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Biodegradazione del calcestruzzo: microrganismi, sostanze corrosive

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Biodegradazione delle strutture in calcestruzzo e i suoi effetti

La biodegradazione del calcestruzzo è causata da organismi che crescono in specifici ambienti favorevoli, caratterizzati da un’elevata umidità relativa (tra il 60% e il 98%), cicli di umidificazione ed essiccazione prolungati, presenza di anidride carbonica, ioni cloruro e , e piccole quantità di acidi. Questi organismi influenzano le strutture sotterranee, i sistemi fognari, le costruzioni marine e i sistemi di trattamento delle acque reflue, comportando costi significativi per la manutenzione e le riparazioni.

Composizione del calcestruzzo

L’idratazione del porta alla formazione di idrossido di (Ca(OH)2) che, reagendo con l’anidride carbonica, forma carbonato di calcio (CaCO3). Questo processo, chiamato carbonatazione, contribuisce all’indurimento della pasta cementizia e all’aumento della resistenza alla compressione del calcestruzzo. Tuttavia, la formazione di carbonati può causare ritiri e fessurazioni nel materiale, riducendo l’alcalinità e inducendo la corrosione dell’armatura in acciaio.

Attività dei microrganismi

L’attività metabolica dei microrganismi provoca la produzione di acidi corrosivi, come l’acido solfidrico, che influenzano l’ambiente circostante. I batteri responsabili della biodegradazione del calcestruzzo includono Nitrosococcus, Nitrosospira, Nitrosolobus, Nitrosomonas, Nitrobacter, Nitrococcus, Escherichia e Pseudomonas, che sono coinvolti in reazioni di conversione come NH4+ → NO2-, NO2- → NO3-, e NO3- → NO2-.

In conclusione, la biodegradazione delle strutture in calcestruzzo è un fenomeno complesso che coinvolge una serie di processi chimici e microbiologici che influenzano la durabilità e la resistenza del materiale nel . È importante comprendere questi processi per adottare misure preventive e di manutenzione mirate a preservare l’integrità delle costruzioni in calcestruzzo.

Processi di Riduzione Microbica

I microrganismi possono anche essere coinvolti nei processi di riduzione di differenti sostanze inorganiche. Ad esempio, batteri come Clostridium possono convertire il nitrato (NO3-) in ammonio (NH4+). Altri batteri, come i riducenti come Desulfovibrio, Desulfotomaculum e Desulfomona, possono ridurre lo solfato (SO4^2-) in solfuro di idrogeno (H2S). Ancora, specie come Crenothrix, Gallionella, Leptothrix, Sphaerotilus, Sulfobacillus e Acidithiobacillus ferrooxidans possono ridurre il ferro (Fe^3+) da ferro (Fe^2+), mentre batteri come Bacillus, Gallionella, Pseudomonas e Sphaerotilus sono capaci di convertire il manganese (Mn^2+) in manganese (Mn^4+).

Fermentazione e Produzione di Acidi Organici

In aggiunta ai processi di riduzione, esistono processi di fermentazione che portano alla formazione di acidi organici da parte di funghi e batteri. Questi acidi organici, come l’acido lattico, acetico e butirrico, possono contribuire all’aggressività corrosiva nei confronti di diversi materiali da costruzione, inclusi il calcestruzzo.

Sostanze Corrosive e Deterioramento del Calcestruzzo

La crescita e l’attività intensiva di microrganismi possono portare all’accumulo di sostanze biogene corrosive, le quali possono danneggiare il calcestruzzo e altri materiali da costruzione. Tra le sostanze corrosive prodotte dai microrganismi, si annoverano acidi organici come l’acido lattico, acetico e butirrico. Inoltre, batteri nitrificanti e batteri che ossidano lo zolfo possono portare alla formazione di acidi minerali come l’acido nitrico e solforico, che hanno la capacità di danneggiare il calcestruzzo. Queste sostanze reagiscono facilmente con i componenti del calcestruzzo, provocandone il deterioramento nel tempo.

