. Le ammine terziarie alifatiche mostrano una scarsa reattività con l’ione nitrosonio, mentre le ammine terziarie aromatiche subiscono nitrosazione dell’anello attraverso sostituzione elettrofila aromatica.

Effetti e presenza nelle sostanze

Le nitrosammine sono conosciute per le loro proprietà cancerogene in grado di causare mutazioni genetiche tramite alchilazione del DNA. Queste sostanze sono presenti in alcuni alimenti, dove si generano dalla reazione tra ossidi di azoto e ammine secondarie, o durante processi di fermentazione.

Gli alimenti trasformati, specialmente le carni, sono una delle principali fonti di nitrosammine. Il nitrito viene aggiunto a queste carni per prevenire la crescita del Clostridium botulinum, responsabile del botulismo alimentare. Inoltre, contaminanti come pesticidi, diserbanti e fertilizzanti azotati possono contribuire alla formazione di queste sostanze.

In passato, le nitrosammine si formavano durante i processi di essiccazione del malto utilizzati nella produzione di birra, ma grazie a specifiche azioni mirate si è ridotta la presenza di questi composti nei prodotti finali.

Le nitrosammine possono anche trovarsi nei cosmetici, derivanti dalla reazione della dietanolammina e dei suoi derivati con eventuali nitriti presenti, impiegati come anticorrosivi.

Riconoscere e monitorare la presenza di nitrosammine in varie fonti è fondamentale per garantire la sicurezza e la salute pubblica.

Per ulteriori approfondimenti sulla chimica delle nitrosammine, puoi visitare [questo link](https://chimica.today/nitrosammine-caratteristiche-formazione-alimenti-cosmetici/).

Diagrammi di fase. Soluzione solida completa

Diagrammi di fase: la miscelazione totale nei sistemi binari

I diagrammi di fase sono strumenti utilizzati per rappresentare le diverse fasi di equilibrio di un sistema in funzione di varie variabili di stato. Tra i diagrammi di fase più significativi troviamo quelli associati ai sistemi binari, in cui due componenti sono completamente miscibili sia nello stato solido che liquido.

Un esempio di ciò è il diagramma dei sistemi binari con soluzione solida completa, che mostra un comportamento simile a quanto illustrato di seguito.

Questo tipo di diagramma visualizza la temperatura sull’asse delle ordinate e la composizione sulla scala delle ascisse, espressa in frazione molare o come percentuale di composizione.

Lettura del diagramma

Il diagramma mostra le temperature di fusione dei componenti puri come t_A e t_B. A temperature più elevate rispetto alla regione bifasica, si ha una fase liquida indipendentemente dalla composizione, il che indica una completa miscibilità dei due componenti nello stato liquido. In questo sistema, i componenti A e B sono completamente solubili anche nello stato solido, in accordo con le regole di Hume-Rothery per i sistemi metallici, le quali considerano criteri come la differenza dei raggi atomici, la struttura cristallina, l’elettronegatività e la valenza.

Alle temperature più basse, all’interno della regione di fase singola della soluzione solida, si osserva un’unica fase presente. Tra i due campi di fase singola si trova una regione bifasica, delimitata rispettivamente dal Liquidus e dal Solidus, che indicano il confine al di sopra del quale il sistema è completamente solidificato.

Per una specifica composizione e temperatura all’interno della regione bifasica, si raggiunge un equilibrio tra un liquido ricco di A e una soluzione ricca di B. Tracciando una linea orizzontale a temperatura costante, si possono individuare i punti di intersezione delle curve, corrispondenti alle composizioni del liquidus, solidus e dei componenti A e B.

La linea che connette le composizioni delle due fasi è conosciuta come linea di equilibrio. Per approfondire la conoscenza sulla frazione molare e comprendere meglio le proprietà della soluzione solida completa, puoi leggere ulteriori informazioni sulla [frazione molare](https://chimica.today/stechiometria/frazione-molare-esercizi-svolti).

Il serpente del faraone: tra chimica e magia

Il fenomeno del serpente del faraone: tra mistero e alchimia

Il serpente del faraone è un fenomeno affascinante che suscita grande interesse non solo tra gli esperti del settore, ma anche tra gli appassionati di . Si tratta di una reazione chimica particolare che mescola elementi di mistero e alchimia.

Le reazioni chimiche coinvolgono la trasformazione di reagenti in prodotti attraverso processi di rottura e formazione di legami chimici. Questi cambiamenti possono manifestarsi attraverso variazioni di colore, la formazione di precipitati o la generazione di gas.

Una delle reazioni più misteriose è quella del “serpente del faraone”, nota per il suo impatto visivo e suggestivo. Tuttavia, va tenuto presente che la sua realizzazione richiede l’uso di reagenti tossici e può generare prodotti altrettanto pericolosi.

Il processo chimico

Per creare il serpente del faraone, si parte dal tiocianato di (II), ottenuto dalla reazione tra di mercurio(II) e . La reazione avviene secondo l’equazione: Hg(NO3)2 + 2 KSCN → Hg(SCN)2 + 2 KNO3.

Durante la combustione del tiocianato di mercurio, si verifica la sua decomposizione, con la formazione iniziale di una sostanza scura costituita da nitruro di carbonio: 2 Hg(SCN)2 → 2 HgS + CS2 + C3N4.

I diversi prodotti formati subiscono ulteriori trasformazioni. Ad esempio, il solfuro di carbonio reagisce con l’ossigeno generando biossido di carbonio e biossido di zolfo, mentre il nitruro di carbonio si decompone parzialmente in azoto gassoso e cianogeno. Infine, il solfuro di mercurio reagisce con l’ossigeno producendo vapori di mercurio e biossido di zolfo.

Il risultato di questo complesso processo è la formazione di una struttura che ricorda un serpente, con un impatto visivo unico. Sebbene sia possibile ottenere un effetto simile con reagenti non pericolosi, non raggiungerebbe lo stesso livello di spettacolarità e fascino.

Per visualizzare la reazione del serpente del faraone in azione, puoi guardare questo (https://www.youtube.com/watch?v=FNB7neUQ0Mw).

L’albero di Diana: magia o chimica?

Il fenomeno dell’Albero di Diana: una reazione chimica misteriosa svelata

L’Albero di Diana, noto anche come Albero dei Filosofi, è un affascinante e misterioso deposito dendritico di che evoca l’immagine di un albero. Questa cristallina, seppur magica, è il risultato di una complessa reazione di ossidoriduzione.

Il famoso neurologo Oliver Sacks, oltre ai suoi contributi nel campo della neurologia, ha condiviso la sua passione per la chimica nel suo libro autobiografico “Zio Tungsteno”, in cui racconta i ricordi legati alla sua infanzia e alla chimica.

L’Albero di Diana, attribuito agli alchimisti, è il frutto di una reazione di ossidoriduzione che coinvolge il trasferimento di elettroni tra le sostanze chimiche, dando luogo alla formazione di depositi di argento dalle forme straordinarie.

Gli alchimisti antichi, desiderosi di replicare questa trasformazione, sperimentarono con l’argento, l’ e il senza considerare le potenzialità di riduzione che avrebbero potuto offrire una spiegazione scientifica al fenomeno.

In laboratorio, è possibile ottenere risultati simili senza l’utilizzo del mercurio, sostituendolo con il e creando una reazione alternativa che porta alla formazione dei depositi di argento.

La magia dell’Albero di Diana, anziché derivare da poteri sovrannaturali, si rivela essere la manifestazione di una reazione chimica precisa e replicabile, basata sui principi fondamentali dell’ossidoriduzione.

Se sei interessato ad approfondire il processo di formazione dell’Albero di Diana con esempi pratici, ti consiglio di consultare questo video.