Cianuro di ammonio: pH, sintesi, usi

Cianuro di Ammonio: Una Sostanza Instabile

Il cianuro di ammonio è un composto noto per la sua instabilità, formato dagli ioni ammonio e cianuro con formula NH₄CN. Questo composto si decompone a 36°C producendo cianuro di idrogeno e ammoniaca secondo la reazione: NH₄CN → HCN + NH₃.

Comportamento Acido-Base

Considerando il cianuro di ammonio come un sale solubile in acqua che si dissocia completamente, NH₄CN → NH₄⁺ + CN⁻. Derivato dall’acido debole HCN e dalla base debole NH₃, è possibile calcolare il pH di una soluzione utilizzando la formula semplificata pH = pKw/2 + pKa/2 – pKb/2, dove pKw = 14. Pertanto, in questo caso, il pH è di 9.23.

Proprietà

Il cianuro di ammonio si presenta come un solido cristallino incolore che sublima a 40°C ed è altamente solubile in acqua ed etanolo. Inoltre, si decompone in acqua calda.

Sintesi

Ci sono diversi metodi per sintetizzare il cianuro di ammonio. Uno di essi coinvolge la reazione tra cianuro di idrogeno e ammoniaca, mentre un’altra via consiste nell’unire solfato di ammonio e cianuro di bario. Inoltre, può essere ottenuto dalla reazione tra cianuro di e . Anche il riscaldamento di una miscela di cianuro di potassio e può portare alla sua formazione per condensazione dei vapori.

Reazioni

Una delle reazioni più importanti coinvolge la , che porta alla produzione di α-amminoacidi. Questi composti sono ottenuti dalla reazione tra un’aldeide e il cianuro di ammonio in un processo a due stadi.

In conclusione, il cianuro di ammonio, nonostante la sua instabilità, svolge un ruolo significativo in diverse reazioni chimiche, inclusa la sintesi di composti importanti come gli α-amminoacidi.

Carbonato di polipropilene- sintesi, proprietà, usi

Il Carbonato di Polipropilene come Copolimero Biodegradabile

Il carbonato di polipropilene (PPC) è un copolimero termoplastico che si ottiene sintetizzando anidride carbonica e . Questo materiale ha suscitato un grande interesse tra i ricercatori per la sua biodegradabilità e per il fatto che si ottiene utilizzando anidride carbonica, un importante serra.

Sintesi del Carbonato di Polipropilene

La sintesi del PPC avviene tramite la reazione tra anidride carbonica e ossido di propilene, che porta alla formazione del carbonato di propilene. Successivamente, la polimerizzazione di questo composto con il glutarato di zinco come catalizzatore porta alla formazione del copolimero.

Le condizioni di sintesi, come , pressione, solvente e concentrazione iniziale dei reagenti, influenzano le proprietà e la composizione del copolimero.

Proprietà del Carbonato di Polipropilene

Il PPC è amorfo, ha una temperatura di transizione vetrosa di circa 40°C e si degrada termicamente a 252°C. Tra le sue proprietà principali ci sono l’eccellente trasparenza, la buona barriera all’acqua e all’ossigeno, la stampabilità e l’assenza di tossicità.

Applicazioni

Attualmente, il carbonato di polipropilene viene utilizzato come rinforzante nelle . Inoltre, a causa della sua bassa temperatura di decomposizione, viene impiegato come legante sacrificale nell’industria della ceramica, dove durante la si decompone ed evapora. I suoi compositi sono anche utilizzati come plastiche biodegradabili.

In generale, il PPC rappresenta una svolta nel settore dei materiali plastici in quanto offre un’alternativa sostenibile e biodegradabile, contribuendo alla riduzione dell’impatto ambientale legato ai rifiuti plastici.

Tripsina enzima pancreatico: proprietà

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Ruolo della come enzima digestivo e biologico

La tripsina è un enzima pancreasico noto come proteasi alla , coinvolto nella digestione delle proteine alimentari e in diversi processi biologici. Fu descritto per la prima volta nel 1876 dal fisiologo tedesco Wilhelm Friedrich Kühne.

La tripsina, una proteina globulare di medie dimensioni, è prodotta dal suo precursore, il tripsinogeno, nel pancreas. Il tripsinogeno è attivato dall’entropeptidasi, trasformandolo in tripsina. Questo enzima si trova nel succo pancreatico insieme ad altri enzimi come l’amilasi, la e il chimotripsinogeno.

Proprietà della tripsina

La tripsina è un enzima idrolasico appartenente al gruppo delle endopeptidasi, che riduce le proteine a polipeptidi più piccoli o singoli amminoacidi. Questo enzima spezza il degli amminoacidi basici come arginina e lisina, tranne quando uno dei due è seguito da .

Meccanismo di azione della tripsina

La tripsina contiene un residuo nucleofilo di serina nel sito attivo, che attacca la parte carbonilica del legame peptidico del substrato formando un intermedio acil-enzimatico. L’attacco nucleofilo è facilitato da una triade catalitica composta da istidina-57, aspartato-102 e serina-195.

Inibizione della tripsina e regolazione dell’attività enzimatica

La conversione del tripsinogeno in tripsina è un meccanismo per attivare l’attività enzimatica, ma questa fase è irreversibile. Gli inibitori specifici della proteasi riducono l’attivazione del tripsinogeno e l’attività della tripsina, fornendo un meccanismo per fermare la proteolisi.

In conclusione, la tripsina svolge un ruolo fondamentale nella digestione delle proteine e in altri processi biologici, grazie alla sua capacità di spezzare i legami peptidici. La sua regolazione tramite inibitori specifici è essenziale per il corretto equilibrio delle reazioni enzimatiche nel nostro corpo.

Resistenza elettrica: misura, conduttori

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Cos’è la resistenza elettrica di un conduttore o di un circuito e come influisce sul flusso di corrente

La resistenza elettrica di un conduttore o di un circuito è il rapporto tra la tensione applicata e l’intensità della che lo attraversa. In altre parole, rappresenta l’opposizione al flusso di corrente in un circuito elettrico: maggiore è la resistenza, maggiore è la barriera alla circolazione della corrente.

Misura della resistenza elettrica

Nel , la tensione si misura in volt, l’intensità di corrente in ampere e la resistenza in ohm (Ω). Un ohm corrisponde a Volt per 1 Ampere. La resistenza di un conduttore è quindi di 1 ohm quando una tensione di 1 V produce una corrente di 1 A.

Ruolo del conduttore nella resistenza elettrica

La resistenza di un materiale conduttore dipende dalla sua natura e dalla , ed è direttamente proporzionale alla lunghezza del materiale e inversamente proporzionale all’area della sezione trasversale. Questa relazione è espressa dalla formula R = ρ * l/A, dove ρ è la resistività del materiale.

Relazione tra potenza, tensione e corrente

La potenza trasferita in un circuito è il prodotto della tensione e della corrente, quindi P = V * i. Utilizzando la , possiamo derivare altre relazioni come P = V^2 / R e P = i^2 * R, che mostrano i legami tra potenza, tensione e resistenza o tra potenza, corrente e resistenza.

In conclusione, la resistenza elettrica di un conduttore o di un circuito è un concetto fondamentale che influenza il flusso di corrente e la dissipazione di potenza in un sistema elettrico. Comprendere come viene influenzata e calcolarla correttamente è essenziale per progettare e gestire circuiti elettrici in modo efficiente.

Melanoidine e reazione di Maillard

Melanoidine: cosa sono e dove si trovano

Le melanoidine sono composti ad alto peso molecolare contenenti azoto che si formano negli ultimi stadi della reazione di Maillard. Questi composti derivano dalla riduzione di zuccheri, proteine o amminoacidi durante la cottura. Sono presenti in vari alimenti come caffè, prodotti da forno, patatine, , orzo tostato, vino liquroso, birra e carne alla griglia.