Le bustine da tè rilasciano microplastica

Microplastica nelle bustine del tè: un rischio per l’ambiente e la salute pubblica

Secondo uno studio condotto dalla McGill University di Montreal, le bustine del tè, realizzate con fibre naturali e termoplastiche per aumentarne la resistenza, possono rilasciare durante la preparazione. Questo fenomeno solleva preoccupazioni per possibili effetti sulla salute umana e sull’ecosistema.

La presenza di micro e nel tè indica che questo tipo di inquinamento non si limita solo alle bustine, ma interessa anche altri prodotti alimentari come birra, miele e potabile. Le conseguenze di ingerire queste particelle sono ancora oggetto di studio, ma è chiaro che rappresentano una minaccia per la biodiversità e la salute pubblica, in particolare negli ambienti marini e acquatici.

La ricerca ha evidenziato la presenza di miliardi di micro e nanoplastiche nelle bustine del tè, con livelli significativamente più alti rispetto ad altri cibi analizzati in precedenza. Test condotti su microrganismi acquatici esposti a queste microplastiche hanno mostrato effetti negativi sulla loro salute e comportamento, anche se sono sopravvissuti.

Per ridurre l’esposizione alla microplastica, potrebbe essere consigliabile optare per il tè sfuso e filtrato anziché le bustine. Questo rappresenterebbe una soluzione pratica e tradizionale per evitare il rilascio di microplastiche durante la preparazione del tè.

Tuttavia, l’inquinamento da microplastiche non riguarda solo il settore alimentare, ma si estende a cosmetici, detergenti, vernici, fertilizzanti e granuli dell’industria petrolchimica. È fondamentale investire in ricerca e sviluppare soluzioni sostenibili per contrastare efficacemente questo problema che minaccia l’ambiente e la salute pubblica.

Gruppo 3 (Sc, Y, La, Ac): proprietà, reazioni

Proprietà e Caratteristiche del Gruppo 3: Sc, Y, La, Ac

Il Gruppo 3 della tavola periodica include gli elementi scandio, ittrio, lantanio e attinio, appartenenti al blocco d. Alcune fonti suggeriscono che potrebbero far parte di questo gruppo anche il lutezio e il laurencio, ma la questione è ancora da definire ufficialmente dall’IUPAC.

Questi elementi mostrano proprietà simili ai metalli alcalino-terrosi, presentandosi in quantità paragonabili al piombo, al rame e al cobalto, ma sono considerati rari in natura. Si trovano principalmente sotto forma di fosfati, silicati e occasionalmente fosfati con numero di ossidazione +3.

Proprietà degli elementi del Gruppo 3:

Scandio (Sc)
– Numero atomico: 21
– Configurazione elettronica: 4s^2, 3d^1
– Elettronegatività: 1.36
– Raggio atomico: 162 pm
– Temperatura di fusione: 1541°C
– Densità: 2.99 g/cm^3

Ittrio (Y)
– Numero atomico: 39
– Configurazione elettronica: 5s^2, 4d^1
– Elettronegatività: 1.22
– Raggio atomico: 180 pm
– Temperatura di fusione: 1522°C
– Densità: 4.47 g/cm^3

Lantanio (La)
– Numero atomico: 57
– Configurazione elettronica: 6s^2, 5d^1
– Elettronegatività: 1.10
– Raggio atomico: 183 pm
– Temperatura di fusione: 918°C
– Densità: 6.15 g/cm^3

Attinio (Ac)
– Numero atomico: 89
– Configurazione elettronica: 7s^2, 4d^1
– Elettronegatività: 1.10
– Raggio atomico: 188 pm

Se desideri scoprire ulteriori dettagli sulle proprietà di questi elementi del Gruppo 3, puoi visitare Chemix Today.

Gli elementi del Gruppo 13 reagiscono con i non metalli formando principalmente composti ionici, come i trialogenuri. Per approfondimenti sulle reazioni degli elementi del Gruppo 13, puoi consultare il sito di Chimica.

Inoltre, se sei interessato alle interazioni chimiche di questi elementi con i non metalli, [clicca qui](https://chimica.today/chimica-generale/non-metalli-2) per ulteriori informazioni.

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