Importanza delle melanoidine nell’industria alimentare

Le melanoidine contribuiscono allo sviluppo del colore bruno negli alimenti durante la cottura. Questo aspetto è cruciale nell’industria alimentare poiché conferisce agli alimenti un aspetto gradevole insieme a un aroma e un gusto distinti. Tuttavia, è importante notare che queste sostanze possono interagire con componenti volatili, come i tioli, e influenzare negativamente le caratteristiche sensoriali del cibo.

Proprietà delle melanoidine

La complessità e la diversità delle melanoidine rendono difficile stabilire completamente la loro struttura chimica. Questi composti sono anionici, di colore marrone, ad alto peso molecolare e contenenti azoto. Presentano difficoltà di purificazione e scarsa solubilità in acqua e solventi organici. Johann Ernst Oswald Schmiedeberg, nel 1897, identificò le melanoidine che hanno un peso molecolare medio compreso tra 5 e 40 kDa.

Possono assorbire la luce a 405 nm, consentendo di determinarne la concentrazione spettrofotometricamente attraverso la .

Ruolo e funzioni delle melanoidine

In passato, si riteneva che le melanoidine riducessero il valore nutritivo degli alimenti. Tuttavia, sono emersi diversi effetti benefici di queste sostanze, che agiscono come agenti , antimicrobici, antiipertensivi, antiallergenici e antimutageni. Alcune di queste caratteristiche contribuiscono a migliorare la conservazione degli alimenti.

Le melanoidine possono agire come antiossidanti secondari, eliminando radicali liberi e . Studi hanno confermato il loro potenziale antiossidante, dimostrando la capacità di contrastare i danni ossidativi.

In conclusione, le melanoidine sono molecole dalle molteplici proprietà che influenzano non solo il colore degli alimenti ma anche la loro qualità sensoriale e proprietà benefiche per la salute.

Legge di Biot: applicazioni nelle tecniche polarimetriche

La scoperta della legge di Biot, intitolata al fisico francese Jean-Baptiste Biot che la identificò nel lontano 1815, ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo delle tecniche polarimetriche. Questa legge viene impiegata per correlare efficacemente il potere ottico rotatorio specifico con l’angolo di rotazione. Le molecole chirali, conosciute come molecole otticamente attive, si distinguono per la capacità di far ruotare il piano della luce polarizzata.

L’ generato da questa particolare caratteristica è definito come rotazione ottica. I polarimetri vengono impiegati per effettuare misurazioni quantitative dell’angolo di rotazione. In tali strumenti, la luce ordinaria, di solito una radiazione monocromatica al sodio, passa attraverso un polarizzatore che la converte in luce polarizzata. Quest’ultima attraversa il campione e raggiunge un altro prisma di Nicol noto come analizzatore.

Quando la soluzione è collocata tra il polarizzatore e l’analizzatore con piani perpendicolari, una parte della luce polarizzata riesce a transitare attraverso l’analizzatore. Misurando l’angolo di rotazione dell’analizzatore che è richiesto per annullare la quantità di luce trasmessa, è possibile determinare la concentrazione della specie nella soluzione.

La Rotazione nelle Molecole Chirali

La maggior parte delle proprietà fisiche degli sono simili, tuttavia differiscono per la proprietà dell’attività ottica. Questa caratteristica fa sì che un campione sia in grado di far ruotare il piano di polarizzazione di un raggio di luce polarizzata che lo attraversa. Nel 1812 Biot scoprì che l’entità di questa rotazione dipendeva dallo spessore delle lastre di quarzo utilizzate.

Biot identificò che composti come le soluzioni di trementina e saccarosio erano capaci di far ruotare la luce, attribuendo questo fenomeno a particolari caratteristiche della loro struttura molecolare. Basandosi sulle sue ricerche, formulò la legge di Biot. La rotazione avviene grazie all’interazione tra la luce polarizzata e il mezzo chirale attraverso il quale essa passa.

Influenze sulla Rotazione

La lunghezza del percorso del campione chirale influisce sulla rotazione. Maggiore è il percorso, maggiore sarà la rotazione in quanto aumenta la quantità di campione chirale con cui la luce interagisce. Allo stesso modo, maggiore è la concentrazione, maggiore sarà la rotazione. Raddoppiando la concentrazione, si osserva una doppia rotazione.

Rotazione Specifica e Legge di Biot

Per rendere i dati relativi alla rotazione più universali, è stata definita la rotazione specifica per quantità ([α]). Questa metrica viene misurata in una provetta da 1 dm a 25 °C utilizzando una lampada al sodio che emette luce a una determinata . La rotazione specifica consente di standardizzare e confrontare i dati relativi alla rotazione osservata, facilitando la comprensione e l’ dei risultati ottenuti.

Il Significato della Rotazione Ottica nelle Soluzioni Chirali

La rotazione ottica è un fenomeno che si verifica quando la luce polarizzata passa attraverso una sostanza chirale in soluzione, causando un cambiamento nell’orientamento della luce stessa. Questa proprietà è definita come una rotazione specifica, che dipende dalla concentrazione del soluto chirale e dalla lunghezza del percorso ottico che la luce attraversa.

Influenze sulla Rotazione Ottica

Oltre alla concentrazione e alla lunghezza del percorso, la e il tipo di luce possono influenzare la rotazione osservata in una soluzione chirale. Ad esempio, la rotazione può essere oraria (+) o antioraria (-) a seconda delle caratteristiche del composto in esame, come stabilito dalla legge di Biot.

La formula [α]λt = α / (l * p) rappresenta la relazione tra l’angolo di rotazione (α), lo spessore della soluzione (l) in decimetri e la concentrazione del soluto (p) in grammi per millilitro. La relazione tra la concentrazione del soluto e l’angolo di rotazione può essere espressa come c = α * 100 / [α]λt, sottolineando l’importanza dell’analisi polarimetrica quantitativa in chimica.

Enantiomeri e Rotazione Ottica

Gli enantiomeri sono molecole che mostrano la stessa quantità di rotazione ottica, ma in direzioni opposte. Ad esempio, (R)-2-butanolo e (S)-2-butanolo hanno rispettivamente una rotazione specifica di -13,52° e +13,52°. Quando una miscela racemica, contenente il 50% di ciascun enantiomero, viene esaminata, non si osserva alcuna rotazione nel piano della luce polarizzata, poiché le rotazioni opposte si annullano a vicenda.

In conclusione, la rotazione ottica nelle soluzioni chirali fornisce informazioni cruciali sulla struttura e la composizione delle molecole chirali, permettendo agli scienziati di caratterizzare e analizzare le sostanze con precisione.

Glicoladeide o idrossietanale: proprietà, sintesi, reazioni

Glicolaldeide: un’imponente molecola organica.

La glicolaldeide, conosciuta anche come idrossietanale, è un composto organico fondamentale contenente sia un gruppo aldeidico che un gruppo alcolico. La sua formazione avviene nell’atmosfera attraverso l’ossidazione di composti come l’etene e l’isoprene, e presenta isomeria con l’acido acetico e il formiato di metile.

L’emissione di glicolaldeide nell’atmosfera terrestre è principalmente legata alla combustione delle biomasse, appartenendo alla categoria dei composti organici volatili. Interessante è il suo ruolo anche in ambito astrofisico e cosmologico, essendo stata individuata negli spazi interstellari e rappresentando una molecola prebiotica di rilievo, come nel centro galattico Sagittario B2.

Proprietà della glicolaldeide

La glicolaldeide, con formula C₂H₄O₂, presenta un pKa di 5.4 x10^-15, conferendole un’acidità paragonabile a quella di alcoli come l’etanolo e il metanolo. In forma monomerica è gassosa, mentre sotto forma di dimero si presenta allo stato solido. Ha un sapore dolce e una solubilità in acqua di 725 g/L.

La presenza di ambienti acidi o basici porta alla tautomeria con l’1,2-diidrossietene. Inoltre, la glicolaldeide è coinvolta nel metabolismo della vitamina B6 e si trova in diversi alimenti come broccoli, meloni e barbabietole.

Sintesi della glicolaldeide

La glicolaldeide può essere ottenuta dal 2-amminoetanolo grazie all’azione dell’enzima etanolammina ossidasi, che catalizza la reazione seguente: H₂NCH₂CH₂OH + H₂O + O₂ ⇄ HOCH₂CHO + NH₃ + H₂O₂.

Un’altra via sintetica prevede l’idroformilazione della formaldeide in presenza di catalizzatori al rodio. La glicolaldeide è anche un prodotto ottenuto durante la preparazione dell’olio di pirolisi e nella reazione del formosio.

In conclusione, la glicolaldeide è una molecola organica di grande interesse sia per le sue proprietà chimiche sia per il suo ruolo potenziale in contesti astrofisici e prebiotici.Il ruolo dei carboidrati, tra cui il ribosio come componente fondamentale dell’RNA, è fondamentale in molti processi biologici. Una reazione significativa coinvolge l’idrossido di calcio come catalizzatore per la trasformazione di formaldeide in diversi composti come glicolaldeide, gliceraldeide, diidrossiacetone e tetrosio.

Importanza della Reazione

Durante l’idrogenazione catalitica della glicolaldeide, si ottiene il glicole etilenico. Inoltre, la formaldeide e la glicolaldeide reagiscono con l’ammoniaca per produrre alanina e omoserina in presenza di catalizzatori tiolici.

Reattività con Ammine Secondarie

La formaldeide reagisce con le ammine secondarie tramite amminazione riduttiva, dando luogo alla formazione di amminoalcoli. Questa reazione è cruciale, fornendo un’alternativa sintetica per gli amminoalcoli rispetto all’uso di ossido di etilene e dicloroetano.

Per approfondire il tema dei carboidrati e delle reazioni chimiche correlati, puoi consultare ulteriori informazioni su [Chimica Today](https://chimica.today/chimica-organica/carboidrati/).

Cianoacetilene: reazioni, esperimento di Miller-Urey

Il cianoacetilene, conosciuto anche come prop-2-inonitrile, rappresenta il cianopoliino più semplice con formula generale HCnN, dove n può assumere valori come 3, 5, 7. La sua formula è HC3N e presenta la struttura H-C≡C-C≡N con un cianuro e due atomi di carbonio ibridati sp.

Importanza del Cianoacetilene

Il cianoacetilene è considerato una specie rilevante nella chimica dei composti prebiotici e uno dei principali costituenti organici nelle nubi interstellari. Ulteriori studi hanno individuato la presenza di cianoacetilene nelle nubi interstellari, nella chioma della cometa Hale-Bopp e nell’atmosfera di Titano, satellite di Saturno.

Esperimento di Miller-Urey

L’esperimento di Miller-Urey condotto nel 1953 dimostrò come le molecole organiche potessero formarsi da sostanze inorganiche attraverso il simulare condizioni prebiotiche prive di ossigeno. Attraverso scariche elettriche simulate da fulmini in un ambiente contenente acqua, idrogeno, metano e ammoniaca, si osservò la formazione di composti organici, inclusi amminoacidi.

Reazioni del Cianoacetilene

Il cianoacetilene è instabile e può subire idrolisi in ambiente alcalino producendo cianoacetaldeide. Inoltre, reagendo con il , può generare , coinvolta in processi sintetici di pirimidine. In condizioni acquose prebiotiche, il cianoacetilene può reagire con la cianammide o cianato per formare citidina, citosina e .

Il cianoacetilene assume un ruolo significativo in simulazioni dell’atmosfera primitiva terrestre, contribuendo a comprendere le possibili origini di composti organici essenziali.

Sebbene sia una molecola instabile, il cianoacetilene, alle lunghezze d’onda specifiche di 185 o 206 nm, può dare origine alla formazione di ,3,5-tricianobenzene.

Alginato di calcio: preparazione, usi, cocktail molecolari

Approfondimento sull’Alginato di : Struttura e Proprietà

L’alginato di calcio è una forma insolubile di alginato con una notevole capacità di rigonfiamento, capace di assorbire fino a 15-20 volte il proprio peso. Questa sostanza è praticamente insolubile in cloroformio, etanolo, etere etilico e altri solventi organici ma solubile in soluzioni diluite di citrato di sodio, bicarbonato di sodio, cloruro di sodio e soluzioni alcaline.

Estrazione e Preparazione dell’Alginato di Calcio dalle Alghe

L’alginato di calcio è un sale del polisaccaride , estratto dalle alghe brune della classe delle Phaeophyceae. Nelle alghe brune, l’acido alginico è presente principalmente come alginato di calcio, insieme a potenziali sali di magnesio, potassio e sodio.

Il processo più comune per ottenere alginato di calcio consiste nel convertire i sali poco solubili di calcio e magnesio in alginato di sodio solubile. Questo viene realizzato tramite trattamenti con sostanze alcaline come carbonato di sodio o diluiti come acido solforico o acido cloridrico, che portano alla formazione di alginato di sodio solubile, il quale precipita in presenza di cloruro di calcio come alginato di calcio.

Utilizzi dell’Alginato di Calcio

L’alginato di calcio trova diverse applicazioni industriali e mediche. Nell’industria alimentare, viene impiegato come additivo, addensante ed emulsionante. Inoltre, nell’industria della saldatura, viene usato come rivestimento plastificante per bacchette di saldatura.

Il principale impiego dell’alginato di calcio è nel campo medico, specialmente per medicazioni antimicrobiche e per la cura delle ferite grazie alle sue proprietà assorbenti. La presenza di ioni di calcio nella medicazione interagisce con gli ioni di sodio nel fluido della ferita, causando il rigonfiamento della fibra che si dissolve parzialmente in un gel. Spesso viene utilizzato insieme all’alginato di argento per le sue proprietà antimicrobiche.

Wollastonite: diffusione, proprietà, usi

La Wollastonite: caratteristiche e utilizzi

La wollastonite è un minerale costituito da silicato di , con formula chimica CaSiO3, che prende il nome dal famoso chimico e mineralogista britannico Sir W.H. Wollaston, celebre per la scoperta del rodio e del palladio.

Produzione e diffusione

La wollastonite si forma in condizioni di elevate temperature e pressioni quando il calcare o altre rocce ricche di calcio vengono esposte a fluidi contenenti silice, come ad esempio negli skarn o nelle rocce metamorfiche di contatto. In Italia, si può trovare nel Sarrabus-Gerrei, in Sardegna, e sul Monte Somma, in Campania. In Europa è presente in diversi paesi come Finlandia, Svezia, Irlanda, Germania, Romania e Repubblica Ceca. In Africa, sono stati individuati campioni principalmente in Kenya, Namibia, Sudan, Sud Africa e Mont Ibity, Madagascar. Infine, in Asia, la wollastonite è prodotta in Turchia, Tagikistan e Uzbekistan, e si trova anche in Canada, Messico, Giappone, e negli Stati Uniti, in Nevada e New Jersey.

Proprietà e caratteristiche

La wollastonite si presenta generalmente di colore bianco, grigio o verde chiaro, ma possono essere presenti variazioni di colore come il giallo chiaro, marrone e rosa. Il minerale può contenere impurità di magnesio, manganese, stronzio, alluminio, potassio e sodio al posto del calcio. Ha una durezza compresa tra 4.5 e 5 sulla scala di Mohs e un peso specifico tra 2.86 e 3.09. È caratterizzata da stabilità termica, alto punto di fusione ed è scarsamente solubile in acqua, ma può essere disciolta in ambienti acidi come l’acido cloridrico concentrato.

Utilizzi e applicazioni

Originariamente utilizzata come pietra decorativa, a partire dagli anni ’80 la wollastonite ha trovato impiego come sostituto dell’ in vari settori. Viene impiegata nella produzione di per migliorarne la resistenza e ridurre i difetti dello smalto. Nell’ambito delle applicazioni metallurgiche, la wollastonite agisce come fondente per la saldatura e protegge la superficie del metallo fuso durante la colata continua dell’. Utilizzata come additivo nelle vernici, migliora la durata del film di vernice, funge da tampone del pH e riduce il consumo di pigmenti. Nelle materie plastiche, aumenta la resistenza alla trazione e alla flessione, riducendo il consumo di resina e migliorando la stabilità alle alte temperature.

Chimica prebiotica: formazione di composti organici origine della vita

Chimica prebiotica: la ricerca sull’origine della vita

La chimica prebiotica è il campo di studio che si occupa dell’origine della vita sulla Terra attraverso la formazione di composti organici in condizioni prebiotiche. Nonostante decenni di ricerche, l’origine della vita rimane ancora una questione senza risposta definitiva, sebbene l’ipotesi della formazione di composti organici nell’ambiente terrestre primitivo fornisca spunti interessanti.

Composizione atmosferica e radiazioni solari

Uno dei principali ostacoli nello studio dell’origine della vita riguarda la composizione della prima atmosfera terrestre. Le teorie oscillano tra un’atmosfera altamente riducente e una più simile a quella attuale, ma con minor presenza di ossigeno molecolare. Questa diversità influisce sulle radiazioni solari e sul tipo di sostanze organiche che potevano formarsi sulla Terra primordiale.

Proprietà dell’acqua e temperature prebiotiche

Anche le proprietà dell’acqua, come il pH, la salinità e la temperatura, sono fondamentali per comprendere la chimica prebiotica, ma la mancanza di conoscenze precise su queste variabili costituisce un altro ostacolo significativo nella ricerca sull’origine della vita.

Il ruolo della chimica conosciuta nella ricerca prebiotica

Nonostante le incertezze, la chimica conosciuta fornisce una base solida per comprendere come i composti organici si siano potuti formare negli ambienti prebiotici, rappresentando quindi un supporto essenziale per la chimica prebiotica.

Amminoacidi: l’esperimento di Miller-Urey

L’esperimento di Miller-Urey, condotto nel 1953, è stato cruciale per dimostrare come le molecole organiche si possano formare da sostanze inorganiche più semplici. Attraverso la simulazione di condizioni prebiotiche con scariche elettriche in presenza di acqua, idrogeno, metano e ammoniaca, si sono ottenuti composti organici, inclusi amminoacidi come , , acido glutammico e acido aspartico.

Purine: la scoperta di Joan Oró

Joan Oró, biochimico spagnolo, nel 1961 scoprì che l’, un componente essenziale del DNA, poteva essere prodotta da soluzioni concentrate di cianuro di ammonio. Questa scoperta ha contribuito a ampliare la comprensione dei processi di formazione di composti organici nelle condizioni prebiotiche.

In conclusione, nonostante le sfide e le incertezze, la ricerca in campo di chimica prebiotica continua a offrire stimolanti spunti per comprendere l’origine della vita sulla Terra. La combinazione di conoscenze chimiche consolidate e esperimenti innovativi ci avvicina sempre di più a svelare i misteri dei processi che hanno dato inizio alla vita sul nostro pianeta.

Sintesi di Pirimidine

La primissima sintesi prebiotica di pirimidine studiata è stata quella dell’uracile da e urea. Successivamente, è stata scoperta la sintesi della da cianoacetilene HCCCN e cianato NCO-. Questi composti vengono prodotti dall’azione di scariche di scintille su miscele di metano e azoto, o dalla decomposizione dell’urea. Si tenga presente che la guanina può essere prodotta anche dalla polimerizzazione di soluzioni concentrate di cianuro di ammonio tra -80 e -20 gradi Celsius.

Chimica Prebiotica oltre la Terra

I pianeti del nostro sistema solare e le loro lune offrono interessanti prospettive per la ricerca di composti organici. Anche se la superficie di pianeti come Venere o Mercurio potrebbe essere troppo ostile per la sintesi di sostanze organiche complesse, Marte sembra ospitare condizioni che potrebbero favorire tali processi all’interno del suo sottosuolo.

Allo stesso modo, Titano, la luna di Saturno, è conosciuta per ospitare composti organici, mentre Europa, luna di Giove, potrebbe nascondere un oceano sotto uno spesso strato di ghiaccio, offrendo un ambiente favorevole per la formazione di composti organici ancora sconosciuti.

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